Immagine di copertina: il 17enne Pelé piange di gioia tra le braccia del compagno Gilmar dopo la vittoria del Mondiale ’58
Dopo i dieci più forti calciatori televisivi dopo i 30 anni, abbiamo voluto lanciarci in una nuova singolare top ten. Radunando i dieci migliori calciatori televisivi prima di compiere 20 anni. Abbiamo guardato al valore del giocatore e delle carriere, ma chiaramente l’aspetto prioritario è stato osservare ancora cosa sono stati capaci di fare prima di compiere 20 anni: le loro vittorie, il loro impatto soprattutto a livello internazionale, la considerazione che già erano stati in grado di riscuotere nei contemporanei. Ci sono state esclusioni dolorose e di conseguenza ci piace ricordare alcuni tra coloro che non troveranno posto in questo elenco: difensori come Elias Figueroa (capace di esordire nel massimo campionato cileno a 18 anni ed essere già un fenomeno), Paolo Maldini (a 17 anni e rotti già titolare del Milan), Franco Baresi (scudetto della stella 19enne da leader difensivo del Milan) o Giuseppe Bergomi (campione mondiale con l’Italia a 18 anni). Oppure ancora attaccanti come Patrick Kluivert, che a 19 anni decise una finale di Champions League (Ajax-Milan 1-0 1995) e veniva già da due annate importanti con i Lancieri. E ancora giocatori che parevano destinate a carriere sfolgoranti ma poi non hanno mantenuto le promesse, come il nordirlandese Norman Whiteside, il più giovane debuttante di sempre ai Mondiali (nel 1982, a 17 anni, 1 mese e 10 giorni). E diversi altri. Ad ogni modo ecco le nostre scelte.
10) Raúl González Blanco
27 giugno 1977-27 giugno 1997
Chi scrive ha avuto la fortuna di imbattersi per la prima volta in Raúl nella primavera del 1996, quando il giovanissimo spagnolo decide il quarto di finale d’andata tra il suo Real e la Juventus, che avrebbe rimontato al ritorno. Nel 1996, il fuoriclasse spagnolo è da tempo sulla bocca degli appassionati: reduce da una stagione da protagonista nel Real che riporta nella capitale la Liga dopo gli anni dominati dal Barcellona, nel 1996 Raúl è titolare inamovibile dei Blancos a dispetto del 19 anni, e l’anno seguente farà ancora meglio: 21 gol in 42 partite, una maturazione precoce che gli consente di giocare come un veterano, anche come uomo assist e leader a tutto campo, tanto che il settimo posto nella graduatoria del pallone d’oro del 1997 non è casuale…
9) Neymar
5 febbraio 1992-5 febbraio 2012
La sua carriera non è stata sempre all’altezza delle enormi speranze suscitate quando era un adolescente. Ma questo toglie poco all’impatto quasi senza precedenti – se escludiamo un certo Pelé – di Neymar sul calcio brasiliano. A 17 anni, mette a referto 13 gol in campionato, ma soprattutto sembra venire da un altro pianeta, a dispetto del fisico da bambino malnutrito delle favelas: alla stregua dei suoi predecessori Garrincha e Ronaldinho, si muove contemporaneamente in più direzioni e ha il velluto nei piedi. Nel 2010, a 18 anni, inizia a far parlare di sé tutto il Sudamerica, tanto da classificarsi terzo nella classifica del pallone d’oro continentale. L’anno seguente, ancora da Under 20, diventa con margine il miglior giocatore del subcontinente, vince da leader la Libertadores e regala le prime magie in nazionale, vincendo il pallone d’oro sudamericano e segnando gol che sfidano le leggi della fisica. L’anno seguente il copione è il medesimo, fatta eccezione per l’eliminazione in semifinale di Coppa Libertadores. Dopo Pelé, solo a Neymar è toccato l’onore di essere escluso dalla corsa alla Bola de Ouro per manifesta superiorità sulla concorrenza. Una decisione che rende l’idea, più di tante parole, della nomea del fuoriclasse brasiliano da quando era poco più che un bambino.
8) Michael Owen
14 dicembre 1979-14 dicembre 1999
La sua carriera non è stata all’altezza delle aspettative, anche a causa dei gravi e ricorrenti problemi fisici, ma sarebbe ingiusto sottovalutare l’impatto del Michael Owen teenager sul calcio inglese e anche mondiale: l’attaccante di Chester – così come il sodale Beckham – non è stato solo uno dei giocatori più ammirati dalle ragazze della sua epoca, ma anche un attaccante minuto e velocissimo, che nei primi anni di carriera sembrava aver montato la marmitta truccata. Nel corso della stagione 1997/98, dopo alcune partite di apprendistato, Owen decolla e inizia a guadagnarsi l’ammirazione di tutta la madrepatria, collezionando numeri da campione navigato (18 gol in 36 partite) e prendendosi anche la maglia della nazionale. Il capolavoro confezionato contro l’Argentina al Mondiale di Francia ’98, con una progressione di una leggerezza impagabile e che denota la naturalezza appannaggio dei grandissimi, lo consacra nell’immaginario collettivo mondiale come uno dei pochi attaccanti quasi degni dell’accostamento al Fenomeno Ronaldo. La stagione 1998/99, pur un filo meno brillante, lo vede comunque segnare con regolarità e confermarsi uno dei giocatori più importanti d’Oltremanica.
7) George Best
22 maggio 1946-22 maggio 1966
Come noto, George Best non è stato un esempio di professionalità né di longevità, ma è anche vero che la sua precocità compensa – almeno in parte – il precoce avvicinamento al viale del tramento. Best è il massimo talento del calcio d’Oltremanica, sul piano tecnico, probabilmente già nella stagione 1964/65, quando ha 18 anni: se nel corso della stagione precedente, da bambino, ha fatto luccicare gli occhi dei tifosi con alcune trovate geniali, la stagione successiva lo vede maturare fino a diventare un giocatore vero, capace di imporsi come titolare nella squadra che vince il titolo e di declamare calcio con maggiore continuità, anche in Europa. Nel 1965/66 la maturazione è pressoché completa, Best si iscrive nella cerchia dei massimi giocatori del pianeta e fa cadere la mandibola a mezza Europa in Coppa dei Campioni, in particolare nella leggendaria apparizione a Lisbona, in cui sventra il Benfica. Non ha ancora compiuto 20 anni ed è già un fenomeno. Come disse a Matt Busby il suo scoutman Bob Bishop quando vide Best la prima volta «I found a genius» (ho trovato un genio).
6) Ronaldo
16 settembre 1976-18 settembre 1996
Il vero Fenomeno, il marziano capace di passare attraverso i corpi dei difensori a una velocità supersonica, sale in cattedra poco dopo i 20 anni, più precisamente dai 20 a 22-23. Ma già prima dei 20 si parla di Ronaldo come di un attaccante dalle potenzialità irreali. Dopo le giovanili al Flamengo, passa al Cruzeiro dove a 17 anni si mette in luce e guadagna un posto nei convocati per il Mondiale di USA ’94. Ma il ct Parreira non lo fa giocare nemmeno un minuto. Ronaldo va in Olanda, nel PSV Eindhoven, e si consacra: 35 gol il primo anno, 19 il secondo, cifre condizionate da un infortunio. E quella sensazione di immarcabilità, quando parte in slalom seminando avversari come birilli, che diventerà il suo marchio di fabbrica negli anni seguenti. In totale prima dei 20 anni vanta 103 reti in 116 partite. A livello di trofei conquista 1 campionato Mineiro, 1 Coppa del Brasile e 1 di Olanda, mentre sul piano individuale si laurea capocannoniere del campionato di Mineiro, della Supercoppa sudamericana e una volta del campionato olandese. Il Fenomeno è pronto a prendere il volo e a Barcellona, tra i 20 e i 21 anni, diventerà il crack che tutti ancora ricordano.
5) Tostão
25 gennaio 1947-25 gennaio 1967
A 26 anni la sua carriera calcistica si interrompe bruscamente per un problema all’occhio. Un peccato perché fino a quel momento Tostão aveva dimostrato di essere un vero fenomeno. L’unico capace di dominare uno scontro diretto con Pelé in una finale. Anno 1966, in palio il titolo nazionale, l’ambita Taça Brasil. Il Cruzeiro di Piazza, Dirceu Lopes e del 19enne Tostão contro il grande Santos di Pelé, che sale sul tetto del Brasile da 5 anni consecutivi. Le due partite vedono un dominio, alla vigilia inaspettato, del Cruzeiro: 6-2 e 3-2. Tostão segna sia all’andata sia al ritorno. Ha 19 anni ed è già un asso, aveva esordito 15enne nell’America Mineiro e l’anno seguente era passato al grande Cruzeiro diventando subito una colonna. Quel magico 1966 lo consacra e lo proietta in nazionale, dove disputa anche gli sfortunati Mondiali 1966 nei quali segna una rete. In tutto prima dei 20 anni in nazionale mette insieme 7 presenze e 6 gol: un bottino ragguardevole. E negli anni successivi Tostão completa ulteriormente il suo bagaglio di risorse, diventando il giocatore chiave del Brasile anche più di un Pelé che pare declinante. Il ct João Saldanha vuole costruire su di lui la squadra del Mondiale ’70. Sarà esonerato poco prima della competizione, ma Tostão in Messico sarà comunque protagonista dopo un girone di qualificazione in cui ha letteralmente dato spettacolo. Tecnica creativa di prim’ordine, senso gol e dell’assist, sopraffina intelligenza tattica: un 9 che gioca da falso 9 e sa fare tutto. Peccato che il suo volo si interrompa – per colpe non sue – davvero troppo presto…
4) Gianni Rivera
18 agosto 1943-18 agosto 1963
Il ragazzo d’oro, la risposta italiana a Pelé, un Sivori che forse sarà persino meglio di Sivori, o, per dirla con Bernardini, un campione che non potrebbe sbagliare carriera nemmeno giocando su una gamba sola: queste le opinioni su Gianni Rivera tra fine anni ’50 e inizio anni ’60. Rivera nella stagione 1959/60 si conquista l’amore incondizionato di tutta Italia, e ha tra i 16 e i 17 anni, e gioca ad Alessandria. Superato a pieni voti il periodo di apprendistato, si trasferisce al Milan e impiega poco tempo a farlo suo: è il giocatore determinante dello scudetto del 1961/62, accanto al più maturo e intelligentissimo Dino Sani, e l’anno dopo rimette l’Italia sulla mappa d’Europa, piazzando lo zampino nel primo gol di Altafini e servendogli l’assist per il secondo nella finale di Coppa dei Campioni contro il Benfica. Non ha ancora 20 anni e probabilmente è il miglior giocatore italiano: classe purissima, la visione di gioco dei geni, una discreta gamba (a dispetto dell’etichetta di abatino appiccicatagli addosso dal giornalista Gianni Brera), un carisma trascendentale e la capacità di vedere la porta delle punte. Rivera è stato probabilmente il miglior under 20 italiano in assoluto, almeno nel dopoguerra.
3) Kylian Mbappé
20 dicembre 1998-20 dicembre 2018
Quando Mbappé vince il Mondiale 2018 in Russia a 19 anni e mezzo qualcuno azzarda il parallelo con Pelé, che trionfò a Svezia ’58 a 17 anni e mezzo. Sono gli unici due giocatori ad aver raggiunto simili livelli in un Mondiale prima dei 20 anni, anche se il brasiliano ha tenuto l’asticella ancora più in alto. Ma Mbappé in Russia è comunque un crack. Con Pogba e Griezmann il migliore dei suoi per rendimento, nonché artefice di una prestazione mostruosa negli ottavi di finale con l’Argentina: un 4-3 pirotecnico in cui Mbappé segna una doppietta, si procura un rigore dopo una volata impressionante a tutto campo e stravince il duello a distanza con la stella annunciata, Lionel Messi. Mbappé non è arrivato fin lì per caso: con il Monaco, 18enne, ha già vinto un campionato francese e trascinato i monegaschi alle semifinali di Champions League contro la Juventus. Tecnica non proprio così straordinaria, ma senso del gol ottimo, lunghe leve e un’accelerazione in campo aperto devastante. A oggi è il più autorevole candidato a raccogliere lo scettro di Messi e Cristiano Ronaldo come nuovo fuoriclasse di riferimento dei prossimi anni, ma ancora sembra mancargli l’ultimo step. E la sua miglior competizione in assoluto rimane quell’abbagliante Mondiale di Russia, dove a nemmeno 20 anni è forse la principale attrazione della Francia campione.
2) Diego Armando Maradona
30 ottobre 1960-30 ottobre 1980
Il più giovane debuttante di sempre nella nazionale argentina, a 16 anni e una manciata di mesi. Un fenomeno dalla nascita: a 13 anni guida la formazione giovanile dell’Argentinos Juniors, le Cebollitas (cipolline, perché la squadra era composta da giocatori di bassa statura), a 136 vittorie di fila. L’esordio in prima squadra è una logica conseguenza. Dal 1977 al 1980 in maglia Argentinos Juniors dà spettacolo disputando alcune delle più belle partite della sua intera carriera, vedi i famosi 4 gol segnati a Hugo Gatti contro il Boca Juniors nel 1980. Le sue doti tecniche sono disumane, il controllo di palla impressionante, e unito a questo l’energia, la vitalità, una continuità prestazionale forse mai più replicata in carriera con la medesima costanza, la straordinaria capacità di resistere ai contrasti e agli scontri più duri grazie a una fisicità notevole. Con l’Argentina conquista da protagonista assoluto il campionato del mondo Under 20 e nella nazionale maggiore raccoglie alcune prestazioni celestiali, come i 3 gol all’Austria (sua unica tripletta con l’Albiceleste) o la famosa partita di Wembley contro l’Inghilterra in cui gioca a un livello pazzesco nonostante la sconfitta. A 19 e 20 anni vince anche due Palloni d’Oro sudamericani e numerosi riconoscimenti internazionali: è già considerato il miglior calciatore del mondo, status che poi perderà di fatto fino al Mondiale ’86. I numeri di Maradona prima dei 20 anni sono a dir poco sensazionali: 186 partite e 124 gol, con l’aggiunta di 3 titoli di capocannoniere del campionato Metropolitano e 2 di quello Nacional, oltre al titolo mondiale Under 20 e la mancata convocazione (depennato all’ultimo) al Mondiale 1978 che avrebbe meritato di giocare per quanto mostrato in campo.
1) Pelé
23 ottobre 1940-23 ottobre 1960
Impossibile una scelta diversa. Forse c’è più distanza tra lui e il secondo che tra il secondo e il decimo. Pelé prima dei 20 anni semplicemente «arriva da Saturno» parafrasando il suo vecchio compagno al Santos Pepe. A una precocità unica (debutta a 15 anni nel Santos e va subito in gol; debutta a 16 e alcuni mesi in nazionale e va subito in gol) unisce un talento cristallino; una tecnica favolosa e concreta, non barocca; doti aeree e fisiche senza epigoni; e un senso del gol impressionante. Il suo avvento sulla scena mondiale è una folgorazione, tanto che il ct del Brasile Vicente Feola a un giornalista inglese amico suo prima del Mondiale confiderà: «Spero verrai a vederci in Svezia perché con noi giocherà quello che diventerà il più grande calciatore di tutti i tempi». Mai previsione è più profetica. Reduce già da un’annata sensazionale a 17 anni nel Santos, Pelé in Svezia è la stella assoluta di una squadra che si presenta sul proscenio internazionale con la paura atavica di fallire dopo l’onta del Maracanaço di 8 anni prima. Il Brasile è la bella incompiuta del calcio mondiale, con l’era Pelé e una generazione straordinaria sposa l’utile al bello e diventa la patria del gioco. In Svezia il giovane O Rei, non ancora 18enne, apre le danze con un magnifico gol al Galles nei quarti, demolisce la Francia con una tripletta in semifinale e in finale timbra 2 gol e 1 assist contro i padroni di casa della Svezia, MVP della partita. Nel 1959 in Coppa América continua a regalare spettacolo, capocannoniere e miglior giocatore, ma il Brasile si arrende in volata all’Argentina padrona di casa. A livello di vittorie di squadra, il Pelé prima dei 20 anni vanta 2 campionati Paulisti, 1 torneo Rio-San Paolo, una serie di trofei minori in nazionale e soprattutto il Mondiale 1958. Sul piano individuale le cifre sono soprannaturali: 188 partite, 220 reti. Non serve aggiungere altro.
Pezzo a cura di FRANCESCO BUFFOLI e NICCOLÒ MELLO