Andrés Iniesta è tra i pochi giocatori in grado di mettere d’accordo tanto gli implacabili del risultato quanto gli esteti: la bellezza quasi eterea del suo gioco ha agevolato anziché castrato la sua propensione alla concretezza. Iniesta non ha mai collezionato numeri straordinari, in termini di assist e gol, ma ha riservato le giocate pesanti ai momenti decisivi, e questa sua impagabile dote ha fatto la differenza soprattutto in Europa.
Abbiamo quindi deciso di ripercorrere le tappe fondamentali della sua straordinaria carriera europea, culminata in quattro Champions League e costellata di prestazioni da tramandare ai posteri.
Barcellona-Arsenal 2-1
17 maggio 2006, Stade De France (Parigi)
Le avvisaglie c’erano tutte: la partita da furetto (quasi minorenne) a tutto campo contro l’Udinese, l’Iniestazo ante litteram sfiorato nel 2005, e soprattutto un contributo notevole per lucidità e precisione a San Siro nel mese di aprile 2006, quando Iniesta (fungendo da supporto del fenomeno del momento, un Ronaldinho stellare) si guadagna voti alti su tutti i giornali e gli applausi del suo tecnico. A Parigi, circa un mese più tardi, Iniesta parte però dalla panchina e non la prende bene; come molti grandi sa però aspettare che la partita venga a lui, e quando Rijkaard lo spedisce in campo contribuisce a trasformare lo scenario della finale. Affiancato da un Deco in stato di grazia, Iniesta si colloca a metà tra centrocampo e attacco e mette ripetutamente in crisi gli avversari londinesi, sia con la visione di gioco (splendide almeno due aperture) che quando la sua accelerazione palla al piede (impercettibile eppure decisiva) gli consente di seminare avversari. La prestazione merita una menzione anche perché coronata da un assist decisivo, un filtrante rasoterra (il suo marchio di fabbrica) che da oltre venti metri imbecca Eto’o e gli consente di superare Lehmann.
Barcellona-Bayern Monaco 4-0
7 aprile 2009, Camp Nou (Barcellona)
In Spagna si parla a lungo del primo tempo più bello della storia del calcio, vengono scomodati il Grande Real, l’Ajax e il Milan che furono, e per una volta la stampa non si fa fuorviare dalla retorica: il Barcellona della primavera del 2009, quando ingrana, diventa una macchina da calcio in grado di riempire gli occhi anche dei critici più esigenti, e il primo tempo del quarto di finale contro il Bayern Monaco è uno dei momenti più alti della sua cavalcata europea. Iniesta disputa una partita sensazionale, avviando l’azione del primo gol e partecipando a innumerevoli altri scambi e combinazioni di una bellezza stordente, combinando il passo della mezzala moderna e la classe del fantasista sudamericano.
Chelsea-Barcellona 1-1
6 maggio 2009, Stamford Bridge (Londra)
Non spreco fiato a rievocare quella che rimane una delle partite più controverse e discusse degli ultimi anni. Rievoco invece le gesta del piccolo genio spagnolo, in quella che è forse la più grande prestazione da uomo solo al comando di un fuoriclasse che è stato soprattutto un superlativo direttore d’orchestra. Il Barcellona a Londra, il 6 maggio del 2009, è frastornato e fortunato sotto molteplici aspetti, non ultimo quello arbitrale, ma la giocata che rovescia la storia recente del calcio, come noto, la confeziona Iniesta nei minuti di recupero del secondo tempo, peraltro pescando in un carniere che di norma non gli è congeniale (il tiro di prima da fuori area). Nei novanta minuti precedenti, Don Andrés pare peraltro un uomo lasciato solo a combattere contro il destino: fa a sportellate con i ben più equipaggiati Essien e Lampard, si invola almeno due volte palla al piede in mezzo a nugoli di avversari, e più in generale è l’ancora di salvezza del peggior Barcellona della stagione.
Barcellona-Manchester United 2-0
27 maggio 2009, Stadio Olimpico (Roma)
Reduce dall’annata che l’ha definitivamente consacrato tra i fuoriclasse contemporanei, a mio parere la migliore della sua carriera (Iniesta nel 2009 ha una gamba tale da giocare come numero otto a tutto campo, decisivo in tutte le fasi di gioco e di continuità inattaccabile), Iniesta rischia di saltare il momento clou, ovvero la finalissima con il Manchester United, una sorta di All Star Game che raccoglie una quota importante dei migliori giocatori del mondo. Fortunatamente il piccolo spagnolo recupera la condizione e, anche se il medico gli raccomanda di non calciare con troppa forza dalla distanza, si esibisce in quella che forse è la prestazione più bella della sua carriera europea, in perfetta sintonia con il gemello Xavi. Superati i primi minuti di affanno, quasi letali per la squadra in un paio di occasioni, Don Andrés cambia marcia, macina venti metri buoni palla al piede e serve a Eto’o un pallone che il fuoriclasse camerunese valorizza ancora una volta al meglio. Siamo al decimo minuto e da quel momento la partita sarà una sorta di esibizione del Barcellona, e soprattutto dei due genietti del centrocampo, che nascondono il pallone ai dirimpettai, gestiscono i tempi del gioco e della manovra, creano diversi pericoli. Quando Don Andrés esce dal campo, stremato, persino l’arbitro si congratula con lui.
Come disse tale Alex Ferguson, «It wasn’t really Messi who was the problem. It was Iniesta and Xavi. They can keep the ball all night long» (Non è stato Messi il vero problema. Sono stati Iniesta e Xavi. Loro hanno tenuto il pallone a lungo tutta la notte).
Barcellona-Arsenal 3-1
8 marzo 2011, Camp Nou (Barcellona)
Come già due anni prima in Inghilterra, nel marzo del 2011 Iniesta si dimostra ancora una volta l’uomo cui il Barcellona deve aggrapparsi quando le cose non funzionano, o meglio quando la situazione non si sblocca. I catalani dominano in lungo e in largo gli avverari, ma faticano a concretizzare, anche perché le occasioni pulite non sono numerose. A fine primo tempo, Iniesta disegna un’opera d’arte contemporanea, recuperando un pallone sulla trequarti, superando gli avversari con una croqueta di laudrupiana memoria e servendo a Messi un assist capolavoro, un assist che il fenomeno argentino ripaga con un gol altrettanto memorabile. Nel secondo tempo, dopo che i londinesi hanno pareggiato grazie a un autogol di Busquets, Iniesta riprende in mano la squadra, coadiuvato da Messi e Xavi, e con uno spunto palla al piede (ancora una volta, un’accelerazione quasi impercettibile ma pressoché incontenibile) consente ai suoi di siglare il gol del vantaggio. In mezzo alle due giocate decisive, tanta classe e una lunga serie di giocate da palati fini.
Barcellona-Shakthar Donetsk 5-1
6 aprile 2011, Camp Nou (Barcellona)
Il 2011 è, con il 2009, l’anno di grazia dell’Illusionista, che, specie nella seconda parte di stagione, perfeziona il suo calcio cerebrale, fatto di pura intelligenza e di puro intuito, ma anche di grandissima efficacia. I quarti di finale contro gli Ucraini dello Shakhtar a posteriori sono stati quasi una formalità, ma ciò nulla toglie a una delle partite più incisive della carriera di Don Andrés, che sblocca il match, inventa un assist pirliano con un’apertura al millimetro e più in generale pare giocare con una leggerezza che gli consente di semplificare anche le operazioni più difficili, dote appannaggio solo dei grandissimi. Anche per la UEFA l’uomo più di quel Barcellona straripante è lui e direi quindi che la partita merita di figurare in questa lista.
Barcellona-Manchester United 3-1
28 maggio 2011, Wembley (Londra)
Obiezione accolta: quella sera, più di Iniesta, incantano Messi e Xavi, almeno secondo l’adagio dominante, e personalmente condivido la lettura. Ciò non toglie che anche il fuoriclasse di Fuentenalbilla confermi per l’ennesima volta di vivere un momento di grazia, raccordando il gioco in decine di occasioni, districandosi ripetutamente in mezzo agli avversari, facendo leva sulle sue superiori doti tecniche e di intelligenza per agevolare il dominio globale dei suoi. A quella partita manca forse la ciliegina, la singola giocata da tramandare ai posteri, ma sul piano prestazionale Iniesta quella sera si accomoda in ogni caso su un piano altissimo.
Barcellona-Milan 4-0
12 marzo 2013, Camp Nou (Barcellona)
I fasti dell’epopea di Guardiola sembrano già un lontano ricordo nella primavera del 2013: il calcio da showtime degli anni precedenti si vede solo a sprazzi, nel corso della stagione 2012/2013, ed è quasi sempre Messi, quando è in salute, a togliere le castagne dal fuoco dei suoi. Il record di punti nella Liga è tutto targato Leo, ma se c’è un giocatore che nel corso dell’anno non sfigura al cospetto del fenomeno argentino questi è Don Andrés, che vive una delle stagioni migliori della carriera sul piano della prolificità (negli assist). Gli ottavi di Champions vedono i catalani contrapposti a un Milan già declinante e a San Siro, contro ogni pronostico, i rossoneri dominano dei blaugrana irriconoscibili, con Iniesta che sembra la versione scarsa di Colombo e non ne azzecca una.
Difficile però per uno come lui sbagliare due gare importanti di fila, e infatti in Spagna Andrés, Xavi e Messi tornano a giocare al meglio delle loro possibilità, la Gazzetta dello Sporti titolerà “Il ritorno del tiki-taka” e Iniesta declamerà il suo calcio sofisticato, fatto di controlli in un fazzoletto, dribbling portati a termine camminando e verticalizzazioni che diventano logiche solo una volta giunte a destinazione, il tutto per novanta minuti buoni e impreziosito da un assist che è morbidezza allo stato puro. La duplice batosta subita dal Bayern poche settimane chiuderà in malo modo la stagione europea dei catalani e di Iniesta, ma questo nulla toglie alla splendida gara di rimonta e al calcio ammirato contro i rossoneri.
Barcellona-Atletico Madrid 1-1
1 aprile 2014, Camp Nou
La stagione 2013/2014 è una delle più difficili del recente passato blaugrana, almeno sino al tracollo del nuovo decennio, ma i quarti di finale della Champions vedono in ogni caso in azione una delle versioni più brillanti di Don Andrés, che nell’occasione torna a vestire i panni del One Man Team, specie nel corso di una ripresa che regala alcuni dei lampi migliori della sua carriera. Dopo un tempo di sofferenza, Iniesta cambia marcia e con l’allora giovane Neymar consente ai suoi di trovare il pareggio e di sfiorare in più occasioni il gol del sorpasso, laddove Messi – l’Atletico Madrid era la sua kryptonite – è per una volta un ectoplasma, quasi l’uomo in meno. Il diagonale con cui Don Andrés serve Neymar ai fini del pareggio è un cioccolatino e un saggio della sua superiore capacità di leggere i movimenti dei compagni. Perdonerete la frase poco elegante, ma un grande appassionato e intenditore di mia conoscenza quella sera, dopo l’ennesima giocata da artista, scrisse “Iniesta sta scopando con il pallone” e direi che la sua prestazione non poteva essere inquadrata meglio.
Barcellona-Juventus 3-1
6 giugno 2015, Olympiastadion (Berlino)
Il premio assegnato a fine gara a Iniesta fu salutato da alcuni suoi detrattori (esistono, benché risulti difficile anche solo pensarlo) come una forzatura, ma chi scrive non condivide. D’accordo, Suárez e Buffon non furono da meno, anzi, e alcune giocate di altissimo profilo portano la loro firma, rendendoli forse anche più decisivi dello spagnolo. Ciò non toglie che, anche nell’ultima finale disputata, Iniesta si confermi giocatore che alza l’asticella quando le circostanze e la posta in palio lo richiedono: dopo pochi minuti, regala al compagno di reparto croato un assist che è un gioiello di intuito e velocità di esecuzione; quindi, quando il forcing della Juve mette un po’ a repentaglio la solidità degli spagnoli, Iniesta prende in mano le redini del gioco, divora avversari come ai tempi d’oro e viene sostituito solo quando proprio non ne ha più. Forse non una prestazione leggendaria, ma sicuramente tra le più incisive della sua carriera, il degno coronamento di una militanza europea che non ha quasi paragoni.
Nelle stagioni successive, Iniesta sarà ancora in grado di fornire un contributo importante, a volte anche determinante, ma non si vedranno più, a mio parere, le stesse prestazioni magistrali sopra brevemente descritte.