La Union Jack, nella seconda metà degli anni ’70, sventola sull’Europa in tutto il suo splendore: il calcio del Nord Europa si conferma semi-egemone, e le squadre inglesi, già competitive e in grado di fare incetta di Coppe delle Coppe tra fine anni ’60 e inizio anni ’70, nella seconda metà della decade si prendono anche l’Europa dei grandi.
1975-1976
Inizia l’epopea sfavillante del Liverpool: se nella prima metà degli anni ’70 la squadra di Shankly si era presa la UEFA e un titolo nazionale, perdendone almeno uno sul filo di lana, nel 1975 lo squadrone allestito da Bob Paisley e guidato in campo da Mighty Mouse Kevin Keegan diventa la squadra migliore d’Europa, prendendosi la corona di campione d’Inghilterra e vincendo anche la Coppa UEFA, al termine di una duplice sfida durissima e spettacolare con il rognosissimo Club Bruges.
Il Bayern Monaco nel frattempo vince la terza coppa dei campioni consecutiva, diretto sempre dalla classe sublime del Kaiser e trascinato dal senso del gol del suo bomber, ma anche nel 1976 è difficile considerarlo la formazione migliore, nel complesso: il terzo posto in Bundesliga è un segnale inequivocabile di stanchezza e anche nella competizione regina il successo arriva al termine di una partita ruvida e spigolosa contro i brillanti francesi del Saint-Étienne, che esprimono forse il gioco più bello del continente e rimettono il calcio francese sulla mappa europea. Ispirata dal George Best d’Oltralpe Dominique Rocheateau, l’intellettuale prestato al football, la formazione della Loira vince il secondo titolo domestico consecutivo e fa sudare sette camicie al Bayern in Europa, dopo aver eliminato con merito la sempre temibile Dinamo Kiev e gli olandesi del PSV.
Non capita tutti gli anni di vedere due squadre belghe in finale di Coppa, e i risultati non sono frutto del caso, ma anche della presenza sulle due panchine più importanti del Belgio di due dei massimi geni della storia del calcio: Erst Happel si prende il Club Bruges di Cools, Lambert e lo porta a contendere al Liverpool la UEFA, oltre che al successo in campionato, e questo mi induce a preferirlo di poco al temibile Anderlecht di Mr. La Science Goethals e di Rensenbrink, che vince la Coppa delle Coppe e la Supercoppa Europea.
Anche la squadra di Rob avrebbe meritato una menzione, così come l’ultimo Torino capace di trionfare in serie A, ma il secondo titolo tedesco consecutivo vinto a discapito della squadra campione d’Europa documenta che il Borussia Mönchengladbach è uno dei team di riferimento nel panorama continentale.
1976-1977
La First Division vinta al termine di un lungo duello con il Manchester City si aggiunge al primo successo in Coppa dei Campioni, propiziato da un collettivo in forma straordinaria e da un Kevin Keegan formato pallone d’oro, e allora è inevitabile incoronare il Liverpool come la regina d’Europa anche nel 1976/1977.
La finale di Roma segna il secondo capitolo della rivalità con il Borussia Mönchengladbach, e vede affrontarsi quelle che sono le due squadre migliori d’Europa, eventualità non così frequente nell’epoca della Coppa dei Campioni: il Borussia peraltro conquista anche la Bundesliga, per la terza volta consecutiva, confermando così la propria supremazia interna, e il suo alfiere, il piccolo Alan Simonsen, vince anche il pallone d’oro.
Sia Reds che renani praticano un calcio non speculativo e arrembante, che ha assimilato la lezione degli olandesi incorniciandola in un progetto un po’ meno votato all’estetica e alla pura qualità, ma che non rinuncia allo spettacolo, in una sorta di anticipazione del gegenpressing che verrà.
Il 1977 è anche l’anno in cui la Juventus di Trapattoni diventa grande e per la prima volta conquista un titolo europeo, al termine di due battaglie contro i baschi dell’Athletic Bibao. Zoff, Scirea, Causio, Tardelli e un Bettega immarcabile sono l’ossatura di una squadra tutta italiana che prevale nel derby lungo un anno con il Toro e poi, appunto, vince anche in Coppa UEFA.
Anche in Belgio si assiste a un lungo duello per il titolo e anche nel 1977 a prevalere è il Club Bruges del Re Mida Ernst Happel, semifinalista anche in Coppa dei Campioni e in grado di mettere alle corde un Borussia individualmente superiore. Notevole, ancora una volta, è in ogni caso anche la stagione dell’Anderlecht, così come quella della Dinamo Kiev, che pur con qualche alto e basso è sempre formazione di vertice e che nel 1977 vince il campionato dell’Unione Sovietica, raggiungendo anche le fasi finali della Coppa dei Campioni.
1977-1978
Tocca ancora al Liverpool: la squadra di Paisley, nonostante il trasferimento di KKK all’Amburgo, si conferma la formazione regina del vecchio Continente e vince il terzo titolo europeo consecutivo, superando le sue grandi avversarie del decennio, il Borussia e il Club Bruges, con Souness in cabina di regia e un fuoriclasse come Kenny Dalglish in attacco, entrambi i fuori all’occhiello di un collettivo che gira a meraviglia.
In casa, a sorpresa, i Reds vengono tuttavia superati e con margine da una delle formazioni più affascinanti e sorprendenti della storia del calcio, il neopromosso Nottingham Forest di Brian Clough, che mette in atto un calcio mutuato da quello olandese, cui aggiunge qualche ingrediente più tradizionalmente britannico e una notevole solidità difensiva. Il Nottingham è sia la squadra più spettacolare che la più efficace del suo paese, e può scrivere il primo capitolo della sua saga dei miracoli.
In casa cede il passo a un Colonia spettacolare, ma in Europa il Borussia Mönchengladbach è ancora una delle formazioni da battere, per quanto soccomba per la terza colta consecutiva contro gli acerrimi rivali del Liverpool, e questa volta in maniera ancora più dolorosa: in Germania, la squadra di Heynkes e Bonhof vince 2-0 e sembra lanciata verso la finale, ma ad Anfield gli inglesi trionfano 3-0 e si guadagnano l’accesso all’atto conclusivo.
In Italia sono gli anni della Juventus, che ha la meglio del sorprendente Vicenza di Pablito Rossi e del piccolo e infaticabile Filippi, e che in Europa viene eliminata in maniera un po’ sfortunata dalle maniere ruvide del Club Bruges di Happel, che si guadagna un posto nella cinquina grazie al terzo titolo nazionale consecutivo e alla seconda finale europea in tre anni, persa ancora una volta contro la bestia nera Liverpool, al termine di una sfida preparata in maniera magistrale da Happel e decisa da un’invenzione di Souness e Daglish a pochi minuti dal termine.
1978-1979
Si interrompe l’egemonia del Liverpool, per questione di dettagli, ma non quella dei sudditi di Sua Maestà, perché nel 1979, a mio avviso, la squadra di riferimento in Europa è il Nottingham Forest.
Gli arcieri delle Midlands, sempre orchestrati dal genio malefico e polemico di Clough, a sorpresa superano proprio i Reds agli ottavi di Coppa dei Campioni, in quella che a tutti gli effetti è una finale molto anticipata, e quindi si prendono il trofeo, dopo aver superato un Colonia spettacolare e temibile e in finale un Malmö agevolato da una calendario favorevole. Le loro stelle sono Shilton, Francis e Robertson, ma la squadra vola soprattutto sulle ali e sull’entusiasmo dei tanti gregari di lusso esaltati da Brian.
In Inghilterra, in ogni caso, il Liverpool torna a dettare legge e lo fa in grande stile, lasciando il Nottingham a otto punti: Souness, Dalgslish, Neal e Paisley in panchina sono le colonne portanti di quella che rimane probabilmente la formazione più talentuosa e completa del Vecchio Continente.
In Germania Ovest è giunta l’ora dell’Amburgo, squadra e società ambiziosa che con il pallone d’oro Kevin Keegan e diversi “comprimari” di grande valore (Kaltz, Magath, Hrubesch), protagonisti tutti di una stagione superlativa, vince la Bundesliga e si affaccia sull’Europa delle grandi con la voglia di trionfare.
In Europa vincono Borussia e Barcellona, ma il loro cammino incerto in campionato mi rende difficile premiarle come formazioni d’élite, e d’altra parte in Italia è l’anno della stella di un Milan non brillantissimo: il nostro calcio sembra vivere una fase involuta e nonostante un Baresi bambino e già fenomeno e il vecchio Gianni che illumina, i rossoneri non sono una squadra davvero in grado di confrontarsi con le big europee.
Un ritorno in grande stile al titolo mi suggerisce invece di premiare l’Ajax: i fasti di inizio decennio sono lontani, ma gli ajacidi esprimono ancora un grande calcio, hanno in Krol, reinventato libero, l’alfiere di punta e in generale vantano diversi giocatori di calibro internazionale (Lerby e Arnesen su tutti).
Un’altra grande torna a far parlare di sé, ed è il Real Madrid del vecchio Pirri, di Del Bosque, del colosso Stielike e soprattutto di Carlos Santillana, che domina la Liga e sfiora il double, raggiungendo la finale di Coppa del Re: i Blancos sono pronti per tornare a dire la loro in Europa.
1979-1980
Dopo anni di dominio inglese, i tedeschi si riprendono lo scettro: il Bayern Monaco del pallone d’oro Rummenigge e dell’eterno Breitner, circondati da numerosi giocatori di valore, vince la Bundesliga al termine di un lungo duello con l’Amburgo, ed è probabilmente la miglior formazione europea quando gli anni ’70 sfumano negli anni ’80.
L’Amburgo che perde la finale di Coppa dei Campioni contro il Nottingham è diventato una delle grandi del continente, benché resti a bocca asciutta, perdendo tutto sul filo di lana: Keegan è ancora la sua stella, ma i tedeschi schierano diversi altri campioni e sono una formazione solida e matura.
In Coppa dei Campioni subisce un’inattesa eliminazione agli ottavi, ma ciò non toglie che il Liverpool sia ancora una delle squadre di riferimento in Europa, come dimostra l’ennesimo titolo strappato a una concorrenza agguerrita in First Division: trascinati da un Daglish ispiratissimo e dal senso del gol di David Johnson, i Reds vincono il dodicesimo titolo nazionale della loro storia.
Il Nottingham Forest di Brian Clough completa la favola più bella della storia del calcio, almeno a livello di club, portando nelle Midlands la seconda Coppa dei Campioni consecutiva: il gioco è meno spumeggiante di quello delle due stagioni precedenti, e anche la finale viene vinta per il rotto della cuffia e soprattutto grazie a una magistrale prestazione di Peter Shilton tra i pali, ma non mancano momenti di splendore (le vittorie contro Ajax e la temibile Dinamo Berlino, rimontata in Germania Est dopo la sconfitta del City Ground) e il secondo trionfo europeo mi impone comunque una menzione nella cinquina.
Nel nostro campionato vince ancora una volta una squadra (l’Inter di Bersellini) non indimenticabile che fatico ad annoverare tra le migliori in assoluto, mentre fatico molto meno a premiare il Real Madrid che si conferma campione di Spagna, trascinato dal suo campione Carlos Santillana e sempre forte di alcuni giocatori di spessore internazionale, su tutti il nazionale tedesco Uli Stielike, premiato per la seconda volta consecutiva calciatore straniero dell’anno nella Liga.