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Arancia meccanica: i 10 calciatori olandesi più forti di sempre

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Immagine di copertina: Cruijff e van Basten

Poche nazionali hanno lasciato nella storia un’impronta profonda come quella degli olandesi, quantomeno dagli anni ’60 in avanti. Fino alla radicale svolta del calcio totale, il paese dei Tulipani navigava in un diffuso dilettantismo e, pur avendo esportato qualche talento di spessore, era sempre rimasto nelle retrovie, nelle gerarchie del Vecchio Continente; io credo che se nel 1965 avessimo interpellato qualsiasi calciofilo del pianeta, nessuno avrebbe scommesso un soldo su ciò sarebbe accaduto da lì a breve.

Diciamolo pure: gli olandesi, in sintonia con i gemelli latini catalani, hanno un po’ la convinzione di aver inventato il calcio e di essere un’avanguardia dal punto di vista culturale, e si tratta di una convinzione non del tutto infondata, ma che ha comprensibilmente scatenato l’avversione di molti altri paesi europei, su tutti i più tradizionalisti (Italia e Inghilterra).

Gli olandesi hanno forse vinto poco, per il materiale umano che hanno avuto a disposizione, ma la loro grandezza supera gli angusti limiti del resultadismo e si colloca in una dimensione diversa.

Ruud Krol

1) Johan Cruijff

Credo che nessuno abbia nulla da obiettare, il Profeta del Gol è il calciatore olandese più bravo e anche più importante, nonché il più grande uomo di calcio di ogni epoca, se sommiamo il sublime giocatore, l’allenatore e il filosofo. Non mi dilungo in descrizioni che rischiano di traboccare banalità e retorica, mi permetto solo di evidenziare come la seconda parte della carriera dell’olandese sia spesso ingiustamente sottovalutata: il fenomeno universale ammirato tra fine anni ’60 e il mondiale tedesco fa categoria a sé, siamo tutti d’accordo, ma il giocatore che sfiora la Liga giocando da regista o che regala (da libero, in pratica) un titolo ai grandi nemici del Feyenoord, consumando l’ennesimo tradimento della sua carriera, meriterebbe comunque un posto importante nella storia e probabilmente anche una menzione in questa top ten.

2) Marco Van Basten

Patrimonio del calcio olandese, che nel 1988 viene portato sulla cima d’Europa in maglia orange a suon di magie, ho definito in un’altra occasione il cigno di Utrecht come l’incontro tra la bellezza e l’utilità. Marco Van Basten abbina il senso del gol e il cinismo del nove con l’eleganza e la classe pura del dieci. Lanciato e valorizzato dal maestro Johann Cruijff con l’Ajax, in Italia è grande protagonista del rivoluzionario Milan di Arrigo Sacchi – con cui i rapporti furono agrodolci nel migliore dei casi: il calcio jazz degli aiacidi lo esalta e lo fa divertire, la rigidità schematica del tecnico di Fusignano invece è per lui fonte di insofferenza, che lo porta al più classico degli aut-aut alla fine del terzo anno. Fabio Capello assisterà invece al suo canto del cigno, prima che l’ennesimo infortunio alla caviglia faccia calare il sipario sulla carriera dell’attaccante che, a detta di Maradona, «sarebbe diventato il più forte di tutti».

3) Ruud Krol

Uno dei più splendidi volti di quell’eversione tattica e ideologica che fu l’Ajax – e l’Olanda – di inizio anni Settanta, Ruud Krol è stata la splendida dimostrazione di come un terzino sinistro – e in seguito anche difensore centrale – possa essere anche uno splendido passatore con visione di gioco e lancio lungo di caratura sopraffina, in un calcio dove i contorni dei concetti di ruolo e funzione sono labili e quasi svaniscono. Dopo l’epopea aiacide e le cavalcate (quasi) trionfali con la maglia dell’Arancia Meccanica, Krol si regala a Napoli una breve ma intensa parentesi di altissimo livello, non vincendo nulla ma diventando un idolo dei tifosi partenopei e non solo. I tedeschi hanno avuto il grande Franz Beckenbauer, i “cugini” olandesi hanno risposto con Ruud Krol. Giocatore totale.

4) Johan Neeskens

Si racconta che a volte i compagni si fermassero ad ammirarlo, incantati dalla sua foga agonistica che esaltava  e non deprezzava qualità tecniche eccellenti e soprattutto una versatilità praticamente senza eguali. Johan II è stato il simbolo del calcio totale in maniera ancora più evidente dell’illustre collega, che era un giocatore più votato all’attacco e dotato di una fantasia latina. Neeskens invece era Il calcio olandese, avendo ricoperto praticamente ogni posizione, esclusa quella del portiere, dal laterale difensivo alla punta aggiunta. Una sorta di premonizione dei centrocampisti totali che verranno (penso a Steven Gerrard), ma con una versatilità ancora più spiccata e nei piedi la qualità che ci si aspetta da un olandese. Nome imprescindibile di questa lista, anche per il contributo irrinunciabile all’epopea del grande Ajax e per i due mondiali da protagonista.

5) Wilem Van Hanegem

Il suo calcio, definito “sublime e cerebrale”, sembrava in antitesi con il movimentismo ajacide un po’ anarchico. In fondo, Van Hanegem era un regista classico, che impostava il gioco davanti alla difesa e non aveva paura di mettere la gamba e di giocare sporco, all’occorrenza. Contro ogni previsione, tuttavia, il suo gioco più compassato si incastrò alla perfezione nella nazionale di Michels e gli consentì di consacrarsi anche nel torneo iridato come uno dei massimi registi del mondo. Van Hanegem, ai tempi del mondiale tedesco, era peraltro già da diversi anni la colonna portante del Feyenoord di Happel, la prima squadra olandese capace di imporsi in Europa. Nel suo Paese, non manca chi lo considera l’unico fuoriclasse degno di essere nominato nella stessa frase di Cruijff e Van Basten.

6) Ruud Gullit

Quando sbarca in Italia nell’estate del 1987, anno in cui vince il Pallone d’Oro, si ha la sensazione che sia sbarcato un alieno venuto dallo spazio, solo Ronaldo dieci anni dopo darà sensazioni simili, proprio per l’impatto immediato che ebbero sul calcio nostrano. Gullit è un prodigio per eclettismo, potenza atletica e nella falcata – sotto quest’ultimo profilo potrebbe essere accostato ad un altro grande idolo rossonero, Kakà – è dotato anche di notevoli capacità nel gioco aereo e di personalità carismatica, che lo rendono un leader agli occhi dei compagni e dell’allenatore (Sacchi lo adora, mentre con Capello lega meno). Lo scudetto 1987/88 vinto dai rossoneri porta il suo sigillo indelebile, così come l’epica finale di Coppa dei Campioni del 1989 del Nou Camp.

Marco Van Basten e Ruud Gullit, campioni d’Europa con la maglia della nazionale nel 1988

7) Frank Rijkaard

Giocatore polivalente, e non a caso è figlio della scuola calcistica dell’Ajax – inizia la carriera come difensore centrale, poi Sacchi gli fa fare il mediano incontrista e perfino il suggeritore per le punte, Rijkaard diventa uno dei tre olandesi che sul finire degli anni Ottanta e all’alba degli anni Novanta dominarono il calcio italiano ed europeo sotto il profilo del gioco e dei risultati, nonché un giocatore che difficilmente sbaglia le finali: da quelle contro Benfica e Asuncion del 1990 fino a quella vinta con l’Ajax in Champions League nel 1995, Rijkaard è stato uno dei giocatori più completi della sua generazione.

8) Ronald Koeman

Difensore prolifico, trascinatore quasi senza pari, Rambo è stato uno dei giocatori olandesi più decisivi di sempre e anche uno dei centrali difensivi più dotati in assoluto. Perfetto per il gioco del PSV di Hiddink, con il quale diventa campione d’Europa, Koeman sarà il perno anche del gioco del Barcellona di Cruijff, cui regalerà la prima Coppa dei Campioni a Wembley. La grandissima costanza e il peso determinante ricoperto ai fini di vari successi (non ultimo, quello di Euro 1988) lo rendono un componente essenziale di questa lista.

9) Dennis Bergkamp

L’olandese che non amava volare è, sul piano tecnico, uno dei giocatori più dotati che siano nati sopra la barriera delle Alpi: se parliamo di piedi e di magia associata ai piedi, Bergkamp non ha nulla da invidiare ai più quotati Van Basten e Cruijff. Assist-man geniale, giocatore chiave prima dell’Ajax (con cui vince una UEFA), poi dell’Olanda (il giocatore principe di Euro 1992 e forse anche di USA 1994), quindi dell’Arsenal di Wenger (giocatore dell’anno, in Inghilterra, nel 1998), Bergkamp era e rimane un sogno che prende vita, per tutti gli esteti, una sorta di grande utopia il cui unico limite è stato forse una certa mancanza di cattiveria agonistica, specie nei momenti caldi, e forse anche di costanza nella seconda parte della carriera. La sfortunata parentesi interista l’ha danneggiato agli occhi di noi tifosi italiani, ma credo sia stata figlia di una Inter sciagurata, e forse anche di alcuni enigmi tattici (in che ruolo doveva giocare Bergkamp?) e delle trappole difensive che la serie A del tempo tendeva agli estrosi un po’ morbidi come Dennis.

Bergkamp all’Arsenal giocatore dell’anno in Premier League

10) Arjen Robben

Uno degli ultimi autentici fuoriclasse offensivi del calcio olandese, Robben è un attaccante esterno dalla potenza atletica debordante e dal mancino prelibato, il dribbling a rientrare e il sinistro – morbido o affilato – che non lascia scampo al portiere è stato il suo marchio di fabbrica per anni. Dopo esperienze con alti e bassi tra Chelsea e Real Madrid, dal 2009 approda al Bayern: in quella perfetta orchestra sinfonica è un assoluto protagonista per anni, alternando rovinose cadute a trionfali redenzioni. È grande trascinatore anche in nazionale in due mondiali (2010 e 2014), in un’Olanda atipica rispetto alla sua tradizione e ben più rocciosa e pragmatica rispetto alle versioni più celebri, anche se Arjen deve accontentarsi di un secondo e di un terzo posto.

Pezzo scritto con il contributo di FRANCESCO BUFFOLI

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