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Le 5 migliori squadre europee dal 1981 al 1985

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La nostra saga prosegue addentrandosi negli anni ’80, il decennio in cui la cultura affronta forse una svolta “regressiva”, e che però, sul piano sportivo, rimette passo dopo passo l’Italia al centro del mondo.

Il campionato del Belpaese si trasforma in una sorta di tesoreria del calcio mondiale e investe quantità di soldi in grado di ammazzare la concorrenza sul mercato, specie dopo la discesa in campo di Silvio Berlusconi, che acquista il Milan e dà il via a un ventennio irripetibile per i rossoneri e in buona misura per tutto il calcio italiano.

I primi anni del decennio sono tuttavia ancora un duopolio anglo-tedesco, come dimostrano gli albi d’oro delle competizioni continentali.

1980-1981

Il 1981 è l’anno del Bayern Monaco, che non vince in Europa, vittima in semifinale della maturità di un Liverpool cinico e spietato, ma domina la Bundesliga ed esprime a lungo il miglior calcio del continente. La graduatoria di fine anno del pallone d’oro del resto non mente, e il fatto che sui primi due gradini del podio si accomodino Rummenigge e Breitner la dice lunga sulla supremazia bavarese.

Il Liverpool che conquista la terza Coppa dei Campioni in cinque anni si conferma per l’ennesima volta ai vertici del calcio europeo: in First Division paga qualche scivolone di troppo, ma in Europa, pur non brillando troppo sul piano del gioco, ha la meglio di Bayern e Real Madrid, trascinato da un Souness in formato miglior centrocampista del mondo e da un Daglish ispiratissimo.

L’Inghilterra dei miracoli, nel 1981, consegna la scala al paradiso all’Aston Villa, tre anni dopo averla consegnata al Nottingham Forest: i Villains, che nel 1980 avevano chiuso con un anonimo settimo posto in linea con le stagioni precedenti, trovano la formula magica per imporsi nel campionato più complicato del pianeta e lo vincono con ampio merito. Il loro gioco essenziale e solido, impreziosito dalle veroniche e dai colpi di un piccolo campione come Gary Shaw, consente loro di incoronarsi campioni e di affacciarsi per la prima volta sull’Europa dei grandi.

La Liga gli sfugge per via degli scontri diretti, nonostante la chiuda a pari punti, e la Coppa dei Campioni lo vede soccombere (per l’ultima volta in una finale) contro un Liverpool più maturo, ma il Real Madrid del 1981 resta una delle formazioni più forti del mondo. La difesa e il centrocampo dei Blancos si affidano alle solida fondamenta che portano il nome di Uli Stielike, mentre in attacco Santillana (l’unico vero fuoriclasse della squadra) e l’inglese Cunningham sono i due giocatori di riferimento.

Da ultimo, il calcio italiano rialza un po’ la testa con la Juventus, che dopo due stagioni in chiaroscuro ritrova il bandolo della matassa e si riprende la serie A, grazie alla classe sopraffina di Gaetano Scirea, a uno Zoff ancora in forma smagliate, sulla soglia della quarantina, e più in generale all’ossatura della nazionale azzurra: Il grande salto europeo è vicino.

1981-1982

Questione di dettagli e anche di gusti, ma a mio parere, se il Bayern Monaco è miglior squadra d’Europa nel 1981, l’anno successivo lo scettro torna nelle mani del Liverpool. In Europa la squadra campione d’Europa viene eliminata ai quarti, ma si riscatta ampiamente in First Division, dato che torna a dettare legge senza possibilità di replica, e con il successo in League Cup. Un Terence McDermott ispiratissimo e un giovane nuovo fromboliere che viene dal Galles (Ian Rush) sono i due nomi chiave della stagione e del duplice successo.

Il Bayern Monaco è tranquillamente dalle parti dei Reds per valori tecnici, ma il fatto di chiudere la stagione a bocca asciutta, sia in Bundesliga che in Coppa dei Campioni, al termine di una partita maledetta contro l’Aston Villa, lo relega al secondo posto.

In Bundesliga, i bavaresi infatti cedono il passo all‘Amburgo, che da diversi anni è una squadra di prima fascia. In Europa i tedeschi raggiungono la finale di Coppa UEFA e la perdono, ma in casa non c’è storia, e la squadra in cui chiude la carriera europea il vecchio Kaiser Beckenbauer è l’ennesima creatura disegnata e anzi inventata da quel genio malefico che porta il nome di Ernst Happel, e non vanta molte stelle ma una struttura solida, camaleontica ed efficacissima.

La Juventus prosegue la scalata verso la vetta, confermandosi la squadra migliore d’Italia, dopo aver superato la rediviva Fiorentina, e credo meriti una citazione nonostante la Coppa dei Campioni resti per lei un territorio minato: la Juventus infatti in Europa subisce una lezione vera e propria dal sempre temibile Anderlecht, che domina il campionato belga e in Coppa esce solo in semifinale, al termine di una sfida difficile contro i futuri campioni dell’Aston Villa, la squadra che chiude la nostra graduatoria.

I Villains non si ripetono in Inghilterra, complici i limiti di una rosa corta, ma in Coppa volano e in finale, pur soffrendo per quasi novanta minuti, alla fine mettono un muso cortissimo davanti a quello del Bayern e vincono un trofeo che dalle parti di Birmingham stanno probabilmente festeggiando ancora oggi.

1982-1983

Il Tricolore torna a sventolare sull’Europa, dopo molti anni difficili, perché la Juventus – che regala lo scheletro alla nazionale campione del mondo – si prende Boniek e soprattutto sua maestà Michel Platini, costato come un tozzo di pane ma capace, come noto, di metterci sopra il fois gras. Ai bianconeri i trofei scivolano tra le mani sul più bello, e la sconfitta di Atene ancora oggi tormenta gli incubi dei loro tifosi, ma nel complesso sono loro la squadra migliore, probabilmente anche superiori alla Roma campione d’Italia, che superano nei due scontri diretti dimostrando di possedere una cifra tecnica quasi insuperabile.

La grande Roma, già capace di giocarsi il titolo due anni prima, si affida al genio della semplicità Paulo Roberto Falcão, esprime un calcio tecnicamente sofisticato e porta nella capitale il secondo scudetto della sua storia, forse il più bello per il valore dell’avversaria diretta, una Juventus stratosferica. Liedholm è da tempo un maestro di calcio e grazie a un gioco che esalta la qualità, ma che non rinuncia alle maniere forti (Vierchowod disputa una stagione superba e in attacco Pruzzo non è da meno), si prende quello che sta diventando il campionato più bello del mondo.

Il Liverpool è la squadra cardine del periodo: non riesce a ripetersi in Europa, venendo eliminato a sorpresa ai quarti, ma in casa è un carrarmato e conquista ancora una volta First Division e League Cup. Dalglish e Rush sono probabilmente la coppia d’attacco meglio assortita d’Europa e lasciano le briciole agli avversari.

La notte maledetta di Atene, come sappiamo tutti, toglie il sorriso a mezza Italia e lo consegna nella Germania del nord, ad Amburgo: Happel orchestra il capolavoro della carriera e vince con merito una finale durissima, dominata dalla tattica e indirizzata dalle mosse del tecnico austriaco, che non solo mette la museruola a Michel, ma con Bastrup costringe Gentile a liberare ripetutamente la zona di campo prediletta, e con Kaltz semina il panico creando ripetutamente superiorità numerica. Nonostante l’esito della finale, la Juventus resta una squadra superiore, ma questo nulla toglie alla straordinaria forza collettiva dell’Amburgo, una squadra che non vanta le stelle bianconere ma che si prende sia la Bundesliga che la Coppa più importante.

Da ultimo, merita una citazione una squadra che tra anni 70 e ’80 funge quasi da spauracchio per tutte le grandi d’Europa e che probabilmente avremmo dovuto premiare anche nelle stagioni precedenti: sto parlando dell’Anderlecht di Paul van Himst, una piccola multinazionale che con il suo tatticismo indecifrabile (il difensivismo fiammingo di breriana memoria) mette in crisi tutte le avversarie e vince con merito e al termine di una cavalcata trionfale la Coppa Uefa.

1983-1984

Ancora la Juventus: a mio parere, i bianconeri toccano l’apice del loro ciclo nel 1984, in quanto vincono con autorevolezza il campionato, grazie soprattutto a un Platini soprannaturale, e si portano a casa pure la Coppa delle Coppe, al termine di una finale più complicata del previsto contro il Porto. La Juve esprime forse il calcio migliore di tutto il continente e ha ragione di una comunque spettacolare ed efficacissima Roma, una Roma che ritrova un Bruno Conti ispirato e che fa sudare la Juve fino al traguardo, chiudendo a due punti di distanza.

In Europa, per la Roma è la stagione del grande sogno: non senza qualche patema d’animo, i giallorossi riescono a raggiungere la finale che deve disputarsi all’Olimpico e partono favoriti, perché forse tecnicamente hanno qualcosa di più, giocano in casa, hanno certamente più fame. La pressione e la sfortuna giocano alla squadra di Liedholm un brutto scherzo e come si sa la Coppa finisce per la quarta volta a Liverpool, al termine di una partita stregata destinata a tormentare gli incubi dei tifosi giallorossi per decenni.

Il Liverpool sembra aver già dato e invece, risultati alla mano, è ancora una delle squadre da battere: Ian Rush segna come il più navigato dei bomber, Souness disegna calcio e il collettivo dei rossi gira a meraviglia. La grande esperienza maturata nelle stagioni precedenti consente loro, nonostante arrivino “consumati” all’appuntamento decisivo, di affrontare con serenità la finale e vincerla, ai rigori, dopo aver dimostrato di essere ancora un osso durissimo. Anche in casa, i Reds si confermano la squadra migliore e vincono il terzo titolo consecutivo degli anni ’80.

Per il calcio spagnolo non sono stagioni facilissime, ma sarebbe ingiusto non ricordare il secondo, clamoroso titolo consecutivo vinto da una squadra eccezionale come l’Athtletic Bilbao tutto basco che si prende anche la Coppa del Re, al termine di una sfida durissima e che sfocia in una rissa con pochi precedenti contro il Barcellona. Il calcio ruvido dei baschi regala loro il secondo anno di gloria, e in Europa solo la sfortuna (gli ottavi contro il Liverpool, equilibratissimi e persi per 1-0) impedisce loro di fare più strada. La squadra non vanta vere stelle, tanto che nessun giocatore a fine anno va in doppia cifra, ma è un agguerrito e temibile collettivo.

Da ultimo, una menzione per il Tottenham Hotspur di Hoddle e Ardiles, una delle squadre tecnicamente più belle e affascinanti del pianeta, che in patria non è sempre continuo ma vince la Coppa UEFA al termine di una cavalcata esaltante, in cui elimina il Feyenoord del vecchio Cruijff e del giovane Gullit con un poderoso 6-2, quindi il Bayern Monaco e in finale supera i soliti, rognosissimi belgi dell’Anderlecht, che avrebbero meritato quanto gli Spurs un posto nella cinquina.

1984-1985

La stagione più tragica della storia del calcio europeo dimostra che il problema degli hooligans, il simbolo di un’Inghilterra da tempo in crisi e diventata una polveriera sul piano sociale, non è più arginabile con la diplomazia: all’Heysel accade qualcosa di troppo grande e troppo grave perché si possa ignorarlo, e la Uefa cerca di risolvere il problema escludendo tutte le formazioni inglesi dalle competizioni europee, con un provvedimento severo ma probabilmente inevitabile.

La Juventus vince la sua prima, agognata Coppa dei Campioni al termine di una finale maledetta, che probabilmente non si sarebbe dovuta giocare, ma questo nulla toglie al fatto che anche nel 1985 i bianconeri siano con ogni probabilità la squadra migliore in circolazione. Ispirati da un Platini che gioca ancora in mezzo alle nuvole, lontano dai comuni mortali, i bianconeri in campionato non sono mai della partita (è l’anno del miracolo del Verona), ma in Coppa vincono comunque con merito, al netto della finale-fantasma, e fanno il double con la Supercoppa Europea.

Se c’è una squadra che può mettere in discussione il primato bianconero questa, a parere di chi scrive, è l’Everton. La seconda storica squadra di Liverpool si prende la rivincita sui concittadini, al termine di un campionato trasformatosi in un derby, e vince con margine ampio, trascinato dal bomber scozzese Graeme Sharp e dal solido tuttocampista Peter Reid, votato giocatore dell’anno in First Division. Come se non bastasse, i Blues vincono anche la Coppa delle Coppe, superando con margine il Bayern Monaco e Rapid Vienna. Chi scrive è convinto che l’Everton sia stato la squadra in assoluto più penalizzata dall’esclusione delle Coppe decretata dalla UEFA nel 1985.

Il Liverpool a forte trazione scozzese finisce secondo in campionato ma raggiunge la quinta finale di Coppa dei Campioni in nove anni, confermandosi la squadra più dominante dell’epoca, accanto alla Juventus. Nonostante alcuni giocatori importanti abbiano salutato il Mersey, i Reds sono ancora un collettivo temibile e solidissimo, in cui spiccano i bomber Wark e Rush e un Daglish sempre più giocatore universale.

Il Barcellona di Schuster e Archibald rialza la testa dopo anni complicati e vince la Liga lasciando la concorrenza a notevole distanza ed esprimendo forse il calcio più spettacolare del continente: merita quindi una citazione, anche perché ha le risorse per provare a imporsi anche in Europa.

Per l’ultimo nome, volgiamo lo squadro vesto est, perché in Unione Sovietica un collettivo spettacolare e avveniristico domina il campionato e punta sull’Europa: si tratta della Dinamo Kiev del colonnello Valerij Lobanovs’kyj, una squadra destinata a far parlare di sé anche nelle stagioni successive.

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