Immagine di copertina: Elías Figueroa e Daniel Passarella
Tra i falsi miti che accompagnano il calcio c’è quello che i sudamericani non sappiano difendere. Che abbiano un modo diverso di concepire i ruoli e i compiti difensivi può essere vero, ma questo non significa che non ci siano e non ci siano stati grandi centrali difensivi. Capaci di cancellare dal campo gli attaccanti (anche europei) più temibili e mettere in mostra qualità tecniche e tattiche fuori dal comune. Come detto, rispetto all’Europa il modo di difendere è diverso: meno marcatura sull’uomo e più a zona; niente distinzione netta tra libero e stopper (molto radicata nel vecchio Continente e che viene conservata anche nel calcio di oggi, pur con sfumature più leggere), ma due difensori spesso intercambiabili e capaci di assommare un po’ entrambi i ruoli. Grandi difensori centrali sono nati un po’ in tutto il subcontinente. E la scelta di selezionare i dieci più bravi è ardua e come sempre rappresenta un gioco, orientato più che altro a valorizzare nomi che non sempre al di qua dell’Atlantico godono della giusta considerazione. Ho preso in esame solo giocatori dell’epoca televisiva, convinto che solo la prolungata prova video consenta di formarsi un giudizio un po’ più attendibile. E a parte i primi 3, in particolare i primi 2, che si staccano sugli altri, dal quarto posto in giù sono valori molto vicini e a volte persino interscambiabili…
10) Hilderaldo Bellini
1930-2014
Scelta difficile, quella del decimo che chiude la graduatoria. Ho pensato a diversi brasiliani: da Mauro Ramos a Orlando, da Piazza ad Aldair. Ma alla fine ho optato per Hilderaldo Bellini, perché è stato un simbolo: il capitano del primo Brasile campione del mondo, nazionale che ha aperto la strada per il consolidamento dell’epoca d’oro del calcio verdeoro, con 3 Mondiali vinti in 4 edizioni. Elegante e autorevole, gloria del Vasco da Gama (con cui vinse 3 campionati carioca) e del San Paolo e colonna del Brasile per un decennio con 51 presenze totali.
9) Walter Adrián Samuel
1978
Lo chiamavano The Wall e il soprannome spiega, più di tante parole, la vera forza di Walter Samuel: un giocatore che era semplicemente impossibile da superare nelle giornate di vena. Difensore centrale solido e robusto, grande protagonista della vittoria in Coppa Libertadores con il Boca Juniors nel 2000, si è poi trasferito in Italia, diventando un punto fermo della Roma e poi una granitica colonna dell’Inter: è stato uno dei grandi protagonisti del Triplete nerazzurro del 2010. Con la nazionale argentina 57 presenze e 5 reti.
8) José Santamaria
1929
Perno centrale della difesa del Grande Real, squadra per sua natura proiettata in avanti e che per questo aveva bisogno nella retroguardia di un califfo di qualità assoluta. Senso dell’anticipo e senso della posizione, bravo in marcatura e anche a fungere da primo regista del gioco, José Santamaria ha giocato nel Nacional Montevideo con cui ha conquistato 5 campionati e ha disputato i Mondiali del 1954 con l’Uruguay. Si è poi trasferito in Spagna, al Real, dove ha ulteriormente allungato la sua bacheca con 5 vittorie nella Liga e soprattutto 4 Coppe dei Campioni.
7) Oscar Ruggeri
1962
Stopper tra i più sicuri e puliti del calcio sudamericano di ogni epoca, mentalità vincente (che spiega anche il perché di un palmares eccezionale) e anche una certa flessibilità tattica che gli ha permesso a volte di giocare da terzino destro: ecco chi è stato Oscar Ruggeri. Cresciuto nel Boca Juniors, affermatosi nel River Plate e nel Real Madrid, ha vinto 4 campionati tra Argentina e Spagna, ma è soprattutto a livello internazionale che la sua carriera brilla di più: Libertadores e Intercontinentale al River Plate, 2 Coppe América e il Mondiale 1986 con la nazionale argentina, dove ha messo in fila ben 97 presenze (con 7 reti).
6) Roberto Perfumo
1942-2016
Quando la federcalcio argentina ha composto la top 11 argentina dell’epoca televisiva in mezzo alla difesa non ci sono stati dubbi: e al fianco del totem Passarella è stato inserito Roberto Perfumo. Classe, fair play ed eleganza, una sorta di Scirea d’oltreoceano, non disdegnava qualche intervento deciso ma preferiva di solito uscire dall’area con il suo stile impeccabile e dirigere il traffico facendo leva su un’intelligenza tattica notevole. Sfortunato in nazionale (37 partite), fu il leader del Racing Avellaneda che si portò a casa forse un po’ a sorpresa Libertadores e Intercontinentale nel 1967. Oltre a 4 campionati argentini, ha vinto anche 3 titoli dello Stato di Mineiro con il Cruzeiro, in Brasile.
5) Thiago Silva
1984
Uno dei più forti difensori del 21° secolo. Forse oggi il numero due del mondo tra i centrali subito dopo l’olandese Van Dijk. Il tutto a quasi 40 anni. Ma la longevità è solo uno delle peculiarità migliori di Thiago Silva, forse davvero il più grande difensore mai prodotto dal Brasile: caratteristiche da libero e da stopper al tempo stesso, bravissimo a giocare da marcatore come da leader del reparto, è stato portato in Europa a 25 anni dal Milan e si è subito calato perfettamente nella parte. Passato al PSG ha vinto una marea di campionati francesi. I parigini lo hanno erroneamente creduto bollito e lui se n’è andato al Chelsea dove sta vivendo un’autentica seconda giovinezza e ha guidato i Blues alla vittoria in Champions League e nella Coppa del mondo per club. In nazionale 104 presenze e una Coppa América in bacheca.
4) Hugo De León
1958
Mister Libertadores, ma non solo: sarebbe riduttivo pensare al fortissimo centrale uruguagio solo come a colui che in carriera ha conquistato (con 2 squadre diverse, Nacional Montevideo e Grêmio) tre volte la coppa più importante per club del Sudamerica, aggiungendoci anche 2 Intercontinentali in un’epoca in cui contava moltissimo. Hugo De León è la perfetta reincarnazione in chiave moderna del grande José Nasazzi, probabilmente il massimo difensore uruguagio della storia ma difficile da giudicare completamente essendo di un’epoca pre televisiva. Fisicamente imponente, autoritario, solido in tutti i fondamentali, un po’ come Thiago Silva, De León incarnava le migliori doti del libero e dello stopper.
3) Héctor Chumpitaz
1944
Soprannominato El Gran Capitán o anche Capitan América, è uno dei cosiddetti “quattro cavalieri difensivi del calcio sudamericano” con Nasazzi, Passarella e Figueroa. E come tutti loro Héctor Chumpitaz, il più grande giocatore peruviano della storia dopo Teofilo Cubillas, aveva tutto: senso del comando, capacità difensive eccezionali, visione di gioco da regista e non di rado si concedeva qualche maestosa salita palla al piede. Era abile a muoversi anche da volante davanti alla difesa, come contro la Germania Ovest nel Mondiale ’70. A livello di club ha sempre giocato in patria, tranne una parentesi in Messico. Ma è in nazionale (105 partite e 6 gol) che ha dato il meglio: lui e Cubillas furono i leader del Perù più forte della storia, che vinse per la prima e unica volta la Coppa América nel 1975 e arrivò due volte tra le prime 8 ai Mondiali, nel 1970 e nel 1978. Per due volte (1969 e 1971) è stato eletto miglior difensore del Sudamerica.
2) Daniel Passarella
1953
El Caudillo: sguardo truce, interventi duri e un carisma da fare spavento. Ma anche eccezionali qualità calcistiche e la capacità di trovare la via del gol con enorme facilità o sui calci piazzati o di testa, negli inserimenti offensivi: gli vengono accreditate 178 reti in carriera, solo l’olandese Ronald Koeman ha fatto meglio di Daniel Passarella con 202. Leader assoluto del River Plate, con cui ha vinto 7 campionati tra Metropolitano e Nacional, fu il capitano e il condottiero dell’Argentina (70 presenze e 22 reti il suo bilancio con l’Albiceleste) che nel 1978 conquistò il primo Mondiale della sua storia: Passarella disputò una competizione superba, mettendo in mostra tutte le sue doti tecniche, fisiche e agonistiche. Proficua anche la sua esperienza in Italia, alla Fiorentina e all’Inter. Fece parte anche del vittorioso Mondiale 1986, ma non scese mai in campo, vittima della “maledizione di Montezuma” e al suo posto giocò José Luis Brown.
1) Elías Figueroa
1946
Se non il difensore puro più forte di sempre (considerando che Beckenbauer fu altro e di più che un semplice difensore), di sicuro quello ad aver ricevuto il maggior numero di riconoscimenti internazionali: su tutti spiccano i tre Palloni d’oro sudamericani (1974, 1975 e 1976). Ovunque ha giocato Elías Figueroa ha lasciato orme indelebili: aveva la capacità straordinaria e per nulla abituale di elevare sia contesti di scarsa competitività (vedi il modesto Palestino, che sotto la sua guida vinse il campionato cileno nel 1978) sia di brillare attorniato da grandi campioni (vedi l’esperienza in Uruguay al Peñarol e in Brasile nell’Internacional, dove vinse da protagonista assoluto un totale di 4 scudetti). Proprio in Uruguay e in Brasile è stato votato come lo straniero più forte che i loro Paesi abbiano mai visto. Era il difensore centrale perfetto: forza fisica, senso dell’anticipo, della posizione e del comando, eleganza, visione di gioco. Talmente perfetto che in Cile diverse donne si convinsero avesse poteri magici e gli portavano da guarire i propri bambini malati. Molti oggi rivedono in lui l’olandese Van Dijk: diciamo che Figueroa è stato un Van Dijk con più talento, più continuità e più classe. Ai vertici per 20 anni, in nazionale (47 partite e 2 reti) ha disputato per anni partite memorabili, non riuscendo a vincere nulla a causa della non esaltante cifra tecnica del Cile. Svariati i suoi nomignoli, da Mister Lujo (mister Classe) a El Coloso, è uno dei pochi che può dire di aver cancellato letteralmente dal campo Gerd Müller. Un certo Franz Beckenbauer dopo aver vinto nel 1974 Coppa Campioni e Mondiale disse di se stesso: «Sono l’Elías Figueroa europeo». Non serve aggiungere altro.