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Malinconici eroi del mare e del fado: i 10 calciatori portoghesi più grandi dell’era moderna

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Per anni questo ritornello ha accompagnato tutti gli appassionati di calcio: i portoghesi potrebbero palleggiare per novanta minuti senza mai tirare in porta; in altre parole, tecnicamente sono eccezionali (e del resto il Brasile nasce da una costola del Portogallo anche quando si parla di calcio, benché abbia poi sommato alla sintassi lusitana ingredienti di provenienza diversa, africana in primis), ma il loro narcisismo tutto latino raramente si traduce in un risultato concreto. Epperò, se srotoliamo la mappa dei maggiori calciatori portoghesi di ogni epoca, troviamo saldamente al comando due bomber seriali, quasi senza pari nel panorama europeo. Paradossi del calcio che alimentano il fascino di una delle scuole più idiosincratiche e affascinanti del Vecchio Continente.

10) Vitor Baía

Con Bento è sicuramente il portiere portoghese più rappresentativo di sempre. Sarò onesto: non mi ha mai fatto impazzire, ma è innegabile che parliamo di un vero e proprio simbolo del calcio portoghese: esclusa una parentesi triennale con il Barcelona, Vitor Baía disputa tutta la carriera nel Porto, con il quale in sedici anni vince da protagonista tutto quello che c’è da vincere: campionati, coppe nazionali, Coppa Campioni…. Ad oggi, detiene ancora il primato di imbattibilità per un portiere nel campionato lusitano (1191 minuti). Tra i suoi punti di forza c’erano senz’altro riflessi straordinari, bravura nell’uno contro e senso della posizione, mentre ogni tanto non bloccava bene i tiri da fuori commettendo qualche errore di troppo.

9) José Augusto

Il “Garrincha portoghese” è stata una delle ali più forti in Europa negli anni ’60.
Ala destra veloce e intelligente tatticamente, sulla fascia era un tourbillon di finte, controfinte, scatti: era irresistibile nell’uno contro uno – un vero e proprio incubo per i terzini avversari – ed aveva buona lettura dell’azione di giuoco. Lui, José Augusto Torres, José Aguas ed Eusebio si trovavano a meraviglia ad occhi chiusi ed hanno fatto la fortuna degli Encarnados per quasi un decennio. José è uno dei migliori assist-man del Benfica degli anni ’60 nonché ottimo goleador grazie ad una buona tecnica di calcio e un eccellente tempismo nel colpo di testa.



8) Ricardo Carvalho

Insieme a Pepe, Ricardo Carvalho è il più grande difensore portoghese degli ultimi trent’anni. Carvalho è stato un difensore incredibile: dotato per natura di un senso della posizione e di una reattività fuori dal comune, al top è stato anche centrale veloce di piede e di pensiero oltre che dotato di un’ottima tecnica individuale. Nel corso della sua carriera ha indossato le maglie del Porto, del Chelsea e del Real Madrid, vincendo tutto quello che poteva vincere. Con la nazionale si è laureato Campione d’Europa nel 2016.
Probabilmente centrali come Germano e Humberto Coelho sono stati ancora più dominanti dell’ex Chelsea, ma non ho abbastanza elementi per giudicarli.

7) Paulo Futre

Prima di Euro 1988, la Gazzetta dello Sport interpella tutti i CT delle nazionali qualificate al torneo e chiede loro di nominare i dieci migliori giocatori del mondo: confesso che per me, la prima volta, è stata una sorpresa leggere in quasi ogni lista il nome di Paulo Futre.
Probabilmente, però, la mia lucidità era compromessa da alcuni ricordi dell’adolescenza, dal suo triste epilogo a Reggio Emilia, da una serie infinita di guai fisici. Paulo Futre, in realtà, nel 1988 era davvero uno dei giocatori più grandi del pianeta: mancino sublime, veloce palla al piede (quasi un Kempes più brevilineo, se non un Roberto Baggio mancino, all’epoca qualcuno li paragonava) e capace di sterzate quasi degne di Lionel Messi, Futre – impostato quasi sempre da ala sinistra, di fatto più un trequartista mobile – ha illuminato il firmamento del calcio come una delle sue stelle più luminose, anche se solo per poche stagioni. A metà anni ’80, Futre diventa il miglior calciatore portoghese e rapidamente scala le vette del calcio europeo, contribuendo in maniera decisiva al successo in Coppa dei Campioni del 1987, tanto da contendere o quasi a tale Ruud Gullit il pallone d’oro. Traferitosi a Madrid, Futre per tre o quattro stagioni fa innamorare gli esigenti tifosi Colchoneros, che azzardano paragoni insostenibili (Maradona), prima di pagare dazio a gravissimi infortuni che di fatto lo azzopperanno, troncandone la carriera. Le sue gesta degli anni migliori, in ogni caso, rendono obbligatoria la sua presenza nell’Empireo dei fuoriclasse lusitani.

6) Manuel Rui Costa

A fine millennio, tra gli appassionati, circola con insistenza una voce: il lusitano Rui Costa non è meno bravo di Veron e forse neppure di Zidane, è solo meno “cattivo” di loro. A posteriori il paragone con Zizou non può reggere, ma è vero che il malinconico genio portoghese, un personaggio che potrebbe recitare da protagonista in film di una maeastosità decadente come quelli del maestro Manoel De Oliveira (penso a “Ritorno a casa“, a “Viaggio all’inizio del mondo“), è stato uno dei trequartisti più dotati della sua generazione, e probabilmente il miglior assist man in assoluto della sua epoca. Elegante, tecnicamente fuori gara, mobile, dotato della visione di gioco periferica dei grandissimi, non molto avvezzo al gol ma capace di inventare soluzioni iniestiane o laudrupiane, Rui Costa ha incantanto una città di artisti come Firenze per molti anni, in un crescendo di rendimento che lo ha collocato con regolarità ai vertici delle graduatorie della stampa sui migliori giocatori della Serie A. Chi scrive ha assistito dal vivo al suo terribile infortunio del Rigamonti, nel settembre del 2001, l’infortunio che gli ha troncato in due la carriera, impedendogli di prendere davvero in mano il Milan, ma non privandolo in ogni caso di alcune grandissime soddisfazioni, quali le due stagioni con oltre sessanta assist e una Champions conquisata non da primo violino, ma comunque da co-protagonista di rilievo. Le magie regalate con la maglia della nazionale (penso a un Portogallo-Inghilterra del 2000 da cineteca, in cui Rui Costa veramente è un artista che surclassa gli atleti) gli assicurano un posto tra i giocatori lusitani più importanti di ogni epoca.

5) Deco

Per qualche stagione, Deco è stato a mio parere un autorevole candidato alla corona di miglior centrocampista del pianeta. Una sorta di Iniesta ante-litteram (i due giocheranno insieme per varie stagioni, peralto), meno longevo e grande ma secondo me molto vicino per valore individuale, nelle annate più brillanti. Il giocatore di origini brasiliane, naturalizzato portoghese, inizia a far parlare di sé la stampa del suo paese a inizio millennio, e rapidamente matura sino a diventare il miglior giocatore della sua Lega nazionale, come certifica il dominio non solo statistico della stagione 2001/2002, condita da una Champions da leccarsi i baffi in cui Deco segna come una punta; le due stagioni successive lo portano in trionfo, sotto la guida sagace dello Special One: Deco incanta l’Europea dei piccoli con il suo Porto, e quindi l’Europea dei grandi, portando sulle sponde dell’Atlantico una Champions irripetibile, che si affianca all’inatteso successo greco agli Europei nel sugellare l’anno solare in cui il Terzo Stato si prende la rivincita sul Primo Stato.
Dopo un campionato europeo vissuto da protagonista, pur con qualche alto e basso, Deco trasloca in Catalogna, alla corte di Rijkaard, e per un paio di stagioni declama calcio, grazie a una tecnica individuale eccellente, alle superiori doti di regista, alla rapidità di gamba. Nel 2004/2005 è secondo solo a Xavi tra i migliori centrocampisti della Liga, la stagione successiva lo vede invece trionfare come numero uno. Un mondiale in cui regala acuti ma soffre anche vari problemi prelude al rapido declino: dopo il 2006 Deco si ridimensiona e diventa un’ottima mezzala, distante però dai migliori calciatori del pianeta nel ruolo. Il suo brillante apogeo, condito da una UEFA, due Champions e da grandi risultati anche in nazionale, lo colloca in ogni caso con pieno merito in questa graduatoria.

4) Mário Coluna

Se Eusébio è la stella indiscussa del Benfica, Mário Coluna allora è il motore, il vero e proprio centro nevralgico della squadra. Il portoghese, anch’egli nato in Mozambico, abbina doti da mezzofondista con una tecnica solidissima, un sinistro potente e preciso e una straordinaria visione di gioco.
Si tratta di un moderno centrocampista box-to-box che fa la spola tra centrocampo e attacco, impostando, recuperando palla e concludendo a rete: una sorta di Steven Gerrard meno “irruento”, ma non meno efficace. Coluna infatti si muove con leggerezza da una parte all’altra del campo, facendo sempre la cosa giusta al momento giusto e dettando i tempi della manovra. Raramente commette errori, ed è forse questo il suo più grande punto di forza: la capacità di fare la cosa giusta al momento giusto, gli inglesi la chiamerebbero “decision making”.
E pensare che ad inizio carriera giocava molto più avanti, quasi da mezzapunta vicino agli attaccanti, per poi essere giustamente arretrato nel cuore del centrocampo. Mário Coluna è probabilmente il centrocampista portoghese più forte e completo di sempre, nonché punto di riferimento sia del Benfica.

3) Luís Figo

Per qualche stagione, Figo ha messo d’accordo tutti: ala dotata di una forza fisica inusuale, immarcabile grazie alla rapidità delle sue sterzate palla al piede, letale anche dalla distanza e crossatore superbo, il fuoriclasse di Almada non può mancare quando si parla dei primissimi giocatori portoghesi all time. Funambolo capace di qualsiasi prodezza, conquista l’amore incondizionato del Camp Nou prima di consumare il tradimento del secolo e di trasferirsi a Madrid, dove per qualche stagione si conferma come uno dei migliori giocatori al mondo e non solo nel suo ruolo. La superlativa stagione 99/000, in cui delizia la platea accanto al fuoriclasse brasiliano Rivaldo e poi si regala un campionato Europeo stellare, secondo probabilmente solo a quello di Zidane (ricordare per credere il gol da fantascienza contro gli inglesi, o la superlativa prestazione dei quarti di finale), gli vale un discusso ma non immeritato pallone d’oro. Positiva, per quanto vissuta un po’ da quarto o quinto violino, anche la parentesi interista, in cui Figo si ricicla anche come efficace rifinitore classico a causa della ridotta mobilità.

2) Eusébio



La Pantera Nera, formidabile attaccante nato e cresciuto in Mozambico (all’epoca colonia portoghese), è stato – fino all’avvento di CR7 – il giocatore portoghese più forte e rappresentativo di sempre, nonché uno dei bomber più continui e prolifici che si siano mai visti su un campo di gioco. È la stella indiscussa del grande Benfica degli anni ’60, nonché la risposta europea al grande Pelé.
Attaccante che coniuga uno strapotere atletico formidabile con un fiuto del goal pazzesco, ha tutto quello che un grande centravanti dovrebbe avere: potenza, velocità, tiro da fuori, colpo di testa, ottima tecnica. Amava sovente partire largo sulla fascia per sfruttare la rapidità, per poi accentrarsi e concludere a rete grazie ad un tiro potentissimo. In 440 partite col Benfica segna la bellezza di 473 e con la nazionale portoghese il suo apporto non è da meno: 41 goal in 64 partite, e il suo mondiale del ’66 è da far vedere nelle scuole calcio: è sempre decisivo sotto rete, segna 9 reti ed è solo grazie a lui che il Portogallo strappa un insperato terzo posto.

1) Cristiano Ronaldo

Protagonista di due o forse tre carriere, immortale come solo un certo Ferenc Puskás, Cristiano Ronaldo è il massimo fuoriclasse mai nato in terra portoghese, nonché, forse, il massimo atleta della storia del calcio, e direi anche colui che ha traslocato nel meno osssessivo mondo del pallone la Mamba Mentality resa celebre in NBA da Kobe Bryant (ma che di fatto appartiene anche ad altri fenomeni come Larry Bird, Kevin Garnett o allo stesso LeBron James). Cristiano Ronaldo non ha mai smesso di lavorare su se stesso, e anzi ha decuplicato gli sforzi nel momento in cui l’avanzare degli anni ha cominciato a fargli pagare dazio; la sua contrapposizione a Lionel Messi, poi, ha soffiato nelle trombe della sua personale ossessione, obbligandolo a sforzi supplementari inauditi. Che poi, volendo essere precisi, di quanti Cristiano Ronaldo dovremmo parlare? Dell’ala funambolica e tecnica che fa luccicare gli occhi a Ferguson? Del giocatore totale che domina la Premier e la Champions per tre stagioni, iniziando a inquadrare la porta come il più letale dei centravanti? Del bomber più prolifico della storia del Real Madrid, club con il quale riscrive la storia sia a livello personale che nei numeri e nei trionfi? Del recordman di reti in maglia lusitana, di colui che è protagista tanto a Euro 2004 quanto a Euro 2021 e che contribuisce a portare a Lisbona un titolo Europeo, contro ogni pronostico? Del giocatore che prova da solo e di peso a trascinare una Juventus bolsa e declinante fuori dalle sabbie mobili di campagne europee un po’ deludenti?
Pare incredibile ma stiamo parlando sempre dello stesso giocatore, di un atleta soprannaturale, dotato di grandissima velocità di esecuzione, dell’elevazione di un cestista NBA, della forza fisica di un nove puro, dell’intuito letale in area di rigore dei massimi opportunisti della storia. Fenomeno futurista davanti al quale bisogna solo inchinarsi.

Pezzo a cura di FRANCESCO BUFFOLI e TIZIANO CANALE

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