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Oltre i limiti e i pregiudizi: chi è stato Giorgio Chiellini

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Immagine di copertina: Giorgio Chiellini con il trofeo dell’Europeo

Era tanto tempo che avevo in mente di scrivere due righe su Giorgio Chiellini e il suo annuncio di ritiro dal calcio giocato mi ha dato finalmente l’opportunità di farlo. Tra i numerosi elogi di chi ha condiviso il campo con lui – insieme o contro – per tanti anni, tra i complimenti e i riconoscimenti di chi l’ha amato, tifato o semplicemente ammirato, spuntano, in misura relativamente minore, anche commenti maliziosi di chi non l’ha mai amato e di chi ha sempre avuto un certo pregiudizio su di lui, sin dagli albori. Naturalmente ogni critica, purché fondata e fatta con intelligenza, è legittima e il calcio non fa eccezione. Chiellini però rientra in quel novero di giocatori su cui da anni si infrangono critiche di natura “tecnica”, mosse da diversi motivi. Escludendo subito i fattori di tifo – criticare o esaltare un giocatore a seconda del fatto che indossi o meno una determinata maglia è infantile e piuttosto triste – vorrei provare ad elencare le frasi più comuni che ho sentito dire sul conto di Chiellini in questi anni e discuterle, o quanto meno contestualizzarle.

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«Chiellini ha i piedi storti»

Frase semplice e lapidaria, che evidenzia come la tecnica ed il tocco di Giorgione non siano esattamente quelli di Franz Beckenbauer, anche se nella seconda parte della carriera si è notevolmente impegnato a cercare di limare i difetti appariscenti: occasionalmente sono scaturiti gol e persino assist, anche con il piede debole. Tuttavia è palese che Chiellini non sia un giocatore da impostazione, come ad esempio lo è il suo amico e sodale Bonucci, che però non ha minimamente le qualità del livornese per quanto riguarda la marcatura ed il corpo a corpo, peculiarità fondamentali nella scuola difensiva italiana e soprattutto nel ruolo degli stopper. Vorrei fare un paragone con altri due grandi difensori che godono a vario titolo di ben altra considerazione presso il pubblico italiano medio: Pietro Vierchowod e Carles Puyol. Due grandi difensori puri, rocciosi e tignosi, giustamente e amati ed esaltati. Per il loro tocco di palla? Certamente no. E allora perché per quanto riguarda Chiellini il tocco vellutato deve diventare la voce principale per valutarlo?

«È grezzo, sgraziato e poco elegante»

Critica gemella e sovrapponibile alla prima. Personalmente rivendico un approccio “funzionalista” tipicamente italiano, mi spiego meglio: senza nulla togliere agli approcci rivoluzionari delle correnti di pensiero che sulla falsa riga del cruijffismo e del guardiolismo – e per certi versi anche del sacchismo, seppur con distinguo importanti rispetto agli altri due – che vogliono la partecipazione dei difensori alla manovra ed alla costruzione offensiva mediante l’uso della tecnica, Chiellini è a pieno titolo un esponente del calcio nostrano “pane e salame”: prima si difende, si neutralizza il pericolo, si disarma l’avversario, si raggiunge il fine; poi si pensa al resto. E funziona? Certo che sì. I titoli – in patria e fuori – sono arrivati, le finali pure, e neanche poche. Con questo non si vuole ovviamente sostenere che esista un unico metodo per vincere, ce ne sono stati diversi – dall’Ajax di Krol con il piede morbido e la visione di gioco fino ad arrivare a Koeman e a Cancelo terzino sulla carta ma tuttocampista de facto – e tutti validi e legittimi, ma le vittorie del calcio italiano nelle sue sfumature di nazionali e di club hanno spesso avuto la voce decisiva della solidità e dell’efficacia difensiva.

«È un giocatore falloso»

Anche qui, agganciandomi a quanto ho detto nei punti precedenti, non nego che Chiellini fosse un giocatore che, per dirla in gergo, “faceva sentire i tacchetti”. Il suo impeto guerriero, spesso accompagnato da una vistosa fasciatura in testa dovuta ai segni della battaglia, lo portava spesso a scontri fisici con gli avversari, a corpo a corpo e a contrasti aerei. Chiellini era irruento, entrava duro, entrava sporco, ma era sostanzialmente leale e non interveniva per fare male, a differenza di altri, nostrani e non (si dice il peccato, ma non il peccatore). Zlatan Ibrahimovic ed Edinson Cavani, che hanno spesso duellato con lui, confermano questa versione: «È davve­ro difficile giocare contro di lui, non ti lascia spazio, non ti fa re­spirare… Ma Chiello mi piace, è leale, un combattente vero. Fra noi due ci sono sempre stati bel­lissimi duelli» così parlò Zlatan, mentre il centravanti sudamericano disse: «Mi piaceva fare la battaglia con Chiellini. Era un calciatore tosto, difficile da affrontare, aggressivo. Un esempio di italianità. E a me piacciono difensori così». Ci sono altri “nemici” che negli anni hanno tessuto le lodi del difensore toscano: da José Mourinho «Chiellini e Bonucci dovrebbero andare ad Harvard a tenere un corso su come fare i difensori centrali» a Walter Mazzarri «Io stravedo per Chiellini, è un giocatore ormai universale, una forza della natura, che ogni allenatore vorrebbe in squadra».

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«È un giocatore che ha vinto solo perché protetto da compagni forti»

Innanzitutto credo che si debbano analizzare i vari cambiamenti tattici di cui è stato protagonista Chiellini. Nato terzino sinistro, ha iniziato ad entrare in confidenza con il ruolo di difensore centrale negli anni della Juventus di Ranieri, dove – spostato al centro in coppia con Legrottaglie per tamponare una situazione d’emergenza – ha progressivamente fatto suo il ruolo con ottimi risultati, portando a casa un terzo ed un secondo posto durante la dittatura interista ed entrando nel giro della nazionale. L’arrivo di Antonio Conte comporta l’utilizzo di Chiellini come terzino sinistro del 4-2-4 e del 4-3-3 per pochi mesi, fino al definitivo 3-5-2 che segnerà l’era di trionfi bianconeri. Re Giorgio ha vissuto a pieno titolo e da protagonista i trionfi in carriera e, se è vero che i campioni davanti hanno fatto la differenza, è innegabile che la solidità difensiva sia stata un’impronta indelebile nel grande ciclo della Juventus, e anche della nazionale azzurra.

«In campionato ha vinto tanto, ma fuori ha palesato i suoi limiti»

Niente di più falso. Nonostante non sia mai arrivata una vittoria in una finale di Champions League, il “limitato Chiellini” (!) è arrivato in fondo in tornei internazionali in ben quattro occasioni: due con la nazionale e due con la Juventus. Negli Europei 2012 gioca un buon torneo dando il suo contributo, in finale si infortuna e purtroppo l’Italia affonda. Nella finale di Berlino 2015 è assente per infortunio, dopo un torneo in crescendo concluso con due grandi prestazioni di sudore e sacrificio contro il temibile Real Madrid in semifinale, e si sprecano i “what if?”. Nel 2017 è protagonista della miglior difesa della Champions League – solo un gol preso nella fase ad eliminazione diretta, 180 minuti di porta inviolata contro il Barcellona di Messi, Neymar e Suarez – e il tracollo del secondo tempo di Cardiff è ascrivibile a motivi che esulano dalla semplice “solidità difensiva’. Il trionfo di Euro 2021 – ampiamente commentato da me su questo sito – parla da solo. Oltre a questo, ci sono diverse grandi prestazioni, a partire da Italia-Spagna del lontano Europeo 2008, fino ad arrivare alle cerniere difensive nelle partite contro Manchester United, Tottenham, Atletico Madrid, senza dimenticare le commoventi prestazioni di Euro 2016, specie tra Spagna (con tanto di gol) e Germania.

Ne ho lette anche altre – di tenore più o meno diverso – che non sto qua a riportare, ma dettate tutte da pregiudizio ed idiosincrasia. Giorgio Chiellini è stato un difensore solido, affidabile, efficace e con una lunga carriera. Certamente i limiti tecnici rimangono – se avesse avuto piedi più educati, alla Sergio Ramos per intenderci, avrebbe potuto essere ancora più forte – e siamo distanti da mostri sacri come Figueroa e Moore. Non ho dubbi nel collocarlo nella cerchia dei migliori stopper puri italiani, nella scia di Fabio Cannavaro, un altro che nelle trincee difensive si esaltava e dava il meglio di sé.


«Chiellini sembra un cattivo delle favole, con la sua faccia ruvida e burbera. Assomiglia a un orco, ma in realtà ha un cuore d’oro […] Alto e magro, pieno di graffi e lividi da una lunga carriera nel bel mezzo dell’azione, Chiellini si è rotto il setto nasale cinque volte in 10 anni con la Juventus. Il suo viso è pieno di cicatrici e ferite e il suo aspetto ruvido potrebbe facilmente dare l’impressione che abbia 50 anni. Ma le sue esibizioni dimostrano che c’è ancora molta vita in quelle gambe. Kane si prepari ad affrontare probabilmente il miglior difensore del calcio mondiale al momento».

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