Cerca
Close this search box.

I nostri Palloni d’Oro dal 1900 al 2023

Condividi articolo:

È un premio che fa discutere forse come nessun altro. Un po’ per i criteri di assegnazione. Un po’ per le scelte. Inevitabilmente. Perché in una materia fluida come il calcio non ci sono certezze matematiche e le idee divergono, a maggior ragione se vengono stilate delle graduatorie di merito.

Abbiamo messo in cantiere un gioco molto ambizioso. Provare a vedere chi sono stati i migliori quattro di ogni anno del 20° e 21° secolo, senza limiti di nazionalità o continente, ma dando uno sguardo al mondo intero. I parametri presi in esame sono stati diversi: numeri individuali e di squadra, successi, incidenza nei grandi momenti e – ove possibile, solo da un determinato periodo in avanti – visione e analisi delle partite perché nulla vale come le prestazioni e come i nostri occhi.

In ogni caso occorre non dimenticare mai che si tratta di un gioco, utile più per ridare lustro a personaggi un po’ dimenticati, che un reale tentativo di mettere in fila il giocatore X e il giocatore Y. Anche perché nessuno può pretendere di avere la bacchetta magica e sapere se in quel determinato anno un giocatore sia certamente da primo posto, da terzo, da quarto. Ci sono state annate in cui le scelte sono state più semplici, altre in cui è stato molto complicato e in cui avrei puntato su un primo posto ex aqueo. Ad ogni modo ecco le nostre scelte e fine dei giochi.

1900: William Garraty

1° WILLIAM GARRATY (Inghilterra, centravanti)
Centrattacco dell’Aston Villa, squadra per cui segna 112 gol in 12 anni. La stagione 1899-1900 è il suo anno d’oro: i suoi 27 centri, miglior cannoniere del campionato e miglior cannoniere mondiale, consentono ai Villans di conquistare il titolo inglese.

2° Jasper McLuckie (Scozia, centravanti)
La sua doppietta in finale contro il Southampton permette al Bury di vincere la FA Cup, dopo che già nei turni precedenti le sue reti erano state determinati per il passaggio del turno contro Notts County, Sheffield United e Nottingham Forest.

3° Leigh Richmond Roose (Galles, portiere)
Forse il più grande portiere a cavallo dei due secoli, nel 1900 contribuisce in modo decisivo al successo del piccolo Aberystwyth Town Football Club nella Coppa del Galles contro i favoriti Druids. Si trasferisce in Inghilterra dove gioca per anni ad alti livelli nello Stoke City, nell’Everton e nel Sunderland. Arruolatosi nell’esercito britannico nella Grande Guerra, ottiene una medaglia al merito per il valore militare, ma muore in battaglia a Gueudecourt, in Francia.

Menzione d’onore: Jack Farrell (Inghilterra, centravanti)

1901: Steve Bloomer

1° STEVE BLOOMER (Inghilterra, centravanti)
È l’attaccante simbolo del decennio, un autentico fenomeno dalle disumane medie realizzative. Cinque volte capocannoniere del campionato inglese, una proprio nel 1901 con 23 centri. Cecchino infallibile anche in nazionale con 28 gol in 23 incontri. Un po’ come Silvio Piola da noi, non riesce mai a vincere un campionato.

2° Robert Walker (Scozia, centrocampista offensivo)
Mezzala di classe superiore, è uno dei giocatori più forti e amati del periodo in Scozia. Nel 1901 è il grande protagonista del successo nella coppa nazionale degli Heart of Midlothian, che trascinati dai gol e dai passaggi illuminanti di Walker superano in finale il favorito Celtic: quella partita passa alla storia in Scozia come “la finale di Walker”. La fama della sua bravura varca i confini scozzesi: in un tour in Norvegia degli Heart nel 1912, il re norvegese Haakon VII vuole assistere a tutti i costi a una sua esibizione.

3° Sandy Brown (Scozia, centravanti)
Un gol in ogni partita di FA Cup. Con tanto di doppietta in finale e rete decisiva nel replay. La FA Cup del 1901 è la FA Cup di Sandy Brown, capace di guidare con le sue reti il Tottenham Hotspur al titolo. Nella sua esperienza con la maglia degli Spurs tra il 1900 e il 1902 mette a segno in tutto 28 reti in 46 partite: un bottino niente male.

Menzione d’onore: Sam Reybould (Inghilterra, centravanti)

1902: Ernest Needham

1° ERNEST NEEDHAM (Inghilterra, mediano)
È chiamato il “principe dei mediani”. Gioca prevalentemente sulla destra, in realtà sa agire un po’ ovunque, da propulsore del gioco. Capitano e leader dello Sheffield United, nel 1902 lo guida al successo nella FA Cup facendo leva sul suo eccezionale carisma. È anche uno dei capisaldi della nazionale inglese.

2° Johann Studnicka (Austria, attaccante)
Usciamo dalla Gran Bretagna e voliamo nell’Impero asburgico per incontrare Johann Studnicka, attaccante di origine boema ma nativo di Vienna, che nel 1902 si mette in luce con diversi gol nell’Ac Wiener e in nazionale: sua la tripletta contro l’Ungheria nel 5-0 che segna l’esordio dell’Austria sul proscenio internazionale. È il precursore dei grandi fuoriclasse austriaci e danubiani dei decenni successivi: dribbling raffinato e qualità tecniche notevoli.

3° Jorge Brown (Argentina, attaccante)
Leader tecnico e mentale dell’Alumni, la prima grande formazione del campionato argentino, nel 1902 si laurea capocannoniere del campionato. Con lui giocano anche i suoi fratelli Alfredo, Carlos, Eliseo ed Ernesto e il cugino Juan Domingo. Temperamento, carattere e unione d’intenti sono i segreti del suo gioco e dei successi del team.

Menzione d’onore: Charles Simmons (Inghilterra, centravanti)

1903: Johann Studnicka

1° JOHANN STUDNICKA (Austria, attaccante)
L’anno della consacrazione per l’attaccante austriaco: 4 gol in 3 partite in nazionale, protagonista indiscusso di tutti i successi del suo team, dal campionato nazionale alla Challenge Cup, la prima competizione sovranazionale d’Europa che vede sfidarsi le squadre dell’Impero asburgico.

2° Sam Reybould (Inghilterra, centravanti)
Bomber del Liverpool e autore di un’annata da sogno: 32 reti in 34 partite. Segna 67 gol nelle sue prime 100 presenze con i Reds, un record ritoccato solo in epoca recente da Mohamed Salah. Originariamente ala destra, viene portato al centro dell’attacco proprio nella sua esperienza al Liverpool con effetti devastanti.

3° Charlie Sagar (Inghilterra, centravanti)
È il grande protagonista del successo del Bury in FA Cup, nella finale con il più ampio scarto di sempre: 6-0 al Derby County. Sagar segna un gol ed è l’uomo in più anche nei match precedenti. Nel 1905 si trasferisce al grande Manchester United. Raccoglie anche due gettoni con la nazionale inglese.

Menzione d’onore: Billy McCracken (Irlanda del Nord, difensore)

1904: William “Billy” Meredith

1° BILLY MEREDITH (Galles, ala/centrocampista offensivo)
Con Steve Bloomer il più forte calciatore del decennio. Classe, temperamento, longevità e faccia tosta (si prende un anno di squalifica per aver corrotto un avversario). Era stato la stella dei Chirk, squadra dei minatori gallesi, poi diventa l’idolo prima del Manchester City e poi dello United. Totalizza inoltre 48 presenze con la nazionale gallese e 11 reti. Con lui il calcio fa un salto di qualche anno in avanti, dentro e fuori dal campo. Il 1904 è uno dei suoi anni migliori: 13 reti in 40 incontri e la rete decisiva nella finale di FA Cup, che dà al City il successo per 1-0 sul Bolton.

2° Robert Cumming Hamilton (Scozia, centravanti)
Un anno da incorniciare per il cannoniere principe dei Rangers Glasgow: i 28 gol in campionato non gli valgono solo il titolo di miglior marcatore del campionato scozzese, ma anche mondiale, traguardo che aveva già raggiunto nel 1899. Hamilton è un cecchino che “vede” la porta come pochi: 154 gol in 164 presenze nei Rangers, 15 in 11 nella nazionale scozzese.

3° Steve Bloomer (Inghilterra, centravanti)
Hamilton in Scozia, sempre lui in Inghilterra: per la quinta e ultima volta in carriera si laurea capocannoniere della First Division con 20 gol, un record che verrà superato solo da Jimmy Greaves.

Menzione d’onore: Billie Gillespie (Inghilterra, centravanti)

1905: Colin Veitch

1° COLIN VEITCH (Inghilterra, centrocampista offensivo/attaccante)
Attore, musicista, drammaturgo, produttore, direttore d’orchestra, compositore. E anche calciatore. Non uno qualsiasi. Ma il capitano e la stella del primo grande Newcastle: tra il 1905 e il 1910 vince tre scudetti e una FA Cup, giocando prevalentemente da mezzala, ma anche da mediano a protezione della difesa. Il 1904-1905 in particolare è un anno magico, con i Magpies campioni d’Inghilterra e battuti solo dall’Aston Villa nella finale di coppa. Muore per polmonite nel 1939. Ancora oggi molti lo considerano il più grande calciatore nella storia del Newcastle.

2° Jimmy Quinn (Scozia, centravanti)
Da Robert Hamilton a Jimmy Quinn. Dai Rangers ai Celtics. Con un unico comun denominatore: l’istinto per il gol. Nella stagione 1904-05 Quinn ne segna 19, capocannoniere del campionato proprio con Hamilton, portandosi però a casa lo scudetto, con il suo Celtic capace di battere 2-1 i Rangers nello spareggio per il titolo.

3° Joseph Harry Hampton (Inghilterra, centravanti)
Secondo miglior marcatore nella storia dell’Aston Villa con 242 reti, la sua prima stagione tra i grandi – a 20 anni – gli porta in dote la vittoria in FA Cup in finale contro il Newcastle: realizza entrambe le reti nel 2-0 finale.

Menzione d’onore: Howard Spencer (Inghilterra, difensore)

1906: Albert Shepherd

1° ALBERT SHEPHERD (Inghilterra, centravanti)
Altro straordinario bomber per il primo posto del 1906. Cresciuto nel Bolton, a 21 anni esplode con una stagione superlativa e timbra 26 reti che gli valgono il trono del gol nella First Division 1905-1906. Sempre in quell’anno debutta in nazionale e nella Football League XI andando subito in gol. Passerà al grande Newcastle due anni dopo e vincerà scudetto e FA Cup.

2° Alex Raisbeck (Inghilterra, mediano)
Uno dei mediani più solidi e continui del periodo, colonna portante del Liverpool, che guida al successo nel campionato. Un’annata da ricordare con 41 partite totali disputate per il guerriero di Wallacestone.

3° Joe Hewitt (Inghilterra, centravanti)
Le sue 24 reti consentono al Liverpool di vincere il campionato: una stagione da record per il centravanti inglese, penalizzato poi da un infortunio che lo limita nel campionato successivo, impedendogli di debuttare con la maglia della nazionale.

Menzione d’onore: Jimmy Quinn (Scozia, centravanti)

1907: Jock Rutherford

1° JOCK RUTHERFORD (Inghilterra, mediano)
Nel Newcastle pigliatutto di quegli anni un’altra stella è lui. È il sommo protagonista del titolo del 1907, con una stagione da 10 reti in 34 presenze: un bottino particolarmente ragguardevole per un mediano. È soprannominato “il volante di Newcastle”, a sottolineare le sue sgroppate lungo la fascia, ma anche la poliedricità e la calma nel gestire le situazioni più complicate. Estremamente longevo, una rarità per quei tempi, chiude la sua carriera professionistica nel 1927.

2° Jimmy Quinn (Scozia, centravanti)
Ancora lui e ancora una stagione da protagonista assoluto: 29 gol in campionato, re dei bomber, Celtic campione di Scozia e capace di centrare il “double” con l’aggiunta della coppa nazionale. È il punto più alto della sua carriera.

3° Alex Young (Scozia, centravanti)
Prima di “Dixie” Dean, l’Everton aveva già conosciuto un grande bomber: lo scozzese Alex “Sandy” Young, che nel 1907 si laurea capocannoniere del campionato con 28 reti, utili per spingere l’Everton al terzo posto in campionato e alla finale di FA Cup, perduta contro lo Sheffield.

Menzione d’onore: Alec McNair (Scozia, difensore)

1908: Vivian Woodward

1° VIVIAN WOODWARD (Inghilterra, centravanti)
Vivian Woodward è la dimostrazione che l’assioma di Gianluca Vialli corrisponde a verità dalla notte dei tempi: «I gol si pesano, non si contano». Così è per lui. Non è uno da doppia cifra, non mantiene mai le medie realizzative torrenziali di Bloomer, Reybould, Shepherd o degli scozzesi Hamilton e Quinn. Però – subito dopo il grande Bloomer – è il più internazionale di tutti: perché in nazionale si trasforma. Lo attestano le sue 29 reti in 23 partite più le 57 in 24 incontri nell’Inghilterra dilettanti. In quel 1908 non contribuisce solo all’oro olimpico dell’Inghilterra ai Giochi di Londra con un gol in finale contro la Danimarca e 3 in totale, ma strega l’Europa continentale con una tournée in cui mostra a tutti perché il calcio inglese in quel momento è di un altro pianeta rispetto a tutti gli altri.

2° Sophus Nielsen (Danimarca, centravanti)
Le Olimpiadi aprono il calcio al mondo e iniziano a emergere talenti fuori dalla penisola britannica: uno è Sophus Nielsen, attaccante danese che si laurea capocannoniere dei Giochi con 11 gol, di cui 10 in un solo match, nel 17-1 contro la Francia, un record superato solo dall’australiano Archie Thompson nel 2011 (13 gol in Australia-Samoa 31-0). La Danimarca, trascinata anche dalla tempra indomabile della stella Niels Middelboe, raggiunge l’argento alle spalle dell’invincibile Gran Bretagna.

3° Billy Meredith (Galles, ala/centrocampista offensivo)
A 34 anni mette insieme una stagione mostruosa, trascinando il Manchester United – dove arriva nel 1906 – al successo in campionato e in FA Cup con un bottino personale di 11 reti in 43 incontri. I Red Devils nel 1908 conquistano anche la prima edizione della Supercoppa d’Inghilterra, superando in finale il QPR.

Menzione d’onore: John Jock Simpson (Scozia, centravanti)

1909: Bert Freeman

1° BERT FREEMAN (Inghilterra, centravanti)
Nessuno fino ad allora aveva mai segnato 38 reti in un anno: ci pensa Bert Freeman dell’Everton, naturalmente capocannoniere della First Division inglese, a spingersi così in alto. Gol che portano la sua squadra al secondo posto in classifica, battuti solo dal solito formidabile Newcastle.

2° Albert Shepherd (Inghilterra, centravanti)
Pagato profumatamente dal Newcastle nell’estate 1908, l’attaccante ripaga lo sforzo economico con un’annata da 15 gol che trascinano i Magpies al titolo. Shepherd si conferma un attaccante puntuale in area di rigore, uno dei più letali del periodo.

3° John Hunter (Scozia, centravanti)
L’attaccante del Dundee vive la sua annata di gloria, laureandosi capocannoniere del campionato scozzese con 29 reti e debuttando in nazionale a 31 anni. È il punto più alto di una carriera che lo aveva visto brillare anche in Inghilterra con Liverpool, Arsenal e Portsmouth.

Menzione d’onore: Sandy Turnbull (Scozia, centravanti)

1910: Joseph Harry Hampton

1° JOSEPH HARRY HAMPTON (Inghilterra, centravanti)
A 25 anni il centravanti dell’Aston Villa trova la sua annata magica, che lo porta all’oro del 1910 dopo il bronzo di cinque anni prima: realizza 29 gol in 35 partite, a -1 dal capocannoniere Jack Parkinson e spinge i Villans al titolo, interrompendo un digiuno che durava dalla stagione 1899-1900.

2° Jack Parkinson (Inghilterra, centravanti)
Segna 30 gol, re dei bomber della First Division, ma il suo Liverpool si arrende per cinque lunghezze allo strapotere dell’Aston Villa. Una stagione d’oro che lo porta anche in nazionale.

3° Arnold Watson Hutton (Argentina, ala)
Di origini inglesi, suo padre Alexander ha portato il calcio in Argentina. Buon sangue non mente: Arnold, ala sinistra, guida l’Alumni al titolo con un bottino di 16 gol e una stagione che lo consacra tra i primi giocatore di livello del panorama sudamericano.

Menzione d’onore: Albert Shepherd (Inghilterra, centravanti)

1911: Imre Schlosser

1° IMRE SCHLOSSER (Ungheria, centravanti)
Scatta un nuovo decennio e il calcio entra in una nuova era, compiendo un salto quantico in avanti. Lo fa nel segno del primo fuoriclasse davvero mondiale, un giocatore che non avrebbe sfigurato nemmeno nei decenni successivi: l’ungherese Imre Schlosser, forse il più grande numero 9 mai prodotto dal calcio magiaro, nonostante la concorrenza dei “moderni” Kocsis e Albert. Schlosser carbura sulla fine del decennio ed esplode definitivamente nel 1911: è il primo giocatore su scala globale a sfondare il muro dei 40 gol, issandosi a quota 42 e aggiudicandosi lo scudetto con il Ferencvaros. Lo farà altre due volte. E vincerà in tutto 7 titoli di capocannoniere del campionato ungherese (record), con 411 gol. Impressiona ancora di più in nazionale: 59 reti in 68 partite tra il 1906 e il 1927, primato che verrà ritoccato da un certo Puskás.

2° Billy Meredith (Galles, ala/centrocampista offensivo)
Puntuale come una cambiale e intramontabile, più forte delle 36 primavere, l’asso gallese disputa un’annata spettacolare alla guida del Manchester United e trascina i Red Devils alla doppietta campionato-Supercoppa. Sono gli ultimi titoli della sua carriera, ma non gli ultimi fuochi: ancora fino a dopo la Grande Guerra il suo rendimento resterà su ottimi livelli.

3° Albert Shepherd (Inghilterra, centravanti)
Capocannoniere della First Division con 25 reti, segna anche 8 reti in FA Cup, ma si fa male prima della finale e senza di lui il Newcastle si arrende al Blackburn. Shepherd si conferma il miglior centravanti inglese del nuovo secolo con Bloomer e Woodward. Una sentenza in area di rigore.

Menzione d’onore: José Piendibene (Uruguay, centrocampista offensivo/attaccante)

1912: Harold Walden

1° HAROLD WALDEN (Inghilterra, attaccante)
Dopo un’annata da 14 reti nel Bristol, diventa l’eroe dell’Inghilterra ai Giochi di Stoccolma 1912: si laurea capocannoniere della manifestazione con 12 reti, di cui 4 in semifinale e una nella finale contro la Danimarca, riedizione dei Giochi del 1908. Oltre che calciatore, Walden si disimpegna egregiamente anche nella musica e nel cinema: reciterà in due film, The Winning Gol del 1920 e Cup-Tie Honeymoon del 1948.

2° Imre Schlosser (Ungheria, centravanti)
Non fosse stato per i Giochi Olimpici, la palma del migliore sarebbe stata sempre sua. Ancora un’annata mostruosa con 40 reti in campionato, lo scudetto ungherese nel Ferencvaros e un bottino in nazionale che nel solo 1912 recita 16 reti (4 alle Olimpiadi, con l’Ungheria che chiude 5ª) in 10 partite.

3° Gottfried Fuchs (Germania, attaccante)
Vice capocannoniere delle Olimpiadi con 10 reti, tutte segnate nel 16-0 con cui la sua Germania annichilisce l’Impero Russo, al termine di una stagione che lo vede protagonista anche in patria con il titolo della Germania del Sud conquistato con il Karlsruhe. È uno dei due ebrei (l’altro è Julius Hirsch) che veste la maglia della nazionale tedesca. Avrà una sorte migliore dell’amico: Hirsch morirà ad Auschwitz nel 1944, Fuchs riuscirà a fuggire riparando in Canada dove vivrà fino alla morte.

Menzione d’onore: Nils Middelboe (Danimarca, mediano)

1913: Imre Schlosser

1° IMRE SCHLOSSER (Ungheria, centravanti)
Primo giocatore a conquistare il Pallone d’oro per due volte. E non potrebbe essere diversamente. Perché Schlosser per il terzo anno consecutivo diventa il miglior cannoniere mondiale e per il terzo anno di fila supera il tetto dei 40 gol: sono di nuovo 42 e gli portano in dote non solo un nuovo titolo nazionale, ma anche la Coppa d’Ungheria, per una storica accoppiata.

2° Alberto Ohaco (Argentina, centrocampista offensivo/attaccante)
Cresce il livello del Sudamerica e lo fa all’insegna di un autentico fuoriclasse: Alberto Ohaco, stella del Racing de Avellaneda, la prima grande formazione del calcio argentino, che diventa nota con il soprannome di “La Academia” perché gioca a calcio a un livello tecnico e qualitativo superiore, dando lezioni a tutti. Ohaco, che nel 1913 vince campionato e coppa e si laurea capocannoniere con 20 reti, è la mente del gruppo, una mezzala che si muove nello spazio, dribbling irresistibile, visione di gioco e gol. Con Schlosser, l’uruguaiano Piendibene, il brasiliano Friedenreich e l’irlandese Gallagher è il più grande calciatore del decennio. E il fatto che nessuno di loro sia inglese fa capire come ormai l’Inghilterra non sia più la depositaria del verbo pallonaro. Ma i sudditi di Sua Maestà se ne accorgeranno solo nel 1953.

3° Nils Middelboe (Danimarca, mediano)
Alto, esile, eppure fortissimo, un giocatore dalle doti atletiche pazzesche tanto da essere nel periodo anche il recordman danese degli 800 piani e del salto triplo. Il più grande calciatore danese dell’anteguerra e uno dei primissimi di sempre anche a livello assoluto. Dopo un’Olimpiade sopraffina nel 1912, nel 1913 guida il suo KB al titolo nazionale e viene ingaggiato dal Chelsea, dove diventa la prima stella straniera della First Division e giocherà per dieci anni a livelli altissimi.

Menzione d’onore: Charlie Buchan (Inghilterra, attaccante)

1914: Patrick “Patsy” Gallagher

1° PATRICK “PATSY” GALLAGHER (Irlanda, ala)
Arriva dal’Irlanda il portento che porta la penisola britannica in una nuova era. Dribbling, cross, gol e classe da vendere. È forse il primo giocatore per il quale gli addetti ai lavori – giornalisti, compagni, avversari – spendono parole di elogio come se non potesse più nascere nel mondo un’ala di questo livello. Soprannominato “The Mighty Atom”, l’atomo potente, Gallagher incanta la platea in maglia Celtic per 14 stagioni, dal 1911 al 1925. Il 1913-14 è una delle sue stagioni migliori: segna 22 reti ed è il protagonista assoluto del “double” campionato-coppa.

2° Alberto Ohaco (Argentina, centrocampista offensivo/attaccante)
Sulla falsariga del 1913, Ohaco vive una nuova grande annata nel 1914: ancora 20 gol in campionato, altro titolo di re dei bomber, e nuova accoppiata campionato-coppa. Al suo fianco brilla la stella di Alberto Marcovecchio, centravanti più classico, con cui Ohaco si completa alla perfezione.

3° Imre Schlosser (Ungheria, centravanti)
Un lieve ridimensionamento rispetto alle tre portentose annate precedenti, ma Schlosser anche nel 1914 vive grandi momenti. È sempre il miglior marcatore mondiale con un bottino complessivo di 36 reti, mentre sono 21 i gol nel campionato 1913-14. Che però non si conclude con lo scudetto, visto che il suo Ferencvaros è preceduto dall’Mtk Budapest.

Menzione d’onore: George Elliott (Inghilterra, centravanti)

1915: Alberto Ohaco

1° ALBERTO OHACO (Argentina, centrocampista offensivo/attaccante)
Dopo due Palloni d’argento, arriva anche il tanto sospirato primo posto. Al termine di un campionato magnifico, coronato da un nuovo titolo di campione argentino a cui Ohaco contribuisce mettendo a segno la bellezza di 31 gol: inutile dire che è anche il capocannoniere. È all’apice della sua carriera e sembra pronto a prendersi la scena anche in nazionale, con l’imminente arrivo della Coppa América.

2° Bobby Parker (Scozia, centravanti)
La sua carriera viene interrotta dalla Grande Guerra nel momento in cui stava per decollare. Anche perché quando rientra si rompe una gamba e non è più quello di prima. Nel 1914-15 a 24 anni si porta a casa titolo inglese con l’Everton e classifica dei cannonieri con 32 reti. Ciclonico.

3° Rafael Moreno Aranzadi “Pichichi” (Spagna, centravanti)
È il padre di tutti i cannonieri della Liga. Il suo soprannome “Pichichi” diventerà poi il modo con cui vengono chiamati i massimi realizzatori del campionato spagnolo. Lui è una stella dell’Athletic Bilbao, in quel periodo la miglior formazione di Spagna, anche se non esiste ancora un torneo a girone unico che possa realmente stabilirlo. Nel 1915 contribuisce comunque in prima persona al successo dei baschi sia nel campionato nord sia in Coppa di Spagna, con una tripletta nel 5-0 che annichilisce l’Espanyol in finale.

Menzione d’onore: Patrick “Patsy” Gallagher (Irlanda, ala)

1916: Isabelino Gradín

1° ISABELINO GRADÍN (Uruguay, attaccante)
L’Uruguay si affaccia con prepotenza sulla scena mondiale e lo fa nel segno dei ragazzi di colore. Qualcosa di sconvolgente ai tempi, ma lo specchio di una società già molto all’avanguardia sul piano sociale e dei diritti per tutti. Gradín, atleta di colore come il compagno Delgado, è il crack della squadra che conquista la prima edizione di Coppa América beffando la favorita Argentina (un classico che si ripeterà spesso). Già primatista sudamericano dei 200 e 400 piani, fa della velocità la sua arma migliore. Quando vince il Sudamericano con 4 gol e il titolo di miglior giocatore ha solo 19 anni. Sembra destinato a una carriera luminosa, che sarà però meno brillante di quanto era lecito attendersi.

2° José Piendibene (Uruguay, centrocampista offensivo/attaccante)
Con l’Europa ferma per la Grande Guerra, è il calcio sudamericano a monopolizzare la scena. Tra i grandi protagonisti del successo della “Celeste” in Coppa América c’è anche lui, José Piendibene, il più forte calciatore uruguagio del periodo. Attaccante cerebrale, che parte dalla posizione centrale e poi arretra per smistare il gioco e organizzare la manovra, è forse il primo esempio riuscito in Sudamerica del cosiddetto “centravanti arretrato”.

3° Abdón Porte (Uruguay, mediano)
Colonna del Nacional Montevideo che nel 1916 si porta a casa il titolo nazionale, è uno dei più forti mediani del periodo in Sudamerica. Dall’anno seguente inizierà a declinare e ne risentirà a tal punto da suicidarsi: lo farà di notte, sparandosi alla tempia nel cerchio di centrocampo, nel suo amato “Parque Central”. Una storia struggente, d’altri tempi, che non va condannata ma compresa e testimonia l’amore viscerale di un uomo per la sua squadra del cuore.

Menzione d’onore: Alberto Ohaco (Argentina, centrocampista offensivo/attaccante)

1917: Ángel Romano

1° ÁNGEL ROMANO (Uruguay, ala)
Ancora Uruguay, stavolta nel segno di un’ala sopraffina e completa, un vincente nato. Soprannominato “El Loco”, il matto, per via del carattere vulcanico, gioca con l’Uruguay fino al 1927 e vince 6 volte la Coppa América (record) e l’Olimpiade del 1924, oltre a 8 titoli nazionali nel Nacional Montevideo. Nel 1917 ha 24 anni e vive il suo momento di gloria: è il trascinatore principe del Nacional che si porta a casa il titolo uruguaiano e la Coppa Newton, mentre nella Coppa América vinta si laurea capocannoniere.

2° Imre Schlosser (Ungheria, centravanti)
Torna alla ribalta con una nuova stagione portentosa: passato all’Mtk Budapest, conquista subito il campionato mettendo a segno 38 reti. L’Mtk è una macchina: 21 partite vinte, zero pareggiate e una sola persa, 113 gol fatti e un attacco formato da Schlosser, Alfréd Schaffer e Kálmán Konrád devastante. La miglior squadra di club d’Europa, se non del mondo.

3° Hector Scarone (Uruguay, attaccante)
Nel secondo successo consecutivo dell’Uruguay in Coppa América fa capolino un 19enne destinato a cambiare per sempre la storia e la geografia del calcio uruguaiano. Si chiama Hector Scarone e in quel 1917 che segna la sua esplosione tra i grandi mette dentro 15 gol in campionato a cui aggiunge due gemme in Coppa América (la seconda decisiva per battere l’Argentina nello scontro decisivo), che gli consentono anche di soffiare al compagno Romano la palma di miglior giocatore della manifestazione.

Menzione d’onore: Alberto Marcovecchio (Argentina, centravanti)

1918: Alfréd Schaffer

1° ALFRÉD SCHAFFER (Ungheria, centravanti)
L’Mtk nel 1917-18 riesce addirittura a migliorarsi: un punto in più in campionato, 43 a 42, sempre 21 vittorie, ma con un pareggio e zero sconfitte. La perfezione. E Alfréd Schaffer si sostituisce a Schlosser come re dei bomber con 42 centri, battendo il compagno che si ferma a 41. Schaffer, che totalizza anche 17 reti in 15 partite con la maglia dell’Ungheria, negli anni seguenti girerà diverse squadre tra Svizzera, Germania, Austria e Cecoslovacchia. Da allenatore vincerà lo scudetto alla Roma nel 1941-42, ma morirà nel 1945 in Germania, dove allena il Bayern Monaco, sotto i bombardamenti.

2° Imre Schlosser (Ungheria, centravanti)
Battuto in volata dal compagno Schaffer, deve “accontentarsi” di un Pallone d’argento, ma si conferma ancora sulla cresta dell’onda. È il miglior calciatore che il mondo abbia conosciuto fino a questo momento: un centravanti che segna valanghe di reti in qualsiasi contesto e che è in grado di spostare gli equilibri di una squadra. Non è un caso che l’Mtk Budapest si sia sostituita al Ferencvaros come dominatrice della scena ungherese nel momento in cui si è trasferito lui.

3° Artur Friedenreich (Brasile, centravanti)
Il calcio brasiliano lancia in orbita “il Tigre”. Mamma tedesca e padre di colore, prima di entrare in campo deve lisciarsi i capelli crespi tipici dei mulatti per poter giocare. Fuori è discriminato a causa del razzismo, ma in campo il fine giustifica i mezzi. Accreditato di 1239 reti in 26 anni di carriera (ma quelli ufficiali sono meno della metà), è il primo fuoriclasse di caratura mondiale del Brasile. Nel 1918 vince il campionato Paulista con il Paulistano laureandosi capocannoniere con 20 reti.

Menzione d’onore: José Piendibene (Uruguay, centrocampista offensivo/attaccante)

1919: Arthur Friedenreich

1° ARTHUR FRIEDENREICH (Brasile, centravanti)
È ancora capocannoniere del campionato Paulista con 20 reti. Ed è ancora campione statale. Ma non è tanto quello che lo proietta al primo posto. È il successo in Coppa América, dove lui è il principale protagonista: segna 4 gol, è il capocannoniere del torneo con il compagno Neco, e viene proclamato miglior giocatore. Un premio meritato che riceve dopo che segna la rete decisiva nello spareggio contro l’Uruguay. Accade addirittura al 122° minuto di gioco, il match più lungo della storia, che viene risolto da una zampata decisiva del “Tigre”.

2° Alfréd Schaffer (Ungheria, centravanti)
Altro campionato dominato per l’Mtk, che concede tre pareggi e una sconfitta, ma si porta a casa ugualmente con grande facilità il titolo. E Schaffer non si smentisce: ne mette 41, uno in meno dell’annata precedente. Ora è lui il nuovo terminale principale dei magiari.

3° Kálmán Konrád (Ungheria, ala)
Ad assecondare la clamorosa vena realizzativa del duo Schaffer-Schlosser c’è lui: ala e regista, sopraffino giocatore dal tocco vellutato e dagli spunti irresistibili. Probabilmente, il più forte calciatore di origine ebraica della storia. Si trasferirà in Austria e diventerà il maestro di Sindelar. Per sfuggire al nazismo riparerà in Svezia. Con lui gioca anche suo fratello Jenő, che è molto meno bravo come giocatore ma sarà superiore da allenatore, vincendo una Mitropa Cup alla guida dell’Austria Vienna. Jenő scapperà poi negli Stati Uniti durante la guerra.

Menzione d’onore: Neco (Brasile, attaccante)

1920: José Piendibene

1° JOSÉ PIENDIBENE (Uruguay, attaccante)
Dopo qualche piazzamento, ecco a 30 anni il meritato primo posto. Nel 1920 guida l’Uruguay al successo in Coppa América (la terza in carriera per Piendibene), e viene eletto miglior giocatore. Come già detto, si tratta di un attaccante decisamente atipico, un regista avanzato più che un mero finalizzatore. Scoperto da Juan Harley, padre tattico del calcio uruguagio, è molto considerato in tutto il Sudamerica. Persino i grandi rivali argentini in quegli anni lo ritengono il miglior calciatore al mondo.

Louis Van Hege (Belgio, attaccante)
Uno dei più grandi stranieri nella storia del Milan: dal 1910 al 1917 in rossonero mette insieme qualcosa come 97 gol in 88 partite, pur non essendo nemmeno un centravanti classico, ma un attaccante a tutto tondo, bravo anche ad agire sull’esterno. Nel 1920 è uno dei grandi protagonisti del Belgio che vince l’oro olimpico a sorpresa, in finale contro la favorita Cecoslovacchia. La formazione boema va sotto 2-0 in finale dopo due reti discusse e resta in 10 al 40′ per l’espulsione di Steiner: a quel punto si ritira e perde anche la medaglia d’argento.

3° Ricardo Zamora (Spagna, portiere)
A 19 anni vince con il Barcellona la Coppa del Re, in estate debutta alle Olimpiadi e trascina le Furie Rosse a una clamorosa medaglia d’argento, sfruttando la squalifica della Cecoslovacchia. Talento naturale, parate d’istinto, sovente con la mano di richiamo, personalità straripante, senso del piazzamento regale. È destinato non solo a dominare il decennio nel ruolo, ma anche a rivoluzionarlo in un modo unico.

Menzione d’onore: György Orth (Ungheria, mezzala)

1921: Julio Libonatti

1° JULIO LIBONATTI (Argentina, centravanti)
Rapido, tecnico e mortifero. Fa grande l’Argentina e poi l’Italia, dove conquista uno scudetto con il Torino da capocannoniere e forma con Baloncieri e Rossetti un trio delle meraviglie. Il 1921 lo consacra sul proscenio internazionale a soli 20 anni: con il Newell’s Old Boys vince la Coppa Ibarguren e Nicasio Vila; con la nazionale si porta a casa da capocannoniere la Coppa América, la prima per l’Argentina dopo alcuni tentativi andati a vuoto. È suo per altro il gol che serve per battere l’Uruguay nell’ultimo decisivo incontro.

Arhur Friedenreich (Brasile, centravanti)
Altra annata realizzativa sontuosa per il bomber brasiliano, che segna 35 reti nel campionato Paulista, il suo massimo in carriera. L’anno seguente Friedenreich rivincerà la Coppa América, ma non scenderà mai in campo: il presidente del Brasile Epitacio Pessoa vieterà infatti ai calciatori di colore di prendere parte alla manifestazione, specchio del razzismo dilagante che si annidava all’epoca nel Paese sudamericano.

3° Américo Tesoriere (Argentina, portiere)
Uno dei più grandi portieri nella storia del calcio argentino. Soprannominato “La Gloria”, è il sommo guardiano del Boca Juniors tra gli anni 10 e ’20 e con gli Xeneizes conquista 5 scudetti. Nella Coppa América del 1921 è con Libonatti il grande protagonista della vittoria argentina, mantenendo la sua porta inviolata in tutti gli incontri. Vivrà un altro momento di fama nella Coppa América del 1924 quando parerà di tutto nel match contro l’Uruguay (0-0) e verrà portato in trionfo dagli stessi tifosi uruguagi come riconoscimento della sua bravura.

Menzione d’onore: Héctor Scarone (Uruguay, attaccante)

1922: Manuel Seoane

1° MANUEL SEOANE (Argentina, centravanti)
Con Friedenreich e Scarone probabilmente il più forte calciatore della prima metà degli anni ’20. Potente, tecnico, realizzatore implacabile, ma anche insospettabile uomo-assist. Per anni lo spauracchio principe delle difese argentine e sudamericane. Nel 1922 è un uragano, non si può semplicemente fermare: 55 (!) gol in 40 partite di campionato che valgono ovviamente per il suo Independiente il titolo nazionale.

György Orth (Ungheria, mezzala)
Mezzala dal tocco raffinato e dall’ampia visione di gioco, nei primi anni ’20 è considerato uno dei migliori giocatori d’Europa, se non a tratti il numero uno. Vedrà la sua carriera interrompersi bruscamente a 26 anni dopo un intervento proditorio di un difensore austriaco, Tandler, in un match internazionale. Nel 1922 si porta a casa per il terzo anno consecutivo il campionato ungherese con l’Mtk Budapest e per il terzo anno consecutivo è capocannoniere.

3° Karel Pešek-Kada (Cecoslovacchia, mediano)
Con Orth è considerato nei primi anni ’20 il miglior giocatore europeo, fulcro del formidabile Sparta Praga (chiamato non a caso Iron Sparta) che nel 1922 conquista il campionato vincendo tutte le partite. Di quella squadra – dove brilla anche il bomber Antonín Janda – Pešek Kada è il leader tecnico e mentale. Giocherà due Olimpiadi con la Cecoslovacchia nel 1920 e nel 1924. Sempre ai Giochi del 1920 fa parte anche della nazionale di hockey, a dimostrazione di una poliedricità davvero notevole.

Menzione d’onore: Duncan Walker (Scozia, centravanti)

1923: Héctor Scarone

1° HÉCTOR SCARONE (Uruguay, attaccante)
Il suo sbarco sulla scena mondiale porta il calcio in una nuova era. Se gli anni ’10 vedono l’avvento di fuoriclasse fuori dalla penisola britannica, gli anni ’20 assistono alla nascita del primo vero fenomeno, uno dei più grandi di sempre: Héctor Scarone. Ancora non si è visto un giocatore fare con il pallone ciò che è in grado di fare lui. Il suo campionario tecnico è sterminato: talento naturale, controllo di palla, dribbling, tiro, personalità, continuità e capacità di incidere in modo clamoroso nei momenti topici. È il Messi degli anni ’20, fuoriclasse globale a cui tutti si inchinano e che tutti ricoprono di elogi – da Meazza a Zamora, da Bernabeu a Monti, fino agli addetti ai lavori sudamericani. Il 1923 lo vede vincere il campionato uruguaiano (arriverà a metterne in fila otto) con 35 gol in 26 incontri, a cui aggiunge il suo secondo successo in Coppa América alla guida della “Celeste”.

2° Charlie Buchan (Inghilterra, attaccante)
Attaccante elegante e tecnico, una rarità nel calcio inglese abituato a numeri 9 potenti e che badano al sodo. Cresciuto nell’Arsenal, passa al Sunderland nel 1911 e vince il campionato nel 1913. Nel 1923, a 32 anni, vive il suo momento magico portando la sua squadra di nuovo a un passo dal titolo (seconda dietro al Liverpool) e laureandosi capocannoniere della First Division con 30 reti. Sembra finito, ma 34enne accetta un nuovo trasferimento all’Arsenal e sarà fondamentale da centromediano alla pianificazione della grande squadra ideata da Herbert Chapman che cambierà il calcio.

3° Domingo Tarasconi (Argentina, attaccante)
Potenza, velocità e istinto del gol, è considerato uno dei massimi giocatori nella storia del Boca Juniors, è l’idolo di Josè Manuel Moreno, futuro enorme fuoriclasse del calcio albiceleste. Nel 1923 contribuisce al successo in campionato degli Xeneizes con una stagione da 40 reti e il titolo di capocannoniere.

Menzione d’onore: José Nasazzi (Uruguay, difensore)

1924: José Leandro Andrade

1° JOSÉ LEANDRO ANDRADE (Uruguay, mediano laterale)
Da Scarone ad Andrade, l’altro grande fenomeno del calcio uruguaiano del decennio che sale in cima al mondo. A 23 anni il colored dell’Uruguay diventa la stella delle Olimpiadi di Parigi, la prima grande kermesse di stampo globale del circo pallonaro, che porta la piccola nazione sudamericana all’oro. Andrade è un mediano laterale metodista – in epoca moderna un terzino fluidificante – che non si limita a chiudere sull’ala mancina avversaria, ma costruisce il gioco e spinge lungo tutta la fascia. A Parigi incanta con una serie di prestazioni favolose e la gente lo ribattezza “La Meraviglia Nera”. Genio maledetto – fuori dal campo si concede belle donne, alcol e vizi a volontà – morirà povero e in miseria.

2° Pedro Petrone (Uruguay, centravanti)
Veloce e potente, con il gol sempre in canna. È l’“Artilhero” Petrone, il bomber dell’Uruguay degli Invincibili. Nasazzi leader carismatico, Andrade stantuffo inesauribile, Scarone creatore di gioco e lui finalizzatore implacabile: un poker da leggenda. Alle Olimpiadi di Parigi si laurea capocannoniere della manifestazione con 7 reti. E non contento, nella Coppa América giocata tra ottobre e novembre – e vinta tanto per cambiare dal suo Uruguay – conquista ancora la classifica marcatori e il premio di miglior giocatore.

3° Héctor Scarone (Uruguay, attaccante)
Ancora una stagione sopra le righe per “il Mago”, uno dei suoi tanti soprannomi insieme a “Gardel del calcio” e semplicemente “El mejor jugador del mundo”: 32 reti in campionato, ancora campione d’Uruguay, grande protagonista sia nella Coppa América vinta che all’Olimpiade parigina, dove realizza 5 gol. Tre giocatori dell’Uruguay nei primi tre posti: la Celeste domina quegli anni senza possibilità di replica.

Menzione d’onore: Max Abegglen (Svizzera, attaccante)

1925: Héctor Scarone

1° HÉCTOR SCARONE (Uruguay, attaccante)
Forse la miglior annata in carriera per il fenomeno uruguagio, che conquista il suo secondo Pallone d’Oro, raggiungendo Imre Schlosser: in campionato tocca la disarmante cifra di 46 gol in 26 incontri. Il suo Nacional, che costituisce l’intelaiatura della Celeste, disputa una tournée in Europa in cui regala spettacolo e vittorie. Scarone è la stella assoluta e realizza 29 reti in 38 incontri, incantando anche il pubblico e la critica del vecchio continente. Il Barcellona lo convince a rimanere.

2° Manuel Seoane (Argentina, centravanti)
L’Uruguay ha Scarone, l’Argentina risponde con Seoane. Anche lui nel 1925 partecipa a una tournée in Europa con il Boca Juniors e realizza 16 reti. In più, trascina di peso l’Argentina al successo in Coppa América (orfana però in quell’occasione dei campioni dell’Uruguay): Seoane si prende letteralmente la scena segnando 6 reti e vincendo anche il premio di miglior giocatore.

3° Archibald Stark (Stati Uniti, centravanti)
Un nome decisamente poco noto agli aficionados del calcio. Inevitabile perché il giocatore nativo di Glasgow, ma naturalizzato americano, milita per tutta la carriera in America. Perché merita il gradino più basso del podio nel 1925? Perché con la maglia del Bethlehem Steel segna 67 gol in campionato e per quanto gli Stati Uniti siano periferia del calcio si tratta comunque di un record ancora oggi imbattuto. In tutta l’anno tocca quota 70: in questo caso il primato sarà migliorato prima da Josef Bican nel 1944 (76), poi da Gerd Müller nel 1972 (85) e infine da Leo Messi nel 2012 (91).

Menzione d’onore: Josep Samitier (Spagna, attaccante)

1926: Héctor Scarone

1° HÉCTOR SCARONE (Uruguay, attaccante)
Universalmente riconosciuto come il miglior calciatore del mondo, Scarone vive un altro anno da applausi. Si trasferisce al Barcellona, segna 6 reti in 9 partite ufficiali e vince la Coppa del Re. Il club blaugrana vuole trasformarlo in uno dei primi giocatori professionisti, costruendo su di lui e Samitier una squadra senza rivali in Europa: la società gli sottopone così un ingaggio faraonico, ma Scarone rifiuta. Perché se diventasse un professionista dovrebbe per sempre rinunciare alla possibilità di giocare le Olimpiadi del 1928 con l’Uruguay (a quei tempi la massima competizione calcistica mondiale) aperte solo ad atleti dilettanti, che erano ancora quasi la totalità. Scarone torna così in Uruguay e chiude la stagione con il Nacional racimolando 15 reti in 20 incontri. La ciliegina sul suo anno è la Coppa América: segna 5 reti e trascina l’Uruguay a un nuovo trionfo. Nella nostra carrellata conquista il suo terzo Pallone d’oro, staccando Imre Schlosser, fermo a due.

2° Ferenc Hirzer (Ungheria, attaccante)
La “Gazzella”, questo il suo soprannome. Primo idolo dell’avvocato Gianni Agnelli, primo grande straniero nella storia della Juventus. Arriva in bianconero dall’Ungheria nell’estate 1925 a 23 anni. La prima stagione, quella 1925/26 che lo porta al nostro Pallone d’argento, è un portento: realizza 37 reti in 26 incontri e guida la Juve al tricolore. Più travagliato il secondo anno, condito comunque da 15 gol in 17 incontri. Poi torna in patria.

3° Manuel Seoane (Argentina, attaccante)
Immancabile anche la sua presenza: la sfida a distanza tra lui e Scarone per la palma di miglior calciatore del pianeta è il primo grande duello su scala globale, alimentato anche dal perenne confronto Uruguay vs Argentina. In questa stagione Seoane rivince il titolo nazionale con il suo Independiente laureandosi capocannoniere con 29 reti.

Menzione d’onore: José Leandro Andrade (Uruguay, mediano laterale)

1927: Jimmy McGrory

1° JIMMY MCGRORY (Scozia, centravanti)
Il lungo dominio sudamericano, che dura dal 1918, è interrotto da un poderoso centrattacco scozzese di 23 anni. Nessuno nel calcio britannico segnerà più reti: 550. Fortissimo di testa, opportunista nato, McGrory in area non lascia scampo. È il primo in Europa a sfondare per due anni consecutivi il muro delle 50 reti. La stagione 1926-27 lo vede consacrarsi al livello più alto: 48 gol in campionato, 59 in totale, con il Celtic vince il “double” campionato-coppa nazionale.

2° Hughie Gallagher (Scozia, centravanti)
È un dominio scozzese. Mentre McGrory aggiorna la tabella dei record in Scozia, in Inghilterra un altro bomber scozzese come Hughie Gallagher, 25 anni, domina in Inghilterra. Nel Newcastle disputa un’annata da sogno, 39 reti in 41 presenze, e guida i Magpies al titolo. Segnerà 100 club con il club inglese, diventando un idolo indiscusso. Il suo dopocalcio non sarà così fortunato: perderà la moglie per un cancro e morirà suicida.

Josef Silný (Cecoslovacchia, attaccante)
Nell’Europa continentale nasce la Mitropa Cup (o Coppa dell’Europa Centrale), l’antenata della Coppa dei Campioni, che raduna ogni anno le migliori formazioni di club dei Paesi mitteleuropei. Dal 1929 parteciperà anche l’Italia. La prima edizione viene vinta dallo Sparta Praga, che presenta ancora qualche reduce della straordinaria formazione che ha dominato i primi anni ’20 (tra cui la stella Karel Pešek-Kád’a), ma si avvale anche di nuovi assi. Su tutti Josef Silný, attaccante completo, che sa fare di tutto e che trascina i praghesi al titolo con 5 reti che gli valgono anche la corona di re dei bomber.

Menzione d’onore: Manuel Seoane (Argentina, centravanti)

1928: William “Dixie” Dean

1° WILLIAM “DIXIE” DEAN (Inghilterra, centravanti)
L’Inghilterra scopre non un centravanti, ma il centravanti, il più grande della sua storia: William “Dixie” Dean, autentico mito anche oggi che è passato quasi un secolo. L’Everton lo paga profumatamente dal Tranmere Rovers nel 1925, quando “Dixie” ha soli 18 anni, e ne ricava dividendi: a 21 il centravanti supera già la soglia dei 100 gol in First Division, un record. Ne segnerà 310 in tutto, terzo di sempre dopo Jimmy Greaves (357) e Steve Bloomer (314), ma con una media-gol migliore di entrambi: 0,86 contro lo 0,69 di Greaves e lo 0,59 di Bloomer. Il 1927-28 vede Dean spingersi oltre ogni limite: segna 60 gol in campionato in 39 presenze e ovviamente l’Everton vince il titolo.

2° Héctor Scarone (Uruguay, attaccante)
Tornato in patria, il Mago si presenta tirato a lucido ai Giochi di Amsterdam 1928 e mantiene la promessa: trascina l’Uruguay al secondo oro olimpico consecutivo al termine di una competizione in cui come un diesel parte piano, ma carbura strada facendo. Migliore in campo nella durissima semifinale con l’Italia, migliore in campo nella finale (ripetizione dopo l’1-1 del primo match in cui lui è assente per infortunio) contro gli arci rivali dell’Argentina. Prima serve l’assist per la rete di Figueroa, poi si mette in proprio e realizza la rete decisiva con un tiro pazzesco dal limite. Due anni dopo chiuderà il cerchio, a 32 anni, vincendo il primo Mondiale FIFA della storia e spenderà gli ultimi scampoli di una carriera leggendaria in Italia: uno all’Inter e due al Palermo.

3° József Takács (Ungheria, centravanti)
Chiamatelo Triplete ante litteram. È ciò che fa il Ferencvaros in Europa nella stagione 1927-28. Vince campionato, coppa nazionale e Mitropa Cup. E il suo uomo in più è József Takács, una sorta di Milito interista del 2009-10. Takács si laurea capocannoniere della Prima divisione magiara con 31 reti e capocannoniere della Mitropa con la bellezza di 10 realizzazioni, di cui tre nella finale di andata contro il Rapid Vienna, terminata 7-1 e che rende superfluo il match di ritorno in Austria (terminato per la cronaca 5-3 per gli austriaci).

Menzione d’onore: Adolfo Baloncieri (Italia, centrocampista offensivo)

1929: Ricardo Zamora

1° RICARDO ZAMORA (Spagna, portiere)
La storia è scritta. Un portiere, il “Divino” Zamora, vince il Pallone d’Oro e per raggiungere un simile traguardo serve una stagione straordinaria. È quella che vede protagonista il 28enne spagnolo, probabilmente con Scarone e il nostro Meazza il più grande calciatore dell’anteguerra. Zamora, come già spiegato, rivoluziona il ruolo di portiere, che grazie a lui entra nell’epoca moderna: uscite, parate in tuffo, urla ai compagni, dominio dell’area. Dicono abbia doti mesmeriche e ipnotizzi gli attaccanti (tra cui Meazza, che in match ufficiali non riuscirà mai a fargli gol). In realtà le qualità di Zamora sono frutto di riflessi clamorosi e un senso della posizione unico. Cresciuto nel Barcellona, passa nel 1922 all’Espanyol e nel 1930 al Real Madrid, pagato a peso d’oro e diventando il primo calciatore professionista di Spagna. Il 1929 lo vede vincere la Coppa Catalana e la Coppa del Re con l’Espanyol e soprattutto fermare gli inglesi in un’amichevole che fa epoca: la Spagna è la prima nazionale a superare i maestri, vincendo 4-3, e lo fa grazie a Zamora. Piccolo particolare: il portiere durante l’incontro si rompe lo sterno, ma continua a giocare e nonostante il dolore salva più volte la propria porta con parate fuori dall’ordinario…

2° Manuel Ferreira (Argentina, attaccante)
Leader tecnico dell’Estudiantes de La Plata, la squadra dei “Professori” (così chiamati perché sul campo danno lezioni a tutti), Manuel Ferreira è un attaccante atipico. Un po’ come era stato Piendibene in Uruguay, un po’ come sarà Pedernera negli anni ’40, ama partire dalla posizione centrale, arretrare per impostare il gioco oppure allargarsi sulle fasce. Fulcro dell’Argentina che nel 1928 vince l’argento olimpico alle spalle dell’Uruguay, nel 1929 diventa capitano dell’Albiceleste e si porta a casa la Coppa América con tanto di premio di miglior giocatore. Nel Mondiale dell’anno seguente Ferreira sarà ancora il punto di riferimento della nazionale argentina, che però ancora una volta giungerà seconda dietro agli avversari di una vita.

3° Angelo Schiavio (Italia, centravanti)
Il calcio italiano inizia ad avvicinare le big d’Europa e del Sudamerica. Dopo il 4° posto di Baloncieri, sommo regista del Torino che nel 1928 vince lo scudetto a quota 31 gol e guida l’Italia al bronzo olimpico, il 1929 vede ai massimi livelli Angelo Schiavio. Il bomber del Bologna ne mette 29 in 29 incontri, capocannoniere del campionato e campione d’Italia alla guida del suo Bologna. La squadra emiliana continuerà a dominare – nel segno di Schiavio, ma non solo – i primi anni ’30 portandosi a casa anche due edizioni della Coppa Mitropa.

Menzione d’onore: István Avar (Ungheria, centravanti)

1930: José Nasazzi

1° JOSÉ NASAZZI (Uruguay, difensore)
Da un portiere a un difensore, il leader carismatico dell’Uruguay José Nasazzi. Terzino metodista – in epoca moderna un centrale difensivo – Nasazzi è il giocatore uruguagio più continuo e che offre il miglior rendimento nel successo iridato del 1930. Una sola sbavatura, in finale con l’Argentina, quando si fa scappare il centravanti argentino Guillermo Stábile per il gol del momentano 1-1. Ma è l’unica macchia in una finale che l’Uruguay ribalta soprattutto grazie a lui, alle sue urla per incitare i compagni, ai suoi prodigiosi recuperi, al suo regale senso della posizione. Se Andrade è il simbolo dell’oro olimpico del 1924 e Scarone dell’oro olimpico del 1928, Nasazzi è l’emblema del trionfo del 1930.

2° Giuseppe Meazza (Italia, centravanti/attaccante)
Il mondo assiste alla nascita di un nuovo fenomeno, l’erede naturale di Scarone per completezza di risorse e qualità tecniche, il dominatore assoluto degli anni ’30. Scarone è proprio l’idolo di Meazza e tra i due c’è anche una sorta di passaggio di consegne visto che per una stagione (1931-32) il vecchio maestro e il giovane allievo sono compagni nell’Inter. A 20 anni Meazza disputa una stagione pazzesca, mancando l’oro solo perché nasce la competizione calcistica più importante, il Mondiale, ed è inevitabile premiare chi brilla in quel contesto. Il 20enne Peppìn si fa notare in patria con un’annata da 31 reti in 33 incontri, titolo di capocannoniere e scudetto nell’Ambrosiana Inter. Sul suolo internazionale vince la classifica marcatori della Mitropa Cup mentre in nazionale segna 6 reti nelle prime 5 apparizioni, tra cui una favolosa tripletta all’Ungheria in Coppa Internazionale, che dà agli azzurri il successo nella competizione, antesignana dei moderni Europei.

3° Josef Smistik (Austria, mediano)
Polmone e cervello del Rapid Vienna che nel 1930 vince tutto: campione d’Austria e d’Europa, dopo aver sconfitto nella finale della Mitropa Cup lo Sparta Praga di Raimond Braine. Smistik nella finale di ritorno è decisivo anche sul piano realizzativo perché un suo gol limita la sconfitta per 3-2 e consente agli austriaci di arpionare il titolo dopo la vittoria per 2-0 conseguita all’andata. Il centromediano sarà anche uno dei principali protagonisti del Wunderteam di Hugo Meisl che incanta il continente nei primi anni ’30.

Menzione d’onore: Josef Košťálek (Cecoslovacchia, centrocampista offensivo)

1931: Raimundo Orsi

1° RAIMUNDO ORSI (Argentina, ala)
Già grande protagonista in Argentina, in particolare alle Olimpiadi del 1928 che lo vedono brillare ai massimi livelli, Raimundo “Mumo” Orsi si trasferisce in Italia, pagato a peso d’oro dalla Juventus. E in bianconero incanta: 5 scudetti consecutivi, genio e sregolatezza di una squadra fortissima e che costituisce lo zoccolo d’oro della nazionale di Vittorio Pozzo. Ala sinistra dal dribbling imprendibile, specialista nei tiri da calcio d’angolo, Orsi nel 1930-31 disputa un’annata sensazionale anche sul piano realizzativo, arrivando a segnare la bellezza di 20 reti, un bottino notevole per un esterno offensivo. Gol che diventano fondamentali per trascinare la Juve al tricolore.

2° Alex James (Scozia, centrocampista/centrocampista offensivo)
Leader del grande Arsenal di Chapman, che conquista il primo campionato inglese della sua storia. Una squadra che domina gli anni ’30 in Inghilterra (si porterà a casa un totale di 5 scudetti e 2 FA Cup), ma non si limita ai risultati: rivoluziona totalmente il modo di stare in campo. Merito del suo allenatore, Herbert Chapman, che per ovviare alla regola del fuorigioco inventa un nuovo modulo: i terzini da centrali e senza compiti di marcatura si allargano sulle ali; il centromediano arretra sulla loro linea e diventa il fulcro del reparto marcando il centravanti avversario; i mediani da laterali vengono spostati in mezzo per controllare le due mezzali. Dal 2-3-2-3 del Metodo si passa al 3-2-2-3 del Sistema, con il centrocampo che diventa il nuovo settore chiave della manovra. Lo scozzese Alex James, ex attaccante, viene portato da Chapman a costruire i fili del gioco sulla linea mediana, una sorta di Schiaffino o Suárez interista dell’anteguerra. Da quella posizione raffina il gioco, scala in difesa, lancia e serve assist agli attaccanti.

3° Giovanni Ferrari (Italia, centrocampista/centrocampista offensivo)
È un po’ l’Alex James italiano perché per quanto Ferrari giochi nel Metodo le sue caratteristiche sono più quelle del centrocampista di spola e regia che della mezzala metodista che agisce molto vicina alla porta. Giocatore capace di fare tutto, nel campionato 1930-31 segna 16 reti ed è decisivo per lo scudetto juventino. Forse più apprezzato all’estero che in patria, è uno dei segreti dell’Italia bi-mondiale di Pozzo e un elemento oggi un po’ sottovalutato. Il suo palmares è sconfinato: 8 scudetti in tre squadre diverse (oltre ai 5 in maglia Juventus, ne vince 2 all’Inter e uno al Bologna), 2 Coppe Italia, 2 Mondiali, una Coppa Internazionale.

Menzione d’onore: Alberto Zozaya (Argentina, centravanti)

1932: Matthias Sindelar

1° MATTHIAS SINDELAR (Austria, attaccante)
Il grande rivale di Meazza nel calcio europeo degli anni ’30. Un duello che rispecchia le differenti vedute della scuola italiana e austriaca: da un lato, il pragmatismo e la concretezza azzurra; dall’altra la raffinatezza e l’estetica degli ex padroni dell’Impero asburgico. Sindelar, chiamato il “Mozart del Gol” e “Cartavelina” per via della sua corporatura esile e dei suoi movimenti sinuosi, è la stella della grande Austria di Hugo Meisl. Nel 1932, a 29 anni, disputa una stagione eccezionale, guidando l’Austria al trionfo in Coppa Internazionale con 4 reti in 5 partite. Sempre nel 1932 disputa forse il match più bello della sua carriera, realizzando una tripletta sensazionale nell’8-2 con cui il Wunderteam umilia la quotata Ungheria.

2° Bernabé Ferreyra (Argentina, attaccante)
Detto “La Fiera”, centravanti di disumana potenza e clamorose medie realizzative, nel campionato argentino segnerà qualcosa come 206 reti in 197 partite, vincendo tre scudetti tutti nel River Plate. Il primo nel 1931-32 è anche il più elettrizzante perché Ferreyra mette dentro 43 reti (!). Meno fortunata la sua esperienza in nazionale, con un solo gol in 4 apparizioni.

3° William “Dixie” Dean (Inghilterra, centravanti)
Un’altra stagione mostruosa per il re inglese del gol. Il suo Everton retrocede clamorosamente in Seconda divisione nel 1930, lui lo riporta subito in First Division e nel 1931-32 lo guida a una nuova portentosa affermazione in campionato. Vittoria ovviamente nel segno di Dean, che tocca quota 45 gol in 38 incontri. Non siamo ai 60 del 1928, ma non ci andiamo molto lontano…

Menzione d’onore: Raimundo Orsi (Argentina, ala)

1933: Matthias Sindelar

1° MATTHIAS SINDELAR (Austria, attaccante)
Dalla Coppa Internazionale alla Coppa Mitropa: Sindelar domina i primi anni ’30 a livello europeo dall’alto di prestazioni sontuose e si porta a casa la competizione di club più ambita del Vecchio Continente alla guida dell’Austria Vienna. Dopo aver demolito in semifinale la Juventus di Orsi e Ferrari (nella gara di andata finita 3-0 realizza una doppietta, rendendo ininfluente l’1-1 del ritorno), in finale vince la sfida a distanza con l’Ambrosiana Inter di Meazza. La partita di andata vede un’affermazione per 2-1 dei nerazzurri di casa, con Sindelar che firma l’assist per la rete dei suoi. Al ritorno “Cartavelina” si erge a indiscusso protagonista e realizza tutte e tre le reti nel 3-1 conclusivo.

2° Ricardo Zamora (Spagna, portiere)
Trasferitosi al Real Madrid nel 1930 e pagato a peso d’oro dai Blancos, “il Divino” vince il campionato spagnolo nel 1932 e nel 1933, disputando due annate sensazionali: nella prima stagione subisce appena 15 reti, nella seconda 17, a conferma di qualità eccezionali non solo del pacchetto arretrato merengue (con il duo Ciriaco-Quincoces), ma anche di Zamora, che conquista a mani basse il premio di miglior portiere. È un fuoriclasse riconosciuto in tutto il mondo come tale, l’unico portiere la cui fama è pari nel Vecchio Continente a quella dei migliori attaccanti, da Meazza a Sindelar, da Orsi a Braine.

3° Cliff Bastin (Inghilterra, ala)
Spettacolare ala mancina, dotata di qualità di dribbling e di tiro notevoli, una delle stelle del meraviglioso Arsenal del periodo. A 21 anni, nel 1932-33, vive un’annata da record, andando in gol per ben 33 volte e guidando i Gunners al secondo titolo della loro storia. È una stagione da incorniciare per l’Arsenal che arriva a segnare ben 118 reti in 42 partite esprimendo un calcio offensivo, potente e moderno.

Menzione d’onore: Giuseppe Meazza (Italia, centravanti/attaccante)

1934: Giuseppe Meazza

1° GIUSEPPE MEAZZA (Italia, centravanti/attaccante)
L’Italia organizza il Mondiale e lo vince. L’uomo simbolo degli azzurri non può che essere lui: Giuseppe Meazza. A 24 anni è oramai un campione maturo e affermato, un leader. Dopo l’ennesima stagione in doppia-doppia all’Ambrosiana Inter (21 gol in campionato), “il Balilla”, che in nazionale non gioca da centravanti come nel club ma da mezzala, da uomo dedito all’ultimo passaggio, si prende lo scettro sul proscenio iridato. Gol agli Stati Uniti negli ottavi, gol alla Spagna nei quarti, poi confeziona dietro le quinte i successi discussi e sofferti su Austria e Cecoslovacchia, che portano l’Italia al trionfo.

2° Giovanni Ferrari (Italia, centrocampista/centrocampista offensivo)
Dopo il bronzo del 1932 ecco l’argento del 1934. Meazza&Ferrari, la coppia più straordinaria nella storia del calcio italiano, il Messi e l’Iniesta degli anni ’30, si completano a meraviglia: genio e razionalità, estro e metodo, velocità e sagacia tattica. Formidabili individualmente e inarrivabili in tandem. È sulla loro unione e sul loro affiatamento che Pozzo costruisce l’Italia bi-campione del mondo. Nella stagione 1933-34 Ferrari conquista l’ennesimo scudetto in maglia Juventus con 16 reti e disputa un grande Mondiale realizzando anche lui due gol e dirigendo il traffico con impeccabile maestria.

3° Luisito Monti (Argentina, centromediano)
Il più grande centromediano nella storia del Metodo, “doublo ancho” come lo chiamano in Argentina, per via del fisico tutt’altro che asciutto. Carriera longeva e vincente, architrave dell’Argentina vicecampione olimpica nel ’28 e vicecampione mondiale nel ’30, viene ingaggiato dalla Juve che sembra sul viale del tramonto. Invece diventa una colonna bianconera, solido e arcigno marcatore nonché primo regista del gioco. Naturalizzato italiano, Pozzo lo trasforma nel perno difensivo degli azzurri nel Mondiale ’34. Con le buone e con le cattive tiene a bada lo spauracchio Sindelar nella combattutissima semifinale contro l’Austria, guadagnandosi anche lui un posto sotto le luci della ribalta.

Menzione d’onore: Matthias Sindelar (Austria, attaccante)

1935: Raymond Braine

1° RAYMOND BRAINE (Belgio, centrocampista offensivo/attaccante)
Un altro favoloso campione degli anni ’30. Giocatore capace di fare tutto, mezzala di classe superiore, attaccante dall’innato fiuto per il gol. Primo professionista del suo Paese, pagato a peso d’oro dallo Sparta Praga, in Cecoslovacchia diventa un crack vincendo due campionati e due classifiche marcatori. Il 1935 lo consacra al massimo livello in Europa: con 7 gol, di cui 3 in finale (uno nella gara di andata e due in quella di ritorno) trascina i praghesi al successo nella Mitropa Cup in finale sul Ferencvaros.

2° György Sárosi (Ungheria, centrocampista offensivo/attaccante)
L’Italia ha Meazza. L’Austria ha Sindelar. L’Ungheria ha Sárosi. Tre Paesi, tre scuole, tre fenomeni. Di tutti, lui è il più universale: sa giocare benissimo da centromediano, da mezzala e da attaccante. Spende tutta la carriera nel Ferencvaros e nel 1935 si consacra ai livelli più alti: perde la finale della Mitropa Cup contro lo Sparta Praga, ma si consola con il titolo di capocannoniere della manifestazione. E vince anche la classifica dei bomber nella Coppa Internazionale, dove però la sua Ungheria giunge terza alle spalle di Italia e Austria.

3° Silvio Piola (Italia, centravanti)
L’Italia è nel suo periodo aureo e produce campioni a getto continuo: l’ultimo arriva da Robbio Lomellina, un paese della pianura pavese, anche se la famiglia è vercellese. Si chiama Silvio Piola. Alto, dinoccolato, però dotato sul piano dei fondamentali e del gioco acrobatico. Nel 1935, a 23 anni, si prende la scena: chiude la stagione con 21 gol in serie A nella Lazio, Pozzo lo convoca in nazionale per un infortunio di Meazza e lui al debutto al Prater di Vienna contro la fortissima Austria realizza i due gol che consentono all’Italia di conquistare la Coppa Internazionale. Predestinato.

Menzione d’onore: Ted Drake (Inghilterra, centravanti)

1936: Giuseppe Meazza

1° GIUSEPPE MEAZZA (Italia, centravanti/attaccante)
Secondo Pallone d’oro in tre anni. Perché anche se non vince nulla a livello di club, il 1936 di Meazza è da applausi: capocannoniere della serie A per la seconda volta con 25 reti, capocannoniere della Mitropa Cup, dove la sua Ambrosiana viene eliminata in semifinale dallo Sparta Praga, con addirittura 10 gol. E la forte sensazionale che nonostante una fitta concorrenza interna ed esterna (Ferrari, Braine, Sindelar, Piola, Sárosi, James, Lángara, Leônidas da Silva) il più forte calciatore d’Europa – e del mondo – sia lui.

2° Matthias Sindelar (Austria, attaccante)
Nel campionato austriaco agisce quasi più da regista, limitandosi a segnare appena 8 reti. Sul fronte interno si porta a casa comunque una Coppa nazionale. Ma è a livello internazionale che si scatena: vicecapocannoniere della Mitropa con 8 centri, guida la sua Austria Vienna alla seconda affermazione dopo una combattutissima finale contro i detentori dello Sparta Praga vincendo in questo modo la sfida diretta con Braine.

3° Isidro Lángara (Spagna, centravanti)
Il Piola di Spagna. Centravanti con il gol nel sangue, gli vengono accreditate in carriera oltre 900 reti non ufficiali. Capocannoniere in tre Paesi (Spagna, Argentina e Messico), protagonista anche con la maglia della nazionale iberica con l’eccezionale score di 17 reti in 12 incontri, nel 1936 conquista per la terza volta consecutiva il titolo di Pichichi della Liga con 27 gol, spingendo il suo Oviedo al terzo posto dietro all’Athletic Bilbao e al Real Madrid.

Menzione d’onore: György Sárosi (Ungheria, centrocampista offensivo/attaccante)

1937: György Sárosi

GYÖRGY SÁROSI (Ungheria, centrocampista offensivo/attaccante)
Indimenticabile il 1937 per il campione ungherese: alla guida del Ferencvaros conquista finalmente il titolo nella Mitropa Cup, al termine di una finale pazzesca contro la Lazio di Silvio Piola in cui Sárosi domina. Nella gara di andata, terminata 4-2 per i magiari, il fuoriclasse del Ferencvaros realizza una tripletta. Al ritorno Sárosi ne mette due nel pirotecnico 5-4 che consegna la coppa ai suoi. In totale è capocannoniere della manifestazione con 12 centri. Sárosi è un protagonista enorme anche con la nazionale: in un 8-3 contro la Cecoslovacchia, match valido per la Coppa Internazionale, segna 7 (!) gol, toccando probabilmente il punto più alto della sua carriera.

2° Arsenio Erico (Paraguay, centravanti)
Il mondo assiste alla nascita di un nuovo centravanti dalle medie-gol irreali. È il paraguaiano Arsenio Erico, che gioca in Argentina nell’Independiente. A 22 anni, nel 1937, segna qualcosa come 47 gol in campionato (laureandosi ovviamente capocannoniere) in 34 partite. Scaltro, tecnico, veloce, opportunista, Erico diventerà il massimo goleador della Prima divisione argentina con 293 reti.

3° Silvio Piola (Italia, centravanti)
Primo titolo di miglior marcatore della serie A con 21 reti, Piola sfiora lo scudetto con la sua Lazio – preceduto di tre punti dal Bologna – e chiude al secondo posto la campagna europea nella Mitropa Cup: a fermare i biancocelesti a un passo dal sogno è il Ferencvaros di Sárosi. Piola è anche vice capocannoniere del torneo con 10 reti, sempre alle spalle del rivale ungherese. Atleta serio e rigoroso, estremamente longevo e capace di giocare a ottimi livelli fino al 1953-54, Piola è ancora oggi il massimo goleador della serie A con un bottino totale di 290 reti.

Menzione d’onore: José Manuel Moreno (Argentina, centrocampista offensivo)

1938: Giuseppe Meazza

1° GIUSEPPE MEAZZA (Italia, centravanti/attaccante)
Anche Meazza, come il suo idolo Scarone, conquista per la terza volta il Pallone d’oro e il traguardo non è un caso visto che si tratta dei due massimi calciatori dell’anteguerra. Per il “Balilla” altra annata magica: campione d’Italia per la seconda volta con la sua Inter dopo il titolo del 1929-30, capocannoniere della serie A con 20 reti, splendido protagonista (probabilmente come prestazioni più ancora che nel 1934) del secondo titolo mondiale dell’Italia in Francia. Un successo che gli azzurri si prendono di forza in un clima reso infuocato dalle politiche del regime fascista di Benito Mussolini. La squadra di Pozzo però è troppo superiore in campo per qualsiasi avversario. Dopo qualche patimento iniziale con la Norvegia è un crescendo rossiniano: Francia, Brasile e Ungheria vengono superate con pieno merito e Meazza, con 5 assist e un gol è l’architetto del trionfo.

2° Leônidas da Silva (Brasile, centravanti)
Gli europei lo hanno ammirato dal vivo in occasione del Mondiale ’34, quando però il suo Brasile viene eliminato negli ottavi dalla Spagna di Zamora e Lángara. Quattro anni più tardi Leônidas si riprende la scena e non è più una comparsa. Si consacra a 25 anni come uno dei migliori calciatori al mondo. Diventa capocannoniere del Mondiale con 7 gol e la sua assenza nella semifinale contro l’Italia è determinante per l’eliminazione della nazionale sudamericana sulla via della finalissima. Già molto conosciuto in Brasile, è reduce da annate molto produttive sul piano realizzativo con Bonsucesso, Sâo Cristóvâo, Peñarol, Vasco da Gama, Botafogo e Flamengo. Il meglio deve però ancora venire.

György Sárosi (Ungheria, centrocampista offensivo/attaccante)
Campione ungherese con il Ferencvaros, capocannoniere della Coppa Internazionale al momento dell’interruzione bellica, vice campione della Mitropa Cup alle spalle dello Slavia Praga di Josef Bican, il 1938 vede Sárosi brillare moltissimo nel Mondiale. Cinque reti totali, almeno una in ogni incontro, e il secondo posto alle spalle dell’Italia. In finale gli azzurri sono troppo in fiducia anche per un’Ungheria fortissima, che oltre a lui allinea in attacco Gyula Zsengellér, altro stoccatore micidiale.

Menzione d’onore: Silvio Piola (Italia, centravanti)

1939: Gyula Zsengellér

1° GYULA ZSENGELLÉR (Ungheria, centravanti)
Soprannominato il “Paganini del football”, Zsengellér a 24 anni vive un’annata portentosa e inimitabile, sia sul piano individuale che di squadra, dopo che al Mondiale ’38 era già stato protagonista con 5 reti. Nel 1939 guida l’Újpest al titolo nazionale segnando 56 reti in 26 gare, a -4 dal record europeo di Dean del 1928 e a -11 da quello mondiale dell’americano Stark nel 1925. La ciliegina è la vittoria nella Mitropa Cup: Zsengellér va in gol 9 volte in 6 apparizioni, vince anche qui la classifica dei bomber e naturalmente laurea l’Újpest campione. La sua carriera sembra destinata a decollare, ma un po’ per la guerra e un po’ per un calo suo, non riuscirà più a ripetersi ai livelli di quel 1939.

2° Arsenio Erico (Paraguay, centravanti)
Per il terzo campionato consecutivo il centravanti dell’Independiente tocca vette siderali, con un bottino complessivo di 40 reti dopo le 47 del 1937 e le 43 del 1938. Gol che consentono alla formazione argentina di conquistare per due anni consecutivi il titolo e segnare un totale di 218 reti: nessuna squadra in Argentina raggiungerà più simili cifre realizzative. Erico continuerà a segnare molto anche negli anni successivi, nonostante un grave infortunio ne condizioni il rendimento. Sarà l’idolo di Alfredo Di Stéfano.

3° Teodoro Fernández (Perù, centravanti)
Il primo grande campione del calcio peruviano, nel 1939 vive un’annata semplicemente perfetta: al titolo nazionale con l’Universitario aggiunge il successo in Coppa América (il primo per il Perù, che dovrà aspettare il 1975 per bissare il successo) con tanto di premio di miglior giocatore e titolo di capocannoniere con 7 reti.

Menzione d’onore: Tommy Lawton (Inghilterra, centravanti)

1940: Leônidas da Silva

1° LEÔNIDAS DA SILVA (Brasile, centravanti)
«I goal di Leônidas erano talmente belli che persino il portiere avversario si rialzava per congratularsi». Così scrive Eduardo Galeano per tratteggiare la figura del centravanti brasiliano, un vero portento in termini di qualità tecniche e doti acrobatiche. Leônidas nel 1940 ha 27 anni ed è all’apogeo: segna 51 reti stagionali, dei quali 30 nel campionato carioca con la maglia del Flamengo che gli valgono il titolo di capocannoniere.

2° Josef Bican (Austria/Cecoslovacchia, centravanti)
È diventato famoso negli ultimi tempi perché la RSSSF – federazione di storia e statistica del calcio – attribuisce a lui il primato dei gol ufficiali in carriera. Ma è un primato dibattuto, essendo impossibile contabilizzare con assoluta certezza le reti prima di un determinato periodo storico. Gol più, gol meno, ad ogni modo la sostanza non cambia: Bican è uno che ha segnato tonnellate di reti, ovunque abbia giocato. Astro nascente del calcio austriaco nel Mondiale ’34 (dove segna una rete alla Francia negli ottavi), scappa in Cecoslovacchia per evitare l’Anschluss e trascina lo Slavia Praga al successo nella Mitropa Cup 1938, laureandosi capocannoniere con 10 reti. Gli anni ’40 lo vedono rifulgere al massimo livello, peccato ci sia di mezzo la guerra che impedisca di lanciarlo nell’alveo internazionale: nel 1940 realizza 50 reti in campionato, vincendo il titolo nazionale, e 56 in totale.

3° Isidro Lángara (Spagna, centravanti)
Dopo aver vinto tre volte la classifica marcatori in Spagna, Lángara vola in Argentina, al San Lorenzo, per scappare dalla dittatura franchista (è un repubblicano). E al primo tentativo si laurea capocannoniere con un bottino di 33 reti. Il suo arrivo porta spettacolo e i soci del club passano in poco tempo da 15mila a 35mila facendo del San Lorenzo un club molto popolare.

Menzione d’onore: György Sárosi (Ungheria, centrocampista offensivo/attaccante)

1941: José Manuel Moreno

1 JOSÉ MANUEL MORENO (Argentina, centrocampista offensivo)
Scarone negli anni ’20, Meazza nei ’30, lui nei ’40: un giocatore simbolo per decennio. Il dio del calcio dota José Manuel Moreno di ogni risorsa possibile: è un genio assoluto, con un controllo di palla fenomenale, tecnicamente forse il più grande calciatore mai veduto fino a quel momento. Per alcuni storici argentini non è inferiore a Maradona e Messi (non considerando Di Stéfano davvero un argentino). Moreno con la palla fa letteralmente ciò che vuole. È la guida tecnica del River Plate che passa alla storia con il soprannome di Máquina, la formazione più iconica e celebrata dell’intera storia del calcio albiceleste. Esploso sul finire degli anni ’30, subito diventato icona popolare, nel 1941 Moreno ha 25 anni e si porta a casa il campionato argentino e la Coppa América dove con 3 gol e giocate di classe domina la competizione.

2° Franz Binder (Austria, centravanti)
Altro portento del calcio mitteleuropeo, è soprannonimato “Bimbo” per i lineamenti gentili del viso, in contrasto con la sua potenza atletica. Rispetto a Bican, di due anni più giovane, Binder è un attaccante più classico, un ariete, ma entrambi sono accomunati dalla straordinaria vena realizzativa. Un peccato che l’Austria non abbia mai potuto schierare un tridente con loro e Sindelar a inventare: sarebbero stati fortissimi dolori per gli avversari. Naturalizzato tedesco dopo l’Anschluss, nel 1941 trascina il suo Rapid Vienna a un’impresa storica, vincendo – unica formazione austriaca a riuscirci – la Gauliga, il campionato tedesco unificato. Nella finale a Berlino contro il fortissimo Schalke 04, il Rapid va sotto 3-0 e Binder nel primo tempo sbaglia un rigore. Nella ripresa la più pazzesca delle rimonte, con Binder che si riscatta e segna tre reti nel 4-3 conclusivo a favore dei suoi.

3° Adolfo Pedernera (Argentina, centrocampista offensivo/attaccante)
Nel River Plate e nell’Argentina che danno spettacolo e vincono tutto nel 1941, lui è l’altra faccia della medaglia. Di due anni più giovane di Moreno, i due si completano alla perfezione: l’altro è il genio creativo, lui è il genio tattico. Parte da centravanti, in realtà gioca venti metri dietro alla linea più avanzata a orchestrare i fili del gioco dall’alto di un’intelligenza tattica e una visione di gioco superiori. Sarà il grande maestro di Di Stéfano, che ispirerà non solo al River ma anche in Colombia, nei Millonarios di Bogotá.

Menzione d’onore: Josef Bican (Austria/Cecoslovacchia, centravanti)

1942: José Manuel Moreno

1° JOSÉ MANUEL MORENO (Argentina, centrocampista offensivo)
Consacratosi oramai ai livelli più alti, Moreno nel 1942 continua a offrire spettacolo, trascinando il River Plate alla vittoria in campionato e disputando una Coppa América superba: è capocannoniere con 7 reti, ma nell’ultima decisiva partita la sua classe non basta e l’Albiceleste deve arrendersi alla formichina Uruguay, che a sorpresa conquista il titolo. Le 5 reti che realizza contro l’Ecuador nel 12-0 finale rappresentano ad ogni modo un record ancora oggi ineguagliato in una partita di Coppa América.

2° Obdulio Varela (Uruguay, centromediano)
Architrave della nazionale uruguaiana, Obdulio a 25 anni fa le prove generali del Maracanaço che otto anni più tardi consegnerà lui e la Celeste alla leggenda. Contro la favorita Argentina nell’ultima decisiva partita della Coppa América guida l’Uruguay a una clamorosa affermazione per 1-0 grazie alla zampata di Bibiano Zapirain. L’uomo in più è Varela, che disputa una competizione e una partita superbe tanto da venire eletto miglior giocatore.

3° Adolfo Pedernera (Argentina, centrocampista offensivo/attaccante)
Dopo il 1941 si conferma ad altissimi livelli sia in patria sia in nazionale, arrivando a segnare 23 gol in campionato nonostante la sua propensione a organizzare il gioco più che a rifinirlo. Una sola rete segnata invece in Coppa América.

Menzione d’onore: Josef Bican (Austria/Cecoslovacchia, centravanti)

1943: Zizinho

1° ZIZINHO (Brasile, centrocampista offensivo)
La risposta brasiliana a Moreno. Mezzala dalla sconfinata visione di gioco e dalle risorse tecniche paurose, a 21 anni Zizinho si consacra come nuovo fenomeno del calcio brasiliano trascinando il Flamengo al successo nel campionato di Rio con 13 gol e una miriade di assist, bissando il titolo dell’anno precedente. “O Mestre Ziza”, come viene soprannominato, è il punto di passaggio tra la generazione di Leônidas e quella vincente degli anni ’50. Carriera estremamente longeva, arriverà a giocare ad alti livelli fino a quasi 40 anni.

2° Leônidas da Silva (Brasile, centravanti)
Passato al San Paolo, Leônidas diventa subito il protagonista di spicco del titolo paulista con un’annata complessiva da 50 reti. È l’inizio di un matrimonio particolarmente proficuo per il centravanti brasiliano con 5 campionati in 7 stagioni.

3° Valentino Mazzola (Italia, centrocampista/centrocampista offensivo)
Se c’è un giocatore universale nella storia del calcio italiano, questo è Valentino Mazzola. Il capitano del Grande Torino al primo anno in granata conferma le sue straordinarie qualità di stantuffo inesauribile e centrocampista offensivo capace di fare tutto. Realizza 11 gol in serie A, 5 in Coppa Italia e guida il Toro alla storica accoppiata. I granata non vincevano il tricolore dal 1928, con Valentino al comando avviano un ciclo irripetibile che toccherà il suo apice nel dopoguerra.

Menzione d’onore: Antonio Sastre (Argentina, centrocampista/centrocampista offensivo)

1944: Josef Bican

1° JOSEF BICAN (Austria/Cecoslovacchia, centravanti)
Il re del gol tocca il suo apogeo, confezionando una stagione mostruosa con lo Slavia Praga, da 57 gol in 26 gare. Ne mette anche 19 in Coppa nazionale, per un totale di 76 reti in 32 incontri, oltre 2 a partita (!). È qualcosa di unico e irreale nella storia del gioco, un primato ancora oggi imbattuto: Messi nella stagione 2011-12 si spingerà a 73 tra club e nazionale. L’argentino ha invece il primato dei gol in un anno solare: nel solo 2012 raggiungerà quota 91.

2° Zizinho (Brasile, centrocampista offensivo)
Altro titolo di Rio e altro campionato maiuscolo con 13 reti e una serie di favolose giocate. A 22 anni è oramai la nuova stella del calcio brasiliano, pronto a prendersi sulle spalle la nazionale in un decennio che deve segnare per il Brasile l’approdo al vertice mondiale.

3° Edmundo “Mundo” Suárez (Spagna, centravanti)
Uno dei massimi goleador di Spagna, il più grande nella storia del Valencia: con il suo club conquista tre volte la Liga e due Coppe del Re. Il 1944 è il suo anno di gloria: vince lo scudetto e si laurea capocannoniere del campionato spagnolo con 27 reti.

Menzione d’onore: Carlos Sosa (Argentina, difensore)

1945: Antonio Sastre

1° ANTONIO SASTRE (Argentina, centrocampista/centrocampista offensivo)
Altro straordinario fenomeno del calcio argentino: dopo essere stato con Erico l’architrave del meraviglioso Independiente di fine anni ’30, Sastre viene ingaggiato dal San Paolo nel 1942. E così dopo aver suggerito nel ruolo di mezzala a tutto campo per il micidiale stoccatore paraguaiano, fa lo stesso con un altro sontuoso principe del gol, Leônidas. Ma Sastre – che in carriera arriva a giocare in 8 ruoli diversi e sempre con un’alta cifra di rendimento – non si dimentica come si fa a segnare: al suo primo anno al San Paolo realizza 18 reti. Nel 1944 tocca quota 16. Ma la sua stagione più bella è probabilmente la terza: 17 gol in 40 gare, nonostante non giochi più da mezzala offensiva bensì da volante davanti alla difesa. Una vera arma totale.

2° Heleno de Freitas (Brasile, centravanti)
Nel Brasile innamorato calcisticamente della scienza raffinata di Zizinho, si fa strada l’idea di un calciatore opposto. Heleno de Freitas è atletico, fisico, potente, un goleador di razza che ha una grande cultura extra sportiva (disserta di filosofia e legge Dostoevskij) e in campo è un leone che non si risparmia mai. Leader del Botagofo, nel 1945, a 25 anni, conquista la Coppa Roca con il Brasile e sfiora la vittoria in Coppa América: ma le sue 6 reti totali – che gli valgono il titolo di capocannoniere alla pari con l’argentino Noberto “Tucho” Méndez – non bastano al Brasile, che finisce secondo, preceduto di un punto dall’Argentina. Nel 1955 si ammalerà di sifilide e verrà trovato morto a 39 anni.

3° Ángel Labruna (Argentina, centravanti)
Tra Moreno e Pedernera, c’è spazio per lui: “El Feo”. È la mezzala sinistra di quel River Plate da sogno, in realtà è il giocatore che sfruttando lo schieramento a Diagonal risulta il più avanzato nella linea offensiva. Lo testimoniano le sue 293 reti nel campionato argentino, miglior marcatore al pari di Arsenio Erico. Nel 1945 Labruna vince il titolo nazionale e si laurea capocannoniere con 27 reti. Giocherà fino a 40 anni partecipando addirittura allo sfortunato Mondiale del 1958. Con il River vincerà in tutto 9 campionati e sarà il maestro di Sívori.

Menzione d’onore: Rinaldo Martino (Argentina, centravanti)

1946 Ferenc Deák

1° FERENC DEÁK (Ungheria, centravanti)
Torna di moda dopo i tempi di Sárosi e Zsengellér il calcio ungherese. E lo fa con un centravanti poderoso e dalle disumane medie realizzative. Ferenc “Bamba” Deák, così soprannominato perché come una canna di bambù sembra oscillare tra le pieghe del match piazzando poi all’improvviso la stoccata risolutiva. Nella prima stagione dopo la guerra, nel piccolo Szentlőrinci, realizza qualcosa come 66 gol in 34 giornate! È il nuovo record del calcio europeo, battendo il precedente di 60 di Dean nel 1928, a -1 dall’americano Stark nel 1925.

2° Adolfo Pedernera (Argentina, centrocampista offensivo/attaccante)
Ultima stagione in Argentina per “El Maestro”, che passa ai Millonarios in Colombia pagato fior di dollari. Ma è in nazionale che dà il meglio di sé: nell’Argentina che per la terza volta nelle ultime quattro edizioni conquista la Coppa América, il protagonista assoluto è lui, tanto da venire eletto miglior giocatore della competizione. Oltre alle due reti finali, Pedernera si conferma il motore del gioco dell’Albiceleste, squadra che disintegra la concorrenza segnando 17 reti in 5 gare.

3° René Pontoni (Argentina, centravanti)
Un terzetto da favola, quello formato da Farro, Pontoni e Martino (il “Terceto de Oro”), trascina il San Lorenzo al successo nel campionato argentino del 1946 dopo una sensazionale rimonta sul Boca Juniors. Pontoni è il bomber principe con 20 reti: nei suoi tre anni al San Lorenzo arriverà a quota 66. Fortissimo nel gioco aereo, intelligente tatticamente, affina la tecnica con i duri allenamenti, fino a conquistarsi anche un posto nella nazionale argentina che quell’estate vince anche la Coppa América. È l’idolo di Papa Bergoglio.

Menzione d’onore: Valentino Mazzola (Italia, centrocampista/centrocampista offensivo)

1947: Valentino Mazzola

1° VALENTINO MAZZOLA (Italia, centrocampista/centrocampista offensivo)
Il Grande Torino diventa nel dopoguerra la stella d’Italia, la squadra che con il suo gioco spettacolare e innovativo, anticipatore per certi versi di quello della Grande Ungheria e dell’Olanda di Cruijff, fa dimenticare agli italiani gli orrori del conflitto. Il leader tecnico e carismatico è Valentino Mazzola. Nella stagione 1946-47 il Toro vince lo scudetto con 63 punti e 104 gol fatti. Mazzola, autentico jolly universale, ne segna 29 ed è il capocannoniere del campionato. È autore per altro di un record pazzesco: in un 6-0 contro il Vicenza realizza una tripletta in due minuti.

2° Alfredo Di Stéfano (Argentina, centravanti/attaccante)
In mezzo alla clamorosa produzione di talenti del calcio argentino degli anni ’40 emerge un 21enne destinato a scrivere la Storia con la S maiuscola più di ogni altro. Si chiama Alfredo Di Stéfano. Arriva al River Plate per raccogliere l’eredità di Pedernera e alla prima stagione da titolare dopo un prestito all’Huracán segna 27 gol, si laurea capocannoniere e trascina i biancorossi al titolo. Non contento, in Coppa América segna altri 6 gol ed è uno dei grandi protagonisti dell’Argentina che diventa ancora campione in Ecuador. Lo chiamano la “Saeta Rubia”, la freccia bionda: la sua velocità è supersonica, gioca con una verticalità spinta e punta sempre la porta. Sembra un po’ Ronaldo il Fenomeno quando è apparso sulla scena mondiale. Con gli anni evolverà sino a diventare il calciatore totale per antonomasia.

3° José Manuel Moreno (Argentina, centrocampista offensivo)
Da Pedernera a Di Stéfano, “El Charro” Moreno – rientrato al River dopo una fruttifera esperienza in Messico nel Club España – dà spettacolo nella vittoria del campionato nazionale con un bottino di 10 gol e svariati assist e regala ulteriori magie in Coppa América: segna 3 reti e viene scelto come miglior giocatore della competizione.

Menzione d’onore: Ferenc Deák (Ungheria, centravanti)

1948: Ferenc Puskás

1° FERENC PUSKÁS (Ungheria, attaccante)
Di Stéfano in Sudamerica, lui in Europa. Il mondo vede all’opera la nascita di due fenomeni assoluti, destinati a infiammare la scena (anche in coppia) per un ventennio. Talento naturale e creatività senza pari, Puskás a 21 anni è già un asso che lascia orme indelebili: con la Honvéd segna qualcosa come 50 gol in 32 partite e se si somma la nazionale arriva a quota 57 centri in 38 incontri. È il miglior cannoniere mondiale del 1948 e l’aspetto ancora più pazzesco è che non è unicamente un finalizzatore, ma un attaccante completo e altrettanto bravo nel fornire assist di puro genio.

2° Valentino Mazzola (Italia, centrocampista/centrocampista offensivo)
Altra stagione mostruosa per il capitano del Toro: 25 gol in campionato, vice capocannoniere della serie A, con i suoi granata che arrivano a segnare qualcosa come 125 reti complessive e accumulare diversi primati di squadra, alcuni dei quali insuperati ancora oggi nel massimo campionato italiano. Unico neo: lo 0-4 che l’Ital-Toro subisce a Torino in amichevole dall’Inghilterra.

3° Stanley Matthews (Inghilterra, ala)
Esploso negli anni ’30, giocherà fino agli anni ’60: è il calciatore longevo per eccellenza, un ponte tra le epoche, la dimostrazione che le cesure nette nel calcio non esistono. È “Sir” Stanley Matthews, ala sopraffina e immarcabile se ispirata, il più grande nel ruolo fino all’avvento di Garrincha. Il 1948 è uno dei suoi anni migliori: viene votato giocatore dell’anno della stagione inglese, trascina il suo Blackpool alla finale di FA Cup (perdendo dal Manchester United) e dà spettacolo nelle amichevoli internazionali, con l’Inghilterra che demolisce Scozia, Italia, Irlanda e Svizzera.

Menzione d’onore: Gunnar Nordahl (Svezia, centravanti)

1949: Ademir

1° ADEMIR DE MARQUES MENEZES (Brasile, centravanti)
Tecnico, versatile, potente: è uno dei grandi del Brasile di fine anni ’40 e nel 1949 disputa un’annata strepitosa: i suoi 31 gol spingono al Vasco al successo nel campionato carioca dopo che l’anno prima la squadra aveva vinto la Coppa dei Campioni Sudamericana, competizione antesignana della Libertadores che viene disputata solo in quell’occasione tra le vincitrici dei campionati nazionali sudamericani. La ciliegina sulla torta nell’annata d’oro di Ademir arriva tra aprile e maggio 1949: le 7 reti dell’attaccante – proclamato miglior giocatore della competizione – spingono il Brasile alla vittoria, un traguardo che la nazionale non raggiungeva addirittura dal 1922, dall’epoca del grande Friedenreich.

2° Ferenc Deák (Ungheria, centravanti)
Il bomber ungherese, passato al grande Ferencvaros, vive un’altra stagione mostruosa: 59 gol in campionato in 30 gare che valgono a lui il primato nella classifica marcatori e alla squadra il titolo magiaro. Deák è all’apice della carriera, ma a breve inizierà il suo declino, a cui contribuirà anche l’avversione al regime comunista che lo estrometterà dalla nazionale.

3° Ferenc Puskás (Ungheria, attaccante)
Il futuro Colonnello e leader dell’Aranycsapat si conferma a livelli altissimi: 46 reti in campionato e 57 contando anche la nazionale, in un altro anno particolarmente prolifico. È oramai considerato l’astro nascente del calcio europeo, pronto a prendersi il trono mondiale negli anni ’50.

Menzione d’onore: Zizinho (Brasile, centrocampista offensivo)

1950: Obdulio Varela

1° OBDULIO VARELA (Uruguay, centromediano)
Il simbolo del Maracanaço, un’impresa per certi versi senza eguali nella storia del calcio. Senza il suo carisma l’Uruguay non avrebbe mai sconfitto il Brasile in casa sua davanti a 200mila spettatori che aspettavano solo di festeggiare il trionfo. Non ci sono immagini della partita, ma i racconti di tutti gli addetti ai lavori indicano nel leader della Celeste il vero protagonista dell’incredibile successo.

2° Zizinho (Brasile, centrocampista offensivo)
È il miglior giocatore del Mondiale, è autore di giocate fantastiche lungo tutto l’arco della competizione (l’inviato del Corriere della Sera lo paragona a Leonardo da Vinci che dipinge calcio sull’immensa tela verde del Maracanã) ed è reduce per altro da una stagione sontuosa in Brasile con 20 reti in 32 partite. Insomma: tutto perfetto o quasi. Ma nell’ultimo momento, quello più importante, l’atroce beffa.

3° Ferenc Puskás (Ungheria, attaccante)
Non ci fosse il Mondiale di mezzo, il trono sarebbe suo. Annata sensazionale per Puskás, che vince due volte il campionato ungherese con la Honvéd, quello 1949-50 e quello del 1950, 15 partite che inaugurano il nuovo corso voluto dal regime. Per Puskás un totale di 56 gol in 45 incontri. Con l’aggiunta della nazionale il bottino sale a 68 centri, tra cui un poker all’Albania.

Menzione d’onore: Ademir de Marques Menezes (Brasile, centravanti)

1951: Gunnar Nordahl

1° GUNNAR NORDAHL (Svezia, centravanti)
La Svezia rimane al riparo dalle persecuzioni dei nazisti nella Seconda guerra mondiale, al pari dei cugini danesi: potendo “conservare” intatte le loro giovani generazioni, gli anni immediati al conflitto consegnano una quantità astronomica di grandi giocatori provenienti dai Paesi scandinavi. La Svezia soprattutto raggiunge i livelli più alti mettendo in mostra assi come Gren, Liedholm, Skoglund e soprattutto Nordahl. “Il Bisonte” o “Pompiere del gol”, dopo aver trascinato di peso i suoi all’oro olimpico a Londra ’48, sbarca in Italia al Milan l’anno seguente e domina: 5 volte capocannoniere della serie A, la miglior media-gol mai vista nel nostro campionato tra i grandi cannonieri (0,77, frutto di 225 reti in 291 incontri), 2 scudetti e 2 Coppe Latina. Il 1950-51 è il suo anno più straordinario: re dei bomber in serie A con 34 gol e in Coppa Latina con 4, vince entrambe le competizioni. Potente, opportunista, ma anche tecnico a dispetto della mole, Nordahl è il più forte centravanti straniero mai giunto nel nostro Paese con van Basten e Ronaldo il Fenomeno.

2° Alfredo Di Stéfano (Argentina, centravanti/attaccante)
Come nel 1947, la “Saeta Rubia” si porta a casa un altro Pallone d’argento. Ha seguito il suo maestro Pedernera ai Millonarios di Bogotá, club che si è posto fuori dai parametri FIFA pagando profumatamente i migliori giocatori del Sudamerica. Di Stéfano nel 1951 conquista il campionato con un bottino di 32 reti in 34 incontri e grazie allo stile di gioco straordinario messo in campo, la squadra diventa nota con il soprannome di “Balet Azul”, Balletto Azzurro, dal colore delle maglie.

3° István Nyers (Francia/Ungheria, centravanti)
Nordahl al Milan, lui all’Inter. Un duello tra grandissimi numeri 9. Nato in Francia da genitori magiari, tornato in Ungheria, viene privato della cittadinanza e ripara prima in Cecoslovacchia e poi di nuovo in Francia, non perdendo mai il vizio per il gol. Nel 1948 l’Inter lo porta in Italia e fa un affare: Nyers, soprannominato “A Nagy Istvan” o alla francese “Le Grand Etienne”, tradotto in italiano con “il Grande Stefano”, si consacra diventando il quarto miglior marcatore nella storia nerazzurra. La sua stagione d’oro è appunto il 1950-51: 31 gol in serie A, a -3 dal capocannoniere Nordahl, e Inter seconda preceduta di un punto dal Milan.

Menzione d’onore: Nils Liedholm (Svezia, centrocampista)

1952: Ferenc Puskás

1° FERENC PUSKÁS (Ungheria, attaccante)
È il più forte calciatore del mondo e dopo aver vinto il campionato ungherese con la Honvéd con un bottino di 22 reti, Puskás trascina l’Ungheria – oramai per tutti Aranycsapat, la squadra d’oro che gioca un calcio collettivo e totale 20 anni prima degli olandesi – all’oro olimpico. A Helsinki segna 4 reti: due nei quarti nel 7-1 sulla Turchia, uno in semifinale nel 6-0 alla Svezia, un altro in finale nel 2-0 alla Jugoslavia. Una partita tra due nazionali fortissime: Puskás nel primo tempo sbaglia un rigore, ipnotizzato dal grande Beara, poi nella ripresa dà il via al successo dei suoi con la rete dell’1-0, dribbling al portiere slavo e palla in rete.

2° László Kubala (Ungheria, centrocampista offensivo)
Un apolide del calcio, un po’ come Bican, Di Stéfano e Nyers. Stessa età di Puskás (classe ’27), cresce a Budapest nel Ferencvaros, poi passa allo Slovan Bratislava. Rientrato in Ungheria nel Vasas, scappa dal suo Paese in opposizione al regime e ripara in Italia. Dal 1951 è in Spagna, ingaggiato dal Barcellona, il club della sua vita, con cui gioca 10 anni prima del ritiro. Idolo dei tifosi blaugrana, sulle Ramblas vince 4 campionati, 5 Coppe di Spagna, una Coppa Latina e due Coppe delle Fiere. Il 1952 è forse il suo anno d’oro: segna 26 reti totali ed è il protagonista principale delle vittorie nella Liga, in Coppa di Spagna e nella Coppa Latina.

3° Juan Alberto Schiaffino (Uruguay, centrocampista/centrocampista offensivo)
Già grande protagonista del Mondiale ’50 con il gol del 2-1 decisivo, Schiaffino è la stella del calcio uruguaiano di quegli anni, un regista dal tocco sopraffino e al contempo una mezzala capace di qualsiasi raffinatezza stilistica. Nel 1952 realizza 20 gol in campionato, suo massimo bottino realizzativo. Con il Peñarol conquista 5 volte il campionato e si guadagna il soprannome di “Dios del fútbol”.

Menzione d’onore: John Hansen (Danimarca, centravanti)

1953: Ferenc Puskás

1° FERENC PUSKÁS (Ungheria, attaccante)
Una delle annate più incredibili per il fenomeno ungherese, che a 26 anni arpiona il suo terzo Pallone d’oro, raggiungendo Scarone e Meazza. Puskás si laurea capocannoniere del campionato ungherese con 27 gol ed è protagonista in nazionale con una partita che cambia la storia: il 6-3 dell’Ungheria a Wembley contro l’Inghilterra, prima sconfitta interna dei Leoni in 90 anni contro formazioni non britanniche. Una partita che fa conoscere ancora di più nel mondo la forza dei magiari e la superiorità del loro calcio offensivo, spettacolare e innovativo. Puskás è il grande eroe della giornata con un gol di tacco, un altro meraviglioso dopo una finta celestiale a Billy Wright e un assist principesco a Hidegkuti. Il suo score in nazionale è impressionante: 84 gol in 85 partite.

2° Nándor Hidegkuti (Ungheria, centrocampista offensivo/attaccante)
Fuoriclasse meraviglioso e oggi un po’ sottovalutato, è di fatto il trequartista dell’Ungheria alle spalle dei due frombolieri Kocsis e Puskás. Dopo il “Colonnello” probabilmente il più forte dell’Aranycsapat. Tecnicamente fortissimo, dotato di una visione di gioco superiore e un’intelligenza tattica notevole, il suo modo di giocare è fondamentale per dare equilibrio a una squadra a trazione anteriore. A differenza di quasi tutti i suoi compagni di nazionale che giocano nella Honvéd, lui fa parte dell’Mtk. Nel 6-3 di Wembley segna tre reti fantastiche e divide con Puskás la palma di migliore in campo.

3° Stanley Matthews (Inghilterra, ala)
Contro l’Ungheria è uno dei pochi inglesi a provarci. Ma non è il “match del secolo” a portare il Baronetto sul terzo gradino del podio nel 1953. È la finale di FA Cup, che lo vede brillare a un livello clamoroso. In campo a Wembley ci sono il suo Blackpool e il Bolton. Quest’ultimo va avanti 3-1 a una mezz’ora dal termine e il risultato sembra in ghiaccio. Ma a quel punto si scatena Matthews, che con una serie devastante di dribbling, spunti e percussioni capovolge l’esito dell’incontro favorendo la tripletta dell’amico Mortensen e il successo del Blackpool per 4-3. Ancora oggi in Inghilterra quella partita è nota come “la finale di Matthews”.

Menzione d’onore: Raymond Kopa (Francia, centrocampista offensivo)

1954: Fritz Walter

1° FRITZ WALTER (Germania Ovest, centrocampista offensivo)
Prigioniero in Russia durante la Seconda guerra mondiale, sopravvissuto al conflitto nonostante la malaria, Fritz Walter è l’uomo che mette il calcio tedesco sulla cartina geografica del mondo. Lo fa grazie al Mondiale ’54 che la Germania Ovest vince contro ogni pronostico in finale con la formidabile Ungheria di Puskás. Sotto 2-0 nella partita di Berna, i tedeschi rimontano e vincono 3-2. Partita stregata per gli ungheresi, fermati solo dalla vena del portiere tedesco Toni Turek. Puskás – seppur non al meglio per un infortunio patito nella gara del girone proprio contro i tedeschi – gioca alla grande, segna un gol e gliene annullano un altro forse regolare. Ma non basta. La Germania Ovest, spinta dal carisma e dalla classe di Fritz Walter, confeziona una clamorosa rimonta. Walter all’epoca ha già 34 anni, ha vinto due titoli tedeschi con il Kaiserslautern e arriverà al top fino al Mondiale ’58, quando a 38 sarà ancora la mente e il braccio della Germania Ovest quarta in Svezia.

2° Sándor Kocsis (Ungheria, centravanti)
Con Puskás forma una coppia d’attacco impressionante. Kocsis dei due è il centravanti, lo sfondatore per eccellenza. Formidabile di testa, ma anche dotato sul piano tecnico, chiuderà il suo score in nazionale con 75 centri in 68 incontri: media irreale. Il 1954 lo vede primeggiare al livello più alto: vince il campionato ungherese con la Honvéd laureandosi capocannoniere con 33 reti e al Mondiale svizzero è ancora il re dei bomber con 11 realizzazioni. Ma stecca la finale con i tedeschi e l’Ungheria deve accontentarsi dell’argento iridato.

3° Alfredo Di Stéfano (Argentina, centrocampista/centrocampista offensivo)
Giunto al Real Madrid nel 1953, soffiato ai rivali del Barcellona, Di Stéfano si prende subito la scena in Spagna. Non è più solo un centravanti tutto nervi e scatti, ma un meraviglioso uomo-ovunque che però non perde il vizio del gol: guida i blancos al titolo – che mancava da 21 anni – con una stagione da 27 reti (capocannoniere della Liga) in 28 incontri. Sotto la sua guida il Real diventa il Grande Real.

Menzione d’onore: Juan Alberto Schiaffino (Uruguay, centrocampista/centrocampista offensivo)

1955: Alfredo Di Stéfano

1° ALFREDO DI STÉFANO (Argentina, centrocampista/centrocampista offensivo)
Una nuova era è cominciata: quella del giocatore che più di ogni altro ha superato le specifiche del ruolo per incarnare l’idea della mezzala a tutto campo, come Valentino Mazzola in Italia, ma con la differenza che Alfredo Di Stéfano è riuscito a propagare quell’idea per un ventennio e a ogni latitudine. Secondo scudetto consecutivo per il Real, irrorato dalle 25 reti della “Saeta Rubia”, con l’aggiunta della Coppa Latina, dove il Real supera in finale 2-0 lo Stade Reims. Un presagio fortunato in vista dell’arrivo, dalla stagione successiva, della Coppa dei Campioni, la competizione per club più iconica e conosciuta nel mondo.

2° Juan Alberto Schiaffino (Uruguay, centrocampista/centrocampista offensivo)
Il regista uruguaiano, che dopo lo strepitoso Mondiale ’54 (con il suo Uruguay giunge fino in semifinale, superato solo ai supplementari dalla Grande Ungheria) è ingaggiato dal Milan, è il grandissimo protagonista dell’annata d’oro dei rossoneri. La squadra segna 81 reti, 27 sono del bomber Nordahl (capocannoniere del campionato per la 5ª volta, record) e 15 di Schiaffino. Che dall’alto della sua classe e della sua clamorosa visione di gioco – a San Siro gira la battuta che abbia un radar al posto del cervello – è il sublime meneur de jeu del tricolore.

3° Bernard Vukas (Jugoslavia, attaccante)
Non solo Ungheria nel calcio europeo dell’Est nei primi anni ’50: anche la scuola jugoslava – che giunge non a caso in finale all’Olimpiade 1952 perdendo proprio dai magiari – può contare su una serie di clamorosi assi. Dal portiere Vladimir Beara, detto “Il Ballerino”, al mediano Zlatko Čajkovski, futuro scopritore di Beckenbauer e Müller; dall’ala sinistra Branko Zebec all’attaccante Stjepan Bobek. Il 1954-55 vede primeggiare ai livelli più alti Bernard Vukas, forse il più grande calciatore croato del ‘900. Vince il campionato jugoslavo con l’Hajduk Spalato e realizza 20 reti, venendo eletto sportivo jugoslavo dell’anno. Non è solo un centravanti, ma un giocatore dotato di dribbling al fulmicotone e squisite proprietà di palleggio, che lo rendono un attaccante molto completo.

Menzione d’onore: Gunnard Nordahl (Svezia, centravanti)

1956: Alfredo Di Stéfano

1° ALFREDO DI STÉFANO (Argentina, centrocampista/centrocampista offensivo)
Ancora capocannoniere della Liga con 24 gol, ma il Real giunge terzo alle spalle di Athletic Bilbao e Barcellona. Il vero capolavoro viene confezionato però in Europa, nella prima edizione della Coppa dei Campioni, competizione che raduna le vincitrici dei vari campionati nazionali continentali dell’anno precedente. Il Real domina la scena e supera in finale gli storici rivali dello Stade Reims per 4-3: Di Stéfano è il protagonista assoluto, con 5 reti realizzate e una finale giocata magnificamente, in cui segna un gol e guida la rimonta dallo 0-2. Il Real è la stella d’Europa e l’argentino – ora naturalizzato spagnolo – è senza discussioni il miglior giocatore del mondo: agli altri non concede che le briciole.

2° Julinho Botelho (Brasile, ala)
«Un’ala può arrivare a Julinho, non oltre». Così scrive Fulvio “Fuffo” Bernardini. Il brasiliano è la stella e il giocatore più osannato della Fiorentina, che conquista il suo primo storico scudetto facendo leva su una difesa granitica (solo 20 reti subite, con una sconfitta) e ripartenze fulminee: Julinho è il grimaldello di fantasia per aprire le difese e forma con l’argentino Montuori e il bomber italiano Virgili il tridente che fa sognare una città intera.

3° Raymond Kopa (Francia, centrocampista offensivo)
Il suo Stade Reims è la seconda forza del calcio europeo dopo il Real. E lui, che del team francese è la stella più luccicante, prova a insidiare la leadership di Di Stéfano, senza tuttavia riuscirci. Raffinato, elegante, tecnico, Kopa – origini polacche – è un calciatore favoloso e oggi forse un po’ sottostimato, una mezzala che crea gioco con fantasia e intelligenza. Prima dell’avvento di Platini, è il miglior calciatore prodotto dalla Francia. Dopo aver perso la finale di Coppa dei Campioni, viene ingaggiato proprio dal Real che lo sposta all’ala destra: anche lì ricamerà calcio dall’alto di qualità tecniche uniche.

Menzione d’onore: Juan Alberto Schiaffino (Uruguay, centrocampista/centrocampista offensivo)

1957: Alfredo Di Stéfano

1° ALFREDO DI STÉFANO (Argentina, centrocampista/centrocampista offensivo)
Una delle stagioni più incredibili della “Saeta Rubia” che vince la Liga con tanto di titolo di capocannoniere toccando quota 31 gol in 30 partite e aggiunge il secondo successo consecutivo in Coppa Campioni: nella finale di Madrid i blancos piegano 2-0 una combattiva Fiorentina e ad aprire le danze dal dischetto è sempre lui, Di Stéfano. Sommando tutte le competizioni e il debutto nella nazionale spagnola da naturalizzato, l’argentino segna 50 reti: un bottino favoloso, soprattutto alla luce del fatto che non è più l’attaccante degli esordi, ma un impagabile direttore d’orchestra a tutto campo. Per Di Stéfano è il terzo Pallone d’oro: sale in cima alla nostra speciale graduatoria affiancando Scarone, Meazza e Puskás.

2° Omar Enrique Sívori (Argentina, attaccante)
Genio e sregolatezza ai massimi livelli. “El Cabezón”, al secolo Omar Sívori, a 22 anni si consacra sul proscenio internazionale con una Coppa América strepitosa: è il faro dell’Argentina che stravince la competizione in Perù segnando qualcosa come 25 reti in 6 gare e viene premiato come miglior giocatore della manifestazione. L’Albiceleste allinea una prima linea devastante che gioca a memoria. Sono i “Los Ángeles Carasucias”, gli Angeli dalla faccia sporca: Maschio, Angelillo, Sívori, Corbatta e Cruz. I primi tre al termine della competizione si trasferiscono in Italia, Maschio al Bologna, Angelillo all’Inter, Sívori alla Juventus. Dopo aver vinto tre campionati argentini nel River Plate, Sívori si ripete in serie A diventando uno degli stranieri più forti mai veduti nel nostro campionato.

3° Didi (Brasile, centrocampista)
Sontuoso regista brasiliano dal tocco felpato e dalla visione di gioco sconfinata, già protagonista in nazionale nel Mondiale ’54, Didi a 29 anni vive un’annata da incorniciare: dopo aver guidato il Botafogo al successo nel campionato carioca segnando per altro 12 reti (bottino niente male per un centrocampista) è la stella del Brasile che in Coppa América viene preceduta solo dalla favolosa Argentina di Sívori. Didi aggiunge la bellezza di 8 reti, vice capocannoniere della competizione alle spalle dell’argentino Maschio e dell’uruguaiano Ambrois.

Menzione d’onore: Duncan Edwards (Inghilterra, centrocampista)

1958: Pelé

1° PELÉ (Brasile, attaccante)
Il mondo è ai piedi di Di Stéfano, quando in Brasile spunta un ragazzino di nemmeno 18 anni destinato a superare qualsiasi giocatore che sia mai stato veduto sul pianeta: nel passato, nel presente e nel futuro. È una folgorazione divina. Si chiama Édson Arantes do Nascimento. Diventa per tutti Pelé. Se Di Stéfano è il giocatore più completo, capace di giocare su 110 metri di campo, Pelé rappresenta la perfezione dell’atleta, l’impareggiabile miscela dell’armonia africana, della classe sudamericana, della razionalità europea. A 17 anni e mezzo realizza qualcosa come 75 reti in un anno solare (!) – record migliorato poi solo da Gerd Müller nel 1972 e da Messi nel 2012 – e guida il Brasile al titolo mondiale in Svezia con 6 gol totali, di cui 3 in semifinale e 2 in finale, spingendo i verdeoro oltre le loro ataviche paure e oltre l’onta del Maracanaço. L’avvento di Pelé non sconvolge solo il Brasile trasformandolo nelle patria del calcio, ma è un urugano che scuote le fondamenta stesse del gioco.

2° Didi (Brasile, centrocampista)
Nel favoloso Brasile che in Svezia conquista finalmente il Mondiale un ruolo fondamentale è rivestito dalla sua straordinaria regia. È il grande equilibratore della linea mediana, l’uomo da cui transita ogni azione offensiva. Disputa un Mondiale strepitoso, con alcune gemme che restano scolpite nella memoria, vedi il gol alla Francia con un missile terra-aria o l’assist d’esterno per Vavá nel match con l’Unione Sovietica.

3° Raymond Kopa (Francia, centrocampista offensivo/ala)
Il capocannoniere Just Fontaine (13 reti totali) è il braccio armato, ma la raffinata mente e l’uomo di maggior classe della Francia, che arriva terza al Mondiale giocando un calcio fantastico, è lui. Dopo aver contribuito in prima persona alla terza Coppa dei Campioni vinta consecutivamente dal Real Madrid (splendida la finale con il Milan vinta 3-2 ai supplementari) Kopa guida la nazionale transalpina ai fasti di Svezia ’58, disputando una competizione superba.

Menzione d’onore: Just Fontaine (Francia, centravanti)

1959: Alfredo Di Stéfano

1° ALFREDO DI STÉFANO (Argentina, centrocampista/centrocampista offensivo)
Il Re è di nuovo lui, dopo un duello a distanza con l’astro nascente Pelé che definire orgasmico è persino riduttivo. Di Stéfano è ancora capocannoniere della Liga con 23 reti, ne mette 6 in Coppa dei Campioni e ancora una volta decide la finale nel 2-0 allo Stade Reims. Una sentenza. A 33 anni la “Saeta Rubia” è nel pieno delle sue facoltà e al vertice di una carriera clamorosa. È il suo quarto Pallone d’oro: un record. Per adesso…

2° Pelé (Brasile, attaccante)
Il nuovo asso si piega in volata, per pochissimi decimi, al vecchio maestro. Ma il 1959 di Pelé è ugualmente qualcosa di indimenticabile, anche perché segna a profusione pur non vincendo alcun trofeo di squadra: 53 reti totali nei club e 8 nella Coppa América di quell’anno, la prima delle due che vengono giocate tra marzo e aprile: vince il titolo di capocannoniere e viene votato miglior giocatore, ma il suo Brasile è secondo, preceduto di un punto dall’Argentina.

3° José Sanfilippo (Argentina, centravanti)
Micidiale stoccatore d’area, è uno dei grandi cannonieri della storia del calcio argentino. Dal 1958 al 1961 si laurea quattro volte di fila re dei bomber del campionato. Il 1958-59 lo vede inerpicarsi fino a quota 31 reti e conquistare il titolo con il suo San Lorenzo. Nella seconda delle Coppe América previste nell’anno e disputata a dicembre, Sanfilippo è capocannoniere con 6 gol, ma l’Argentina è beffata sul filo di lana dall’Uruguay.

Menzione d’onore: Antonio Valentín Angelillo (Argentina, centravanti)

1960: Ferenc Puskás

1° FERENC PUSKÁS (Ungheria, attaccante)
Arrivato al Real nel 1958 dopo la fuga dall’Ungheria e lo scioglimento della meravigliosa Aranycsapat, Puskás vive nel Real Madrid una seconda portentosa giovinezza. Ben sintetizzata da numeri torrenziali: in otto stagioni vince 5 volte la Liga (con 4 titoli di capocannoniere), 1 Coppa di Spagna (con 4 titoli di capocannoniere), 3 Coppe dei Campioni (con 3 titoli di capocannoniere) e la prima Coppa Intercontinentale della storia. Il 1959-60 lo vede brillare a un livello assoluto: a livello individuale vince la classifica marcatori sia in Spagna con 25 reti in 24 partite sia in Coppa Campioni con 12 reti in 7 partite. A livello di squadra conquista la Coppa dei Campioni dopo un’epica finale (7-3) contro l’Eintracht Francoforte in cui mette dentro un poker, record tuttora imbattuto (e Di Stéfano realizza una tripletta). E si porta poi a casa pure l’Intercontinentale grazie a un 5-1 sul Peñarol con tanto di doppietta. Un’annata da urlo per il “Colonnello ritrovato”, che raggiunge l’amico Di Stéfano in vetta alla graduatoria dei nostri Palloni d’oro: quattro a testa. Due miti intramontabili.

2° Lev Jašin (Unione Sovietica, portiere)
Come ai tempi di Zamora tra gli anni ’20 e ’30 un altro portiere di livello assoluto entra di prepotenza in classifica: è il sovietico Lev Jašin. Arriva a calcio dall’hockey su ghiaccio, disciplina che gli consente di affinare notevolmente la presa e i riflessi. Nel 1956 guida i sovietici all’oro olimpico e nel 1960 è il simbolo della nazionale che vince per la prima volta il Campionato Europeo: nell’ultimo atto Jašin e compagni superano 2-1 i rivali di sempre, la Jugoslavia. Soprannominato il “Ragno Nero”, Jašin è un portento: completo in tutti i fondamentali, ha due tenaglie al posto delle mani, un senso del piazzamento straordinario, un carisma senza pari. Per molti ancora oggi il numero uno del ruolo.

3° Uwe Seeler (Germania Ovest, centravanti)
Possente, potente, ma anche tecnico. Ed estremamente longevo. È Uwe Seeler, il più grande centravanti tedesco dopo Gerd Müller, autore in carriera di 625 reti. Nel 1959-60 tocca probabilmente il punto più alto della sua carriera. Alla guida dell’Amburgo vince il campionato tedesco e si laurea capocannoniere con la straordinaria cifra di 49 reti totali. È il capitano onorario della nazionale tedesca con altri mostri sacri quali Fritz Walter, Franz Beckenbauer e Lothar Matthäus.

Menzione d’onore: Alfredo Di Stéfano (Argentina, centrocampista/centrocampista offensivo)

1961: Pelé

1° PELÉ (Brasile, attaccante)
Il giovane asso brasiliano torna in auge con un’annata da sogno: a 21 è già al suo secondo Pallone d’Oro. Per lui 62 reti in 38 partite (!) e solo contando ciò che combina in patria, escludendo le proficue tournée in Europa con il Santos in cui regala spettacolo. Pelé aggiunge a questa carrellata di gol anche la vittoria nell’ambita Taça Brasil, di fatto l’equivalente del campionato nazionale brasiliano: nella finale per il titolo il suo Santos pareggia 0-0 con il Bahia la gara di andata, mentre al ritorno è uno show di “O Rei” nel 5-1 conclusivo: dal 25′ al 33′ del primo tempo Pelé segna 3 reti (di cui una con un’azione da cineteca partendo da metà campo) e firma un assist sensazionale per Coutinho, risolvendo di fatto la pratica e proclamandosi oramai universalmente – stante il leggero declino dei due totem Di Stéfano e Puskás – come miglior calciatore al mondo.

2° Alberto Spencer (Ecuador, centravanti)
Il mondo è ai piedi dei ragazzi di colore. Non solo Pelé, ma anche l’ecuadoregno Spencer (e a stretto giro di posta il portoghese di origine mozambicana Eusébio). È un vento nuovo, il vento del cambiamento sociale: gli anni ’60 sono un decennio di trasformazione, con i neri che rivendicano i propri diritti e l’Africa che vuole uscire con forza dal cono d’ombra della colonizzazione. E forse non è un caso che una gran quantità di fuoriclasse di colore di fama mondiale sbuchi all’orizzonte. Spencer, quindi. Centravanti del meraviglioso Peñarol, una sorta di Ronaldo brasiliano ante litteram per la tecnica in velocità e lo spunto verticale, nel 1961 conquista con gli uruguaiani il campionato (con tanto di titolo di capocannoniere) e la Coppa Libertadores, due titoli messi già in bacheca nel 1960. Ma a questi aggiunge anche la vittoria nell’Intercontinentale: l’anno prima il suo Peñarol era stato largamente superato dall’invincibile Real, nel 1961 si rifà con gli interessi battendo nettamente il Benfica.

Omar Enrique Sívori (Argentina, attaccante)
Nel Vecchio Continente a farla da padrone è l’argentino naturalizzato italiano: con 25 gol in 28 partite trascina la Juventus al tricolore, bissando il titolo del 1960. Sívori è la punta di diamante di un attacco atomico dove brillano anche il possente centrattacco gallese John Charles e l’italiano Giampiero Boniperti.

Menzione d’onore: Garrincha (Brasile, ala)

1962: Pelé

1° PELÉ (Brasile, attaccante)
Un anno (quasi) perfetto per Pelé. Nel Mondiale 1962, che vede il Brasile bissare il titolo del 1958, gioca una partita e mezza poi esce per infortunio. Ma gli bastano quei pochi lampi per confezionare una prestazione straordinaria contro il Messico: assist a Zagallo e rete meravigliosa in slalom. Ma è con il Santos che firma le imprese più belle: vince il titolo nazionale in finale sul Botafogo di Garrincha, la Libertadores che decide con una doppietta straordinaria nel terzo e decisivo incontro con il fortissimo Peñarol e l’Intercontinentale con il Benfica. Una doppia partita sensazionale per “O Rei”: nel 3-2 dell’andata in Brasile firma una doppietta, nel 5-2 del ritorno a Lisbona si scatena e disputa forse la partita più iconica della sua carriera: segna tre reti, una in tapin e due dopo serpentine ubriacanti in cui mette a sedere mezzo Portogallo; e firma un assist per Coutinho dopo un’altra azione pazzesca palla al piede. Il capo dello sport della BBC Peter Lorenzo commenta: «La prestazione individuale più clamorosa di un singolo calciatore nella storia del gioco».

2° Garrincha (Brasile, ala)
Senza Pelé costretto ai box per infortunio, sono gli arbitri (vedi match del girone con la Spagna) e le giocate di Garrincha a spingere il Brasile sul trono iridato. L’ala del Botafogo, nato nella foresta amazzonica e amato dai brasiliani oltre ogni credo perché rispecchia la loro anima mulatta, animista e libera, tocca il punto più alto della sua carriera: decide il match con la Spagna nel finale e gioca due partite celestiali nei quarti con l’Inghilterra e in semifinale con il Cile, realizzando una doppietta in entrambi gli incontri. In finale assiste quasi da spettatore al 3-1 con cui il Brasile piega più di sciabola che di fioretto la Cecoslovacchia. Garrincha ha 29 anni ed è all’apogeo: negli anni seguenti cala di livello e vivrà un dopo calcio tormentato fino alla morte a 50 anni, nel 1983. Controllo di palla sontuoso, finte e dribbling, Garrincha trasforma la sua menomazione fisica (la poliomielite gli ha reso una gamba più corta dell’altra) in un portentoso punto di forza risultando imprendibile per qualsiasi difensore. Quando il Brasile tra il 1958 e il 1966 lo schiera in coppia con Pelé, la nazionale verdeoro non perde mai una partita.

3° Eusébio (Portogallo, attaccante)
La risposta europea a Pelé negli anni ’60. O meglio: il giocatore che prova ad avvicinarsi al livello fantasmagorico dell’asso brasiliano, ma deve accontentarsi di essere in quel decennio il migliore del Vecchio Continente. Di due anni più giovane di “O Rei”, Eusébio nasce poverissimo in Mozambico e arriva a Lisbona a 18 anni. Nel 1961-62, a 19 anni e rotti, si prende di forza un posto da titolare nell’attacco del Benfica campione d’Europa e lo spinge ancora sul trono del continente dopo una finale entusiasmante contro il grande Real Madrid: Puskás a 36 anni realizza una tripletta, Di Stéfano a 37 gioca per un’ora a livelli fantasmagorici, Eusébio sale in cattedra nel momento clou: due gol, altri due procurati e portoghesi che si impongono 5-3. Nella finale Intercontinentale prova a scalfire la superiorità di Pelé, ma l’altro fa capire chi comanda in via definitiva.

Menzione d’onore: Ferenc Puskás (Ungheria, attaccante)

1963: Pelé

1° PELÉ (Brasile, attaccante)
La perfezione continua. Pelé non sbaglia mai. E a 23 anni si porta a casa il suo quarto Pallone d’oro, raggiungendo in vetta Di Stéfano e Puskás, due icone intramontabili e che durano al top un ventennio, i due più grandi calciatori che il mondo abbia conosciuto fino a quel momento. Fino all’avvento di questo ragazzo brasiliano che sembra baciato dalla grazia degli dei per lo stile di gioco, l’armonia dei gesti e dei movimenti, l’inarrivabile incidenza nei momenti topici. Pelé fa valere un altro anno hors categorie: 51 reti totali in maglia Santos, terza vittoria consecutiva nel campionato nazionale, seconda vittoria di fila nella Libertadores (dopo aver risolto con un gol e un assist la decisiva finale di ritorno contro il Boca Juniors nel catino ribollente della Bombonera), seconda vittoria di fila nell’Intercontinentale, dove il suo Santos supera non senza polemiche il Milan: Pelé gioca solo la gara di andata a San Siro, segna una doppietta nel 2-4 finale che i brasiliani ribaltano poi al ritorno, 4-2 e 1-0 nel match di spareggio. Le domande che il mondo del calcio si pone sono due: chi fermerà Pelé? Ma soprattutto: Pelé si può fermare?

2° Gianni Rivera (Italia, centrocampista offensivo)
L’Italia riemerge dalla crisi del dopo Superga nel solco di un regista offensivo dal tocco vellutato, dai piedi al miele e dalla stratosferica visione di gioco. Si chiama Gianni Rivera e a 20 anni vive un’annata straordinaria con il Milan, dopo averlo già guidato allo scudetto nel 1961-62. Rivera incanta e Altafini segna: è il duo su cui i rossoneri di Nereo Rocco edificano il successo in Coppa dei Campioni, dopo il 2-1 sul Benfica in finale. Soprannominato “Golden Boy”, ragazzo d’oro, Rivera è il simbolo del riscatto italiano che ritrova la via maestra dopo un decennio buio.

3° Jimmy Greaves (Inghilterra, centravanti)
Con “Dixie” Dean il miglior numero 9 nella storia del calcio britannico, un bomber con il gol sempre in canna, ma anche dotato di risorse tecniche tutt’altro che secondarie. Sei volte capocannoniere della First Division (un record), primatatista di reti nel campionato inglese con 357 gol, ne mette insieme 44 anche in nazionale (ma vivrà da riserva il titolo mondiale del 1966 a causa di un infortunio). Il 1962-63 è la sua stagione più prolifica: in maglia Tottenhem infila 37 gol in campionato laureandosi ovviamente capocannoniere, a cui aggiunge 6 reti e titolo di re dei bomber anche in Coppa delle Coppe. Reti che sono fondamentali per la vittoria della competizione: l’Atletico Madrid in finale crolla per 5-1, trafitto da una doppietta del fenomenale Jimmy.

Menzione d’onore: Lev Jašin (Unione Sovietica, portiere)

1964: Pelé

1° PELÉ (Brasile, attaccante)
E cinque. Pelé non riesce a ripetersi in Coppa Libertadores, dove si fa male e forse non casualmente il suo Santos esce per mano dei futuri vincitori dell’Independiente, ma disputa ugualmente un’annata magnifica che lo ricolloca sul trono in volata sullo spagnolo Suárez. Segna 44 gol, capocannoniere della Taça Brasil e per il quarto anno consecutivo è campione nazionale: la finale contro il Flamengo è ancora oggi uno dei suoi match più belli. Dopo lo 0-0 dell’andata, al ritorno il Santos vince 4-1, Pelé segna 3 reti e secondo le cronache regala uno spettacolo sovrumano.

2° Luis Suárez (Spagna, centrocampista)
L’ex centrocampista del Barcellona è il cervello della Grande Inter, che guida a scudetto, Coppa dei Campioni e Coppa Intercontinentale. In più, aggiunge il titolo europeo con la Spagna dopo aver sconfitto in finale l’Unione Sovietica. Rispetto all’epoca blaugrana gioca più arretrato, ha smarrito la vena realizzativa, ma governa la manovra con abile maestria. Regista mobile e giocatore dinamico, è il perno su cui l’allenatore Helenio Herrera edifica il ciclo d’oro dei nerazzurri, con due Coppe dei Campioni e due Intercontinentali consecutive.

3° Denis Law (Scozia, attaccante)
Furetto del Manchester United, genio e sregolatezza, vive un’annata sensazionale in Inghilterra: 30 reti contro le 35 del bomber Greaves, ma con l’aggiunta di 10 reti in FA Cup e 6 in Coppa delle Coppe. Peccato che i suoi gol non bastino ai Red Devils per vincere alcun titolo: secondi in First Division alle spalle del Liverpool ed eliminati in semifinale in Coppa d’Inghilterra e nei quarti in Coppa delle Coppe dallo Sporting Lisbona dopo un clamoroso 0-5 in Portogallo.

Menzione d’onore: Alessandro Mazzola (Italia, attaccante)

1965: Pelé

1° PELÉ (Brasile, attaccante)
Sesto Pallone d’oro, quinto consecutivo: Pelé continua a inanellare numeri clamorosi e prestazioni assurde. Non si è mai visto e mai più si vedrà un calciatore con una simile dominanza nella storia del gioco: il Pelé di quegli anni pratica semplicemente un altro sport rispetto a qualunque altro giocatore passato, presente e futuro. Citando l’esperto di calcio sudamericano Carlo Pizzigoni «il Pelé dai 18 ai 25 anni è un giocatore semplicemente irripetibile per doti tecniche, fisiche e mentali». Nel 1965 Pelé disputa una delle sue annate più convincenti: per il quinto anno consecutivo si porta a casa la Taça Brasil, il titolo nazionale, dopo l’ennesima finale dominata contro il Vasco da Gama; segna un totale di 64 reti ed è capocannoniere della Coppa Libertadores con 8. Ma il suo Santos cede in semifinale dopo due partite epiche al meraviglioso Peñarol. In nazionale disputa una serie di match pazzeschi, tra cui un 3-0 all’Unione Sovietica in cui dà vita a una serie di giocate irreali che ridicolizzano il grande Jašin.

2° Eusébio (Portogallo, attaccante)
Dopo il bronzo del 1962, il 23enne attaccante portoghese si prende l’argento nel 1965 alle spalle di sua maestà Pelé. Per lui 48 reti totali, capocannoniere e campione di Portogallo con il Benfica, capocannoniere della Coppa dei Campioni con 9 reti in 9 incontri. Ma stecca la finale di San Siro contro l’Inter (partita decisamente bruttina su un campo ai limiti della praticabilità) e deve accontentarsi del 2° posto continentale.

3° Bobby Moore (Inghilterra, difensore)
Portieri e difensori fanno capolino in queste classifiche quando la loro classe e il loro livello è troppo alto per essere trascurato. È il caso del 24enne inglese, il più grande difensore al mondo del decennio, uno dei massimi di sempre. Operato di un tumore al testicolo a 22 anni, malattia all’epoca particolarmente aggressiva, Moore ha la tipica tempra inglese del combattente: pochi mesi dopo nel 1964 solleva al cielo di Wembley da capitano del West Ham la FA Cup; nel 1965 si ripete e sempre a Wembley guida da capitano il suo West Ham al successo in Coppa delle Coppe, dopo una grandissima finale contro il Monaco 1860. E nel 1966 si ripeterà ancora a Wembley: ma stavolta da capitano dell’Inghilterra, quando alzerà la Coppa del mondo.

Menzione d’onore: Pedro Rocha (Uruguay, centrocampista offensivo)

1966: Eusébio

1° EUSÉBIO (Portogallo, attaccante)
Arriva il suo momento. Nell’anno dei Mondiali inglesi, che vede Pelé uscire prematuramente anche a causa di un infortunio, il 24enne attaccante lusitano si prende la scena di forza. La sua competizione iridata è qualcosa di sconvolgente, probabilmente il più dominante Mondiale mai giocato da un singolo nella storia, superiore per continuità prestazionale persino al Maradona di Messico ’86: ogni partita giocata da Eusébio è ampiamente oltre il 6.5/7. Con alcuni picchi clamorosi, come quando sventra il Brasile 3-1 nel girone e ancora di più i quarti di finale contro la Corea del Nord: il Portogallo va sotto 3-0, Eusébio praticamente da solo ribalta la contesa con 4 reti, accelerazioni e spunti partendo da ogni angolazione e un’assistenza continua alla squadra che si traduce persino in corner battuti (da uno nasce il quinto il gol) e rimesse laterali effettuate. Le sue 9 reti spingono il Portogallo al terzo posto, il massimo possibile, e portano il suo bottino realizzativo globale – sommando anche il club – a 48 reti totali.

2° Bobby Charlton (Inghilterra, centrocampista/centrocampista offensivo)
Sopravvissuto al disastro aereo di Monaco ’58, quando il Manchester United di ritorno dalla trasferta in Coppa dei Campioni a Belgrado si schiantò in fase di ripartenza, Charlton diventa il simbolo del ciclo d’oro dell’Inghilterra. È il miglior calciatore inglese di sempre, una mezzala universale sulla falsariga di Valentino Mazzola e Di Stéfano (che non a caso è il suo idolo di ragazzino). A 29 anni si consacra definitivamente nel gotha e trascina i Tre Leoni all’alloro mondiale. Meriterebbe il Pallone d’Oro? Può darsi. Ma l’Eusébio del Mondiale ’66 è troppo oltre sul piano delle prestazioni per poter finire secondo.

3° Alberto Spencer (Ecuador, centravanti)
Eusébio e Charlton sono i sommi protagonisti dell’anno a livello di nazionale, lui lo è con i club. Il suo Peñarol domina la Coppa Libertadores dopo una finale splendida contro il River Plate (Spencer dà spettacolo nella terza e decisiva partita con una doppietta e una prestazione mostruosa) conquistando il trofeo per la terza volta nel decennio. Spencer guida poi gli uruguaiani al trionfo in Coppa Intercontinentale demolendo il Real Madrid: 2-0 all’andata con doppietta di Spencer, 2-0 al ritorno con un gol ancora del sopraffino centrattacco dell’Ecuador.

Menzione d’onore: Franz Beckenbauer (Germania Ovest, centrocampista)

1967: Pedro Rocha

1° PEDRO ROCHA (Uruguay, centrocampista offensivo)
Spencer è il braccio, lui è la mente del fantastico Peñarol degli anni ’60 che vince tutto. Ma non è per la stagione con i club – che pure gli porta in dote un campionato nazionale – a dare alla mezzala uruguaiana, uno dei più grandi registi offensivi degli anni ’60 con il nostro Rivera e lo spagnolo Suárez – il primo posto nel Pallone d’Oro 1967. Rocha si prende il riconoscimento di forza grazie a una sontuosa Coppa América. Si laurea campione con il suo Uruguay, precedendo l’Argentina, e viene eletto miglior giocatore: nell’ultimo decisivo incontro con gli storici rivali è proprio un suo gol a un quarto d’ora scarso dal termine a spingere la Celeste sul trono del continente.

2° Flórián Albert (Ungheria, attaccante)
Dopo la generazione-Puskás l’Ungheria non riesce più ovviamente a toccare simili apici. Nonostante Flórián Albert. È un attaccante atipico e completo, alto, tecnico, con visione di gioco da numero 10. Una sorta di Marco van Basten ante litteram. Già capocannoniere della Coppa del mondo 1962 e della Coppa dei Campioni 1966, è la stella di un’Ungheria che è comunque ai vertici del calcio europeo e mondiale in quel decennio: fuori ai quarti a Euro ’60 e ai Mondiali ’62 e ’66, bronzo europeo nel ’64. Albert con il Ferencvaros vince la Coppa delle Fiere nel 1965 e nel 1967 vive uno dei suoi anni migliori: re dei bomber in Coppa delle Fiere, campione nazionale con 26 reti in 26 partite.

3° Roberto Perfumo (Argentina, difensore)
Ancora un difensore sale sul podio ed è un altro giocatore di classe mondiale: il centrale del Racing di Avellaneda Roberto Perfumo. Temperamento, grandi capacità nella lettura difensiva del gioco, perfetto senso della posizione, libero ma anche stopper, Perfumo è il perfetto esempio di difensore moderno e completo, esattamente come lo sono Moore o il giovanissimo ma già fenomenale cileno Figueroa. Nel 1966-67 guida il Racing al trionfo prima in Coppa Libertadores e poi in Intercontinentale, dopo una battaglia senza esclusione di colpi contro gli scozzesi del Celtic Glasgow. Nei tre match da corrida che servono per assegnare il trofeo alla squadra argentina, Perfumo si stacca su tutti gli altri – compagni e avversari – in termini di classe e signorilità.

Menzione d’onore: Jimmy Johnstone (Scozia, ala)

1968: George Best

1° GEORGE BEST (Irlanda del Nord, ala)
Il concetto di genio&sregolatezza con lui assurge ai massimi livelli. Per qualche anno, sul finire dei ’60, è un portento. Forse più ciliegina sulla torta che torta (in quel Manchester stellare il vero leader è Bobby Charlton), ma comunque un giocatore capace nelle giornate in cui è in vena di fare realmente la differenza. Con i Red Devils vince 2 scudetti, una FA Cup e soprattutto la Coppa dei Campioni 1968: nella finale contro il Benfica (4-1 ai supplementari) celebre il suo gol con dribbling irridente al portiere lusitano Henrique. In quell’annata Best segna 28 gol in campionato, suo massimo in carriera.

2° Bobby Charlton (Inghilterra, centrocampista/centrocampista offensivo)
Ancora un piazzamento di prestigio per il giocatore inglese, che manca però l’aggancio al Pallone d’Oro, beffato dalla stagione supersonica del compagno Best. Mente del Manchester United che vince la Coppa dei Campioni, gioca una finale contro il Benfica superba realizzando due reti. Alla guida dell’Inghilterra centra il bronzo europeo, che fa seguito all’oro iridato di due anni prima. Ma lui e la squadra steccano da favoriti la semifinale contro la Jugoslavia.

3° Eusébio (Portogallo, attaccante)
Annata realizzativa mostruosa per il leader del Benfica, che nonostante la sconfitta nella finale di Coppa Campioni contro il Manchester United si inerpica a quota 51 gol totali, capocannoniere sia del campionato portoghese (che si porta ovviamente a casa) con 42 centri sia della Coppa dei Campioni con 6.

Menzione d’onore: Juan Ramón Verón (Argentina, ala)

1969: Gianni Rivera

1° GIANNI RIVERA (Italia, centrocampista offensivo)
Il nostro Pallone d’Oro si tinge nuovamente d’azzurro: non succedeva da 22 anni, dal trionfo di Valentino Mazzola. A issarsi sul gradino più alto è il “Golden Boy”, Gianni Rivera, che vive una stagione da protagonista assoluto. È il leader e il faro del Milan, che bissa il successo nella Coppa Campioni 1963 e sale ancora sul tetto d’Europa. In finale i rossoneri dominano contro l’Ajax dell’astro nascente Cruijff e Rivera regala spettacolo con una serie di assist principeschi e giocate degne di un vero artista della pedata. Anche se in quella stagione segna appena 6 gol totali, si consacra come il re assoluto degli assist sul proscenio continentale. Ciliegina sulla torta, Rivera conquista anche l’Intercontinentale dopo una doppia finale durissima sul piano agonistico contro gli argentini dell’Estudiantes.

2° Gerd Müller (Germania Ovest, centravanti)
Il mondo scopre un fenomenale centrattacco tedesco di 24 anni. Baricentro basso e un po’ sgraziato nei movimenti, però tremendamente efficace. E anche dotato tecnicamente, a dispetto dei falsi miti che circondano la sua figura, oltre che straordinariamente intelligente sul piano tattico. Si chiama Gerd Müller e in area di rigore nessuno è come lui: in carriera metterà insieme 732 reti, dei quali 68 (in 62 partite) nella nazionale tedesca. Nel 1968-69 segna 30 reti in 30 partite di campionato, vincendo la classifica cannonieri, e trascina il Bayern Monaco allo scudetto, il secondo della sua storia dopo quello del 1931-32. Müller viene eletto giocatore tedesco dell’anno e guida la Germania Ovest nelle qualificazioni al Mondiale di Messico ’70 con un bottino di 8 realizzazioni.

3° Tostão (Brasile, attaccante)
Il talento di Tostão emerge per la prima volta nel 1966, quando in coppia con Dirceu Lopes guida il Cruzeiro al successo nel campionato nazionale, la Taça Brasil, in una doppia finale dominata contro il Santos di Pelé. Tre anni più tardi Tostão tocca nuovi apici: vince per la quinta volta il torneo statale con prestazioni clamorose e diventa l’uomo chiave del Brasile che il ct João Saldanha sta cercando di costruire secondo nuovi canoni: lo stile del futebol bailado unito al dinamismo e all’atletismo europei. Per lui 11 reti in nazionale nel 1969, di cui 10 nelle qualificazioni mondiali che spingono il Brasile in Messico con un ruolino spaventoso: 6 vittorie in 6 partite, 23 gol fatti e solo due subiti. Con un Pelé che dopo il Mondiale ’66 ha perduto un po’ di smalto, sembra Tostão il nuovo re.

Menzione d’onore: Luigi Riva (Italia, centravanti/attaccante)

1970: Pelé

1° PELÉ (Brasile, attaccante)
Il ritorno del Re. In occasione del suo quarto Mondiale, Pelé ritrova la brillantezza che pareva un po’ perduta, si prepara ad hoc e a capo di un Brasile da favola – forse la più grande nazionale mai ammirata – conquista il suo terzo titolo iridato. È il terzo anche per il Brasile in quattro edizioni: un’impresa senza epigoni nella storia. Pelé guida una squadra formidabile, con assi come Tostão, Rivelino, Carlos Alberto Torres, Gersón, Jairzinho, Clodoaldo, Piazza. Lui ovviamente è sempre la punta di diamante. Più regista e meno attaccante forse rispetto ai primi anni ’60, mette però di nuovo in mostra quelle accelerazioni e spunti irresistibili che lo hanno reso celebre e abbina colpi di classe, genio e straordinario atletismo che solo lui riesce a concepire. Nella finale con l’Italia timbra un gol, gliene annullano uno regolare e timbra due assist: impossibile essere più decisivo di così. Per Pelé è il settimo Pallone d’Oro. Un traguardo pazzesco e irraggiungibile per qualunque altro giocatore nella storia. Quando ne rivedremo un altro così?

2° Luigi Riva (Italia, centravanti/attaccante)
Il suo Mondiale è a corrente alternata, anche se segna due reti al Messico decisive nei quarti e un gol splendido alla Germania Ovest nell’epica semifinale. Ma il bomber di Leggiuno – che abbina potenza, esuberanza atletica e un tiro al fulmicotone – è reduce da un’annata portentosa: all’argento iridato (fare di più contro quel Brasile è impossibile) aggiunge lo storico scudetto conquistato nel Cagliari, con un totale di 21 reti e il titolo di miglior marcatore del campionato. Un momento indimenticabile non solo per lui, ma per l’intera Sardegna.

3° Gerd Müller (Germania Ovest, centravanti)
I suoi 38 gol in campionato non bastano al Bayern per conquistare la Bundesliga, preceduto dal Borussia Mönchengladbach. E i suoi 10 gol al Mondiale, che pure gli portano in dote il titolo di re dei bomber della manifestazione iridata, non sono sufficienti alla Germania Ovest per spingersi oltre il terzo posto finale. Lui comunque non ha proprio nulla da rimproverarsi. Anzi: oramai è chiaro a tutto il mondo – e lo sarà ancora di più nei primi anni ’70 – che dove c’è Gerd c’è gol.

Menzione d’onore: Jairzinho (Brasile, ala/attaccante)

1971: Johan Cruijff

1° JOHAN CRUIJFF (Olanda, centrocampista offensivo/attaccante)
Finisce l’era Pelé con il terzo titolo mondiale del Brasile e inizia l’era Cruijff. Un ideale passaggio di consegne, un po’ come fu quello tra Scarone e Meazza a cavallo tra anni ’20 e ’30. Non a caso uno dei soprannomi di Cruijff è “Pelé bianco”. Accanto ad altri ugualmente iconici: da “Profeta del Gol” a “Papero d’Oro”. Veloce, intelligente, abile in tutte le fasi di gioco ed eccellente in ogni fondamentale tecnico, Cruijff è l’emblema del nuovo calcio che spira con forza dall’Olanda. Un calcio di movimenti continui e sincronici, un po’ come quello degli ungheresi degli anni ’50, ma in maniera più scientifica e ancora più studiata. Un calcio di velocità e atletismo, ma che non rinnega l’estro purché codificato entro i parametri di squadra. Stella dell’Ajax Amsterdam plasmato dalle innovative idee di Rinus Michels, circondato da un manipolo di giovani assi come lui, Cruijff segna 27 reti in stagione e trascina i Lancieri alla conquista della Coppa dei Campioni, oltre che della coppa nazionale.

2° Luis Artime (Argentina, centravanti)
Tecnico e con un grande fiuto del gol, Luis Artime è il più forte cannoniere argentino del dopo-Sanfilippo. In nazionale vanta uno score impressionante: 24 reti in 25 incontri. Vince 4 volte la classifica marcatori del campionato argentino e quella della Coppa América 1967, passa in Uruguay nel Nacional ed è anche lì re dei bomber per 3 volte. Il 1971 è il suo anno d’oro: nel Nacional vince campionato, Libertadores (con due titoli di capocannoniere) e Intercontinentale, dopo aver superato il Panathinaikos in seguito alla rinuncia dell’Ajax a giocare la Coppa.

3° Tostão (Brasile, attaccante)
Il “Pelé bianco” non è solo il soprannome di Cruijff. Ma anche di Tostão. Nel 1971 l’attaccante brasiliano vince la Coppa Roca in nazionale mentre a livello di club regala spettacolo con la maglia del Cruzeiro portandolo a un passo dall’affermazione nel Campionato Mineiro. Alla fine dell’anno si trasferisce per una cifra record (20 milioni di dollari) al Vasco da Gama. Ma i problemi di vista, che già lo avevano condizionato sul finire degli anni ’60, tornano a presentarsi in maniera preoccupante: Tostão subisce 4 interventi chirurgici alla retina e nel 1974, a nemmeno 27 anni, è costretto al ritiro.

Menzione d’onore: José Pastoriza (Argentina, centrocampista)

1972: Gerd Müller

1° GERD MÜLLER (Germania Ovest, centravanti)
“Der Bomber” si prende il Pallone d’Oro di forza con un’annata illegale: 40 gol e titolo di capocannoniere in Bundesliga nel 1971-72, 50 totali, 85 nell’anno solare (un nuovo record che sarà ritoccato solo da Messi nel 2012). La sua pioggia di reti porta naturalmente il Bayern Monaco a vincere il campionato. E non contento in estate deflagra con un Europeo giocato maestosamente: un gol all’Inghilterra nei quarti, due al Belgio in semifinale, due all’Unione Sovietica in finale, di cui uno splendido con triangolo partendo da metà campo. E sempre con i sovietici ne mette 4 nell’amichevole che inaugura il nuovo stadio Olimpico di Monaco. Un uragano.

2° Johan Cruijff (Olanda, centrocampista offensivo/attaccante)
L’olandese disputa un’annata super a livello di club, portandosi a casa campionato olandese (e titolo di miglior marcatore), coppa nazionale, Coppa dei Campioni (con doppietta nella finale contro l’Inter) e Intercontinentale dopo aver dato spettacolo con l’Independiente. Cruijff è il miglior giocatore del mondo e a 25 anni è all’apogeo della sua forza: segna come un attaccante, rincula a velocità doppia, imposta il gioco con la visione di gioco di una mezzala. Non è universale come Di Stéfano, è un giocatore diverso, che ama apparire e scomparire dove più è necessario nelle pieghe di un incontro e a seconda dei momenti. Il suo “problema” è che in quel 1972 trova un Gerd Müller ancora più spaziale.

3° Franz Beckenbauer (Germania Ovest, libero)
Rivelazione assoluta del Mondiale ’66 a 21 anni nel ruolo di mediano, il “Kaiser” con il tempo arretra dalla sua abituale posizione e viene tramutato in libero con licenza di attaccare. È l’architrave e il giocatore più iconico del Bayern Monaco e della Germania Ovest, che guida al trionfo europeo dopo una competizione dominata. Il suo avvento sconvolge i canoni del ruolo. Ha carisma, classe, eleganza, un senso della posizione straordinario. E quando può si sgancia in avanti facendo affidamento su percussioni devastanti palla al piede che lasciano di sasso i giocatori avversari.

Menzione d’onore: Teófilo Cubillas (Perù, centrocampista offensivo)

1973: Johan Cruijff

1° JOHAN CRUIJFF (Olanda, centrocampista offensivo/attaccante)
Secondo Pallone d’Oro per Cruijff, che come nelle annate precedenti domina con il suo Ajax a livello di club: è ancora campione d’Olanda e per la terza volta consecutiva si porta a casa la Coppa dei Campioni, grazie all’1-0 sulla Juventus nell’ultimo atto. Al ricco palmares l’Ajax aggiunge la vittoria nella prima edizione della Supercoppa Europea contro il Milan. Ma Cruijff non c’è già più: ha fatto le valigie per Barcellona, deciso a inaugurare un nuovo ciclo vincente.

2° Gerd Müller (Germania Ovest, centravanti)
Si invertono le posizioni e Gerd è d’argento: 36 reti in Bundesliga ed è ancora una volta re dei bomber, con il suo Bayern che si conferma campione di Germania. In più, la bellezza di 12 centri in Coppa dei Campioni, che gli valgono anche qui lo scettro di miglior realizzatore. Peccato che il suo Bayern venga eliminato nei quarti dall’Ajax futuro vincitore: determinante il 4-0 dell’andata in favore dei Lancieri ad Amsterdam.

3° Dino Zoff (Italia, portiere)
Dopo Zamora e Jašin, un altro portiere di livello superiore entra in graduatoria grazie a doti fuori dall’ordinario e a un’annata sensazionale. È Dino Zoff, carriera longeva ed estremamente vincente, unico calciatore italiano a vincere Europeo (1968) e Mondiale (1982) e a farlo da protagonista. Stile sobrio ed efficace, regale nel piazzamento, completo in tutti i fondamentali, Zoff è il basamento su cui la Juventus costruisce un portentoso ciclo di successi (6 scudetti e una Coppa UEFA) e su cui la nazionale torna al trono iridato dopo i fasti dell’era Pozzo-Meazza. Nel 1973 trascina la Juve con una serie di grandi prestazioni (vedi ad esempio la semifinale di ritorno con il Derby County) alla finale perduta contro l’Ajax. In azzurro celeberrima è l’amichevole di Wembley in cui ipnotizza i padroni di casa e favorisce il primo successo italiano in Inghilterra: 1-0, rete di Capello.

Menzione d’onore: Pelé (Brasile, attaccante)

1974: Johan Cruijff

1° JOHAN CRUIJFF (Olanda, centrocampista offensivo)/attaccante)
Terza volta sul trono per il divino Johan, che raggiunge nell’albo d’oro mostri sacri come Scarone e Meazza. A ottobre ’73 passa dall’Ajax al Barcellona con la squadra blaugrana penultima in classifica e già eliminata dalla Coppa UEFA. L’arrivo di Cruijff cambia la stagione del Barça in modo pazzesco: 10 vittorie di fila e 26 partite senza sconfitte portano il Barcellona al titolo nazionale che mancava da 14 anni. Cruijff segna 16 reti e regala spettacolo, segnando una rete meravigliosa di tacco contro l’Atletico Madrid e contribuendo con un gol e giocate sensazionali al 5-0 con cui il Barcellona schianta il Real al Bernabeu. In estate Cruijff alla guida della favolosa Olanda del totaalvoetbal di Michels infiamma il Mondiale tedesco, proponendo un calcio straordinario: il numero 14 olandese è in uno stato di grazia, gioca benissimo tutte le partite, ma la finale contro la Germania Ovest padrona di casa è amara. L’Olanda va sull’1-0 al 1′ senza aver mai fatto toccare la palla ai tedeschi, grazie a un rigore di Neeskens che Cruijff si procura con un’accelerazione delle sue. Poi però il “Papero olandese” esce dai radar, la Germania Ovest rimonta e vince con merito. Per Cruijff resta un Mondiale splendido e un’annata globale da 32 reti, la migliore in carriera insieme al 1971-72.

2° Franz Beckenbauer (Germania Ovest, libero)
Alter ego di Cruijff e ugualmente meritevole di fregiarsi del Pallone d’oro. Beckenbauer disputa una stagione superba: si laurea campione tedesco con il Bayern Monaco (tra le altre, indimenticabile una partita contro il Borussia Mönchengladbach vinta dai bavaresi 4-3 in cui il “Kaiser” dà spettacolo); vince la Coppa dei Campioni in finale sull’Atletico Madrid e trascina di forza la Germania Ovest alla vittoria nel Mondiale casalingo. I tedeschi giocano un calcio decisamente più tradizionale dei rivali olandesi, ma sono compatti e ugualmente fortissimi sul piano individuale. La finale li vede però vincere con pieno merito e Beckenbauer è il migliore in campo.

3° Kazimierz Deyna (Polonia, centrocampista/centrocampista offensivo)
Il terzo gradino del podio al Mondiale tedesco è occupato dalla sorprendente Polonia, dove brilla la stella di Kazimierz Deyna, “cervello” e leader della nazionale biancorossa. Già campione olimpico nel 1972, Deyna è il giocatore attorno a cui il ct Kazimierz Górski costruisce una squadra solida in difesa e fantasiosa in avanti, grazie soprattutto alla velocità delle ali. Deyna gioca un grande Mondiale e i polacchi si fermano solo nel girone finale perdendo il match decisivo per l’ingresso nella finalissima dalla pragmatica Germania Ovest padrona di casa. Protagonista in nazionale fino al 1978, Deyna morirà a soli 42 anni in un incidente stradale.

Menzione d’onore: Paul Breitner (Germania Ovest, difensore)

1975: Elías Figueroa

1° ELÍAS FIGUEROA (Cile, libero/difensore)
A distanza di 45 anni un difensore torna a occupare il gradino più alto. E non è un giocatore qualsiasi, ma un autentico fenomeno del ruolo, uno dei più grandi, il difensore che in carriera ha ricevuto il numero più alto di premi e riconoscimenti. Anche più di Beckenbauer. Parliamo del cileno Elías Figueroa, soprannominato “Mister Lujo”, mister classe. Formidabile di testa e negli anticipi, fortissimo sull’uomo e nella direzione del gioco, elegante e roccioso, libero e stopper al tempo stesso, Figueroa in carriera vince 5 campionati in 3 Paesi diversi (Brasile, Uruguay e Cile) e denota sovente la capacità di saper migliorare in modo evidente il livello dei compagni che ha intorno. Nel 1975 trascina l’Internacional al titolo brasiliano per la prima volta nella sua storia e segna il gol decisivo nell’1-0 contro il Cruzeiro con un colpo di testa rimasto celebre.

2° Franz Beckenbauer (Germania Ovest, libero)
Nuovo secondo posto per il “Kaiser” alle spalle di Figueroa. Beckenbauer a 30 anni fa valere un’altra annata ottima in cui conquista da leader difensivo del Bayern Monaco la Coppa dei Campioni. Splendido il gol dell’1-0 che apre il ritorno della semifinale contro i francesi del St Etienne. Mentre in finale con il Leeds United commette un fallo da rigore non visto dall’arbitro su Clark, ma si riscatta con una prestazione a tutto tondo e degna di un vero leader.

3° Oleh Blochin (Ucraina, attaccante)
Velocità, tecnica e potenza, più seconda che prima punta, Blochin è uno dei massimi giocatori sovietici della storia. Il 1974/75 è la sua stagione magica: oltre al titolo nazionale con la Dinamo Kiev (ne vincerà 8 in carriera), Blochin conquista da protagonista la Coppa delle Coppe e la Supercoppa Europa, dopo aver sconfitto in finale il favorito Bayern Monaco.

Menzione d’onore: Johan Cruijff (Olanda, centrocampista offensivo/attaccante)

1976: Franz Beckenbauer

1° FRANZ BECKENBAUER (Germania Ovest, libero)
Dopo una serie di piazzamenti anche per il “Kaiser” arriva il successo. Per lui un’annata sensazionale, una delle più belle in carriera: con il Bayern Monaco vince per la terza volta consecutiva la Coppa dei Campioni, eguagliando il record dell’Ajax 71-73. Gioca poi un campionato europeo con la Germania Ovest di altissimo livello. La nazionale tedesca chiude al secondo posto dopo il trionfo del 1972, piegata ai rigori dalla rivelazione Cecoslovacchia. Ma Beckenbauer disputa una partita indimenticabile, una delle migliori della sua carriera, in particolare nel secondo tempo e nei supplementari, quando domina letteralmente la scena con accelerazioni e spunti da ogni parte.

2° Elías Figueroa (Cile, libero/difensore)
Stesso podio del 1975, ma a ruoli invertiti. Prima volta nella storia che due liberi si dividono la palma di migliore al mondo e per due anni consecutivi! Ma la loro classe è troppo grande per passare inosservata. È il decennio post-olandese, che apre la via per un calcio più collettivo, chiuso e meno votato alle gioie individuali dell’attacco. Contemporaneamente, apre anche la via per l’idea della costruzione dal basso, dalle retrovie. Ecco forse spiegato il perché di tanti difensori di classe assoluta, con una quantità mai registrata né prima né dopo: Beckenbauer, Figueroa, Krol, Passarella, Scirea, un giovanissimo Baresi. Un’abbondanza clamorosa. Il 1976 vede Figueroa vincere ancora il titolo brasiliano da leader dell’Internacional, tanto da venir votato miglior giocatore del campionato.

3° Rob Rensenbrink (Olanda, ala)
Giocatore di estrema eleganza e pulizia, ma con il difetto di steccare sempre nei momenti decisivi in nazionale: vedi la finale del Mondiale ’74, la semifinale proprio dell’Europeo ’76 con la Cecoslovacchia, la finale del Mondiale ’78. Il 1975/76 porta in ogni caso Rensenbrink al massimo livello internazionale grazie a un’annata super: con l’Anderlecht vince da capocannoniere la Coppa delle Coppe e decide la Supercoppa Europa contro il Bayern Monaco di Beckenbauer e Müller. Peccato davvero per la prestazione negativa dell’Europeo.

Menzione d’onore: Roberto Rivelino (Brasile, centrocampista offensivo)

1977: Zico

1° ZICO (Brasile, attaccante)
Il Brasile rialza la testa nel dopo-Pelé e scopre un nuovo asso: è il 24enne Zico, tocco di palla celestiale, assist da cineteca e gol a grappoli. Nel 1977 ne mette dentro ben 37 con il Flamengo e si laurea capocannoniere del campionato carioca. A questi ne aggiunge 6 in maglia Brasile, 4 contro la Bolivia (8-0) in un match valido per le qualificazioni al Mondiale ’78. Finita l’era Cruijff e della sua rivalità a tratti con Müller a tratti con Beckenbauer, molti pensano che gli anni ’80 saranno quelli di Zico. Sarà così solo in parte.

2° Kevin Keegan (Inghilterra, attaccante)
Piccolo, tecnico, rapido e sgusciante. King Kevin Keegan è la stella del Liverpool che conquista per la prima volta nella sua storia la Coppa dei Campioni dopo aver superato in finale il Borussia Mönchengladbach. Keegan nasce ala, ma può giocare benissimo da seconda punta o trequartista, è un attaccante atipico e creativo, decisamente più latino che britannico come stile e connotati.

3° Gaetano Scirea (Italia, libero)
Una delle Juventus più belle di sempre, quella tutta italiana della stagione 1976/77. La squadra bianconera, affidata all’emergente tecnico Giovanni Trapattoni, vince il campionato italiano dopo un epico testa a testa contro il Torino scudettato e issandosi a quota 51 punti, record per la serie A a 16 squadre. E completa poi un’annata da sogno con il suo primo successo europeo, la Coppa UEFA in finale sugli spagnoli dell’Athletic Bilbao. Uno dei grandi protagonisti è il bomber Roberto Bettega, ma ancora più straordinario è il libero Gaetano Scirea, che a 24 anni disputa una stagione mostruosa. La finale di andata in Coppa UEFA contro l’Athletic è un capolavoro, una delle sue più belle partite in carriera.

Menzione d’onore: Allan Simonsen (Danimarca, attaccante)

1978: Mario Kempes

1° MARIO KEMPES (Argentina, attaccante)
Esuberanza, potenza, tecnica: Mario Kempes è il simbolo dell’Argentina che conquista in casa – sotto la scure di una feroce dittatura militare – il primo campionato del mondo della sua storia. Kempes è l’unico giocatore convocato dal ct Menotti a militare all’estero, nel Valencia. In Spagna vive un 1977/78 da capogiro con un totale di 28 gol segnati in campionato (e titolo di capocannoniere) più 11 in Coppa del Re. Al Mondiale arriva come una delle stelle annunciate e non delude: segna 6 gol, tutti decisivi. In finale è il migliore in campo e con una doppietta fantastica piega 3-1 ai supplementari la coriacea Olanda.

2° Ruud Krol (Olanda, libero/difensore)
Nel 1978 è forse il più forte calciatore europeo. Merito anche di una trasformazione del suo ruolo: da ottimo terzino sinistro diventa un libero di classe assoluta, a conferma di quello che si scriveva nel 1975 su Figueora, ovvero che questo in particolare è il decennio dei grandi difensori. Krol gioca con un’eleganza e una maestria senza pari e disputa un campionato mondiale superbo. L’unico a farlo un po’ soffrire (nel primo tempo) è Paolo Rossi, nell’incontro decisivo tra Olanda e Italia per l’ingresso in finale. A proposito di finale: Krol contro l’Argentina è nettamente il migliore dei suoi e al 90′, sul punteggio di 1-1, batte una punizione da centrocampo e recapita un lancio al bacio per Rensenbrink, chiamato solo ad accompagnare in porta e sancire così un incredibile trionfo orange. Ma l’ala dell’Anderlecht colpisce clamorosamente il palo. L’azione sfuma e nei supplementari Kempes risolve in favore dell’Argentina.

3° Daniel Passarella (Argentina, libero)
Ancora un centrale difensivo di qualità eccezionali e un ancor più eccezionale temperamento. Kempes è il leader offensivo, Passarella quello difensivo dell’Argentina campione. Anche il libero del River – sguardo truce e carattere da leader, formidabile di testa e nei tiri dalla distanza – è protagonista di un Mondiale sensazionale. È lui, da capitano della squadra, ad alzare al cielo la Coppa sotto lo sguardo dei generali.

Menzione d’onore: Dirceu (Brasile, attaccante)

1979: Diego Armando Maradona

1° DIEGO ARMANDO MARADONA (Argentina, attaccante)
Il calcio scopre un nuovo fenomeno. Si chiama Diego Armando Maradona, ha 19 anni e disegna fútbol nell’Argentinos Juniors mettendo in mostra numeri tecnici spaventosi e un controllo di palla pazzesco. Ha una genialità unica, segna e fa segnare dall’alto di proprietà tecniche invidiabili. Esordio in nazionale a 16 anni, capocannoniere a 17 del campionato Metropolitano. È nella lista dei pre-convocati per il Mondiale ’78, ma il ct Menotti lo depenna all’ultimo, forse per non bruciarlo. Maradona morde il freno e nel 1979 guida l’Argentina al trionfo nel Mondiale di categoria con numeri da circo. Realizza in Argentina 26 gol in 26 incontri, capocannoniere sia del campionato Metropolitano sia del Nacional, e fa la sua prima apparizione in Coppa América dove realizza un gol alla Bolivia ma non va oltre il primo turno. Vincitore di vari premi internazionali nel 1979, gli addetti ai lavori di ogni parte del mondo sono pronti a scommettere che sia nato un Genio.

2° Zico (Brasile, attaccante)
La rivalità Maradona vs Zico infiamma il Sudamerica. I due si sfidano già in Coppa América, antipasto di duelli successivi. Zico segna 70 reti totali nel 1979 sommando anche la nazionale, conquistando il campionato carioca e arrendendosi nella fase finale che porta al titolo nazionale il Palmeiras. In Coppa América il suo Brasile esce in semifinale contro il Paraguay.

3° Hans Krankl (Austria, centravanti)
Il miglior calciatore europeo dell’anno è il centravanti austriaco, che si trasferisce dal Rapid Vienna al Barcellona e in blaugrana vince la classifica marcatori della Liga con 29 reti in 30 partite. Si conferma ad alti livelli anche in Coppa delle Coppe con 5 realizzazioni, di cui una decisiva per portare il titolo agli spagnoli dopo un’appassionante finale contro i tedeschi del Fortuna Düsseldorf vinta 4-3 ai supplementari.

Menzione d’onore: Falcão (Brasile, centrocampista)

1980: Diego Armando Maradona

1° DIEGO ARMANDO MARADONA (Argentina, attaccante)
A 20 anni Diego si porta a casa il secondo Pallone d’oro della carriera, un record di precocità. Il 1980 lo vede segnare in patria 43 reti in 45 partite e vincere ancora la classifica cannonieri sia del torneo Metropolitano sia del Nacional. Gioca a un livello impressionante in termini di doti creative e continuità nell’arco di un singolo match, forse come prestazioni e rendimento il 1980 è davvero il punto più alto della sua carriera. Ma nessuno ancora in quel momento può prevederlo. Con la nazionale incanta: si veda un’amichevole contro l’Inghilterra a Wembley, in cui l’Argentina perde 3-1 ma Diego inventa numeri di un altro pianeta.

2° Karl-Heinz Rummenigge (Germania Ovest, attaccante)
Potenza, istinto per il gol, tecnica ma anche muscoli di cristallo. Karl Heinz Rummenigge è uno degli attaccanti tedeschi più forti della storia e nel 1979-80 vive un’annata straordinaria: con il Bayern Monaco conquista la Bundesliga e il titolo di capocannoniere con 26 reti e durante l’estate è uno dei protagonisti del successo della Germania Ovest all’Europeo.

3° Zico (Brasile, attaccante)
Ancora un anno ottimo per Zico, che conquista il suo primo titolo nazionale piegando in finale l’Atletico Mineiro. Il furetto brasiliano aggiunge anche il titolo di capocannoniere con 21 reti, mentre nel totale dell’annata contando anche il campionato carioca si inerpica a quota 40.

Menzione d’onore: Michel Platini (Francia, centrocampista/centrocampista offensivo)

1981: Zico

Zico (Brasile, attaccante)
Dal titolo nazionale al titolo continentale. Zico vive un’annata magica con il suo Flamengo, conquistando dall’alto di 11 reti la Coppa Libertadores con tanto di titolo di capocannoniere. Il furetto brasiliano regala spettacolo e risolve la combattutissima finale contro gli arcigni cileni del Cobreloa: nella terza decisiva partita è una sua doppietta a spingere il Flamengo sul trono. Ciliegina sulla torta è la vittoria nell’Intercontinentale: a Tokyo contro il Liverpool Zico non segna, ma disegna calcio e contribuisce in prima battuta al 3-0 che schianta i Reds.

Karl-Heinz Rummenigge (Germania Ovest, attaccante)
Il poderoso attaccante del Bayern Monaco tocca il suo apogeo nel 1980-1981. Segna un totale di 39 reti in 45 incontri (suo massimo in carriera), vincendo la classifica marcatori sia in Bundesliga a quota 29 sia nella Coppa dei Campioni a 6. Conquista il campionato tedesco e si arrende nella finalissima di Coppa alla sorpresa Aston Villa.

3° Diego Armando Maradona (Argentina, attaccante)
Dopo due Palloni d’Oro, il fuoriclasse argentino deve accontentarsi del bronzo, nonostante un’altra stagione super, con 28 gol in 40 partite e il titolo Metropolitano conquistato nel Boca Juniors. Diego si conferma un giocatore dal tasso tecnico devastante, dalla creatività clamorosa, dalle accelerazioni e dai dribbling funambolici.

Menzione d’onore: Michel Platini (Francia, centrocampista/centrocampista offensivo)

1982: Paolo Rossi

1° PAOLO ROSSI (Italia, centravanti)
Il Mondiale del 1982 riporta in auge l’Italia, campione del mondo a distanza di 42 anni. E in cima c’è lui: Paolo Rossi. Sei gol nelle ultime tre partite, un ruolino numerico che solo Pelé nel 1958 nella storia dei Mondiali ha saputo tenere. “Pablito”, al rientro dopo la lunga squalifica per il calcio scommesse, viene convocato dal ct Bearzot contro il volere di molti. Ma nella seconda fase si rivela l’arma decisiva in mano al “Vecio”: tre gol da spietato opportunista che ribaltano il favorito Brasile, doppietta alla tostissima Polonia in semifinale, gol in finale nel 3-1 alla Germania Ovest. È l’estate in cui l’Italia si riscopre bella e vincente, in cui guarda nuovamente con ottimismo al futuro. È l’estate di “Pablito”.

2° Bruno Conti (Italia, ala)
Nell’Italia mondiale un altro protagonista assoluto è lui. Gioca una competizione superba, come continuità prestazionale nelle partite è forse il migliore degli azzurri, l’uomo che sulla destra e sulla trequarti cambia la marcia e crea a getto continuo a servizio delle punte. È il migliore in campo nella finale contro i tedeschi. Ala di grande tecnica e qualità, cross al bacio, finte e imprevedibilità.

3° Gaetano Scirea (Italia, libero)
Inevitabile che il podio sia tutto azzurro. Perché nel Mondiale più competitivo di sempre insieme a quello del 1970 l’Italia sbanca. E Scirea disputa una serie di partite eccellenti, governando la difesa con una sapienza tattica e una maestria senza pari. Per lui è il coronamento di una stagione super, con anche la vittoria del campionato italiano e un bottino di 5 reti in serie A, suo massimo score realizzativo di sempre.

Menzione d’onore: Zico (Brasile, attaccante)

1983: Michel Platini

1° MICHEL PLATINI (Francia, centrocampista/centrocampista offensivo)
Centrocampista, mezzala e attaccante. Eleganza, intelligenza e classe. Lanci, assist al bacio e gol a grappoli. Giocatore che segna un’epoca. Dopo aver fatto grande il piccolo Nancy – che trascina alla vittoria in Coppa di Francia e a uno storico 4° posto in campionato – vince lo scudetto nel St Etienne e nell’estate 1982, dopo il Mondiale che la sua Francia getta via in semifinale contro una Germania Ovest alla portata, si trasferisce in Italia alla Juventus. Parte piano, poi decolla: al primo colpo è già capocannoniere con 16 reti e si porta a casa la Coppa Italia. Sfiora lo scudetto, beffato dalla Roma, e la Coppa dei Campioni. Disputa una competizione superba, ma stecca la finale, con la Juve battuta sorprendentemente dall’organizzatissimo Amburgo di Happel.

2° Paulo Roberto Falcão (Brasile, centrocampista)
Icona dell’Internacional con cui vince due titoli brasiliani (compagno del grande Figueroa), Falcão giunge alla Roma nel 1980 e diventa subito il perno dei giallorossi. Centrocampista polivalente e dinamico, brasiliano nel tocco, ma europeo per le geometrie e l’estrema concretezza, uno dei più grandi del ruolo nella storia del gioco. Nel 1982-83 è il leader della Roma di Liedholm che conquista il tricolore dopo un’attesa di 41 anni. Falcão contribuisce allo scudetto con giocate sensazionali e 7 reti, la sua miglior performance realizzativa in Italia.

3° Enzo Francescoli (Uruguay, centrocampista offensivo)
L’epoca dei grandi numeri 10. Non solo Zico, Platini e Maradona, ma anche Enzo Francescoli. Controllo di palla sopraffino, eleganza innata, visione di gioco periferica. Dal Montevideo Wanderers nel 1983 passa al River Plate e disputa una prima stagione importante con 11 reti e giocate di classe. Ma il suo 1983 è da celebrare soprattutto per la Coppa América: il suo Uruguay a sorpresa vince il titolo in finale sul favorito Brasile, Francescoli è decisivo con un gol nella partita di andata e viene proclamato miglior giocatore.

Menzione d’onore: Sócrates (Brasile, centrocampista)

1984: Michel Platini

1° MICHEL PLATINI (Francia, centrocampista/centrocampista offensivo)
Il fuoriclasse francese vive la sua stagione più bella e si porta a casa il secondo Pallone d’Oro. Domina la scena in Italia con 20 gol totali, un altro titolo di capocannoniere e la vittoria dello scudetto. In Europa trascina la Juventus al successo in Coppa delle Coppe, brillando in modo particolare nella semifinale di ritorno contro il Manchester United: una delle prestazioni più clamorose di sempre. E infine all’Europeo con 9 reti in 5 partite è il re dei bomber e la stella della Francia che conquista il primo alloro internazionale della sua storia. Un dominio assoluto per “Le Roi”.

2° Jorge Luis Burruchaga (Argentina, centrocampista offensivo/attaccante)
Giocatore di estrema concretezza, che abbina corsa, buona tecnica, inserimenti, gol e incisività nei momenti topici. Oggi un po’ sottostimato, ma nei primi anni ’80 un top mondiale. Nel 1984 lui e Bochini sono le stelle dell’Independiente che si porta a casa prima la Libertadores in finale sul Gremio e poi l’Intercontinentale battendo il Liverpool. Burruchaga con 6 reti è il capocannoniere della Libertadores ed è decisivo anche in finale con la rete che determina il successo.

3° Jean Tigana (Francia, centrocampista)
Colonna della nazionale francese, fa parte con Platini, Giresse e Fernandez del famigerato “quadrilatero magico”, base del gioco spumeggiante della formazione transalpina. Nel 1984 Tigana conquista il campionato con il Bordeaux, venendo eletto miglior giocatore della Ligue 1, e l’Europeo con la maglia della Francia. Competizione che gioca ad altissimi livelli.

Menzione d’onore: Zico (Brasile, attaccante)

1985: Michel Platini

1° MICHEL PLATINI (Francia, centrocampista/centrocampista offensivo)
Platini entra nel gotha dei pesi massimi, affiancando a quota tre successi Scarone, Meazza e Cruijff, uno dei suoi grandi idoli giovanili. Per il francese un’altra annata al bacio: per la terza volta consecutiva è capocannoniere della serie A con 18 centri; si laurea capocannoniere anche della Coppa dei Campioni con 7 e il suo gol su rigore, nella triste notte dell’Heysel, porta la Juve sul tetto d’Europa per la prima volta nella sua storia. A fine anno completa l’opera con il successo nell’Intercontinentale, al termine di una finale bellissima contro l’Argentinos Juniors risolta solo ai rigori: Platini gioca un match superbo, gli viene annullato un gol magistrale e infila dal dischetto il penalty decisivo nella lotteria conclusiva.

2° Preben Elkjær Larsen (Danimarca, attaccante)
L’Italia è il campionato migliore del mondo e oltre alle solite stelle brilla quella dell’attaccante danese, che nel 1984-85 guida la rivelazione Hellas Verona a uno scudetto storico. Nello splendido gruppo messo in piedi da Osvaldo Bagnoli, Elkjaer è il giocatore più rappresentativo e incisivo, con sole 8 reti (in 23 partite) ma tutte determinanti. Perché come dice Gianluca Vialli «i gol si pesano, non si contano».

Diego Armando Maradona (Argentina, centrocampista offensivo/attaccante)
Arrivato al Napoli nell’estate 1984, dopo due anni al Barcellona ricchi di grandi giocate ma anche di un lungo stop a causa di un devastante infortunio, l’asso argentino parte piano nella stagione 1984/1985, poi da gennaio in avanti gioca una seconda parte superlativa, condita da 11 reti in 17 presenze e l’assegnazione del Guerin d’oro, miglior giocatore italiano come media voti. Prestazioni alla mano, forse il suo campionato più brillante in serie A, con alcune partite senza senso, vedi Napoli-Lazio 4-3 deciso da una sua tripletta più un’autorete procurata. Eccellente anche l’avvio del 1985/86, del quale si ricorda il meraviglioso gol alla Juventus su punizione (gol che fa parte del video iniziale del nostro sito).

Menzione d’onore: Enzo Francescoli (Uruguay, centrocampista offensivo)

1986: Diego Armando Maradona

1° DIEGO ARMANDO MARADONA (Argentina, centrocampista offensivo/attaccante)
Uno dei premi più meritati di sempre. Maradona tocca l’apice della sua carriera nel Mondiale messicano. Segna 5 reti e sforna 5 assist in 7 partite e trascina l’Argentina al titolo mondiale. Non vince da solo come certe analisi superficiali vorrebbero far passare perché l’Argentina è comunque un’ottima squadra. Ma la sua incidenza è clamorosa. Tutti gol bellissimi: all’Italia nel girone, con una carezza d’esterno sull’uscita di Galli; la doppietta celeberrima all’Inghilterra nei quarti, il gol di mano e l’azione del secolo dove parte da prima di centrocampo e scarta 6 inglesi; la doppietta al Belgio in semifinale. E in finale con la Germania Ovest l’assist per il 3-2 decisivo di Burruchaga. Per il 26enne Diego, capace con un pallone ai piedi di qualsiasi prodezza, è il terzo Pallone d’Oro.

2° Gary Lineker (Inghilterra, centravanti)
Sontuoso finalizzatore, è una delle pochi grandi stelle internazionali dell’Inghilterra nel periodo. Nel 1985-86 tocca probabilmente il suo apice: segna 30 gol nel campionato inglese, 38 in totale, vincendo anche il premio di miglior giocatore della stagione e trascinando l’Everton al secondo posto a due soli punti dal Liverpool campione. Al Mondiale è fantastico, realizza 6 reti, vince la classifica marcatori e spinge i suoi fino ai quarti, battuti dall’Argentina di Maradona. Firma poi per il Barcellona.

3° Antonio Careca (Brasile, centravanti)
Attaccante mobile, tecnico, con visione di gioco e classe superiori. Al Brasile ’82 un bomber del suo calibro era mancato clamorosamente. Nel Mondiale ’86 il bomber c’è, ma la squadra è oramai logora, lontana parente di quella ammirata in Spagna. Careca nel 1985-86 si porta a casa il titolo brasiliano con il San Paolo timbrando in tutto 32 reti in 45 incontri e nel Mondiale dà spettacolo con 5 gol totali e un match contro la Francia nei quarti giocato divinamente, con i verdeoro estromessi ai rigori dopo un incontro bellissimo e avvincente. L’anno seguente passerà poi al Napoli e farà grandi gli azzurri in coppia con Maradona.

Menzione d’onore: Jorge Valdano (Argentina, attaccante)

1987: Diego Armando Maradona

1° DIEGO ARMANDO MARADONA (Argentina, centrocampista offensivo/attaccante)
Dal Mondiale all’Italia: Maradona trascina il Napoli al primo scudetto della sua storia, prima formazione del Sud a riuscirci. Diego è attorniato da compagni di ottimo livello (soprattutto il centrocampo formato dai nazionali Bagni e De Napoli e dalla rivelazione Romano), lui però è il valore aggiunto e il principale protagonista. Segna 10 reti in 29 partite, alcuni di classe purissima. Si ripete in Coppa Italia, con uno score di 7 centri in 10 gare e la vittoria finale della competizione per una storica accoppiata. In estate Diego dopo il successo del Mondiale prova a prendersi di forza la Coppa América alla guida di un’Argentina favorita e padrona di casa. Ma dopo una competizione giocata comunque bene da parte sua, l’Albiceleste deve arrendersi in semifinale al cinismo della solita formichina Uruguay. Per Diego si tratta del 4° Pallone d’oro: l’argentino raggiunge nel nostro albo d’oro il connazionale Di Stéfano e l’ungherese Puskás.

2° Ruud Gullit (Olanda, centrocampista offensivo/attaccante)
Potenza ed esuberanza atletica, velocità e dominanza fisica ne fanno uno dei big di fine anni ’80. Quando è in forma può davvero spaccare in due le partite. Nel 1986-87 il “tulipano con i rasta” trascina il PSV Eindhoven al titolo nazionale con un bottino complessivo di 22 reti e passa poi al Milan di Sacchi, formazione destinata a dominare la scena internazionale negli anni successivi.

3° Hugo Sánchez (Messico, centravanti)
Attaccante acrobatico e spettacolare, fa le fortune del Real Madrid negli anni ’80. Vince 5 volte la Liga con 5 titoli di miglior marcatore, 2 Coppe di Spagna e una Coppa UEFA. Nel 1986-87 si inerpica a quota 34 reti nel campionato spagnolo, conquistando ovviamente lo scettro di re dei bomber: reti pesantissime per portare il titolo spagnolo alla Casa Blanca.

Menzione d’onore: Paulo Futre (Portogallo, attaccante)

1988: Marco van Basten

1° MARCO VAN BASTEN (Olanda, centravanti)
Eleganza, grazia, classe, visione di gioco e tocchi felpati da grande numero 10 abbinati al predatorio istinto del gol tipico dei centravanti di razza. Non esiste numero 9 più completo. Marco van Basten dà l’idea, quando ispirato e in forma, quando le maledette ginocchia lo lasciano in pace, di rasentare la perfezione stilistica, armonica e di efficacia. Dopo aver fatto incetta di titoli individuali e di squadra in Olanda e dopo aver deciso una finale di Coppa delle Coppe, nell’estate 1987 arriva al Milan e nella prima stagione contribuisce nel finale alla rimonta scudettata nei confronti del Napoli. Ma è l’estate del 1988 che lo consacra in via definitiva: a 24 anni trascina l’Olanda al titolo europeo per nazioni, primo alloro internazionale conquistato dagli orange nella loro storia. Le 5 reti finali e la perla assoluta del gol-capolavoro in finale contro l’URSS sono gemme che ogni appassionato di calcio ricorderà per sempre.

2° Ruud Gullit (Olanda, centrocampista offensivo/attaccante)
Nello scudetto del Milan è il protagonista indiscusso. Le sue reti e le sue giocate di potenza e atletismo dirompente (imprendibile quando parte palla al piede) sono la molla che consente ai rossoneri di superare il Napoli nella volata finale e aggiudicarsi il tricolore. La serie A è in quegli anni il miglior campionato del mondo senza se e senza ma e il duello Milan-Napoli è una sfida a distanza di enorme fascino, che coinvolge anche la politica ed esula dai meri canoni sportivi. Per Gullit oltre alle 9 reti decisive in campionato, anche la splendida vetrina di Euro ’88, con la rete in finale contro l’URSS che dà il via al trionfo olandese.

3° Diego Armando Maradona (Argentina, centrocampista offensivo/attaccante)
Bronzo di prestigio per il “Pibe de Oro”, beffato dal Milan in serie A, ma autore di una stagione importante come confermano le 15 realizzazioni e il titolo di capocannoniere del campionato. Il Napoli, a lungo leader e a un certo punto oramai certo di mettere le mani sul tricolore, crolla però nel finale con un solo punto conquistato nelle ultime cinque partite.

Menzione d’onore: Ronald Koeman (Olanda, libero/difensore)

1989: Marco van Basten

1° MARCO VAN BASTEN (Olanda, centravanti)
Secondo Pallone d’oro consecutivo per il “Cigno di Utrecht”. In serie A ne mette 19, ma non basta per rivincere lo scudetto, che finisce ai cugini nerazzurri dell’Inter. In compenso van Basten si prende di forza la scena in Coppa dei Campioni: realizza 9 reti, si laurea capocannoniere della competizione e guida il Milan al trionfo dopo un’epica finale sulla Steaua Bucarest, travolta 4-0. Van Basten realizza una doppietta confermando di essere un giocatore che difficilmente sbaglia i momenti decisivi. È forse l’apogeo del Milan di Sacchi e del suo gioco che a tratti ricorda l’Olanda degli anni ’70: pressing furioso, scambi di posizione, manovra collettiva, tattica del fuorigioco esasperata. Per i canoni italiani, abituati ai concetti di difesa e ripartenza, è un’autentica rivoluzione. Per trovare una big del nostro calcio capace di interpretare il calcio in questa maniera bisogna andare agli anni ’40 con il Grande Torino.

2° Antonio Careca (Brasile, centravanti)
Sono 19 i suoi gol in campionato, gli stessi di van Basten, a -3 dal capocannoniere nerazzurro Aldo Serena. Ma l’annata di Careca non si limita al fronte interno: ne mette 6 in Coppa UEFA, vice capocannoniere alle spalle del tedesco Torsten Gütschow, e contribuisce al successo del Napoli nella competizione. Una competizione vinta di squadra dai partenopei, con un Maradona in condizioni non brillantissime e capace di illuminarsi solo a tratti. Careca fa in pieno il suo dovere anche nella finale contro lo Stoccarda, segnando sia nel 2-1 dell’andata sia nel 3-3 del ritorno.

3° Franco Baresi (Italia, libero/difensore)
Se van Basten è la stella offensiva del meraviglioso Milan sacchiano, lui è la colonna difensiva, oltre che il capitano. Esploso sul finire degli anni ’70, quando giovanissimo conquista da primattore lo scudetto della Stella a 19 anni, il Baresi dei primi anni è più che un semplice libero: è un trattore inesauribile, un difensore capace di partire palla al piede e aprire in due le difese, un’arma quasi totale. Peccato che intorno a lui il Milan sia poca cosa. Quando arrivano Berlusconi e Sacchi e i rossoneri costruiscono finalmente un progetto vincente, lui ha già quasi 30 anni e quell’energia giovanile non è più così evidente. Ma Baresi resta Baresi: un condottiero e un libero di alto magistero, con un senso della posizione eccezionale. La sua stagione 1988/89 è di alto livello, in particolare in Coppa dei Campioni, dove il Milan disputa una serie di partite da applausi.

Menzione d’onore: Frank Rijkaard (Olanda, centrocampista difensivo)

1990: Lothar Matthäus

1° LOTHAR MATTHÄUS (Germania Ovest, centrocampista/centrocampista offensivo)
Forza fisica, inserimenti, ma anche regia, assist e gol. Un centrocampista totale, uno dei grandi del calcio tedesco e non solo. Esploso nel Borussia Mönchengladbach, Lothar Matthäus fa grande il Bayern Monaco che trascina a tre scudetti e alla finale di Coppa dei Campioni 1987 persa in rimonta contro il Porto. Passa all’Inter, vince lo scudetto dei record nel 1989, la Coppa UEFA 1991 e si consacra come stella indiscussa dei nerazzurri di Giovanni Trapattoni. Nel 1990, a 29 anni, è il fulcro e il leader della Germania Ovest che vince il suo terzo titolo mondiale con merito: in finale piega 1-0 l’Argentina, riscattando la sconfitta subita in Messico quattro anni prima.

2° Andreas Brehme (Germania Ovest, difensore)
L’altro volto della Germania Ovest campione. Difficile giocare un Mondiale meglio di così: domina la fascia sinistra in lungo e in largo, segna 3 reti, decide la finale con l’Argentina su rigore, prestazioni alla mano è il miglior giocatore del Mondiale. A livello di club segue le orme del compagno Matthäus (che lo onorerà dicendo di lui: «È il miglior giocatore con cui abbia mai giocato») e dal Bayern passa all’Inter, diventando una colonna insostituibile del club meneghino.

3° Diego Armando Maradona (Argentina, centrocampista offensivo/attaccante)
Altro bronzo per Diego, che a 30 anni prova a replicare il titolo mondiale di Messico ’86, ma appare totalmente un altro giocatore. Non sta bene, corre poco, dispensa pillole di classe, l’Argentina arriva in finale in modo piuttosto fortunoso e rocambolesco. E alla fine deve accontentarsi dell’argento iridato. Per Maradona è l’ultima stagione ad alti livelli, con 16 gol nel campionato italiano e il secondo scudetto nel Napoli.

Menzione d’onore: Paul Gascoigne (Inghilterra, centrocampista offensivo)

1991: Dejan Savićević

1° DEJAN SAVIĆEVIĆ (Montenegro, attaccante)
Soprannominato il “Genio”, immarcabile se in giornata, indolente nei momenti no: un classico dei giocatori di scuola slava. È uno dei giocatori simbolo della Stella Rossa dei primi anni ’90, probabilmente la più forte squadra di club dell’Est Europa dai tempi della Honvéd di Puskás, e della fortissima nazionale jugoslava che viene estromessa in modo sfortunato ai quarti di finale a Italia ’90 e potrebbe dominare Euro ’92, non fosse per la guerra che ferma tutto. Il suo 1990-91 è di alto livello: Savićević contribuisce con numeri e gol in serie alla storica accoppiata scudetto-Coppa dei Campioni, competizione dove lui si esalta in modo particolare: lo dimostrerà anche nell’esperienza al Milan, con la finale del 1994 dominata contro il Barcellona.

2° Gabriel Omar Batistuta (Argentina, centravanti)
L’Argentina del dopo-Maradona (se si esclude la parentesi delle prime due partite del Mondiale di Usa ’94) comincia come meglio non potrebbe. E al primo tentativo si porta a casa quella Coppa América che con Diego non era mai arrivata. Se l’Albiceleste torna sul tetto del continente a distanza di 32 anni il merito è soprattutto di un 22enne destinato a far parlare di sé a lungo. Si chiama Gabriel Omar Batistuta, è un centravanti che abbina potenza, un tiro al fulmicotone, tecnica e un invidiabile senso del gol. Dopo una stagione da 17 gol totali nel Boca Juniors con tanto di campionato nazionale, Batistuta in estate trascina i suoi di peso al successo in Coppa América con 6 reti e il titolo di capocannoniere.

3° Lothar Matthäus (Germania Ovest, centrocampista/centrocampista offensivo)
Forse la miglior stagione in Italia del “panzer” tedesco è quella dopo il trionfo mondiale: 16 gol in campionato, che però non bastano per conquistare il tricolore, con l’Inter che si arrende alla super Sampdoria di Vialli&Mancini, e 6 in Coppa UEFA, utili in questo caso per portare i nerazzurri al trionfo nella finale tutta italiana contro la Roma. Matthäus resterà all’Inter fino al 1992, quando tornerà al Bayern, cambierà ruolo (da centrocampista offensivo a libero) e continuerà a vincere restando sulla cresta dell’onda fino al 2000.

Menzione d’onore: Robert Prosinečki (Croazia, centrocampista)

1992: Marco van Basten

1° MARCO VAN BASTEN (Olanda, centravanti)
Nonostante un Euro ’92 deludente, che fa seguito a un Mondiale di Italia ’90 disastroso, la stella di Marco van Basten raggiunge nuovi gradi di luminosità in quello che di fatto è l’ultimo anno della sua carriera, a 28 anni, prima di venire fermato definitivamente dai problemi alla caviglia destra. Van Basten è costretto a dare l’addio proprio mentre il suo calcio sta raggiungendo nuove vette di concretezza, senza perdere nulla dello stile meraviglioso a cui aveva abituato tifosi e appassionati. Nel 1991-92 segna 25 reti (suo massimo in Italia) guidando il Milan del nuovo corso di Capello allo scudetto. Chiude il 1992 con due quaterne al Napoli in campionato e al Göteborg in Champions League, erede della vecchia Coppa dei Campioni. Inizia il 1992-93 con medie realizzative sovrumane: 12 reti in 9 giornate di campionato, 6 in 3 partite di Champions, quando decide di sottoporsi all’ennesimo intervento alla caviglia destra. I tempi di recupero sono stimati in 2-3 mesi, tornerà dopo 4, giocherà ancora qualche partita e la finale di Champions 1993 che il Milan perderà contro il Marsiglia e di fatto smetterà. Dice lo scrittore e attore italiano Carmelo Bene: «Il lutto per il suo ritiro anticipato non si è estinto e mai si estinguerà».

2° Hristo Stoičkov (Bulgaria, centravanti/attaccante)
Nel “Dream Team”, il Barcellona delle meraviglie plasmato da Johan Cruijff nel primo lustro degli anni ’90, l’attaccante bulgaro è una delle stelle più luminose: nel 1991-92 vive un’annata da sogno con 17 reti in campionato che spingono i catalani al titolo e al primo successo in Coppa dei Campioni della loro storia: nella tiratissima finale di Wembley il Barça ha la meglio sulla Sampdoria per 1-0 dopo i tempi supplementari. Stoičkov in finale non segna, ma gioca ad alti livelli colpendo un palo. Gioca molto bene e segna una rete anche nella finale dell’Intercontinentale, ma il Barcellona deve chinare la testa al favoloso San Paolo di Telê Santana.

3° Raí (Brasile, centrocampista offensivo)
Fratello minore di Sócrates, è il crack offensivo del San Paolo che nei primi anni ’90 si porta a casa due Libertadores (con un’altra finale persa ai rigori nel 1994) e due Intercontinentali di fila, battendo squadroni come il Barcellona e il Milan. Nel 1992, dopo aver sconfitto ai rigori gli argentini del Newell’s Old Boys, il San Paolo supera a Tokyo proprio il Barça ed è Raí il grande protagonista, con la doppietta che ribalta lo svantaggio firmato Stoičkov, e dà ai brasiliani la vittoria. E Raí viene naturalmente premiato come miglior giocatore della partita.

Menzione d’onore: Peter Schmeichel (Danimarca, portiere)

1993: Roberto Baggio

1° ROBERTO BAGGIO (Italia, attaccante)
L’Italia torna sul gradino più alto grazie al talento straordinario del “Divin Codino”, seconda punta di genio che può concludere o servire assist dall’alto di doti tecniche straordinarie. Come van Basten, anche lui è fortemente penalizzato da una serie di infortuni devastanti alle ginocchia (il primo già a Vicenza, in giovanissima età), che gli impediscono di mostrare il suo talento con continuità. Ma quando lo fa e quando sta bene regala perle che tutti gli appassionati di calcio – italiani e non – ricorderanno per sempre. Il mondo lo scopre a Italia ’90, gli anni migliori di Baggio sono quelli successivi al Mondiale italiano fino al 1995. In quel periodo è uno dei primissimi calciatori del mondo, se non (visto l’addio prematuro di van Basten) il migliore. Il 1992-93 lo vede vincere di forza una Coppa UEFA con 6 gol in 9 partite, di cui 3 nella semifinale contro il PSG e 2 nella finale di andata con il Borussia Dortmund. In serie A tocca invece quota 21 gol.

2° Cafu (Brasile, difensore/centrocampista)
In carriera vince tutto e più volte: scudetti in serie, Libertadores, Coppa dei Campioni, Intercontinentale, Coppa América e addirittura 2 Mondiali (di cui il secondo, nel 2002, da capitano). Difficile trovare qualcuno che abbia conquistato più trofei importanti di lui. Terzino destro, in realtà arma a tutta fascia, Cafu è per oltre un decennio una delle grandi stelle del calcio brasiliano e mondiale. È una delle colonne del meraviglioso San Paolo dei primi anni ’90 e nel 1993 arriva a realizzare da esterno qualcosa come 20 gol in 65 partite, mettendo il suo marchio nelle vittorie nella Libertadores e nell’Intercontinentale, quest’ultima ai danni del Milan.

3° Paolo Maldini (Italia, difensore)
Nel formidabile Milan di Capello lui è una delle stelle più luminose. Figlio d’arte (papà Cesare fu colonna del Milan negli anni ’60), talento naturale, carriera iper longeva e vincente (5 Champions in bacheca), terzino sinistro che difende e attacca con eguale maestria, nel finale di carriera anche superbo centrale. Nei primi anni ’90 tocca probabilmente il suo apice di rendimento, consacrandosi come uno dei migliori calciatori del mondo. Nel 1992-93 vince il campionato italiano e disputa una Champions a livelli superbi, ma i rossoneri devono arrendersi in finale all’Olympique Marsiglia.

Menzione d’onore: Romário (Brasile, centravanti)

1994: Romário

1° ROMÁRIO (Brasile, centravanti)
Cecchino implacabile, ma non solo: attaccante mobile, rapido, sgusciante, con un controllo di palla eccezionale e una carriera longeva. Uno dei più grandi nel ruolo della storia. Fa grande il PSV Eindhoven, poi il Barcellona. Nel 1993-94, al primo anno in blaugrana, contribuisce allo scudetto dei catalani con cifre astronomiche: 30 reti in 33 partite. In Champions giunge fino in finale, ma la squadra si arrende 4-0 al Milan di Capello in un incontro a senso unico. Romário torna enorme protagonista al Mondiale di Usa ’94: le sue 5 reti spingono il Brasile al titolo iridato al termine di una finale al cardiopalma contro l’Italia risolta solo ai rigori.

2° Roberto Baggio (Italia, attaccante)
Con 17 reti in serie A porta la Juventus a soli tre punti dall’inarrivabile Milan e si prepara al meglio per Usa ’94 dove è una delle stelle annunciate. Nel girone delude, l’Italia avanza tra mille difficoltà, poi sale in cattedra: due gol alla Nigeria, rete decisiva alla Spagna, primo tempo sontuoso e altra doppietta alla Bulgaria in semifinale. Poi si fa male. La sua presenza in finale contro il Brasile è in dubbio, Baggio stringe i denti e gioca discretamente, seppur non in condizione. Ma nella lotteria conclusiva dal dischetto sbaglia l’ultimo rigore che dà l’iride ai verdeoro.

3° Paolo Maldini (Italia, difensore)
Ancora un’annata ad altissimi livelli per quello che è il più forte difensore del mondo senza tante discussioni: Maldini è protagonista del Milan che infila l’accoppiata Champions-campionato e in particolare disputa una finale superba da centrale difensivo, con i rossoneri che pagano numerose assenze, ma giocano una partita perfetta. Nel Mondiale è uno dei più brillanti della spedizione azzurra, che si conclude con un amaro argento. Peccato perché se ci sono nella storia due giocatori italiani che avrebbero meritato di vincere qualcosa in azzurro sono probabilmente proprio lui e Roberto Baggio. Due giganti.

Menzione d’onore: Hristo Stoičkov (Bulgaria, centravanti/attaccante)

1995: Jari Litmanen

1° JARI LITMANEN (Finlandia, attaccante)
Viene dalla Finlandia il crack offensivo dell’Ajax di van Gaal, squadra che per tre stagioni infiamma l’Europa con un calcio spettacolare e redditizio, basato su un 3-4-3 a triangoli sovrapposti altamente rivoluzionario. Litmanen è il perno della trequarti, sforna assist ma segna anche con enorme regolarità. Nel 1994-95 trascina l’Ajax all’accoppiata campionato-Champions League con 26 reti totali. All’epoca ha 24 anni, è uno dei primissimi calciatori al mondo e pare destinato a un futuro radioso. Ma nel giro di pochi anni, anche a causa di alcuni infortuni, la sua stella si eclisserà.

2° Frank Rijkaard (Olanda, centrocampista difensivo)
Forse il più grande centrocampista difensivo della storia, sicuramente uno dei più celebri e iconici. Fa grande l’Ajax a fine anni ’80, diventa una pedina insostituibile nel Milan di Sacchi e della nazionale olandese e nei primi anni ’90 raggiunge l’apice di rendimento disputando diverse grandi annate. La sua ultima, strepitosa, è il 1994-95. Il Milan lo pensa bollito e dopo la finale di Champions persa nel 1993 lo cede all’Ajax. Dove però per due stagioni sotto la guida di van Gaal gioca ad altissimi livelli. Nel 1994 arriva a segnare addirittura 10 gol in campionato e nel 1995, a 33 anni, è l’architrave della squadra che sale sul tetto d’Europa. In finale contro il Milan, sua ex squadra, Rijkaard si prende una sonora rivincita: è il migliore in campo e firma l’assist decisivo per la rete di Kluivert.

3° Alan Shearer (Inghilterra, centravanti)
Dopo Lineker l’Inghilterra scopre un altro favoloso cannoniere. Rapinatore d’area, fortissimo nel gioco aereo, con un tempismo perfetto, Alan Shearer è uno dei centravanti più forti degli anni ’90. Tre volte capocannoniere del campionato inglese, due della Coppa UEFA, re dei bomber dell’Europeo ’96, Shearer vive forse la sua annata più straordinaria nel 1994-95: arriva a realizzare ben 34 gol in campionato, è ovviamente il miglior marcatore della Premier League e trascina il Blackburn Rovers a un titolo che mancava dal 1915.

Menzione d’onore: Enzo Francescoli (Uruguay, centrocampista offensivo)

1996: Alessandro Del Piero

1° ALESSANDRO DEL PIERO (Italia, attaccante)
La Juventus torna sul tetto d’Europa e del mondo a distanza di 11 anni e lo fa nel segno di un 22enne che sembra destinato alla gloria massima. Si chiama Alessandro Del Piero, ha un talento cristallino, segna gol spesso straordinari e fino al 1998 – con il brasiliano Ronaldo – sembra una delle più fulgide promesse del nuovo millennio. Ma proprio nel 1998, dopo un Mondiale giocato malissimo, inizia il suo declino. Vivrà anni tormentati, tornerà a ottimi livelli, avrà una carriera longeva e diventerà un simbolo della Juve. Ma non toccherà più gli apici di fine anni ’90. Nel 1995-96 Del Piero guida la Juventus al successo in Champions con 6 reti e decide l’Intercontinentale, in una combattuta finale contro il River Plate con una prodezza nel finale.

2° Matthias Sammer (Germania, libero/difensore)
Se non primo, secondo. Perché nel 1996 – annata particolare, un po’ come il 1995 – è difficile far scendere il tedesco dal podio. Miglior giocatore della Bundesliga e campione di Germania con il Borussia Dortmund, miglior giocatore dell’Europeo e campione d’Europa con la nazionale tedesca. Non ha la classe di altri difensori che pure magari non si spingono così in alto in una singola annata, ma Sammer come detto fa valere un 1996 di valore eccellente e sfrutta anche una concorrenza poco agguerrita.

3° Alan Shearer (Inghilterra, centravanti)
Ancora capocannoniere della Premier League con 31 gol, anche se il Blackburn non riesce più a ripetere i fasti del 1995 e chiude settimo. A Euro ’96, che l’Inghilterra organizza in casa, realizza 5 reti ed è il miglior marcatore della competizione. Apre le danze anche nella sofferta semifinale contro i rivali storici della Germania, ma i tedeschi pareggiano e si impongono poi ai rigori.

Menzione d’onore: Jürgen Klinsmann (Germania, centravanti/attaccante)

1997: Ronaldo

1° RONALDO (Brasile, centravanti/attaccante)
Velocità sensazionale, tecnica, verticalità pura e istinto del gol. Sembra venuto dal futuro. Quando parte palla al piede non si può fermare. Ha tutto per salire nell’Olimpo calcistico e lo dimostra con una serie di annate da capogiro sul finire degli anni ’90. A 21 anni, nel 1997, si prende di forza e con pieno merito il Pallone d’Oro. Capocannoniere della Liga spagnola con 34 reti, conquista la Coppa delle Coppe con il Barcellona con 5 reti e segnando su rigore nella vittoriosa finale sul PSG. In estate passa all’Inter e si porta a casa da protagonista assoluto la Coppa América con il Brasile con altre 5 reti e il premio di miglior giocatore.

2° Roberto Carlos (Brasile, difensore)
Non solo attaccanti nel Brasile di fine anni ’90, squadra individualmente straordinaria. Oltre a Cafu, l’altra fascia è presidiata con grandissima autorevolezza da Roberto Carlos. Terzino di grande corsa, bravo anche in fase difensiva (nonostante i falsi miti) e un’arma totale quando attacca: cross al bacio e punizioni teleguidate. Inspiegabilmente ceduto dall’Inter, nel 1997 conquista la Liga spagnola con il Real, con il Brasile dà spettacolo nel Torneo amichevole di Francia (con un gol spettacolare su punizione con le tre dita del piede e il pallone che assume una traiettoria assurda) ed è tra i protagonisti del successo in Coppa América.

3° Zinédine Zidane (Francia, centrocampista offensivo)
Strappato dalla Juventus al Bordeaux, la Vecchia Signora spera di trovare in lui l’erede di Platini. Zidane ha caratteristiche diverse dall’illustre predecessore: non ha assolutamente la stessa capacità realizzativa (in carriera raggiungerà la doppia cifra dei gol segnati in campionato solo una volta), ma è spettacolare nel far girare la squadra e far lievitare il rendimento di chi gli sta attorno. A queste abbina un controllo di palla stupefacente e movenze uniche, elegantissime, degne di un ballerino. Nei momenti decisivi poi si erge di una spanna su tutti, anche se paradossalmente dove riuscirà a fare meno la differenza sotto questo aspetto è proprio in maglia Juve. Nel 1997 contribuisce allo scudetto bianconero con una grande stagione, delizia la platea anche in Champions, ma stecca la finale che la formazione di Marcello Lippi perde da favorita contro il Borussia Dortmund.

Menzione d’onore: Andreas Möller (Germania, centrocampista offensivo/attaccante)

1998: Zinédine Zidane

1° ZINÉDINE ZIDANE (Francia, centrocampista offensivo)
Ancora uno scudetto da protagonista in maglia Juve. E ancora una delusione nella finale di Champions League, con la formazione bianconera che di nuovo da favorita perde la finale contro il Real Madrid. Ma Zidane vive l’estate della gloria massima e guida la Francia per la prima volta nella sua storia al titolo mondiale, nella competizione organizzata in casa. Il fuoriclasse transalpino nel Mondiale sale di colpi strada facendo e nell’ultimo atto regola il Brasile nel 3-0 conclusivo con una doppietta straordinaria di testa.

2° Ronaldo (Brasile, centravanti/attaccante)
Il grande sconfitto nella notte di Saint-Denis. Ronaldo disputa un’altra annata super: 25 gol in serie A, 6 in Coppa UEFA con tanto di finale dominante contro la Lazio. E poi un Mondiale giocato a ottimi livelli, con il Brasile che vuole bissare il successo di quattro anni prima. Ma sul traguardo la squadra verdeoro si spegne. Ronaldo non è in condizioni di poter giocare: si scoprirà solo qualche ora dopo che prima della partita era stato vittima di un attacco epilettico. Un mistero che non viene mai chiarito e continua a rimanere tale ancora oggi. Fatto sta che però il vero Ronaldo finisce lì, complici anche diversi infortuni che nei mesi seguenti lo costringono a lunghi e ripetuti stop. Tornerà ancora ad alti livelli, ma non regalerà più il senso di onnipotenza mostrato nel biennio tra l’estate del 1996 e l’estate del 1998.

3° Davor Šuker (Croazia, centravanti)
Il centravanti croato del Real Madrid conquista la Champions e in estate contribuisce a spingere la Croazia oltre i suoi limiti al Mondiale francese: realizza 6 reti, è capocannoniere della competizione e porta la squadra balcanica a una storica medaglia di bronzo alle spalle di Francia e Brasile. È il punto più alto mai raggiunto in un Mondiale da una nazionale della ex Jugoslavia fino a quel momento.

Menzione d’onore: Dennis Bergkamp (Olanda, attaccante)

1999: Rivaldo

1° RIVALDO (Brasile, centrocampista offensivo/attaccante)
Nel ruolo, la risposta brasiliana a Zidane: movenze felpate, cambio di passo, forte nel gioco acrobatico, rispetto al francese è meno uomo-squadra ma segna di più. Come molti brasiliani non dura al vertice molti anni, ma a cavallo dei due secoli è senz’altro uno dei top mondiali. Nel 1998-99 si porta a casa la Liga spagnola con il Barcellona realizzando la bellezza di 24 reti ed è il principale protagonista del Brasile che rivince la Coppa América: 5 reti, doppietta in finale nel 3-0 all’Uruguay e titolo di miglior giocatore.

2° Ryan Giggs (Galles, ala)
Il Manchester United torna sul tetto d’Europa a distanza di 31 anni. Lo fa nel segno di Sir Alex Ferguson in panchina e di una generazione di giocatori cresciuti in casa o comunque ingaggiati a prezzi modici ancora da giovanissimi. Un po’ come era nella filosofia dei Busby Babes. Ci sono i due fratelli Neville, Butt, Beckham, che è il giocatore più iconico e l’uomo-immagine. Ma non il più forte, palma che va divisa tra Scholes e Giggs. Premiamo il gallese come simbolo della squadra, perché la sua Champions è di alto profilo, con 4 gol segnati (vice capocannoniere della squadra dietro a Yorke) e tante giocate di qualità. Lo United per altro non si limita a conquistare la Champions dopo una finale “pazza” contro il Bayern Monaco (sotto 1-0 al 90′, rimonta e vince nel recupero), ma aggiunge campionato inglese, FA Cup e Intercontinentale. E proprio nell’Intercontinentale, che i “rossi” vincono 1-0 sui brasiliani del Palmeiras, Giggs è grandissimo protagonista con il titolo di miglior giocatore della partita.

3° Andrij Ševčenko (Ucraina, centravanti/attaccante)
Il calcio post-sovietico scopre una nuova stella di assoluta grandezza. Si chiama Andrij Ševčenko e a 24 anni entra nel pantheon dei grandi a livello mondiale con una stagione superlativa nella Dinamo Kiev: alle 18 reti in campionato con tanto di vittoria finale aggiunge una Champions League eccezionale, con titolo di capocannoniere a quota 8 reti in coabitazione con Yorke e la semifinale raggiunta contro il Bayern Monaco.

Menzione d’onore: Gabriel Omar Batistuta (Argentina, centravanti)

2000: Zinédine Zidane

1° ZINÉDINE ZIDANE (Francia, centrocampista offensivo)
Secondo Pallone d’oro per il nuovo re del calcio transalpino e mondiale, stante le difficoltà fisiche di Ronaldo. Nel 1999-2000 Zidane sfiora il tricolore con la Juventus e conquista l’Europeo alla guida della Francia, mettendo in bacheca l’accoppiata storica con il Mondiale riuscita solo alla Germania Ovest 1972-1974. Zidane disputa una competizione di alto livello, è continuo e performante in ogni partita, segna reti pesanti (va in gol sia nei quarti con la Spagna sia in semifinale con il Portogallo) e nella finale contro l’Italia è ancora uno dei più brillanti.

2° Luís Figo (Portogallo, ala/centrocampista offensivo)
Dribbling, cross teleguidati e visione di gioco: Figo, il più grande calciatore portoghese dai tempi di Eusébio, si prende la scena internazionale a cavallo dei due secoli e nel 2000 è protagonista di una grandissima annata: secondo nella Liga con il Barcellona, disputa un campionato Europeo sontuoso spingendo il Portogallo fino in semifinale. In estate passa al Real Madrid, scatenando le ire dei tifosi blaugrana.

3° Francesco Totti (Italia, centrocampista offensivo/attaccante)
Per un Del Piero che vive anni di magra, l’Italia scopre un altro fulgido asso destinato a infiammare il nuovo secolo. Originario di Roma, Francesco Totti è un ”10” che sa segnare come un “9”, un trequartista di rara completezza, che abbina fisicità e tecnica da capogiro. Certi suoi gol sono perle da custodire negli annali. A 24 anni, dopo una buona annata nella Roma, diventa il leader dell’Italia allenata da Dino Zoff. Gioca come Figo e Zidane un Europeo eccezionale, segna un gol su cucchiaio in semifinale all’Olanda che diventa icona e in finale contro la Francia un suo colpo di tacco avvia l’azione del vantaggio italiano. Poi però gli azzurri vengono beffati in rimonta perdendo 2-1 ai supplementari.

Menzione d’onore: Raúl (Spagna, attaccante)

2001: Raúl

1° RAÚL (Spagna, attaccante)
Scaltro, rapido, tecnico. Bravo a segnare e far segnare. Tra le fine del ‘900 e l’inizio degli anni 2000 uno dei più forti al mondo senza discussioni. Simbolo e stella del Real Madrid che conquista tre Coppe dei Campioni in cinque stagioni, Raúl vive una delle sue annate migliori nel 2000-2001. Trascina il Real al titolo spagnolo con 24 reti e vince il titolo di capocannoniere del campionato. Si ripete in Champions con altri 7 gol e anche in quel caso la palma di re dei bomber, con il Real eliminato in semifinale dal Bayern Monaco futuro vincitore. Per Raúl un’annata complessiva da 32 reti, il suo massimo in carriera.

2° Michael Owen (Liverpool, centravanti/attaccante)
Stagione da 24 reti per il 22enne attaccante inglese, giocatore che all’inizio della sua carriera sembra destinato alle vette più alte, ma poi si perde anche a causa di numerosi infortuni. Nel 2000-2001 conquista la Coppa UEFA con il Liverpool, competizione dove realizza 4 reti, la FA Cup, la Coppa di Lega e la Supercoppa Europea contro il Bayern.

3° Oliver Kahn (Germania, portiere)
Con Schmeichel e Buffon uno dei grandi del ruolo a cavallo dei due secoli. Icona e condottiero del Bayern Monaco, le sue parate sono decisive per riportare i tedeschi sul trono d’Europa a distanza di 25 anni e due dopo la beffa subita dal Manchester United. Nella finale contro il Valencia, vinta ai rigori, lui è determinante con i penalty parati a Zahovic, Carboni e Pellegrino. Per Kahn e il Bayern una stagione ricca di trionfi, con la Bundesliga e l’Intercontinentale.

Menzione d’onore: Zinédine Zidane (Francia, centrocampista offensivo)

2002: Ronaldo

1° RONALDO (Brasile, centravanti)
Dopo alcune annate sotto tono per i problemi fisici, il “Fenomeno” brasiliano torna sulla cresta dell’onda e si porta a casa di forza il Mondiale 2002. Alla guida di un Brasile che abbina solidità, forza e qualità, Ronaldo realizza 8 reti nella competizione iridata e due nella finale contro la Germania. È l’uomo in più, ma rispetto al Ronaldo pre-98 è un giocatore diverso: non più un attaccante imprendibile e scattante, capace di accendersi e partire quasi da ogni posizione del pentagramma offensivo, ma un centravanti più statico e puro, un finalizzatore che conclude le azioni preparate da altri. Magari non si vede per larghi tratti, ma al momento giusto piazza la giocata risolutiva. Ronaldo conclude l’estate della sua rinascita con il discusso passaggio dall’Inter al Real Madrid.

2° Roberto Carlos (Brasile, difensore)
Nel Brasile che conquista più di sciabola che di fioretto il suo 5° titolo mondiale in Giappone e Corea del Sud, una parte decisiva è recitata anche dai due straordinari terzini: Cafu da una parte e Roberto Carlos dall’altra. Ancora una volta il mancino del Real è Pallone d’argento dopo un’annata incredibile che lo vede vincere anche la Champions (con l’assist decisivo per la stupenda rete di Zidane nella finale contro il Bayer Leverkusen), la Supercoppa Europa e l’Intercontinentale.

3° Oliver Kahn (Germania, portiere)
Un nuovo terzo posto per il portiere, che si porta a casa la Bundesliga con il Bayern Monaco ed è assoluto protagonista al Mondiale nippo-coreano: i suoi interventi straordinari tengono in piedi una Germania non irresistibile e chiamata a un non semplice ricambio generazionale e la trascinano addirittura in finale. Dove a fare la differenza in negativo per i tedeschi è però un suo clamoroso errore sul primo gol di Ronaldo. Una “papera” che macchia una Coppa del mondo sin lì da Superman per Kahn.

Menzione d’onore: Zinédine Zidane (Francia, centrocampista offensivo)

2003: Pavel Nedvěd

1° PAVEL NEDVĚD (Repubblica Ceca, centrocampista offensivo)
Esploso nell’Europeo 1996, fa grande prima la Lazio e poi la Juventus. Arriva in bianconero per sostituire Zidane (passato al Real Madrid) e non lo fa rimpiangere. Tocca il suo apice nel 2002-2003: è il protagonista assoluto sia dello scudetto juventino sia della straordinaria cavalcata che riporta la “Vecchia Signora” in finale di Champions League. A rimanere scolpita nella memoria è soprattutto la vittoria per 3-1 sul Real nella semifinale di ritorno, con un Nedvěd principesco. Peccato che nei minuti finali un’evitabile ammonizione lo porti alla squalifica e gli pregiudichi la possibilità di giocare la finale contro il Milan, che poi ai rigori vince la Coppa.

2° Paolo Maldini (Italia, difensore)
Inaspettato, ma straordinario. Molti danno per Maldini finito e declinante quando al Mondiale 2002 si fa “uccellare” dal coreano Ahn nella partita che agli ottavi segna per l’Italia un’atroce e imprevista eliminazione. Ma Paolo, da capitano e giocatore di straordinaria professionalità, torna a livelli pazzeschi dalla stagione seguente (2002-2003 appunto) rimanendo al top fino al 2007. Non più da terzino sinistro, bensì da centrale difensivo in coppia con Alessandro Nesta. Un duo straordinario che costituisce la base su cui l’allenatore Carlo Ancelotti edifica un nuovo ciclo di vittorie, tra cui spiccano uno scudetto e due Champions League. Quella del 2003 è la più bella: Maldini, che corona un’annata giocata a livelli sensazionali, solleva al cielo di Wembley la Coppa da capitano, 50 anni dopo suo papà Cesare che nello stesso stadio l’aveva vinta contro il Benfica.

3° Carlos Tévez (Argentina, centravanti/attaccante)
Voliamo in Sudamerica per trovare il nuovo fenomeno del calcio sudamericano. Ha 19 anni, ha la tecnica di una seconda punta e l’istinto predatorio del gol del centravanti, un po’ Romário e un po’ Raúl. Nel Boca Juniors degli anni 2000, forse l’ultima vera formazione top del calcio del subcontinente prima che la Bosman porti via l’oro dal Sudamerica, Tévez è la stella indiscussa. Nel 2003 il giovane Carlitos conquista da protagonista il campionato argentino, la Coppa Libertadores (con premio di miglior giocatore) e l’Intercontinentale in finale contro il Milan.

Menzione d’onore: Zinédine Zidane (Francia, centrocampista offensivo)

2004: Andrij Ševčenko

1° ANDRIJ ŠEVČENKO (Ucraina, centravanti/attaccante)
Ancora un giocatore dell’Est Europa sul gradino più alto: l’ucraino del Milan Andrij Ševčenko, centravanti o seconda punta verticale, dotato di gol e velocità devastanti. In rossonero è una macchina da reti letale fino al 2006 e nel 2003-2004 tocca l’apice con 24 gol che lo portano al titolo di capocannoniere della serie A e allo scudetto con i rossoneri. In maglia Milan vince anche una Champions, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana e una Supercoppa europea.

2° Deco (Portogallo, centrocampista offensivo)
Nell’era che fa da trait d’union tra Figo&Rui Costa e il nuovo fenomeno Cristiano Ronaldo, il Portogallo porta alla ribalta il centrocampista offensivo Deco, brasiliano naturalizzato. Giocatore raffinato, tecnico ed elegante, bravo sia da volante sia da “10” classico, è la stella del Porto che nel 2003-2004 conquista il campionato e soprattutto la Champions League, dopo il 3-0 al Monaco in una finale sorprendente. In estate passa al Barcellona e contribuisce a portare il Portogallo alla finale del Campionato Europeo, dove però i lusitani padroni di casa vengono sorprendentemente sconfitti dalla rivelazione Grecia.

3° Thierry Henry (Francia, centravanti/attaccante)
Piedi al miele, velocità innata e tiro mortifero. Cresciuto nel Monaco, con la nazionale francese vince il Mondiale da riserva e l’Europeo 2000 con 3 reti. Non compreso in Italia, va in Inghilterra e diventa grande con la maglia dell’Arsenal, che guida a due campionati inglesi e tre FA Cup. Nel 2003-2004 segna la bellezza di 30 gol in campionato (con tanto di titolo di capocannoniere) che portano l’Arsenal al trionfo interno.

Menzione d’onore: Ronaldinho (Brasile, centrocampista offensivo/attaccante)

2005: Ronaldinho

1° RONALDINHO (Brasile, centrocampista offensivo/attaccante)
Gioca, dribbla, incanta, diverte, si diverte, sorride. E vederlo giocare è uno spettacolo, un’emozione che non lascia indifferenti. Con la palla ai piedi è capace di qualsiasi magia. E poi ha fisicità, dote indispensabile nel calcio ipervitaminico del nuovo millennio. Ed è concreto perché segna pure parecchio. Ha tutto per diventare il nuovo crack del calcio mondiale, destinato alla gloria massima. Ma la testa non è quella giusta e così dopo alcune annate da urlo inizia il declino. Certo, in quelle poche stagioni giocate ad alto livello, nessuno è al suo livello. Con il Brasile vince tutto (Coppa América 1999, Mondiale 2002), con il Barcellona si prende due scudetti e la Champions, a fine carriera nell’Atletico Mineiro aggiunge Libertadores e Intercontinentale. Nel 2004-2005 è il protagonista assoluto del titolo spagnolo vinto dal Barcellona e chiude l’anno con due reti meravigliose al Real Madrid nel 3-0 blaugrana al Bernabéu.

2° Steven Gerrard (Inghilterra, centrocampista)
Leader e icona del Liverpool, con cui conquista a sorpresa la Champions League al termine di un’epica rimonta: nella finale contro il favoritissimo Milan, i Reds vanno sotto 3-0 al termine del primo tempo, ma confezionano un capolavoro, 3-3 e successo ai rigori. Gerrard – eletto miglior giocatore della competizione – avvia la rimonta più incredibile nella storia delle finali di Coppa dei Campioni con una rete e uno spirito combattivo senza eguali. Centrocampista versatile e dinamico, ha grandi capacità di recupero, potenza nelle incursioni senza palla, tiro micidiale dalla lunga distanza.

3° Frank Lampard (Inghilterra, centrocampista)
Centrocampista potente, dinamico, tecnico, un vero e proprio box-to-box. È il motore e la stella del Chelsea che nel 2004-2005 conquista la Premier League, la Coppa di Lega e la Supercoppa d’Inghilterra. Segna 13 gol in campionato, 19 in totale, sfiora la finale di Champions League (Chelsea eliminato dal Liverpool in una semifinale tutta inglese) e viene proclamato giocatore inglese dell’anno.

Menzione d’onore: Carlos Tévez (Argentina, centravanti/attaccante)

2006: Gianluigi Buffon

1° GIANLUIGI BUFFON (Italia, portiere)
A distanza di 77 anni, dai tempi del “Divino” Zamora, un altro portiere torna al primo posto. È il 28enne Gianluigi Buffon. Talento naturale clamoroso, ma anche longevità pazzesca, si pone nel solco della tradizione italiana come erede del grande Dino Zoff. Rispetto al predecessore concede qualcosa sul piano del senso della posizione ma è superiore probabilmente come istinto e riflessi (anche se neppure Zoff scherzava). Buffon è sicuramente uno dei più grandi portieri della storia e si consacra definitivamente nel 2006 quando le sue parate sono fondamentali per spingere l’Italia a un inatteso titolo mondiale in Germania, 24 anni dopo quello vinto da Zoff in Spagna… Per Buffon nel 2006 anche lo scudetto in maglia Juventus poi revocato per i fatti di Calciopoli.

2° Fabio Cannavaro (Italia, difensore)
L’Italia è terra di grandi portieri e grandi difensori e la conferma arriva dal Mondiale 2006: a fare la differenza per la vittoria finale degli azzurri non è tanto la prima linea, ma la retroguardia. In mezzo ai vari Buffon, Zambrotta, Grosso, Materazzi, Pirlo e Gattuso (tutti eccezionali), il migliore nella spedizione italiana è Cannavaro, che disputa un campionato del mondo praticamente perfetto in ogni intervento.

3° Thierry Henry (Francia, centravanti/attaccante)
Stagione da grande protagonista su tutta la linea per l’attaccante francese, che però resta a secco di trofei: segna 27 reti in Premier League laureandosi per la quarta volta capocannoniere, 5 in Champions dove però il suo Arsenal perde la finale contro il Barcellona. Al Mondiale Henry segue la scia di un monumentale Zidane (all’ultima dirompente competizione giocata in carriera) e giunge alla finale con la Francia, ma i Blues vengono sconfitti ai rigori dall’Italia.

Menzione d’onore: Zinédine Zidane (Francia, centrocampista offensivo)

2007: Kaká

1° KAKÁ (Brasile, centrocampista offensivo)
Non solo Ronaldinho: nel Brasile di inizio millennio c’è un altro straordinario giocatore che per alcuni anni si esprime ai massimi livelli. È Kaká, che il Milan strappa al San Paolo nel 2003. In rossonero diventa subito una delle stelle della formazione di Ancelotti e al primo colpo conquista lo scudetto. Il 2006-2007 lo vede al punto più alto della carriera: a 25 anni Kaká trascina il Milan al successo in Champions League, quattro anni dopo Wembley e due dopo la clamorosa rimonta subita dal Liverpool a Istanbul. Il brasiliano realizza 10 gol nella competizione, si laurea capocannoniere e nella finale-rivincita con il Liverpool ad Atene firma un assist per il gol decisivo di Inzaghi. E a fine anno si porta a casa anche il Mondiale per club, erede della vecchia Intercontinentale.

2° Cristiano Ronaldo (Portogallo, ala/attaccante)
Alex Ferguson, tecnico del Manchester United, lo ha catturato dallo Sporting Lisbona, in Portogallo, intenzionato a farne un grandissimo. Ala a tutta fascia, eccellente nei cross ma anche nelle progressioni palla al piede, punta la porta e segna molto. È l’erede dei grandi “7” della storia dei Red Devils, da Best a Cantona. Nel 2006-2007 Cristiano Ronaldo conquista il campionato inglese con 17 reti e si ferma a un passo dalla finale di Champions League, che lo United perde contro il Milan.

3° Clarence Seedorf (Olanda, centrocampista/centrocampista offensivo)
Disputa una Champions League superba, dividendo con Kaká la palma di leader del Milan nei momenti chiave, e chiude la stagione con un bottino totale di 10 reti. Versatilità, classe, visione di gioco e straordinaria mentalità vincente: in carriera conquista 4 volte la Champions con 3 squadre diverse.

Menzione d’onore: Andrea Pirlo (Italia, centrocampista)

2008: Cristiano Ronaldo

1° CRISTIANO RONALDO (Portogallo, ala/attaccante)
Un po’ ala e un po’ attaccante, CR7 si consacra definitivamente nel 2007-2008 trascinando il Manchester United sul tetto d’Europa e del mondo. La sua stagione è superba: 31 gol in campionato che valgono a lui il titolo di re dei bomber della Premier League e al Manchester lo scudetto; 8 reti in Champions e anche in questo caso è il miglior marcatore. In finale contro il Chelsea segna un gol, sbaglia il rigore nella lotteria finale, ma riesce comunque a portarsi a casa il trofeo. A Euro 2008 con il suo Portogallo gioca una grande prima fase, ma esce da favorito nei quarti contro la Germania. A 23 anni sembra destinato a una grandissima carriera.

2° Fernando Torres (Spagna, centravanti)
La Spagna conquista il secondo alloro continentale della sua storia, 44 anni dopo il primo, nel segno di un centravanti di grandi qualità e dal grande potenziale. Si chiama Fernando Torres, ha 24 anni, gioca nel Liverpool con cui ha realizzato 24 reti in campionato e 6 in Champions, fermandosi in semifinale contro il Chelsea. All’Europeo 2008 segna “solo” 2 gol, ma il secondo è quello decisivo, in finale contro la Germania, per dare il titolo alle Furie Rosse.

Xavi Hernández (Spagna, centrocampista)
Faro della nazionale spagnola, metronomo di classe superiore, perfetto nel senso della posizione e nei tocchi rapidi e corti, Xavi diventa il vessillo del modo di giocare della Spagna e del Barcellona, il famoso tiki-taka. Con lui in plancia di comando, il possesso palla può arrivare a sfiorare percentuali bulgare. Ottima annata nel Barça ed Europeo eccezionale: viene eletto miglior giocatore della manifestazione.

Menzione d’onore: Lionel Messi (Argentina, attaccante)

2009: Lionel Messi

1° LIONEL MESSI (Argentina, attaccante)
Molti parlano di lui come erede di Maradona: il tocco di palla, il controllo, la velocità palla al piede, la fantasia fanno pensare effettivamente al Diego degli anni argentini, tutto scatti, energia e classe. Messi a 22 anni lancia la sfida a Cristiano Ronaldo – un duello destinato a infiammare il decennio successivo – e si porta a casa tutto. Sei trofei in una stagione, un record: campionato spagnolo con il Barcellona, Coppa di Spagna, Supercoppa spagnola, Champions League, Supercoppa Europea e Mondiale per Club. Messi vince la sfida diretta con Cristiano, nella finale di Roma il suo Barcellona batte 2-0 con pieno merito il Manchester United campione in carica e Leo segna uno stupendo gol di testa. Per Messi 23 reti in Liga, 9 in Champions e titolo di capocannoniere. A guidare quel meraviglioso Barcellona in panchina c’è il debuttante Pep Guardiola, che del Barça era stato un grande pilastro da giocatore e da tecnico propone l’idea di un calcio palla a terra, infarcito di passaggi corti e movimenti senza palla (il tiki-taka), un calcio che ridefinisce totalmente i principi di gioco sconvolgendo il mondo.

Xavi Hernández (Spagna, centrocampista)
Messi a parte, quel Barcellona ha altri due cardini insostituibili: i centrocampisti Xavi e Iniesta. Il primo, in particolare, è il regista e il motore del gioco. E quando Xavi gira a pieni giri, il Barcellona non ha rivali e non conosce ostacoli, schianta qualsiasi avversario sul piano del ritmo, dell’intensità tattica e della qualità palla a terra. Stagione superba per lui e Champions maiuscola. Nella finale contro il Manchester è il migliore in campo. Non sbaglia una palla e serve l’assist per il bis di Messi con un cross teleguidato.

3° Samuel Eto’o (Camerun, centravanti)
Il Barcellona cala il tris e piazza un altro uomo sul podio: non potrebbe essere altrimenti visto che la squadra di Guardiola vince tutto. Eto’o è il cannoniere principe, un felino che si muove nell’ombra e azzanna alla giugulare i difensori avversari, un attaccante di grandissima intelligenza tattica e abilissimo a finalizzare. Nel 2008-09 realizza 30 reti in campionato e 6 in Champions, di cui l’ultima in finale, quella dell’1-0 che spegne l’inizio veemente del Manchester United e dà il là al trionfo del Barça.

Menzione d’onore: Cristiano Ronaldo (Portogallo, ala/attaccante)

2010: Xavi Hernández

1° XAVI HERNÁNDEZ (Spagna, centrocampista)
Dopo un terzo e un secondo posto, il centrocampista spagnolo a 30 anni sale sul gradino più alto. Lo fa nell’anno in cui trascina la Spagna al primo titolo mondiale della sua storia, bissando così l’alloro europeo del 2008. A cavallo dei due decenni Xavi diventa una sorta di Re Mida pallonaro, qualsiasi cosa tocchino i suoi piedi al miele e il suo cervello (capace semplicemente di vedere “oltre“) diventa oro. Con il Barcellona dà a lungo spettacolo in Champions, ma i blaugrana vengono superati in semifinale dall’Inter di Mourinho futura vincitrice. Nonostante questo, Xavi è forse il più brillante della squadra. Il suo Mondiale è da applausi, la semifinale con la Germania in particolare è un capolavoro tecnico e tattico, un concentrato di scienza calcistica. Ottima anche la finale, dove lavora ai fianchi la difesa olandese, prima della zampata del “gemello” Iniesta nei supplementari.

2° Andrés Iniesta (Spagna, centrocampista/centrocampista offensivo)
Meno cerebrale di Xavi, ma più creativo, è il terzo grande crack del Barcellona dei fenomeni di Guardiola. Giocatore elegante, raffinato, tecnico, con la palla ai piedi dipinge magie a getto continuo. Vive un’annata 2009-2010 non semplicissima, ma emerge nel momento clou. Al Mondiale con la Spagna sale di colpi strada facendo e piazza l’acuto nel giorno più importante, in finale, timbrando il gol decisivo al termine di una partita giocata meravigliosamente.

3° Wesley Sneijder (Olanda, centrocampista offensivo)
Strappato dall’Inter al Real Madrid, Mourinho ne fa il cardine dei nerazzurri tra le linee, l’uomo deputato all’ultimo passaggio, e il 26enne olandese ripaga l’allenatore con una stagione da capogiro. L’Inter vince il Triplete (campionato, coppa nazionale, Champions League) e Sneijder è uno dei grandi protagonisti, sempre al posto giusto nel momento giusto. In estate porta l’Olanda a un passo dal titolo mondiale con 5 reti e giocate di classe, ma la nazionale orange si arrende in finale alla Spagna. L’arrivo del Pallone d’oro 2010 è davvero una volata a tre: sia i due spagnoli sia Sneijder avrebbero meritato la vittoria. La scelta è questione di dettagli.

Menzione d’onore: Diego Milito (Argentina, centravanti)

2011: Lionel Messi

1° LIONEL MESSI (Argentina, attaccante)
Messi si riprende lo scettro dopo un’annata nel Barcellona clamorosa: rivince la Liga toccando quota 31 gol e in Champions ne mette 12, capocannoniere del torneo, salendo di livello nel momento clou e trascinando il Barcellona al trionfo. Nella semifinale contro gli storici rivali del Real Madrid, potenziati dall’arrivo di Cristiano Ronaldo, Leo nella partita di andata si prende la scena con un gol magistrale in cui scarta mezza difesa merengue. In finale contro il Manchester United disputa una partita superba, con un gol e una miriade di giocate sensazionali. Chiude il cerchio con il Mondiale per Club, con i blaugrana che demoliscono 4-0 il Santos dell’astro nascente Neymar e Messi autore di una doppietta. Peccato solo che brilli poco in Coppa América, con l’Argentina eliminata ai quarti di finale dall’Uruguay futuro campione.

2° Xavi Hernández (Spagna, centrocampista)
Ancora un podio per il fuoriclasse spagnolo, che si conferma il miglior centrocampista del mondo e domina in tutti i momenti più importanti. Se il Barcellona di Guardiola riesce a toccare il suo apice in termini di estetica ed efficacia il merito è della sua straordinaria regia, dei suoi tocchi perfetti e mai banali, della sua superiore visione di gioco nello stretto. Se Xavi gira al massimo, il Barcellona gira al massimo.

3° Cristiano Ronaldo (Portogallo, attaccante)
Segna 40 reti in Liga, vincendo la classifica dei marcatori, giunge fino in semifinale di Coppa Campioni e strappa al Barcellona la Coppa del Re decidendo la finale con un gol di testa. È un fuoriclasse straordinario con numeri straordinari, ma contro il super Barcellona di Guardiola deve accontentarsi. Rispetto all’ala funambolica di Manchester, il Cristiano che giunge al Real punta di più la porta e gioca maggiormente da attaccante, bravo a partire laterale per accentrarsi e fiondarsi nello spazio, sfruttando i movimenti del centravanti di turno.

Menzione d’onore: Andrés Iniesta (Spagna, centrocampista/centrocampista offensivo)

2012: Lionel Messi

1° LIONEL MESSI (Argentina, attaccante)
L’anno dei record. Messi tocca nel solo 2012 quota 91 reti! Una cifra impressionante, più di quanto molti attaccanti sono in grado di segnare in tutta la carriera. Il giocatore argentino con questo primato che supera gli 85 gol di Gerd Müller del 1972 entra nella storia a caratteri cubitali. Il paradosso è che è un anno avaro di soddisfazioni per Leo, che vince il titolo di miglior marcatore della Liga con 50 reti e della Champions con 14, ma non riesce a portare a casa alcun trofeo di squadra. A 25 anni è al terzo Pallone d’oro, risultato che lo porta al livello di diversi giganti del calcio, Scarone, Meazza, Cruijff, Platini e van Basten.

2° Cristiano Ronaldo (Portogallo, attaccante)
Solo la presenza di un assoluto mostro come Messi riesce a far passare in secondo piano le performance straordinarie del 27enne attaccante del Real: 46 gol nel campionato spagnolo, che valgono ai blancos la conquista del titolo dopo un appassionante duello con il Barcellona. Un totale di 66 reti nell’anno e un Europeo con il Portogallo giocato ottimamente: CR7 segna tre reti nella competizione, ma i lusitani si arrendono in semifinale ai rigori alla Spagna futura campione.

3° Andrés Iniesta (Spagna, centrocampista/centrocampista offensivo)
Altra annata magica per l’ “Illusionista”, che dopo aver regalato le solite magie nel Barcellona, fermato solo dal Chelsea in semifinale dopo due semifinali tirate, conquista da protagonista assoluto il campionato Europeo con la Spagna. Per gli iberici è un momento storico: nessuno prima di loro è riuscito a conquistare in sequenza Europeo-Mondiale-Europeo. Iniesta disputa un torneo stratosferico, viene eletto miglior giocatore e in finale contro l’Italia (4-0) dà spettacolo in coppia con il gemello inseparabile Xavi.

Menzione d’onore: Andrea Pirlo (Italia, centrocampista)

2013: Arjen Robben

1° ARJEN ROBBEN (Olanda, ala/attaccante)
Nel Bayern Monaco che conquista tutto (scudetto, coppa nazionale e Champions League) ponendosi sul piano del gioco come erede del meraviglioso Barcellona di Guardiola, lui è la stella più lucente. Un po’ fragile fisicamente, ma dotatissimo sul piano tecnico, con un dribbling sontuoso e un cambio di marcia impressionante, Robben se sta bene è difficilmente fermabile. La sua Champions è ricca di grandi momenti, dalla doppia semifinale dominata contro il Barcellona (4-0 all’andata e 3-0 al ritorno) alla finale tutta tedesca con il Borussia Dortmund, decisa da una sua rete nel finale.

2° Frank Ribery (Francia, ala/centrocampista offensivo)
Robben da una parte, Ribery dall’altra: l’asse franco-olandese è il perno su cui il Bayern di Heynckes edifica una stagione memorabile. Tecnica da capogiro e numeri di classe sopraffina, Ribery delizia il pubblico di Monaco con numeri da applausi. È grande protagonista lungo tutta la cavalcata europea dei bavaresi e si porta a casa anche il titolo di miglior giocatore nel Mondiale per club che il Bayern – passato dall’estate 2013 nelle abili mani di Guardiola – si porta a casa dopo la finale vinta 2-0 contro i marocchini del Raja Casablanca.

3° Robert Lewandowski (Polonia, centravanti)
C’è tanta Bundesliga nell’elenco dei migliori. Perché oltre al Bayern, i primi anni ’10 del XXI° secolo vedono tornare all’apice il Borussia Dortmund di Jürgen Klopp. Sotto la guida del tecnico tedesco, i gialloneri vincono due volte il campionato e nel 2013 si spingono a un passo dal successo in Champions. Ma in finale devono arrendersi 2-1 alla superiorità del Bayern. A trascinare il Borussia è il 25enne centravanti polacco, prima punta abilissima nei movimenti senza palla, di ottima tecnica e dall’innato fiuto per il gol. Segna 24 reti in campionato e 10 in Champions: il suo poker che disintegra il Real Madrid in semifinale resta una pietra miliare nella sua carriera e nella storia della più prestigiosa competizione europea per club.

Menzione d’onore: Cristiano Ronaldo (Portogallo, attaccante)

2014: Manuel Neuer

1° MANUEL NEUER (Germania, portiere)
Dopo Zamora e otto anni dopo Buffon, un altro portiere arriva sul gradino più alto. Non un portiere qualsiasi, ma un gigante destinato a rivoluzionare per sempre i canoni del ruolo. Il portiere non più come ultimo baluardo, ma come primo regista del gioco, con piedi da mezzala e visione di gioco da regista. Neuer ha un senso della posizione impeccabile, riflessi prodigiosi e para con qualsiasi parte del corpo. Ma non è solo questo: quando sta bene funge da regista arretrato e il suo modo di giocare condiziona negli ultimi anni tutti gli altri estremi difensori del mondo. Nel 2013-14, oltre a vincere la Bundesliga con il Bayern, conquista da protagonista assoluto il campionato mondiale con la Germania, il quarto della nazionale tedesca della sua storia. La stella assoluta, prima di tutti gli altri, è lui. Lui che gioca una partita con l’Algeria negli ottavi quasi da centrocampista, lui che contro la Francia nei quarti compie una parata eccezionale, lui che cambia per sempre le coordinate del ruolo.

2° Ángel Di María (Argentina, ala)
Tecnica, tiro mortifero e grande incidenza nei momenti topici: la stagione 2013-14 di Di María è eccezionale. Prima trascina il Real Madrid alla vittoria in Champions League, giocando una finale contro l’Atletico Madrid (vittoria per 4-1 nei supplementari) irreale, da migliore in campo. Poi al Mondiale brasiliano regala spettacolo: è il più continuo dell’Argentina e forse non casualmente fino a quando lui è in campo (si infortuna nei quarti contro il Belgio) si vede anche il miglior Messi mai ammirato in una competizione internazionale con la camiseta albiceleste.

3° Arjen Robben (Olanda, ala/attaccante)
Altra annata eccellente per l’esterno olandese: 21 reti totali nel Bayern, record di realizzazioni, e un Mondiale giocato ottimamente: demolisce la Spagna campione in carica nel girone per 5-1 nella rivincita mondiale di quattro anni prima ed estromette la formazione iberica dal torneo, poi guida l’Olanda fino alla semifinale. Ma la nazionale orange si arrende ai rigori all’Argentina, poi sconfitta in finale dalla Germania. Robben si consola con il terzo posto finale ai danni dei padroni di casa del Brasile.

Menzione d’onore: Cristiano Ronaldo (Portogallo, attaccante)

2015: Lionel Messi

1° LIONEL MESSI (Argentina, attaccante)
A 28 anni il fuoriclasse del Barcellona conquista il quarto Pallone d’oro del nostro giochino, affiancandosi a icone planetarie come i connazionali Di Stéfano e Maradona e l’ungherese Puskás. Il 2014-15 di Messi è a dir poco sensazionale: 58 reti in 57 partite, 43 in campionato, 10 in Champions con titolo di capocannoniere al fianco del compagno Neymar e di Cristiano Ronaldo. Ma sono ovviamente soprattutto i successi di squadra a portare Leo al gradino più alto. Per lui è un altro Treble, con il successo nella Liga, nella Coppa del Re e in Champions. Dove è monumentale soprattutto la sua doppietta al Bayern Monaco nell’andata delle semifinali. A fine anno Messi conquista anche l’Intercontinentale. Brilla meno (e non è la prima volta) con la nazionale, con la sua Argentina sconfitta nella finale di Coppa América dal Cile ai rigori.

2° Neymar (Brasile, attaccante)
Accanto a Messi il Barcellona propone un altro potenziale fenomeno, grandissimo protagonista dell’annata d’oro dei blaugrana con un bottino complessivo di 39 gol, di cui uno nella finale di Champions League contro la Juventus. A 23 anni Neymar è per molti il prossimo crack pronto a prendere in mano lo scettro di Messi e Cristiano Ronaldo. Non sarà così. Troppa incostanza e troppi passaggi a vuoto per il brasiliano, che palesa comunque una tecnica da capogiro e quando è in giornata è difficile da contenere.

3° Cristiano Ronaldo (Portogallo, attaccante)
Il 2014-15 è l’annata più prolifica per lui in maglia Real con 61 reti totali, una in più del 2011-12. Ma CR7 trova sulla sua strada nuovamente un super Barcellona, meno cinetico di quello di Guardiola ma ugualmente formidabile con il tridente dei sogni Messi-Suárez-Neymar a farla da padrone. CR7 deve accontentarsi di vincere la classifica marcatori della Liga con 48 reti e dividere la palma di re dei bomber in Champions proprio con Messi e Neymar.

Menzione d’onore: Arturo Vidal (Cile, centrocampista)

2016: Cristiano Ronaldo

1° CRISTIANO RONALDO (Portogallo, attaccante)
A 31 anni, otto dopo Manchester, l’attaccante portoghese che è sempre meno un’ala e sempre più un finalizzatore vive una stagione portentosa. È grande protagonista del Real Madrid che vince la Champions ai rigori sui rivali dell’Atletico Madrid (CR7 realizza il penalty decisivo nella lotteria finale) e in estate conquista con il Portogallo il primo campionato europeo della sua storia. Un successo inatteso, con il Portogallo che fatica molto nella fase iniziale, ma poi cresce con il passare delle partite. Cristiano a dire il vero viaggia a ondate, con 3 gol ma anche alcuni passaggi a vuoto. Come prestazioni individuali forse era stato più brillante nel 2012. Ma a conti fatti il suo lo fa, anche se nella finale vinta ai supplementari contro i padroni di casa della Francia si fa male quasi subito ed è costretto a uscire. A fine anno la ciliegina è il successo nella Coppa del mondo per club, erede della vecchia Intercontinentale.

2° Gareth Bale (Galles, ala/attaccante)
Dinamismo, fondo atletico e gol pesanti: Bale è una delle grandi stelle del super Real Madrid plasmato da Zidane che torna sul tetto d’Europa. Dà un grande contributo alla stagione dei blancos timbrando 19 reti in campionato e disputando alcune partite eccellenti in Champions. In estate è l’icona del Galles che contro ogni pronostico si inerpica fino alle semifinali dell’Europeo. La squadra britannica si arrende però in semifinale al Portogallo di CR7 dopo che nei quarti aveva clamorosamente eliminato il Belgio, una delle favorite.

3° Antoine Griezmann (Francia, attaccante)
Un’annata da “eterno secondo” per il furetto francese dell’Atletico Madrid, che porta i Colchoneros a un passo dal trionfo in Champions e la Francia al secondo posto europeo dopo la sconfitta in finale contro il Portogallo. Griezmann disputa un’annata ottima (all’Europeo segna per altro 5 reti e viene votato miglior giocatore della manifestazione), ma stecca nei momenti chiave.

Menzione d’onore: Luis Suárez (Uruguay, centravanti)

2017: Cristiano Ronaldo

1° CRISTIANO RONALDO (Portogallo, attaccante)
Prima di contarli, i gol vanno pesati. È per questo che il 2017 è l’anno più eccezionale nella carriera di Cristiano Ronaldo. Perché mai come in questa stagione le sue reti e le sue prestazioni sono pesanti per portare il Real a una storica accoppiata campionato-Champions League. Per i blancos è il 3° titolo europeo in 4 stagioni, un dominio che fa tornare con la mente al quinquennio d’oro 1955/1960. Per il fenomeno portoghese è la 5ª Champions in carriera, la più dominante, con 10 gol (!) nelle ultime 5 partite dai quarti in poi, tra cui la doppietta risolutiva che nell’ultimo atto schianta la Juventus. CR7 si porta a casa con disumano distacco sulla concorrenza il terzo Pallone d’oro della carriera ed entra nel novero dei giganti del calcio.

2° Luka Modrić (Croazia, centrocampista/centrocampista offensivo)
Nel Real di CR7, il secondo violino è lui. Intelligenza ed eleganza, visione di gioco e assist al bacio, giocatore dalla clamorosa mentalità vincente e capace di regalare magie in serie in un fazzoletto. Appartiene alla stessa pasta di Xavi, Iniesta e Pirlo, quattro centrocampisti di livello superiore che incantano il pianeta nei primi 20 anni del XXI° secolo. Modrić disputa un’annata superba in termini di prestazioni e incidenza nei momenti topici, compresa la fantastica finale vinta dal Real sulla Juventus.

3° Gianluigi Buffon (Italia, portiere)
A 11 anni dal Pallone d’oro 2006, il portierone italiano torna ai vertici, issandosi al terzo posto del nostro Pallone d’oro 2017. Lo fa pur con 39 primavere sulle spalle, ma al termine di una stagione magistrale. Le sue parate, la sua calma serafica nel gestire le situazioni più intricate, la sua leadership sono il collante che consentono alla Juve di vincere scudetto, Coppa Italia e arrivare di nuovo (come nel 2015) a un soffio dalla vittoria in Champions League.

Menzione d’onore: Kylian Mbappé (Francia, attaccante)

2018: Luka Modrić

Luka Modrić (Croazia, centrocampista/centrocampista offensivo)
Il Real non conosce ostacolo: quarta Champions in cinque anni, terza consecutiva. CR7 è grandissimo protagonista fino ai quarti, non brilla in semifinale e in finale, ma la squadra è fortissima e vince d’inerzia. È anche aiutata e fortunata: numerose decisioni arbitrali controverse e “papere” dei portieri avversari, dal bavarese Ulreich nella semifinale contro il Bayern a Karius nella finale contro il Liverpool. Modrić domina la platea con numeri di classe e vince il premio di miglior giocatore della competizione. E in estate va vicinissimo a un’impresa storica: portare la Croazia al titolo mondiale. La squadra, sotto l’egida del centrocampista tascabile del Real, si spinge fino alla finalissima, ma deve arrendersi alla superiore qualità ed esperienza della Francia. Modrić viene in ogni caso votato miglior giocatore del Mondiale e il Pallone d’oro dell’anno è gioco forza suo.

2° Antoine Griezmann (Francia, attaccante)
Due anni dopo la beffa dell’Europeo perso in casa, Griezmann si rifà con gli interessi. E dopo aver trascinato di peso l’Atletico Madrid alla vittoria in Europa League (doppietta in finale nel 3-0 all’Olympique Marsiglia), l’attaccante francese è forse il giocatore più brillante e continuo della Francia che vince il suo secondo titolo mondiale, 20 anni dopo il primo. In Russia, Griezmann segna 4 gol e disputa una finale contro la Croazia superba.

3° Kylian Mbappé (Francia, attaccante)
Dopo tanti tentativi non pienamente riusciti, forse stavolta Messi e Cristiano Ronaldo – che iniziano ad avere la loro età – hanno davvero trovato un erede degno della loro classe. Si chiama Kylian Mbappé, madre algerina e padre nigeriano, viene dai sobborghi parigini, ha fatto grande il Monaco (vittoria della Ligue 1 e semifinale di Champions nel 2017) e a 19 anni è l’astro nascente della Francia che conquista il Mondiale. La sua partita negli ottavi contro l’Argentina è un inno al calcio: accelerazioni, potenza, gol. Ricorda un po’ Ronaldo il Fenomeno, ma con leve più lunghe e minor tecnica nello stretto. Quando parte in velocità però diventa inarrestabile. Come Pelé nel 1958 conquista un Mondiale da grande protagonista sotto i 20 anni, pur non raggiungendo lo strapotere unico in termini di impatto e prestazioni del brasiliano in Svezia (quello resta un unicum). Il futuro del calcio mondiale con Mbappé è garantito.

Menzione d’onore: Cristiano Ronaldo (Portogallo, attaccante)

2019: Virgil van Dijk

1° VIRGIL VAN DIJK (Olanda, difensore)
Quando un difensore arriva sul gradino più alto del podio, i motivi sono due: o è un giocatore di classe assoluta oppure la sua stagione è unica. Spesso i due aspetti sono collegati. Il 2019 porta all’apice lo straordinario Virgil van Dijk. Il difensore olandese del Liverpool non è solo la stella della formazione inglese che vince la Champions League nella finale tutta inglese contro il Tottenham (finale dove per altro van Dijk è il migliore in campo), ma vanta un primato pazzesco: durante la sua annata mostruosa non subisce nemmeno un dribbling da un giocatore avversario. Un muro invalicabile. Impossibile non assegnargli il nostro premio del 2019.

2° Lionel Messi (Argentina, attaccante)
Dopo tre stagioni sottotono (sottotono per uno del suo livello), Messi torna protagonista assoluto con un 2019 da applausi. Guida il Barcellona alla vittoria nella Liga segnando 36 reti in campionato (con tanto di titolo di miglior marcatore) e vince anche la classifica marcatori in Champions League a quota 12 gol. Peccato che il Barcellona venga clamorosamente eliminato in semifinale dal Liverpool. All’andata i blaugrana, trascinati da un Messi superbo e autore di una doppietta favolosa, vincono 3-0. Sembra fatta. Tuttavia al ritorno succede l’imponderabile e gli spagnoli vengono sonoramente sconfitti ad Anfield per 4-0. In estate Messi gioca ancora la Coppa América con la nazionale, ma per la quinta volta in carriera non gli riesce il blitz: l’Albiceleste deve arrendersi in semifinale al Brasile futuro vincitore, nonostante una buona prova di Leo.

3° Alisson Becker (Brasile, portiere)
Con Buffon che ha superato 40 anni e Neuer alle prese con diversi problemi fisici che sembrano prefigurarli un irreversibile declino, il miglior portiere del mondo diventa il brasiliano del Liverpool. A 27 anni Alisson disputa un’annata eccezionale con i Reds ed è uno dei grandi protagonisti della vittoria in Champions. Al trionfo europeo abbina Coppa América con il Brasile da titolare inamovibile e Coppa del mondo per i club sempre con il Liverpool.

Menzione d’onore: Sadio Mané (Senegal, attaccante)

2020: Robert Lewandowski

1° ROBERT LEWANDOWSKI (Polonia, centravanti)
Il Bayern Monaco 2020 come il Barcellona 2009: una stagione da record, con sei trofei vinti su sei. Campionato, coppa nazionale, Champions League, Supercoppa tedesca, Supercoppa Europea e Mondiale per club. Nell’anno segnato dall’arrivo della pandemia COVID-19 che stravolge la quotidianità delle persone, il calcio non si ferma. Negli stadi vuoti, senza pubblico per il rischio di contrarre il virus, il Bayern domina la scena. E Lewandowski è l’assoluto protagonista: capocannoniere della Bundesliga con 34 reti e della Champions con 15, un totale di 55 reti in 47 partite in stagione, il centravanti polacco si conferma un attaccante tecnico, mobile, bravissimo nei movimenti senza palla e sempre utile per la sua squadra in tanti aspetti del gioco.

2° Manuel Neuer (Germania, portiere)
Lo avevamo lasciato che pareva in declino a causa dei suoi problemi fisici. Ma il 2019-2020 riporta Neuer all’apogeo: il tedesco si riprende lo scettro di miglior portiere del mondo. Quando sta bene è di un livello superiore a chiunque altro nel ruolo, non solo per le sue qualità tra i pali e la capacità di saper parare con ogni parte del corpo, ma anche perché è di fatto un libero aggiunto, primo motore del gioco. Una rivoluzione epocale e destinata a ridisegnare forse per sempre – chissà – i canoni del ruolo. Neuer sale di livello con il passare delle partite, nella finale di Champions contro il PSG e in quella di Supercoppa Europa contro il Siviglia è il migliore in campo. Invalicabile.

Neymar (Brasile, attaccante)
Anno ricco di grandi prestazioni per il brasiliano del PSG, pagato a peso d’oro dai parigini al Barcellona nell’estate 2017. Manca però l’acuto, con Neuer che lo ipnotizza nella finale di Champions League. Neymar “si consola” con le vittorie nel campionato francese, nella Coppa di Francia, nella Coppa di Lega e in Supercoppa con un bottino di 13 reti in campionato in 15 presenze fino all’interruzione per il Covid, a cui aggiunge 3 reti e giocate spesso sontuose in Champions.

Menzione d’onore: Kevin De Bruyne (Belgio, centrocampista)

2021: Lionel Messi

LIONEL MESSI (Argentina, attaccante)
Quinto Pallone d’oro per il fenomeno argentino, che stacca nella graduatoria i connazionali Di Stéfano e Maradona e l’ungherese Puskás. È il terzo giocatore, dopo Puskás e Pelé a vincere per altro il premio in tre decenni diversi. Per Messi un bottino di 43 gol, una prima parte di 2021 individualmente eccellente in un Barcellona declinante con la vittoria in Coppa del Re. E in estate l’affermazione decisiva per l’assegnazione del Pallone d’oro: il trionfo da miglior giocatore, miglior goleador e miglior assist-man nella Coppa América. Leo diventa finalmente leader e finalmente trascinatore anche in nazionale. E l’Argentina rompe così il digiuno di vittorie più lungo della sua storia (28 anni) e in casa di un Brasile che aveva sempre vinto la Coppa América in casa. In estate, il discusso passaggio al PSG dove l’argentino spera di vivere una nuova esperienza vincente.

2° Robert Lewandowski (Polonia, centravanti)
Dopo il Pallone d’oro nel 2020, quello d’argento nel 2021. Miglior cannoniere dell’anno solare con 69 reti in 59 partite e miglior giocatore del mondo nell’ultimo biennio, Lewandowski paga dazio rispetto a Messi per l’impresa conseguita dal rivale in Coppa América, non riuscendo a contrapporre un palmares altrettanto incisivo. Due volte sfortunato: in Champions si fa male prima dei quarti contro il PSG e il Bayern esce; con la Polonia agli Europei non va oltre il primo turno. Strepitoso da settembre in avanti, nella prima parte della stagione 2020-21 timbra 30 gol in 25 presenze, di cui 19 in Bundesliga e 9 in Champions (meraviglioso soprattutto un gol in rovesciata sotto la neve a Kiev). Cifre sontuose che gli consentono di rimontare Leo e arrivare non lontano da un clamoroso sorpasso.

Gianluigi Donnarumma (Italia, portiere)
Portiere dal fisico dirompente, completo, con grandi riflessi, è il protagonista principale dell’Italia che contro ogni pronostico conquista la vittoria agli Europei. Vince non a caso il premio di miglior giocatore della competizione, alter ego di Messi in Coppa América. Dalla fase a eliminazione diretta in poi è sempre più decisivo. Si esalta soprattutto in semifinale contro la Spagna quando para il rigore di Morata e ancora più in finale quando ipnotizza Sancho e Saka e dà agli azzurri un titolo continentale che mancava dal 1968.

Menzione d’onore: N’Golo Kanté (Francia, centrocampista)

2022: Lionel Messi

LIONEL MESSI (Argentina, attaccante)
E sei. Perché l’impresa che compie in Qatar, trascinando l’Argentina al titolo mondiale 36 anni dopo Messico ’86 e alla guida di una formazione che individualmente vale forse ancora un filo meno di quella che vinse all’Azteca (e con una concorrenza per altro più agguerrita) non ha eguali. Il tutto a 35 anni, completando un’accoppiata storica che né Pelé né Maradona né Di Stéfano né Cruijff né Puskas né Platini né Cristiano Ronaldo sono mai riusciti a centrare: laurearsi campioni continentali e poi campioni mondiali. Messi in Qatar disputa un Mondiale superbo: 7 reti, 3 assist, una quantità industriale di giocate pesanti, sempre più determinante e brillante man mano che si avvicinava la finale. Finale in cui dà vita a un duello entusiasmante con la stella francese Mbappé a suon di gol e giocate meravigliose, in quella che è davvero l’ultimo atto più straordinario in una Coppa del mondo. Un Mondiale degno di Maradona ’86, Pelé ’58 e ’70, Eusébio ’66. Un Mondiale che consente a Messi di salire un ulteriore gradino in una valutazione storica, di trasformarsi ancora di più in icona universale del gioco, capace di unire tre generazioni, di risollevarsi come un’Araba Fenice dalle sue ceneri e risultare sempre più forte. Se Pelé è il Re del ‘900, Messi lo è del 21° Secolo. Unico.

Kylian Mbappé (Francia, attaccante)
Se Messi è l’oro del Mondiale, Mbappé è l’argento. Appena sotto, in volata, solo perché il francese perde la finale. Ma il suo Mondiale – 8 gol, capocannoniere – non è da meno del Fenomeno argentino. Tre reti in finale come Hurst ’66, 4 in totale in 2 finali di Coppa del mondo (oltre l’idolo Pelé) consacrano Mbappé tra i grandissimi. Non ha la classe degli eletti, ma in quanto a potenza, atletismo, impatto sulle partite è secondo a pochissimi. Se la Francia sfiora il bis mondiale lui ha la maggior parte dei meriti. Per 80 minuti contro l’Argentina è quasi un fantasma, negli ultimi 40 diventa immarcabile e implacabile. E anche nel resto della stagione regala perle, da solo o quasi in un PSG che appare poco squadra fino a maggio; poi in coppia con gli ispirati Messi e Neymar dall’estate in avanti.

Karim Benzema (Francia, centravanti)
Fino a maggio la scena è sua. E prima del Mondiale il Pallone d’oro sarebbe ampiamente suo. Vince tutto con il Real Madrid da protagonista assoluto – Liga e Champions, dove è capocannoniere e miglior giocatore. Ma poi si fa male pochi giorni prima della Coppa del mondo in Qatar e paga dazio, anche incredibilmente. Perché nessuno si aspettava un simile disarmante impatto di Messi e Mbappé nella 22ª edizione del Mondiale. Senza di lui la Francia trova in Qatar un grande Giroud, meno bravo di Karim ma forse più funzionale al gioco di Deschamps, e si spinge ancora fino all’ultimo atto. Benzema morde il freno e alla fine deve cedere lo scettro.

Menzione d’onore: Luka Modrić (Croazia, centrocampista/centrocampista offensivo)

2023: Erling Håland

ERLING HÅLAND (Norvegia, centravanti)
Primo norvegese a fregiarsi del premio, un riconoscimento assolutamente meritato alla luce dell’incredibile 2023 di Erling Håland. Un cecchino da 50 reti annuali in 55 incontri, simbolo del Manchester City che per la prima volta nella sua storia porta a casa il Triplete, conquistando Premier League, FA Cup e Champions League, aggiungendo poi al termine dell’anno anche il Mondiale per Club. Håland è il grande protagonista, capace di laurearsi capocannoniere sia della Champions con 12 reti sia del campionato inglese con 36. In Inghilterra vince anche il premio di miglior giocatore. Centravanti potente, rapido, dalle straordinarie doti acrobatiche, con una buona tecnica di base, Håland sembra la versione in salsa moderna di Gunnar Nordahl. Dal 2019 la sua media-gol è irreale, di fatto di una rete a gara: 17 centri in 16 partite al Salisburgo, 62 in 67 al Borussia Dortmund, 50 in 50 (al momento in cui scriviamo) al Manchester City. E in aggiunta 27 gol in 29 apparizioni con la nazione. Cecchino.

Kylian Mbappé (Francia, attaccante)
Ancora un secondo posto per il francese, che è molto probabilmente il miglior giocatore del mondo, ma paga dazio poiché non ancora capace (per sfortuna e demeriti delle sue squadre, più che per demeriti propri) di timbrare una stagione da autentico dominatore sul piano dei risultati internazionali. Il suo 2023 lo vede a quota 52 gol, alla pari con l’inglese Harry Kane, alle spalle del solo Cristiano Ronaldo (finito però in un calcio di secondo piano come la lega dell’Arabia Saudita). L’eliminazione agli ottavi contro il Bayern Monaco in Champions è la macchia di una stagione che lo vede comunque portare a casa il campionato francese, il titolo di capocannoniere con 29 centri e di miglior giocatore.

Harry Kane (Inghilterra, centravanti)
Dal Tottenham (dove è vice capocannoniere della Premier con 30 reti alle spalle di Håland) in estate passa al Bayern Monaco, dove segna con una regolarità impressionante: 21 gol in 15 partite di Bundesliga a fine 2023, 25 in 22 in totale. Classica prima punta, Kane è in realtà un centravanti di una completezza sbalorditiva, con piedi sopraffini, una visione di gioco da grande mezzala, intelligenza tattica, bravura nel far salire la squadra e giocare d’intesa con i compagni. Se Håland – il suo più grande avversario per il platonico titolo di miglior centravanti al mondo del momento – è la reincarnazione di Nordahl, lui sembra una sorta di Hidegkuti o Albert dell’epoca contemporanea. A 30 anni non ha ancora vinto nulla in carriera, penalizzato dall’aver giocato sempre nel Tottenham, ma al Bayern avrà modo di rifarsi. E anche con la nazionale inglese (della quale è il miglior marcatore all time con 62 centri) sogna di ritagliarsi presto soddisfazioni importanti, tra Euro 2024 e Mondiale 2026.

Menzione d’onore: Jude Bellingham (Inghilterra, centrocampista)


PLURIVINCITORI

PALLONI
D’ORO
PALLONI
D’ARGENTO
PALLONI
DI BRONZO
MENZIONI
D’ONORE
Pelé711
Messi611
Di Stéfano421
Maradona44
Puskás421
Cristiano Ronaldo3124
Scarone3121
Meazza311
Cruijff311
Platini32
van Basten3

VINCITORI ITALIANI

PALLONI
D’ORO
PALLONI
D’ARGENTO
PALLONI
DI BRONZO
MENZIONI
D’ONORE
Meazza311
V. Mazzola1111
Rivera11
R. Baggio11
Buffon11
Rossi1
Del Piero1
P. Maldini12
Ferrari11
Riva11
Conti1
Cannavaro1
Piola21
Scirea2
Schiavio1
Zoff1
Baresi1
Totti1
Donnarumma1
Pirlo2
Baloncieri1

Seguici

Altre storie di Goals

Jürgen Klopp, il disertore

Sono sicuro che se leggessimo di qualsiasi allenatore che in oltre vent’anni di carriera ha guidato solo tre squadre, non penseremmo certo a uno che

Questo sito utilizza cookies per migliorare la tua navigazione, se procedi nella navigazione ne accetti l'utilizzo.