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Le 5 migliori squadre europee dal 1991 al 1995

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La prima metà degli anni ’90 è un lungo monologo tricolore che paradossalmente lascia un sentore di amaro in bocca, perché le squadre italiane potrebbero vincere più competizioni di quante non ne ottengano effettivamente. Le formazioni del Belpaese, anche di seconda fascia, in grado di raggiungere le fasi calde delle coppe invero non si contano: l’impatto del sacchismo, che favorisce un atteggiamento più propositivo anche da parte delle squadre meno blasonate del Milan, e la cascata di soldi che rende il nostro calcio il più ricco del mondo, sono i due segreti della supremazia del Belpaese sul resto del continente. Non mancano ovviamente anche le grandi formazioni straniere in grado di incantare l’Europa: avventuriamoci dunque nei magici anni ’90.

1990-1991

Dopo tre stagioni straordinarie, qualcosa si rompe nel rapporto tra Arrigo e i suoi fenomeni, e la squadra appare logora, incapace di essere davvero continua in campionato così come di imporsi in Europa, e infatti viene eliminata dai marsigliesi organizzati dal geniale Raymond Goethals e con pieno merito.

Non è facile stabilire quale sia la squadra migliore del continente nel 1991, e così alla fine mi faccio guidare dall’istinto e anche dai risultati: la Stella Rossa di Belgrado, che almeno dal 1987 è una formazione temibile e in cui il talento deborda, trova la formula giusta, non perde la testa nei momenti cruciali e vince una delle Coppe dei Campioni più celebrate della storia. Sul piano strettamente tecnico, è lecito ritenere gli jugoslavi la squadra migliore del mondo: Robert Prosinečki è giovanissimo ma gioca come il più navigato dei veterani e vede cose che i comuni mortali non vedono, mentre il Genio Dejan Savićević accantona lune e pause per giocare una stagione da pallone d’oro. La finale di Bari è una partita brutta e bloccata, come molte finali del tempo, ma nei turni precedenti la Stella Rossa ha espresso un calcio sofisticato, anarchico e spettacolare. In aggiunta, ha dominato il campionato jugoslavo.

Se parliamo di rosa e di collettivo, probabilmente l’Olympique Marsiglia di Raymond Goethals è anche più quadrato e completo degli slavi: il Marsiglia non solo si conferma la squadra migliore di Francia, ma anche in Europa fa il salto definitivo di qualità, e nei quarti di finale mette in crisi il Milan ben più di quanto non dica il risultato, formando una sorta di boomerang sul rettangolo da gioco: più intensi e corti dei rossoneri, più efficaci di loro nel pressing, i marsigliesi giocano decisamente meglio della banda di Arrigo e perdono la finale ai rigori.

In Italia è l’anno del miracolo Sampdoria, uno dei più affascinanti di sempre: la banda di Boskov esprime un grande calcio, efficace, duttile e spettacolare, in cui primeggiano un Vierchowod versione saracinesca, l’eterno Cerezo e ovviamente i gemelli del gol Vialli e Mancini, quest’ultimo votato all’unanimità miglior giocatore del campionato. Dopo la Coppa delle Coppe del 1990, che ha fatto seguito alla finale persa nel 1989, la Sampdoria consolida il proprio posto tra le grandissime del calcio mondiale.

L’avversaria più temibile per i doriani è l’Inter dei teutonici e del Trap, che dopo una stagione in chiaroscuro torna a girare al meglio. Lothar Matthäus, nel 1991, è probabilmente il giocatore più decisivo in circolazione e lo conferma anche la lunga e trionfale cavalcata dei nerazzurri in coppa UEFA: rimontato non senza difficoltà l’Aston Villa (le inglesi sono tornate della partita), l’Inter supera di slancio ogni avversario, ivi compresa la Roma finalista.

Per l’ultimo nome, dovendo escludere gli spenti rossoneri, secondo me la corsa coinvolge due team, il Bayern Monaco e il Barcellona, e la dirompente crescita del Dream Team, che torna a vincere la Liga, mi suggerisce di premiare i catalani. Alle solida fondamenta spagnole Johan ha aggiunto Koeman, Laudrup (il genio gentile) e Stoičkov (il leader sporco e cattivo) e così la Liga è uno spettacolo. In Coppa delle Coppe, in finale prevale a sorpresa il redivivo Manchester United di Alex Ferguson, che dimentica le difficoltà della First Division e vince a sorpresa anche la Supercoppa Europea, ufficializzando che la quarantena del calcio dei sudditi di sua maestà è finita.

1991-1992

Dopo un anno in chiaroscuro, i rossoneri, passati sotto la guida di Fabio Capello, diventano uno schiacciasassi: non giocano in Europa per via del pasticcio imperdonabile di Marsiglia, ma sono la squadra più forte in circolazione.

Il Milan del 1991/1992 è una sorta di irripetibile ibrido tra il calcio di Sacchi e quello di Capello e veleggia grazie a un Marco van Basten colto al meglio delle sue immense possibilità: la concorrenza, in un campionato equilibratissimo, rimane a distanza di sicurezza e nessuno si azzarda a discutere la superiorità del Milan, che chiude da imbattuto.

In Europa, è finalmente giunta l’ora del Barcellona, che completa un palmares che aveva ancora dei buchi imperdonabili con la Coppa dei Campioni, l’ultima della storia, il trofeo agognato da decenni e spesso sfuggito sul filo di lana. La squadra di Cruijff probabilmente è inferiore al Milan ma esprime un calcio futuribile, tecnicamente meraviglioso, e a Wembley, al termine di una finale bellissima, porta a casa il trofeo che sognava da una vita. Nel frattempo, vince anche la seconda Liga consecutiva.

I tifosi sampdoriani ancora masticano amaro per la sconfitta di Wembley, che segna forse la fine della grande Sampdoria, ma noi di Game of Goals riteniamo giusto celebrare comunque la splendida cavalcata europea dei doriani, imperiosi soprattutto quando vincono a Belgrado, convincendo tutta Europa. La finale stregata toglie poco alla loro caratura internazionale.

L’Olympique Marsiglia non si ripete in Europa ma in Francia rimane la squadra da battere e supera di slancio il Monaco di Weah, che ha raggiunto la finale di Coppa delle Coppe: i marsigliesi sono un parterre di stelle e giocano un calcio modernissimo e aggressivo, figlio legittimo del sacchismo, declinato però in una chiave ancora più rigorosa e meticolosa – Goethals è uno dei massimi eredi di Happel e forse l’unico degno di sedersi accanto al maestro senza sfigurare.

In Inghilterra è l’anno del capolavoro del Leeds United, la squadra che mette a nudo le lacune del Manchester United di Sir Alex, superandolo in prossimità del traguardo, anche grazie ai colpi di genio di Mr. Eric Cantona. Non credo tuttavia che il Leeds sia squadra da cinquina, né forse lo è l’Ajax dei giovani arrembanti che soffia la Coppa UEFA al Torino, al termine di una partita maledetta che in Italia passa alla storia per l’istantanea di Mondonico che solleva la sedia per protestare contro il cielo, e a onore del vero – nonostante la squadra sia la classica formazione da angolino lacrimuccia – neppure lo Stoccarda campione di Germania è davvero degno di accomodarsi ai vertici. Tutto sommato, io voto per la Stella Rossa, a proposito di angolini lacrimuccia: la stagione maledetta del calcio jugoslavo, che prelude a un conflitto sanguinario, è anche l’ultima in cui trionfano il Genio e i suoi sodali, superando una squadra tecnicamente eccelsa come il Partizan di Belgrado. In Coppa dei Campioni, la Sampdoria espugna il Maracana e scrive la parola fine sull’avventura europea dei biancorossi, ma ciò non toglie che anche nel 91/92, pur avendo perso un pizzico della magia dell’anno precedente, gli slavi siano tecnicamente uno squadrone. Nel corso della stagione, peraltro, vincono anche la Coppa Intercontinentale con un 3-0 indiscutibile sui cileni del Colo Colo.

1992-1993

La finale maledetta di Monaco – una città destinata a rovinare la festa a un’altra squadra italiana di altissimo profilo, pochi anni dopo – nulla toglie alla dittatura rossonera sul Vecchio Continente: il Milan del 1992/1993 è una macchina da calcio che vanta pochi precedenti e pochi degni eredi. Plasmata dall’intuito di Capello, che smussa gli spigoli del sacchismo e torna tra le braccia della solida tradizione tricolore, la squadra di Milano è un orologio svizzero che riduce all’impotenza gli avversari, sia in Serie A che in Europa, e questo nonostante a dicembre debba rinunciare a un Marco van Basten che volteggia ad altezze siderali, distante anni luce dalla concorrenza. Nel finale di stagione, tuttavia, il Milan paga una certa stanchezza, e se il campionato rimane saldamente nelle sue mani (il Milan può permettersi il lusso di pareggiare le ultime cinque partite, avendo costruito un margine di sicurezza ampio sui concittadini), nella prima edizione della finale della neonata Champions “la biscia si rivolta al ciarlatano”, ancora una volta, e la biscia ha sempre le fattezze stralunate e vagamente trash di Raymond La Science Goethals.

Inevitabile quindi celebrare anche la straordinaria capacità di soffocare gli avversari del suo Olympique Marsiglia, ancora oggi l’unica squadra francese in grado di vincere la Coppa dalle grandi orecchie (le francesi sono specializzate in finali perse). I marsigliesi sono un dream team la cui rosa è inferiore solo a quella rossonera, in quanto include il leader Didier Deschamps, un Bokšić in formato pallone d’oro, il Pelé n. 2.0 e una coppia centrale di titani che rispondono al nome di Desailly e Boli. In Francia la squadra del genio belga supera in volata il PSG del fenomeno Weah, e in Europa sconfigge a sorpresa il Milan degli invincibili, e lo fa con merito, per la seconda volta in due anni.

A proposito di Dream Team, la prima metà degli anni ’90 è anche l’epoca del Barcellona di Cruijff, in termini di pura euforia estetica la squadra più bella del momento: in Europa i catalani scivolano nei primi turni, ma nella Liga sono ancora la squadra da battere, e il gioco posizionale/futurista pensato dal genio olandese è in anticipo di un decennio abbondante sull’orologio della storia, è una sorta di premonizione.

La Juventus di Roberto Baggio, che nel 1992/1993 gioca il miglior calcio della sua carriera, è un’altra delle formazioni di riferimento del panorama europeo. In campionato, la Juve non può reggere il passo del Milan e viene superata anche dall’Inter, ma in Coppa UEFA, grazie alle superbe invenzioni del suo fuoriclasse e una struttura di alto profilo, regala un grande calcio e trionfa: le semifinali con il PSG di Weah, uno dei giocatori più forti del mondo, e le finali contro il Borussia Dortmund, un classico del calcio anni ’90, sono il palcoscenico ideale per i piedi scamosciati di Roberto, artista ispirato e decisivo. Al suo fianco c’è un supporting cast di lusso: il secondo Baggio, Dino, ha il vizio del gol pesante, e la nutrita legione tedesca di Torino (Kohler e Andreas Mozart Möller) fornisce un contributo essenziale al successo europeo della Juve, il secondo in quattro stagioni.

In Inghilterra, inizia l’epopea del Manchester United di Alex Ferguson: scottato dal terribile finale di stagione del 1992, il Manchester United, grazie all’intuizione del suo leader, trova il tassello mancante del suo ricco ma incompleto puzzle in Mr. Genio e Sregolatezza Eric Cantona, che – parole di Giggs – trasforma una squadra ottima in una grande squadra, regalandole il tocco di magia che le mancava. La prima Premier League della storia si trasforma così in una cavalcata trionfale, in cui lo United esprime peraltro, in linea con la propria storia, un calcio di straordinaria bellezza.

1993-1994

Gli anni d’oro del Grande Milan: così potremmo intitolare il capitolo della nostra saga dedicato agli anni ’90. In virtù di uno di quei paradossi non così infrequenti nella storia del calcio, i rossoneri conquistano un double inatteso proprio nella stagione in cui devono rinunciare ai tre fenomeni olandesi, decisivi come nessun altro negli anni precedenti: van Basten, infatti, nella sostanza si è ritirato dopo la finale di Monaco, anche se l’ufficialità arriverà nell’estate del 1995, Rijkaard ha fatto le valigie per Amsterdam e Gullit per Genova. Nonostante questo, e nonostante un attacco che segna con il contagocce, il Milan 1993/1994 erige una barriera invalicabile davanti all’uomo dei record Sebastiano Rossi: se esiste una squadra che ha vinto e dominato soprattutto grazie alla straordinaria efficacia della sua fase difensiva, questa è il Milan di Capello della stagione in oggetto. Peraltro, come sappiamo tutti, in controtendenza al “cortomusismo” ante-litteram di tutta l’annata, in finale ad Atene i rossoneri surclassano sotto ogni aspetto il favorito Dream Team, scrivendo forse il capitolo più indimenticabile della loro storia.

Il Dream Team, ovvero il Barcellona di Cruijff, nel corso della stagione gioca un calcio lunare e di una bellezza tecnica quasi stordente, anche perché ha annoverato tra le sue fila il terribile Baixinho Romário, forse l’uomo gol più cinico e dotato in circolazione. La finale di Atene chiude anzitempo la straordinaria avventura di Cruijff quale tecnico, de facto, perché Johann non si riprenderà mai del tutto da quella sonora lezione, ma toglie poco al calcio indimenticabile della sua creatura.

Il Manchester United spicca definitivamente il volo: in Champions una brutta disavventura turca lo priva della possibilità di raggiungere le fasi calde della competizione, ma l’Inghilterra intera è ai piedi del suo passing game che Ferguson esalta come poche altre volte nel corso della sua lunghissima carriera. Cantona, Giggs, Ince e Keane sono in forma smagliante e così, alla seconda Premier consecutiva, si aggiunge la FA Cup.

La Juventus del Divin Codino non si ripete in Europa ma per certi versi è più efficace e matura di quella stagione precedente, nonostante un Vialli imbronciato: un Baggio candidato alla corona di miglior giocatore del mondo, affiancato da un giovane Del Piero che dimostra un talento a tratti fuori controllo, è l’unica seria alternativa al Milan nel campionato più complicato del mondo.

In Francia, termina l’egemonia marsigliese perché il PSG di Weah e Djorkaeff si prende il proscenio: sovvertendo i pronostici, i parigini dominano il campionato e distanziano i favoriti marsigliesi di otto punti, puntando il mirino sull’Europa dei grandi. Anche per questo, li antepongo ad altre formazioni che sarebbero meritevoli di una citazione: il Parma di Scala è la squadra più bella del nostro campionato, l’Ajax dei bambini si prende l’Olanda e lascia intravedere sprazzi di una concezione avveniristica del football, e in Germania il solito Bayern Monaco, dopo due stagioni di sofferenza, riconquista il Meisterschale.

1994-1995

Come una cometa che proviene dal futuro, l’Ajax colpisce l’Europa con la sua grazia e le sue grandi ali: van Gaal trova la formula magica, anticipa molti di quelli che saranno i trend del nuovo Millennio alle porte e grazie a un gioco degno di quello della formazione leggendaria degli anni ’70 vince Eredivisie, Supercoppa olandese e soprattutto la Champions League. Litmanen è il nome chiave della squadra, ma decisivo è anche il contributo del vecchio Frank Rijkaard, protagonista di un’annata eccezionale, e dei tanti campioni che arrivano dalle giovanili.

Il 1994/1995 è anche l’anno in cui la Juventus di Marcello Lippi diventa grande: se in Europa esiste una squadra in grado di rivaleggiare con il grande Ajax, per resa collettiva ed efficacia, questa è la Juve, che grazie a un Paulo Sousa “pirlesco” e al tridente delle meraviglie e dai mille polmoni formato da Del Piero, Vialli e Ravanelli, con il contributo più sporadico ma decisivo di Roberto Baggio, domina la serie A, vince la Coppa Italia e vede sfilarsi di mano solo la coppa UEFA, per mano di un’altra delle squadre dell’anno, il Parma di Nevio Scala.

Come ricorderà chi c’era, il 1994/1995 è una lunga sfida su più fronti tra Parma e Juventus, e i bianconeri soccombono una sola volta, che si rivela però decisiva, ovvero al Tardini nella finale d’andata della coppa UEFA. Il Parma è una squadra ricca di giocatori di spessore internazionale e trova in uno Zola ispirato come non mai l’elemento chiave.

Il Milan inizia la stagione tra mille difficoltà, come certifica anche la brutta lezione subita dal Velez in Coppa Intercontinentale, ma nella seconda parte di stagione risorge, risale la china in campionato e raggiunge la terza finale di Coppa dei Campioni consecutiva: trascinato da Marco Simone e dal miglior Savićević dell’avventura italiana, autore anche di una incredibile quaterna al Bari, lo squadrone di Capello elimina il PSG e perde in finale, contro l’Ajax, al termine di una partita molto equilibrata.

Dopo alcune stagioni in seconda fila, torna a far sentire la sua voce il Real Madrid, che scrive la parola fine sul dominio del Barcellona di Cruijff: Zamorano diventa un cannoniere inarrestabile e Michael Laudrup si vendica della società che l’ha lasciato partire giocando un calcio sofisticato, che si sublima nella manita che il Real infligge ai catalani e con cui restituisce quella ricevuta l’anno prima.

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