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Le 5 migliori squadre europee anno per anno dal 1961 al 1965

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Proseguiamo la nostra indagine della storia di vertice del calcio del Vecchio Continente avventurandoci nei mitici anni ’60, il decennio che ha rivoluzionato il linguaggio, i costumi e anche il modo di vedere lo sport. I primi cinque anni della decade sono dominati dal calcio latino, proprio come gli anni ’50, ma la Spagna consegna la torcia ai portoghesi e poi agli italiani: la Milano euforica del boom economico diventa la regina d’Europa e del mondo.

1960-1961

Nel 1961 si interrompe il regno del Real Madrid sull’Europa, ma non la supremazia tecnica dei Blancos. I due fenomeni che vestono la maglia del Real sono in splendide condizioni di forma, nonostante la soglia dei trenta sia stata superata da un pezzo, e la Liga diventa il loro giardino di casa: nessuno tiene il passo del Real, che lascia letteralmente le briciole agli avversari. In Coppa dei Campioni il derby di Spagna con il Barça questa volta premia i catalani, non senza qualche polemica, ma l’impressione generale è che i bianchi della capitale siano ancora la squadra migliore.

Il Barcellona, dimostrando una precoce tendenza al psicodramma narcisista, nella Liga cede il passo e non è mai in lotta per il titolo, ma in Europa trova lo slancio giusto e raggiunge la finale, che pare sotto il suo controllo elegante ma che alla fine viene vinta dal Benfica, squadra più solida e abile nell’approfittare degli svarioni dei catalani. Ovviamente, anche i portoghesi fanno parte della cinquina, così come vi appartiene la Juventus, di nuovo regina d’Italia e brava questa volta anche a farsi sentire in Europa, nonostante l’eliminazione patita dal Real. Sivori gioca nuovamente da pallone d’oro e stavolta lo vince pure.

Da ultimo, trovo doveroso ricordare il trionfale cammino del Tottenham Hotspur, che demolisce la concorrenza interna e vince la First Division con ampio margine, dopo aver stabilito un record quasi imbattibile e superato solo nel 2017: gli Spurs vincono le prime 11 gare di campionato e perdono per la prima volta alla diciassettesima giornata. Come se non bastasse, i londinesi vincono anche la Coppa nazionale e conquistano il primo double della storia del calcio inglese del ‘900.

1961-1962

Se nel 1961 il Benfica ha vinto un po’ a sorpresa, approfittando anche della tendenza dei catalani a incartarsi da soli, nel 1962, forte anche di un fenomeno come Eusébio, si prende tutto e lo fa in maniera trionfale: il 5-3 con cui supera il Real Madrid nella finale di Coppa dei Campioni segna l’inizio di una nuova fase della storia del calcio e mi impone di preferire i portoghesi al solito Grande Real, una squadra di “vecchi” cui si affiancano numerosi giovani rampanti e che in casa vince il lungo duello con il solito Barcellona.

Il Milan aggiunge alle solide fondamenta erette a fine anni ’50 la classe del Golden Boy Gianni Rivera, il ragazzo che avrebbe fatto carriera anche con una gamba sola, e il sapiente magistero di Dino Sani, un regista brasiliano che fa trasalire i dirigenti rossoneri quando scende dall’aereo (ha 29 anni e ne dimostra 40) ma che in campo zittirà gli scettici, dominando a fine anno le graduatorie di rendimento della serie A. L’Europa dei grandi aspetta a braccia aperte uno squadrone che annovera anche Mora, Altafini, Cesare Maldini e Trapattoni.

Il Tottenham Hotspur che l’anno precedente ha raso al suolo la concorrenza interna, nel 1962 in campionato fatica un po’, ma agguanta le semifinali di Coppa dei Campioni e fa sudare freddo il grande Benfica, che supera il turno dopo due partite all’insegna dell’equilibrio.

Da ultimo, indeciso tra lo Spartak Mosca che in URSS vince un titolo ritenuto storico, e il Colonia che vince a sorpresa la Oberliga, ho optato per il tedeschi solo perché li conosco un po’ meglio: la squadra renana supera tutte le avversarie con risultati tennistici, che includono un 10-0 nel girone conclusivo e un 4-0 nella partita che assegna il titolo di campione di Germania Ovest, e si prepara a dare l’assalto all’Europa nella stagione successiva.

1962-1963

L’Italia, grazie al Milan, risolleva lo sguardo dopo i tanti anni difficili del dopo-Superga e si prende l’Europa: il 1963 è una data chiave per il nostro calcio, perché Gianni Rivera e soci mettono il Belpaese sulla mappa d’Europa e lo fanno in grande stile, sommergendo di palloni tutte le avversarie e superando in rimonta il favorito Benfica nella finale di Wembley.

I portoghesi sono il secondo nome imprescindibile in lista: raggiungono la terza finale consecutiva e lo fanno da favoriti, e la sconfitta di Wembley toglie poco al loro valore, impreziosito dalla presenza del giocatore più forte d’Europa, Eusébio.

Il 1963 è l’anno di Milano: forgiata dal genio eclettico e irriverente del Mago Herrera, nasce la Grande Inter, la squadra destinata a dominare una fetta importante degli anni ’60. Costruita attorno alla classe e alla leadership di uno dei primi giocatori al mondo, Luis Suárez, l’Inter vede maturare alcuni grandissimi campioni tutti italiani – il funambolo fermo Mario Corso, l’elettrico e immarcabile Sandro Mazzola, l’atleta soprannaturale Cippe Facchetti – si afferma come la squadra migliore del nostro campionato e lancia il guanto della sfida ai concittadini.

Per l’ennesima volta sono costretto a citare il Real Madrid, che controlla dall’inizio alla fine uno dei campionati spagnoli più scontati di sempre: i 12 punti di vantaggio sui Colchoneros, che oggi sarebbero 23, fotografano con sufficiente precisione la superiorità bianca sul calcio del suo paese, a pazienza se per una volta l’Europa non sorride alla capitale spagnola.

Da ultimo, ancora due parole se le merita il Tottenham Hotspur, la squadra di riferimento del calcio inglese nei primi anni ’60: il campionato sfugge agli Spurs, che nel finale cedono all’Everton, ma la banda di Blanchflower e soci si impone in Coppa delle Coppe, con risultati peraltro larghi e spettacolari, non ultimo il 5-1 inflitto in finale all’Atletico di Madrid.

1963-1964

L’Inter, nel 1964, diventa davvero Grande: se lo scudetto scivola tra le dita all’esito dello spareggio con il Bologna, i nerazzurri iniziano a dettare legge in Europa, e lo fanno in grande stile, sia contro i temibili campione di Germania che, soprattutto, in finale a Vienna, contro il Real Madrid. Una squadra zeppa di fuoriclasse, genialmente orchestrati dal Mago, diventa il meglio che l’Europa e forse il mondo possano offrire.

L’ennesima finale e l’ennesimo successo nella Liga mi obbligano a ricordare, ancora una volta, la straordinaria stagione del Real Madrid, sconfitto al Prater ma ancora capace di far sudare le ben più giovani e rampanti big europee. I vecchi leoni sono quasi al capolinea, ma il quasi fa tutta la differenza del mondo, e una brillante generazioni di giovani spagnoli sta prendendo possesso della maglia bianca.

Il Benfica è ancora una squadra di primo piano, ma la lezione di calcio che gli infligge un giovanissimo e arrembante Borussia Dortmund, che l’anno prima ha vinto il campionato della Germania Ovest, mi suggerisce di dare la preferenza ai tedeschi: la squadra di Emmerich, Schmidt e altri giocatori di spessore sembra volare e fa sudare le proverbiali sette camicie anche ai più quotati e dotati nerazzurri, che faticano un mondo a uscire indenni dal catino renano, in semifinale.

Fa il suo ingresso per la prima volta nella nostra cinquina una squadra destinata a riscrivere le gerarchie del calcio continentale, negli anni a venire, ovvero il Liverpool: la squadra di Shankly, nel 1964, si prende d’autorità la First Division, al termine di un campionato combattutissimo, e si prepara a dare l’assalto alla Coppa dalle grandi orecchie.

Il Colonia che vince la prima Bundesliga a girone unico, in cui regala lampi di genio il brasiliano di Germania Wolfgang Overath, è la quinta squadra che voglio ricordare: la signoria sul primo campionato tedesco giocato secondo la nuova formula è netto e iscrive il Colonia tra le formazioni migliori della stagione.

1964-1965

L’apogeo della Grande Inter è uno dei vertici della storia del calcio italiano e continentale. I nerazzurri, giunti nel pieno della maturità, questa volta fanno doppietta: rimontano il Milan in serie A e conquistano di forza, classe e intelligenza anche la seconda Coppa dei Campioni consecutiva, dopo aver regalato ai loro tifosi alcuni dei momenti più alti della storia nerazzurra (su tutti, la clamorosa rimonta sul Liverpool in semifinale).

Dopo una stagione di assestamento, il Benfica torna a far sentire la sua voce tra le grandi: elimina con risultati larghi tutte le avversarie, tra le quali si annovera il solito Real Madrid, e paga dazio solo all’Inter, a Milano, sotto l’acquazzone, anche a causa di una papera del suo portiere. Il suo fenomeno Eusébio sta giocando in una dimensione preclusa ai comuni mortali e il pallone d’oro consegnatogli a fine anno ne conferma la superiorità su tutti gli europei. Il successo netto e ampio in campionato è solo la conferma della grandezza di un club epocale.

A Manchester un ragazzino nordirlandese di 173 cm, che porta i capelli come le rockstar, un ragazzino cui il destino ha dato un nome impegnativo (George Best) inizia a far parlare di sé per i colpi di genio e la capacità di puntare la porta come gli attaccanti di professione. Al suo fianco, il leader maximo Bobby Charlton e una folta schiera di giocatori di valore pongono le fondamenta della resurrezione del Manchester United, sei anni dopo la tragedia di Monaco: i Red Devils si prendono il titolo nazionale e arrivano in fondo anche in FA Cup e in Coppa delle Fiere, pur non vincendole, e si tratta solo del grande proemio.

In Coppa dei Campioni esce al primo turno, eliminato da un Liverpool più maturo, ma in casa fa letteralmente il vuoto e surclassa la concorrenza, illuminato dalla classe sopraffina, dal gioco cerebrale e dal senso del gol da punta di Paul van Himst, che non a caso a fine anno si contende il pallone d’oro: ecco perché menziono l‘Anderlecht tra le grandi della stagione.

Ferencvárosi Torna Club: così si chiama il club che rilancia la scuola ungherese dopo il periodo difficile post-1956, e nel 1964-1965 il club di Budapest, ispirato dalle gesta di un fuoriclasse come Flórián Albert, tra i più quotati de mondo, si gioca il titolo nazionale ma soprattutto si prende la Coppa delle Fiere, superando in finale la Juventus – già specializzata, suo malgrado, in finali perse. Il gioco di alta qualità espresso e il successo internazionale sono a mio avviso sufficienti per inserire gli ungheresi nella cinquina.

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