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Il sinistro di Paulo, i sinistri di Futre

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E’ stato un giocatore di livello tecnico superiore. Jorge Paulo Dos Santos Futre, conosciuto in campo solo con il cognome. La sua storia calcistica è bella, ma lascia anche l’amaro in bocca per quello che avrebbe potuto essere e non sarà più. La vicenda di un fantasista di straordinario talento, capace di giocate impensabili sulla fascia e per vie centrali. La vittoria in Coppa dei Campioni nel 1987 e il Pallone d’argento, come secondo miglior giocatore europeo in quello stesso anno.

Una (quasi) meteora nel campionato italiano, ma non certo per colpa sua. Il 21 novembre 1993 un incidente proprio all’esordio con la maglia della Reggiana limita per sempre le prestazioni di uno dei più talentuosi giocatori portoghesi di sempre, a mezza strada cronologica fra Eusebio e Cristiano Ronaldo. Tutto inizia e finisce praticamente lì. Da quel momento Futre si trascina in campo e fuori, ci riprova ma non è più lui. Appena scoccata la trentina vincerà lo scudetto con il Milan nel 1996, ma da vero turista del campo di gioco. La carriera a metà di un sinistro che sembrava andare spedito verso i più grandi traguardi anche senza l’ausilio della gamba destra.

Paulo Futre contro il Bayern [https://www.calcionazionale.it]



Non uno qualsiasi


Per una volta facciamo iniziare questa storia…dall’inizio. Paulo Futre nasce a Montijo nel febbraio del 1966. La cittadina natale dista da Lisbona meno di 50 chilometri. Dalla Capitale si arriva e si torna grazie al Ponte 25 aprile, là dove finisce un continente e inizia un Oceano. Fin da bambino gli occhi di Paulo guardano verso la grande città anche senza il binocolo. Ma non vuole andarci a vivere così, tanto per fare qualcosa di diverso. Sa di avere un talento e intende valorizzarlo al di là del fiume Tago, dove ci sono le squadre che nel campionato portoghese contano davvero. Lisbona e i dintorni sono segnati da quel Ponte. Da una parte all’altra di quei quasi tre chilometri a tre corsie cambia il mondo.

O meglio, cambia la percezione del mondo. Allo Sporting si accorgono presto di non avere a che fare con uno qualsiasi. Non sarà un leader carismatico quel ragazzo, troppo etereo di carattere e incostante nel rendimento per tenere banco e galvanizzare i compagni nei momenti topici, ma quando mette la trazione anteriore toglierli il pallone è complicato. Non ha neppure 18 anni e non teme di puntare palla al piede avversari di maggiore esperienza, per segnare e far segnare gol importanti. D’accordo, non sarà sempre continuo, soprattutto sembra un giocatore che ha bisogno della vicinanza di compagni e tifosi per dare il meglio, ma il piede sinistro sa ripagare chi crede nelle sue possibilità.

La consapevolezza di un talento gli dà la forza necessaria per andare avanti. 3 gol in 21 presenze è il ruolino di marcia cadenzato della matricola Futre in Primeira Divisão con la maglia bianco verde. Quando si decentra e parte dalla fascia laterale (a sinistra per i cross dal fondo o da destra per rientrare al centro e tentare la soluzione personale), a molti ricorda per stile di gioco e caratteristiche fisiche l’olandese Gerald Vanenburg, tornante vecchio stampo della Nazionale Campione d’Europa 1988. Stessa corporatura minuta, stessa capacità di saltare l’avversario, diverso il piede preferito. In quel ruolo di attaccante e con quella libertà tattica, il talento di Futre esplode. Il problema dello Sporting Lisbona è semmai un altro: il ragazzo viene messo sotto contratto dal Porto, che nell’estate del 1984 ha fatto una proposta irrifiutabile.

Numeri e gol di Futre



Anni gloriosi e tanti trofei



Al primo anno nel Porto, è subito scudetto. Poi la stagione successiva Futre e compagni concedono il bis. Gli operatori di mercato italiani cominciano ad annotare il nome del ragazzo, che forse ha un solo difetto, a torto ritenuto tale: è portoghese, in una fase storica in cui la Primeira è considerata una sorta di passeggiata archeologica nella periferia d’Europa. Ci vuole una sana lezione calcistica per tutti coloro che la pensano così. Ok, non saranno più i tempi di Eusebio, Torres e dello stesso Nené Tamagnini, ma il campionato offre ancora buoni talenti. La lezione sperata, arriva. È il 27 maggio 1987. Al Prater di Vienna Paulo Futre e compagni affrontano il Bayern Monaco nella finale di Coppa dei Campioni.

Secondo gli esperti della vigilia, la vittoria tedesca è scontata. E sembrano avere ragione loro, perché a 13 minuti dal termine il Bayern conduce 1-0. È dura, perché senza un attaccante di peso come Fernando Gomes le possibilità di segnare si riducono. Ma sono proprio i giocatori che non ti aspetti, il brasiliano Juary e l’algerino Madjer, ispirati da un grande Futre, a ribaltare il risultato in tre minuti e a portare la Coppa sulle sponde dell’Atlantico. Nel 1987 il fantasista portoghese passa all’Atletico Madrid e nella prima stagione spagnola ottiene il Pallone d’Argento, trofeo che lo accredita come il secondo miglior giocatore in Europa per quell’annata. Trascorre sei stagioni con i colchoneros, vincendo due Coppe del Re e ottenendo un secondo posto in campionato. Poi, nel 1993, dopo due brevi e non felici esperienze al Benfica e all’Olimpique Marsiglia, si aprono per Paulo Futre le porte del campionato italiano.



Italia amara


Dopo la Francia la tappa successiva è la Serie A, Futre arriva a stagione cominciata. Il 17 novembre 1993. Stadio Meazza di Milano, Italia e Portogallo si affrontano per le qualificazioni al Mondiale di USA ’94. Vincono gli azzurri 1-0. Al termine del match i giocatori lusitani si recano quasi tutti a Malpensa per prendere il primo aereo per Lisbona. Uno di loro prende la direzione opposta: autostrada A1, direzione Reggio Emilia. Incredibile a dirsi, la neopromossa Reggiana è riuscita a mettere sotto contratto Paulo Futre grazie a un blitz dell’allora amministratore delegato Franco Dal Cin.

All’arrivo in città del campione c’è una folla mai vista in precedenza. Ovazione davanti al teatro Municipale con centinaia di persone che vogliono osservare Futre da vicino, fargli sentire tutto il calore di tifosi, fargli capire cosa significa per loro la maglia. L’occasione per vederlo in azione arriva subito. Allo stadio Mirabello il 21 novembre c’è Reggiana-Cremonese, valida per la dodicesima giornata di Serie A.

Non è una partita di cartello ed è perfino prevista la neve quella domenica. Giocano titolari dal primo minuto i due nuovi acquisti: Futre e il romeno Mateut. Tutto esaurito e record d’incasso. I granata, che non hanno ancora mai vinto, scendono in campo con: Taffarel, Accardi, Sgarbossa, Parlato, Zanutta, De Agostini, Morello, Scienza, Padovano, Futre, Mateut. Con una squadra che comprende un futuro campione del mondo come il portiere Taffarel, un difensore dell’esperienza di De Agostini, due buoni attaccanti come Padovano e Mateut e soprattutto un fantasista a tutto campo come Futre, 25 anni fa si lottava per salvarsi, oggi si potrebbe pensare più in grande.

Paulo Futre con la maglia della Reggiana



Il paradiso e l’inferno in 82 minuti



Il primo tempo di Reggiana-Cremonese finisce 0-0 ma il pubblico di casa capisce che il numero 10 può modificare gli equilibri. Al 61’ lo stadio esplode: Zanutta passa a Morello. Con un gesto atletico in scivolata dal limite dell’area l’attaccante scuola Inter mette in movimento Futre. Dalla destra il numero 10 si accentra, con una finta si libera di un difensore e con un sinistro rasoterra fulmina Turci sul primo palo. Perfezione tecnica. Esordio con gol, sembra l’inizio di un sogno a colori, ma venti minuti dopo il sogno si trasforma in incubo. Otto alla fine, Futre si invola sulla destra ma viene fermato da un intervento durissimo di Pedroni, forse più scomposto che cattivo nelle intenzioni.

Il difensore della Cremonese viene espulso, Paulo Futre non si alza da terra. Lo stadio ammutolisce. A un minuto dalla fine Mateut segna il gol definitivo della prima vittoria reggiana, ma la gioia sugli spalti è una festa a metà. Il responso è pesante: frattura subtotale del legamento rotuleo del ginocchio destro. Si parla subito di due-tre mesi di stop, in realtà Futre rientra un anno dopo. La stagione successiva Futre è di nuovo in campo ma non si esprimerà più ai livelli precedenti all’infortunio. Trascina la gamba e si vede.

Segna 4 gol in 12 partite che non serviranno a salvare la Reggiana, poi il fantasista portoghese passa al Milan. Per tasso tecnico sarebbe senz’altro titolare, ma nelle gerarchie Baggio, Weah, Savicevic vengono tutti prima di lui. In una stagione gioca una sola partita, l’ultima di campionato, proprio contro la Cremonese. Diventa quindi Campione d’Italia con i rossoneri, ma quello è uno scudetto che non sente, non può sentire suo.



Mai più lo stesso


Non avrà miglior fortuna nel successivo passaggio agli inglesi del West Ham (stagione 1996-97) e nemmeno al momento del ritorno all’Atletico Madrid (1997-98). Viste le precarie condizioni fisiche sceglie un campionato remunerativo sul piano economico ma meno logorante di altri, la J-League giapponese. Per un anno indossa la maglia degli Yokohama Flügels (1998). A soli 32 anni la carriera di Paulo Futre termina in Giappone.


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