Immagine di copertina: Mark Hughes, autore di una doppietta per lo United
Inauguriamo oggi un filone speculare a quello dedicato al Clasico e che guarda però all’Inghilterra e alla sua rivalità più feroce (cito letteralmente il cronista della partita disputata all’Old Trafford il 18 ottobre del 1992).
Manchester, Old Trafford, 18 ottobre 1992
Prima di avventurarci nei meandri dell’incontro, è opportuna una premessa: come noto, nel corso della stagione 1992/1993 il campionato inglese cambia volto e si chiama per la prima volta Premier League, mentre finisce in archivio la classica denominazione First Division. Si tratta di un mutamento che non ha solo natura formale: la scelta di un nuovo look prelude e accompagna un trasformazione radicale, che è il frutto dei tanti miliardi investiti da Murdoch e da Sky (“Sky is the limit“, recitava un celebre spot dell’epoca) e dell’aria nuova che si respira nel Regno Unito dopo la lunga quarantena post-Heysel.
Le inglesi, in sostanza, sono tornate della partita e vogliono far sentire la propria voce anche in Europa, un’Europa che appresta a vivere mutamenti sociali ed economici epocali (risale proprio al 1992 la firma del Trattato di Maastricht), e la rivalità più feroce del Regno Unito in ascesa è quella che unisce e divide il Liverpool e il Manchester United, tuttora i due club più prestigiosi e vincenti della storia d’Inghilterra.
Nell’autunno del 1992, come ricorda anche il cronista, il Liverpool sta attraversando una fase di transizione: reduce da due decenni gloriosi, in cui ha imposto a lungo la propria egemonia sulla madrepatria e per larghi tratti anche sull’Europa, nelle ultime due stagioni ha faticato, venendo pure eliminato in maniera brusca e inattesa dal piccolo grande Genoa in Coppa UEFA, ma il Manchester United non sta molto meglio. Non vince un titolo nazionale dal lontano 1967, davvero un’eternità, e sulla sua panchina si è accomodato da tempo il demiurgo scozzese Alex Ferguson, che però non ha ancora completato la metamorfosi da principe a re dell’Old Trafford, tanto che è stato travolto dalle critiche della stampa e della tifoseria quando, pochi mesi prima, ha perso sul filo di lana un titolo che pareva già vinto, beffato dalla sorpresa Leeds e dal suo lungo e lunatico francese, Eric Cantona – un nome che avrà un ruolo di primo piano in questa rubrica, ma che nell’ottobre del 1992 gioca ancora a Leeds.
Quando scende in campo contro i Reds, il Manchester United è reduce da una serie di pareggi che l’hanno confinato al settimo posto della Premier League, e il Liverpool naviga a sua volta nelle posizioni medio-alte della classifica. L’Old Trafford travolge i ventidue in campo con il suo clima ossianico e con i suoi cori assordanti, che rendono difficile decifrare le parole del cronista di Sky in diversi momenti: nonostante gli anni di gloria siano lontani, il catino mancuniano rimane una bolgia in grado di intimidire anche gli avversari più quotati, e la rivalità con il Liverpool, che affonda le radici in secoli di storia e nelle accese dispute della rivoluzione industriale, soffia nelle trombe degli hooligans.
Nel primo tempo, i Red Devils controllano a lungo il gioco, ma sono puniti da due ripartenze letali di un Liverpool che, quando decide di far viaggiare il pallone, è una squadra bellissima ed efficace. Don Hutchison – atteso dal destino della meteora – è in quel momento uno dei talenti più fulgidi d’Inghilterra e punisce Schmeichel con una conclusione di sinistro dal limite, mentre il raddoppio è un gol destinato agli annali, in quanto il gallese Ian Rush, segnandolo, supera il record di Hunt e si consacra come bomber principe della storia del Liverpool – il record sarà ripetutamente ritoccato negli anni successivi e resiste tuttora, nonostante la straordinaria continuità sotto porta di Momo Salah.
Nella ripresa, la partita assume le sembianze di un assedio, specie nei venti minuti finali: i Reds non riescono più a ripartire e il Manchester United, con pazienza, controlla il pallone e crea numerosi grattacapi alla retroguardia ospite, prima di punirla con due gol di un altro bomber gallese, Mark Hughes, entrambi giunti nei minuti finali.
Il pareggio è più che giusto e rende giustizia a una partita molto bella e intensa, in cui si respira l’atmosfera del vecchio calcio inglese – non mancano interventi di una durezza oggi impensabile e calcioni vari – ma in cui si ammira anche la notevole cifra tecnica di molti degli effettivi in campo
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Le pagelle – Manchester United
IL MIGLIORE: Ryan Giggs 7
Diciannove anni scarsi e non sentirli: Ryan sembra un bambino malnutrito, alla prima stagione da titolare con i Red Devils, ma la classe è già quella dei giorni migliori. Giggs si invola ripetutamente palla al piede sulla fascia che diventerà il suo regno, scodella diversi traversoni pericolosi, impegna Grobbelaar e infine serve al connazionale Mark il pallone del 2-2. L’Old Trafford trasuda già amore, a ogni pallone toccato.
Mark Hughes 7: nel primo tempo fa a sportellate con Nicol e con una retroguardia liverpooliana attenta, nella ripresa entra nel vivo della partita, e il voto alto è un premio ai due gol, il primo segnato con un elegante pallonetto e il secondo con un tuffo di testa.
Paul Ince 6,5: grintoso ma pulito e ordinato, sale di colpi nella ripresa e contribuisce in modo determinante al dominio della partita.
Kančel’skis 6,5: il dirimpettaio di Ryan , che qualche anno più tardi traslocherà a Firenze, è altrettanto veloce e strappa gli applausi dell’Old Trafford con un paio di magate sulla fascia destra.
Pallister 6: solido centrale britannico vecchio stampo, non è impeccabile ma si fa valere con muscoli e centimetri nelle mischie in area di rigore.
Le pagelle – Liverpool
IL MIGLIORE: Ian Rush 6,5
Il voto positivo premia il gol da opportunista che chiude il primo tempo e anche il discreto movimento e il sacrifico della ripresa. Rush non è più giovanissimo ma sa ancora muoversi come il più letale dei bomber.
Jan Mølby 6,5: Liverpool goes where Jan wants to go, dice a un certo punto il cronista, e le sue parole non sono lontane dal vero, perché il centrocampista danese, benché non velocissimo e in leggero sovrappeso, ha due piedi che cantano e partecipa anche alle azioni dei gol.
Don Hutchison 6,5: reduce da cinque gol consecutivi, il giovane centrocampista, ripetutamente elogiato in tv, nel primo tempo mette in difficoltà il reparto centrale dei padroni di casa e ha anche il merito di sbloccare la partita.
McManaman 6: un altro bambino prodigio di cui sentiremo parlare a lungo, si invola in un paio di incursioni che sono classe pura sulla fascia destra, anche se fatica a rendersi pericoloso.
Nicol 5,5: il capitano di mille battaglie nel primo tempo non sbaglia nulla, ma nella ripresa si fa anticipare due volte da Hughes, e ne scaturiscono due gol per i padroni di casa.