Gli anni della Milano da bere sono un’epoca un po’ delirante, da un lato liberatoria (si lasciano alle spalle gli Anni di piombo e la violenza che hanno avvelenato il decennio precedente) e dall’altro reazionaria (si archiviano come al tempo stesso pericolose e utopistiche le aspirazioni delle ultime due decadi). Sul fronte sportivo, si assiste alla trionfale crescita del calcio italiano, che dopo il mondiale di Spagna inizia a fare il vuoto, autoproclamandosi (non senza ragioni) il più bello del mondo. Le inglesi, dopo cinque anni ai vertici, vengono esiliate dall’Europa dopo la strage dell’Heysel, e così il calcio europeo vive una fase di transizione, dominata da valori quali agonismo esasperato, difesa a oltranza, una cattiveria agonistica che spesso sfocia nella violenza, ma soprattutto da un equilibrio che consente a formazioni di ogni genere di ritagliarsi un quarto d’ora di gloria. I Mondiali del 1990 chiudono anche simbolicamente un’epoca al tempo stesso affascinante (raramente si era vista e si sarebbe rivista una simile fioritura di singoli fuoriclasse) e forse non sempre spettacolare (la FIFA cambia le regole dopo il deprimente spettacolo offerto da molte partite del mondiale italiano, in sintonia con quanto “ammirato” in molte delle precedenti edizioni delle coppe europee). Abbiamo selezionato per voi le squadre di club più significative della decade, sempre limitandoci al Vecchio Mondo.
10) Roma 1982-1983
La Roma del Barone Liedholm riesce a lasciarsi alle spalle una delle formazioni più ricche di qualità della decade e già solo un simile traguardo le vale la top dieci. Benché la Juve prevalga in entrambi gli scontri diretti, dimostrandosi quasi invincibile quando azzecca la giornata, la Roma confeziona il capolavoro sommo della sua storia grazie alla superiore continuità, supportata da una qualità media altissima e telecomandata dal serafico Liedholm, uno tra i pochissimi tecnici in grado di non farsi schiacciare dall’ambiente romano. Se Brunetto Conti, reduce dal memorabile torneo iridato, pecca di discontinuità, la stagione 82/83 vede in ogni caso in campo forse la miglior versione in assoluto di Paulo Roberto Falcão, un Roberto Pruzzo in stato di grazia e un cast di supporto eccezionale (da Prohaska allo Zar Vierchowod). La Roma gioca a zona, solleva il mondo facendo leva sulle qualità tecniche e sul palleggio ed esprime spesso un calcio sublime, in contrasto con i valori dominanti dell’epoca: tanto di cappello.
9) Milan 1989-1990
La versione 2.0 del Milan di Sacchi perde qualcosa in termini di brillantezza rispetto alla stagione precedente, ma sarebbe comunque complicato escluderla da questa top ten. Il collettivo guidato dal visionario di Fusignano perde lo scudetto sul filo di lana, dopo una lunga ed esaltante battaglia punto a punto con il Napoli di Maradona, ma riesce a confermarsi in Europa e nel torneo più importante, pur con qualche affanno, oltre che a a issarsi in cima al mondo. Le prestazioni memorabili, rispetto al 1988/1989, si contano forse sulle dita di una mano, ma anche il Milan 1989-1990 va annoverato nella ristrettissima cerchia delle formazioni che possono perdere più per demeriti propri che per i meriti degli avversari.
8) Juventus 1983-1984
Nel 1983-1984 la serie A decolla definitivamente, lascia la concorrenza (inglesi a parte) a distanza siderale a si appresta a dominare per quindici anni il calcio mondiale. Il campionato vede confrontarsi le due grandi protagoniste della stagione precedente – Roma e Juventus – e stavolta vede prevalere lo squadrone bianconero, che vola sulle ali di un Michel Platini senza paragoni, che imposta come un Andrea Pirlo ante-litteram (di cui rappresenta una sorta di clone potenziato) e segna come e più del più letale dei centravanti. Al suo fianco, una vasta collezione di campioni, su tutti un Gaetano Scirea che fiuta l’aria e dirige la difesa con la consueta maestria e un Antonio Cabrini stantuffo inesauribile e decisivo in entrambe le fasi di gioco. Il trionfo europeo in Coppa delle Coppe (firmato da un gregario come Vignola) conferma la statura mondiale della Juventus e la incorona come una delle formazioni migliori di un decennio tutto a trazione italiana.
7) Napoli 1987-1988
Obiezione accolta: il Napoli del 1987-1988 non vince nulla, al contrario di quello che la stagione precedente vince il campionato più bello del mondo contro ogni pronostico. E però ci sono alcuni però: il Napoli con lo scudetto sulla maglia arricchisce la rosa, che fa perno su un Diego in condizioni superbe, con il talento superiore di Antonio Careca. Più in generale, i partenopei regalano nel corso di tutta la stagione la sensazione di essere una squadra degna di quel palcoscenico di cui fino a poco tempo prima era degno solo il Divino Scorfano. Lo scudetto strappato al fotofinish da un Milan stellare, che nella seconda parte della stagione inizia a regalare concretezza alle radicali astrazioni sacchiane, toglie poco al valore di una squadra che, fedele al principio aureo dell’uno contro uno e ai dogmi della tradizione italiana, pratica un calcio efficace e vede la sua coppia offensiva sprigionare magia e colpi di genio in serie.
6) Real Madrid 1985-1986
La lista non può escludere quello che resta, a mio avviso, l’apogeo della Quinta dei Buitre, forse l’unica versione del Real più spettacolare che cinica e vincente – anche se i titoli non sono mancati. Nel 1985-196 il Real allestisce un Dream Team, in cui coesistono giocatori di classe mondiale come Emilio Butragueño, Hugo Sanchez, Michel e il sublime, cerebrale Miguel Pardeza, ai quali si aggiunge un reparto difensivo solido, impreziosito dalla classe e dalla velocità di Chendo. Il Real domina la Liga, lasciando a distanza siderale il Barcellona finalista in Coppa dei Campioni, e vince la coppa UEFA, dimostrandosi insuperabile al Bernabéu – come si dice a Madrid, il Bernabéu scende in campo.
5) Dinamo Kiev 1985-1986
Pochi allenatori hanno avuto in un paese il ruolo cardinale del colonnello Valerij Lobanovs’kyj, vero e proprio deus ex machina del calcio ucraino. La Dinamo Kiev del 1986, forte di una preparazione atletica avveniristica e di un’organizzazione anche societaria votata al rigore, capace di tradurre in un gioco tutto coreografie senza palla e forcing ossessivo i principi collettivisti che dominano la visione del mondo e dello sport in Unione Sovietica, supera in casa, dopo un lungo duello, la Dinamo Mosca, e cancella dal campo praticamente ogni avversario in Coppa delle Coppe. Il pallone d’oro che a fine anno incorona Belanov è in realtà quasi più un premio alla squadra più spettacolare della stagione e a una delle migliori dell’epoca, una formazione che regala l’ossatura anche alla temibile Unione Sovietica del mondiale messicano e del successivo europeo tedesco.
4) Inter 1988-1989
Difficile escludere da questa graduatoria elitaria l’Inter dei record, nonostante i suoi risultati europei non siano soddisfacenti: la serie A del 1988-1989 è uno dei campionati più competitivi e rognosi di ogni epoca, vi militano squadre leggendarie e numerose altre formazioni di alto profilo, come confermano risultati europei che oggi sembrano più lontani di una chimera. L’Inter, pur schierando meno fuoriclasse di altre formazioni, guidata da un Trapattoni in versione illuminata macina avversari e stabilisce record destinati a durare a lungo grazie a un collettivo che gira come un meccanismo perfetto. Matthäus si adatta alle trappole tattiche del nostro calcio in circa diciassette secondi ed è con margine il giocatore più decisivo del campionato; al suo fianco, si esaltano Brehme (l’altro uomo chiave) e tanti gregari di lusso che disputano la stagione della vita, da un Aldo Serena immarcabile nel gioco aereo a un Nicola Berti in versione cavallo pazzo. Lo scudetto 1988-1989, come contenuti tecnici e visto il divario rispetto alle rivali, vale più di quasi tutti i trofei europei della decade e regala all’Inter, a mio parere, un meritato quarto posto.
3) Liverpool 1983-1984
Nell’autunno del 1983, il Liverpool è circondato da un’atmosfera generale di scetticismo: il grandissimo ciclo di fine anni ’70 sembra archiviato, nonostante la marcia trionfale del campionato precedente, e il mercato ha portato solo pochi nomi destinati a infoltire le fila del cast di supporto. A ciò si aggiunga che tale Bob Paisley ha salutato la compagnia e che il suo vice Joe Fagan assomiglia troppo a una soluzione estemporanea e di comodo per convincere. Come spesso accade, tuttavia, le previsioni della vigilia vengono smentite dal campo: il Liverpool si conferma il miglior collettivo d’Europa, in quanto porta sulle rive del Mersey l’ennesimo titolo inglese e si afferma anche in Coppa dei Campioni, superando la Roma nella nota finale dell’Olimpico. I perni della squadra sono il “libero” scozzese Alan Hansen, un Souness sovrano del centrocampo e uno Ian Rush cha pare toccato dalla mano di Dio e che colleziona gol pesanti. Il folcloristico portiere sudafricano Bruce Grobelaar aggiunge un po’ di follia ed è decisivo alla lotteria dei rigori.
2) Juventus 1982-1983
Chi non ricorda il ritornello dei sei (o sei più uno, contando anche Bettega) campioni del mondo cui si sommano Boniek e Platini? Ecco, la Juventus del 1982-1983 vanta una delle formazioni più sorprendenti e solide di ogni epoca, è straordinaria in ogni reparto e si produce in esibizioni di gioco che lasciano di stucco la platea e la concorrenza, sia in Italia che in Europa, soprattutto da quando Platini mette da parte gli atteggiamenti da primadonna (la pubalgia, i problemi di adattamento etc..) e arricchisce il tozzo di pane che è costato con il foie gras. Ancora oggi si stenta a credere che quella squadra non abbia vinto nulla, superata da Liedholm in Italia e ingannata dalle strategie camaleontiche del Mozart della panchina ad Atene (Happel alla guida dell’Amburgo), ma questo toglie poco al valore di quella che, nomi alla mano, resta forse la miglior Juventus di ogni epoca.
1) Milan 1988-1989
Per rivedere simili manifestazioni di onnipotenza dovremo aspettare un ventennio e traslocare sulle Ramblas, e anche solo questo giustifica la corona che regaliamo al Milan di Sacchi, nonostante i rossoneri non vincano il campionato. Poco male: dopo il sofferto corpo a corpo con una Stella Rossa anarchica e con i suoi giocatori/ giochi di prestigio, il Milan in Europa lascia le briciole agli avversari e riporta a Milano la dei Coppa dei Campioni dopo vent’anni esatti di astinenza. Forse non si era ancora vista una squadra respirare in termini così collettivi e “sincronici”, e al tempo stesso esaltare le qualità dei suoi singoli più dotati, protagonisti tutti di una stagione superlativa che li porta a dominare la graduatoria del pallone d’oro. Di quella stagione restano impresse alcune lezioni di calcio memorabili: il 4-0 rifilato a una Juventus completamente disarmata e impotente davanti agli automatismi di un Milan incontenibile, ma soprattutto i novanta minuti di dominio in casa della Quinta della Buitre, vittima di una dimostrazione di superiorità certificata a maggior ragione dal risultato roboante della partita di San Siro. Il 4-0 rifilato alla Steaua Bucarest al Camp Nou è una lezione di calcio con pochi precedenti e consacra il Milan di Sacchi come una delle formazioni cruciali della storia del calcio.