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Di ogni squadra ti vogliam regina – la top 11 all time della Fiorentina

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Immagine di copertina: la Fiorentina campione d’Italia nel 1955-1956

Pago subito la rata ai luoghi comuni: Firenze in tutto il mondo è sinonimo di arte con la a maiuscola, e la naturale conseguenza di questa vocazione è l’amore incondizionato dei suoi tifosi per l’arte anche in ambito sportivo.

Luoghi comuni a parte, c’è un fondo di verità, a mio parere, quando si parla di vocazione artistica. Nessun’altra società, nella storia del calcio italiano, ha puntato i riflettori sulla qualità – intesa anche come ricerca del gesto tecnico in quanto tale – come ha fatto la Fiorentina, e se questa sovrabbondanza di qualità stona un po’ con i risultati non sempre all’altezza delle aspettative, regala comunque alla Viola un alone di cultura antica e superiore, una sorta di statura raffaellesca, un’eleganza che le consente sotto questo profilo di lasciare tutta la concorrenza italiana, anche quella molto più vincente, a distanza notevole.

Quella della Viola è una storia fatta di alti e bassi, di momenti di gloria che assomigliano un po’ a gocce d’olio nell’acqua, e anche se non è comparabile con quella dei maggiori club italiani resta una storia che si esprime in versi e che racconta di due scudetti, una miracolosa finale di Coppa dei Campioni, numerosi titoli nazionali “di contorno” e diverse imprese europee, in alcuni casi culminate con la conquista di un titolo.

Abbiamo provato a selezionare per voi i giocatori più significativi della storia viola.

Portiere: Francesco Toldo

Il gigante di Padova Toldone occupa un posto speciale nel cuore fiorentino: nel corso dei suoi otto anni sull’Arno, Francesco Toldo si è progressivamente affermato come uno dei portieri più importanti del calcio italiano, guadagnandosi anche la convocazione in azzurro, e la sua esperienza azzurra come sappiamo tutti culminerà nelle prestazioni leggendarie di Euro 2000. Fisicamente impressionante ma anche reattivo e molto istintivo, insuperabile nelle giornate di grazia, Toldo è stato un campione indiscusso nel ruolo. Regalo a Toldone il posto da titolare, ma forse il portiere più dotato della storia viola è stato Enrico Albertosi, uno dei massimi talenti di sempre tra i pali, che ben potrebbe essere il titolare al posto di Francesco. Nella storia viola c’è un altro grande numero uno, il cui nome è legato al secondo, inatteso scudetto portato in Toscana, quello di Franco Superchi: talento precoce, Franco impiega qualche anno a prendersi la maglia da titolare ma lo fa nel momento decisivo, ovvero nel 1968, quando vive la stagione della vita e contribuisce in maniera decisiva al sorprendente successo della Viola. Franco giocherà a Firenze fino al 1976, confermandosi un portiere di grande spessore, anche se non vestirà mai la maglia azzurra a causa della concorrenza dei colossi della categoria Albertosi e Zoff. Il portiere di ghiaccio Giuliano Sarti, piccolo, essenziale, pulito e intelligentissimo, è un altro pezzo di storia della Fiorentina, la cui maglia ha vestito tra anni ’50 e ’60 in 220 occasioni, ergendosi a protagonista dello storico scudetto del 1956. Ancora, credo vadano spese due parole anche per Giovanni Galli, una bandiera della squadra toscana tra anni ’70 e anni ’80 e un ottimo portiere, continuo, affidabile e poco incline a vezzi e svolazzi.

Laterale destro: Ardico Magnini

Il materiale disponibile su di lui è relativamente poco, ma il ruvido pistoiese è un perno della miglior Fiorentina di sempre – quella che mette paura al Grande Real – e veste la maglia viola in 225 occasioni; Ardico è titolare fisso della nazionale durante i complicati anni ’50 ed è uno dei tanti difensori di valore un po’ dimenticati della storia del calcio italiano. Al suo fianco, pronto a subentrare, credo possa accomodarsi il Soldatino Angelo Di Livio, l’ipostasi del concetto di gregario di lusso: dopo aver vinto tutto a Torino, Angelo vive sei stagioni di splendore sull’Arno, giocando forse il miglior calcio della sua carriera, un calcio fatto di corse a perdifiato, spirito di sacrificio e buone doti tecniche, specie come crossatore, doti che gli valgono anche 40 presenze in nazionale.

Difensore centrale: Daniel Passarella

Il fuoriclasse, reduce dagli anni di gloria in patria, gioca a Firenze per quattro anni e si impone come uno dei centrali più scorbutici del calcio italiano, ma anche come uno di quelli più dotati e in entrambe le fasi di gioco. Grazie soprattutto ai suoi letali calci di punizione, Passarella mette a segno 35 gol in maglia viola e li segna durante uno dei periodi in cui andare in gol con regolarità è più complicato. Con 374 presenze, due reti, una titolarità inamovibile e un ruolo chiave, sul piano difensivo, per la conquista del titolo, la riserva di Passarella è a mio parere Giuseppe Brizi, elegante centrale tecnicamente più dotato della media, affidabile e robusto, bandiera del club tra anni ’60 e ’70.

Difensore centrale: Giuseppe Chiappella

Marcatore e centromediano sistemista capace anche di impostare il gioco, Chiappella è una delle colonne su cui viene costruita, nel corso degli anni ’50, la miglior Fiorentina di sempre. Giuseppe era un giocatore aggressivo ma anche pulito e dotato di notevole saggezza sul piano tattico, ed era uno degli uomini di riferimento di Bernardini. Il centrale ha disputato in maglia viola oltre 300 partite e ha vinto lo scudetto del 1956, due Coppe Italia e la Coppa delle Coppe del 1961. Quattro grandi stagioni a cavallo tra i millenni mi suggeriscono di regalare un posto in panchina a Geppetto Torricelli, come Di Livio un altro gregario di lusso reduce dalla Juventus che a Firenze regala alcuni dei momenti più alti della sua carriera, confermandosi un ottimo laterale e centrale difensivo. L’abbondanza di giocatori di valore nel reparto mi induce a menzionare anche il veterano Francesco Rosetta, stopper o centromediano della grande Fiorentina di Bernardini con la quale vive da protagonista un decennio da grande giocatore, concludendo la sua carriera nel 1957,

Laterale sinistro: Sergio Cervato

Tra gli storiografi italici, non mancava in passato chi considerava Cervato uno dei laterali sinistri più dotati della nostra storia, giusto un passo indietro rispetto ai fuoriclasse del ruolo. E non mancava anche chi considerava la potenza del suo sinistro seconda solo a quella del sinistro di Luigi Riva, potenza che gli frutterà quasi sessanta gol in carriera, cifra tanto più ragguardevole se lo collochiamo in una difesa sistemista degli anni ’50. Cervato è stato un grande campione, il capitano e la bandiera della Fiorentina che vince di tutto tra anni ’50 e ’60, sfiorando come noto anche il bersaglio grosso in casa del Real, e anche un titolare inamovibile in azzurro per una decade. La sua alternativa più credibile a mio avviso è il duttile Alberto Di Chiara, laterale e all’occorrenza centrocampista completo, dotato di tre polmoni e di discrete doti tecniche. Alberto è titolare fisso della Fiorentina nella seconda metà degli anni ’80 (per lui, 13 reti in 172 partite) e disputa anche sette partite in nazionela durante il regno di Arrigo Sacchi.

Centrocampista centrale: Giancarlo De Sisti

La sovrabbondanza di artisti mi obbligherà a numerose esclusioni imperdonabili e anche a qualche forzatura tattica, ma non può impedirmi di affidare le chiavi del centrocampo all’abatino Giancarlo De Sisti, uno dei migliori centrocampisti della storia del nostro calcio: intelligente, tecnico, elegante, dotato di una notevole visione di gioco, Picchio disputa 345 partite in maglia viola, si impone nel frattempo come titolare in azzurro e vince da uomo chiave lo scudetto del 1969. Un campione con la c maiuscola. Eraldo Pecci è stato un po’ l’erede di De Sisti e nel corso del suo intenso quadriennio fiorentino ha giocato un calcio sopraffino e di alto tenore, confermandosi come uno dei migliori registi italiani della sua epoca.

Centrocampista centrale: Carlos Dunga

La necessità di far convivere tutti i giocatori di qualità del reparto offensivo mi impone di impostare un centrocampo votato alla solidità, e nessuno, forse, ha incarnavo la vocazione alla solidità quanto Carlos Dunga, uno dei gocatori brasiliani in assoluto più europei per impostazione e approccio. Dunga ha vestito la maglia viola per quattro stagioni, durante le quali è stato uno dei dominatori delle graduatorie di rendimento del nostro calcio, in un periodo in cui giocavano da noi molti tra i primi giocatori del mondo, ed è stato il pilastro della Fiorentina capace di raggiungere la finale di Coppa UEFA nel 1990. Divenuto celebre anche per essere stato il primo caso di calciatore professionista cui viene diagnosticata la sclerosi amiotrofica laterale, Segato è stato il tuttofare e il recupera palloni della grande Fiorentina, con la maglia viola ha vinto di tutto, sia in Italia che in Europa, e per una decade è stato uno degli elementi chiave della nazionale.

Ala destra: Julinho

Metto le mani avanti: escludere uno tra il lungo baffone brasiliano e l’elettrico svedese Hamrin secondo me sarebbe stato ingiusto, ma dato che di posti sulla fascia destra ce n’è uno solo ho deciso di schierare nella posizione quello che forse è il giocatore più decisivo della storia della Viola, il fuoriclasse di San Paolo Júlio Botelho, noto com Julinho. Durante i mondiali di Svizzera, mentre tutti si stropicciano gli occhi davanti alle gesta dei fenomeni ungheresi, Bernardini si innamora perdutamente di quello che nel 1954 è forse il giocatore brasiliano più forte, e arriva a dire che “un’ala può arrivare a Julinho, non oltre“. A Firenze, il brasiliano si ambienta in una frazione di secondo e trascina la squadra al più inatteso dei suoi trionfi, trasformando l’ottimo e ruvido Virgili in un grande bomber e seminando il panico come nessun altro sulla fascia. L’anno successivo, come se non bastasse una stagione che nella storia della serie A sapranno replicare in pochi, Julinho non solo si conferma uno dei primissimi giocatori del nostro calcio, ma è il fuoriclasse della squadra che raggiunge e perde in modo discusso la finale di Coppa dei Campioni. Con 23 reti in 98 presenze, reti cui si sommano decine di assist e giocate decisivi, il brasiliano è un titolare inamovibile di questa squadra. La sua vera alternativa (Hamrin) è però altrettanto se non più inamovibile e deve avare un posto tra i titolari; ritengo quindi più giusto che il posto in panchina all’asso paulista lo scaldi Daniel Bertoni, centrocampista, ala o attaccante della Fiorentina degli anni ’80 che sarà poi scudiero di Diego a Napoli e un tassello importante in nazionale.

Trequartista: Giancarlo Antognoni

Quando i valori tecnici coincidono, subentra quale criterio di selezione decisivo il ruolo che un singolo riveste nella storia del club, e proprio tale ruolo mi ha suggerito di preferire il Putto di Firenze Antognoni all’altrettanto grande Manuel Rui Costa. Escludere Giancarlo da una Viola All Time sarebbe stato a mio parere illegale, e non solo per le 72 reti in 429 partite: Antognoni si afferma negli anni ’70 come l’erede di Rivera ma anche come un centrocampista più moderno nella vocazione, capace di alzare la testa e la voce anche davanti ai maggiori dirimpettai internazionali e di conquistarsi per molti anni il posto da titolare in azzurro, vincendo, quale superbo uomo di raccordo, anche il mondiale del 1982. Rui Costa è stato un campione di spessore simile: uomo assist tra i più creativi e al contempo affidabili di sempre, il portoghese sin dalla stagione d’esordio ha dimostrato di poter fare la differenza anche nel complicato calcio italiano degli anni ’90 e la sua recita in maglia viola è stata un poderoso crescendo, culminato nelle stagioni in cui, quanto a “media-voto”, Rui surclassava la concorrenza, regalando le magie e le invenzioni che ci si attende da un trequartista latino. Terzo nome imprescindibile è quello dell’argentino Montuori, eccellente trequartista e notevole uomo gol, nonché il secondo violino dello squadrone della seconda metà degli anni ’50.

Ala sinistra/seconda punta: Kurt Hamrin

La necessità di coesistere con Julinho trasferisce il leggendario Uccellino nel ruolo di seconda punta, quello che poi, di fatto, ha ricoperto nel corso della carriera. Il piccolo e agile svedese è uno dei massimi calciatori scandinavi della storia e forse il massimo giocatore che abbia indossato la maglia della Fiorentina: con 208 gol in 362 partite, molti dei quali decisivi anche a livello europeo (determinante il suo contributo al successo europeo del 1961 e alla finale raggiunta nel 1962), Hamrin si è guadagnato la riconoscenza imperitura della città e un posto intoccabile nell’Empireo dei fuoriclasse più determinati mai ammirati sui nostri campi. La sua riserva non può che essere Roberto Baggio: reduce dallo straziante infortunio di Vicenza, Baggio a Firenze recupera la gamba e la voglia di giocare, contro ogni pronostico, e diventa il Baggio di Luce (cito la Gazzetta dello Sport) che illumina il calcio italiano con le sue prodezze, le sue invenzioni palla al piede e i suoi colpi di genio. A Firenze Roberto è ancora un po’ discontino e paga a tratti la tendenza a provare ad andare in porta da solo, ma questo toglie poco alla grandezza del suo talento e delle sue stagioni sull’Arno. Con 55 reti in 136 partite, una finale UEFA e alcuni capolavori da tramandare ai posteri – l’assolo stampato in faccia a Maradona, tra i tanti – secondo me Roberto deve essere preferito a un altro grandissimo talento che a Firenze vive i giorni migliori della sua carriera, il rumeno Adrian Mutu. Tra 2006 e 2008, Mutu è uno dei giocatori più decisivi del campionato italiano, forte del suo dribbling e di un senso del gol da punta vera, e credo meriti un posto in questa formazione, esattamente come Enrico Chiesa, che a Firenze gioca per tre anni, il primo quasi alla stregua di Beckham, il secondo da attaccante puro, tanto da mettere a referto 22 reti in 30 partite.

Centravanti: Gabriel Omar Batistuta

Ho scritto che Kurt Hamrin è forse il giocatore più grande della storia di Firenze, e il forse è dovuto alla compresenza in formazione del Re Leone, uno dei massimi centravanti degli anni ’90, un nove classico dotato di un’esuberanza fisica incontenibile, una facilità/potenza incomparabili nel tiro, di notevoli doti tecniche e della rara capacità, appannaggio dei grandissimi, di segnare a raffica e di alzare l’asticella quando è necessario farlo. Batistuta ha regalato a Firenze un sogno lungo quasi un decennio, nel corso del quale ha dominato il nostro campionato in termini realizzativi, ha punito ripetutamente tutte le big italiche, ha vinto da protagonista una Coppa Italia e una storica Supercoppa (“Irina te amo!“). Con 208 reti in 333 partite, lascia a distanza siderale gli altri grandi nove della storia Viola, il più significativo dei quali è forse Luca Toni, che in due anni ha saputo lasciare un’impronta profonda sul calcio fiorentino, vicendo anche un memorabile titolo di capocannoniere nel 2006.

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