Immagine di copertina: il Boca Juniors campione del mondo nel 2003
La meravigliosa maglia gialloblu del Boca Juniors è un simbolo che trascende i confini del calcio, è qualcosa che appartiene al folklore, alla letteratura, alla storia con la s maiuscola: anche chi mastica poco di pallone, probabilmente, sa cosa il quartiere della Boca significa per Buenos Aires, conosce la parola Xeneizes, e associa alla Bombonera una delle atmosfere più incredibili che si possano respirare dentro uno stadio di calcio e non solo.
Il Boca Juniors possiede un alone mitologico che condivide con pochissime altre squadre del mondo, forse nessuna. Un alone che profuma di inizio del ‘900, di barrios e tangheri, di un calcio che è tutto strade polverose e invenzioni beffarde, ma che ha a che fare anche con il presente, con l’Argentina più popolare, le sue radici profondamente legate all’Italia. Come spesso succede in Sudamerica, realtà e mito si confondono e stabilire con certezza cosa sia “vero” è molto complicato, e il Boca è quasi il paradigma di ciò gli argentini e i sudamericani in genere intendono per calcio: il suo è un mito che poggia sul folklore e che possiede una sorta di dimensione esoterica, ma è anche un mito dotato di solide basi sportive: la squadra del quartiere a forte trazione ligure è una delle più gloriose e vincenti di ogni epoca e vanta forse il seguito più fedele ed entusiasta del mondo. Nel 2003, quando gli argentini hanno sfidato e persino superato il grande Milan di Ancelotti a Yokohama, i tifosi giunti da Buenos Aires (la celeberrima Doze) surclassavano in numero i pur agguerriti rossoneri, a conferma di un legame che per l’appunto supera quello strettamente sportivo e che sconfina nella religione, in un senso di appartenenza che sembra possedere un’essenza propria e metafisica.
Selezionare i migliori giocatori del Boca Juniors non è stato semplice e le consuete sollevazioni popolari che sempre accompagnano selezioni di questo tipo rischiano in questo caso di deflagrare; per fare chiarezza anche rispetto alle altre selezioni, ribadisco che il criterio fondamentale che mi governa è la valutazione della carriera del singolo giocatore con la specifica maglia oggetto dell’articolo, e non il peso del nome nel suo complesso.
Nel caso della squadra di Buenos Aires il limite che ci siamo posti è foriero di conseguenze ancora più crudeli delle solite, perché i gialloblu, prima della cosiddetta era della copertura televisiva, hanno messo in campo fior di campioni: solo per fare qualche nome, penso all’uruguaiano con il basco Severino Varela, bomber principe degli anni a cavallo della guerra, o dell’Atomico Mario Boyé, che abbiamo ammirato anche in Italia nella stagione 49/50, quando con la maglia del Genoa ha segnato 12 gol n 18 partite, prima di tornare a casa (Genova non è Buenos Aires), ma che è soprattutto uno dei migliori attaccanti gialloblu, perché con il Boca ha messo a segno 108 reti in 190 incontri tra anni ’30 e ’40, vincendo due titoli nazionali; ancora, è giusto ricordare anche Carlos Sosa, esterno tra i più raffinati del calcio albiceleste e sontuoso uomo assist (“Centro de Sosa gol de Boyé!”), così come i prolifici bomber dell’anteguerra Francisco Varallo, Domingo Tarasconi e Roberto Cherro: avrebbero tutti meritato una candidatura alla titolarità, ma poiché le loro gesta si perdono nelle nebbie della storia è per noi impossibile inserirli nella formazione che andiamo a illustrare.
Portiere: Hugo Gatti
El Loco, e mai soprannome è stato più azzeccato, è uno dei grandi portieri argentini: acrobatico, stravagante, capace di grandi prodezze ma anche di occasionali follie, Gatti è stato un pilastro dei gialloblu e per diversi anni anche della nazionale argentina, fino a quando il più essenziale Fillol ha preso il suo posto. La sua lunga militanza e il contributo decisivo a due Libertadores e alla prima, storica Coppa Intercontinentale vinta dal club, oltre che il suo grande talento, lo rendono un nome chiave della storia Xeneize. I suoi ricambi sono giocatori all’altezza: Óscar Córdoba, bandiera della Colombia per oltre quindici anni, ha trascorso in Argentina i suoi anni migliori e ha contribuito, con la sua sicurezza tra i pali e numerosi interventi decisivi, al miglior ciclo Boca dell’era moderna, tra fine anni ’90 e inizio duemila. Il valido Pato Roberto Abbondanzieri è a sua volta una delle bandiere del club: nominato portiere sudamericano dell’anno nel 2003, è stato la guida della difesa gialloblu nel dopo-Córdoba, nonché un perno della sua nazionale nella prima decade del nuovo millennio.
Laterale destro: Hugo Ibarra
El Negro è stato quasi il paradigma del laterale argentino: fisicamente piuttosto minuto, era dotato di una gamba notevole e di buone doti tecniche, e benché sia stato un giramondo, ha legato il suo nome soprattutto a quello del Boca Juniors, toccando l’apice nelle stagioni 2006 e 2007, quando viene votato il miglior laterale destro del suo continente. Con oltre duecento partite e numerosi titoli vinti da titolare fisso, credo debba accomodarsi nell’unidi ideale degli Xeneizes. Il suo avversario più credibile per la maglia da titolare è l’uomo dei record Francisco Pedro Manuel Sá, il laterale più vincente della storia del calcio argentino, con 6 coppe Libertadores conquistate in sette anni consecutivi, cui si sono aggiunti diversi titoli nazionali. Titolare dell’albiceleste nel 1974, non partecipa invece al vittorioso mondiale di casa, ma con 166 partite da titolare inamovibile del Boca merita un posto nella rosa.
Difensore centrale: Vicente Pernía
Il titolare, guardando al puro valore tecnico, dovrebbe essere The Wall Walter Samuel, un campione che non ha bisogno di presentazioni, ma la lunghissima e vincente militanza gialloblu mi suggerisce di preferirgli Vicente Pernía, marcatore possente e ruvidissimo, il classico centrale argentino degli anni ’70 che non esita a ricorrere alle maniere forti per farsi sentire dagli attaccanti avversari, ma più dotato della media sul piano tecnico, come dimostra anche nelle finali di Coppa Libertadores vinte nel 1977 e nel 1978, quando erige un vero muro ma al tempo stesso si dimostra valido in appoggio al centrocampo. Vicente è una bandiera del Boca per quasi un decennio, mentre è meno fortunata la sua avventura in nazionale, che si chiude con solo dieci presenze nel 1977.
Difensore centrale: Roberto Mouzo
Roberto Mouzo, altro granitico centrale che vanta piedi da argentino, tanto da essere per diversi anni il rigorista della squadra, è tuttora il recordman di presenze in maglia gialloblu, viste le 426 partite disputate in quasi quindici anni vissuti a Buenos Aires, anni in cui si è affermato come uno dei migliori centrali del suo continente, guadagnandosi sporadicamente anche la convocazione in nazionale e vincendo tutto. La storia del Boca è ricca di centrali notevoli e il posto del veterano Mouzo nel cuore dei tifosi gialloblu l’ha preso, tra anni ’90 e 2000, il colombiano Jorge Bermúdez, altro difensore alto e fisicamente prestante, in grado di farsi valere soprattutto nel gioco aereo, inserito per ben tre volte nella squadra ideale del suo continente e capace di vincere tutto con la maglia del Boca
Laterale sinistro: Silvio Marzolini
La batteria dei terzini sinistri del Boca è molto ricca: avrei potuto scegliere il riccioluto eroe dei due mondi Alberto Tarantini, stantuffo e guerriero della fascia, dominata grazie alle superbe doti di corsa e a una cattiveria agonistica sopra la media, ma per pure qualità tecniche, e anche perché gli argentini tendono a ritenerlo il miglior laterale della loro storia, ho dato la maglia da titolare a Silvio Marzolini, che ha peraltro trascorso quasi tutta la carriera con la maglia del Boca, al contrario di Tarantini. Titolare della nazionale per due mondiali e votato miglior terzino del mondiale d’Inghilterra nel 1966, Marzolini è stato un giocatore fisicamente poderoso e pulito, ma soprattutto un giocatore estremamente elegante e dotato sul piano tecnico; furono peraltro sempre respinti al mittente, negli anni ’60, i tentativi delle big europee di portarlo nel nostro continente: Silvio era una bandiera del Boca e non ha mai abbandonato la sua città d’origine. Non vale Marzolini né Tarantini, ma Rodolfo Arruabarrena, giocatore chiave anche del Villareal per diversi anni, è stato il padrone della fascia sinistra del Boca negli anni d’oro e credo che un posto in panchina gli spetti di diritto.
Centrocampista destro: Rubén Suñé
Un vero e proprio totem per tifosi Xeneizes, anche perché ha deciso un campionato segnando il gol decisivo contro il River, Rubén Suñé è stato uno dei centrocampisti più completi della storia del Boca, nonché un pilastro del club – nel complesso – per circa un decennio, e ha vinto da protagonista vari titoli nazionali, due Libertadores e una Coppa Intercontinentale. Sul piano tecnico gli è probabilmente superiore Miguel Ángel Brindisi, ancora oggi ritenuto da molti appassonati il centrocampista più bravo della storia del calcio argentino, almeno dagli anni ’60 in avanti. Completissimo e versatile alla stregua di Neeskens, Brindisi è stato anche un eccezionale goleador e nel 1981 ha trascinato il Boca al successo nazionale, al fianco di Diego Maradona. La sua brevissima militanza in gialloblu lo relega però in panchina.
Centrocampista centrale: Antonio Rattín
Il centrocampista di origini trentine è probabilmente il giocatore chiave della storia gialloblu, se escludiamo Riquelme. Classico volante sudamericano messo davanti alla difesa (una sorta di precursore argentino di Busquets, anche per le lunghe leve e l’intelligenza tattica, che però sa anche fare male negli inserimenti), Antonio Rattín è stato lo schermo, il regista e il leader gialloblu per 352 volte, vincendo per tre volte il campionato argentino e sfiorando la vittoria nella Coppa Libertadores, superato solo dal Santos di Pelé. Capitano dell’Albiceleste ai Mondiali del 1966, torneo che per lui si chiude con un discusso cartellino rosso contro l’Inghilterra, è uno dei titolari inamovibili di questa squadra. Sebastián Battaglia, guerriero di nome e di fatto, infaticabile recupera palloni passato anche per la Spagna, è a mio parere la prima alternativa di Antonio: benché più limitato sul piano tecnico, è stato un mediano dotato di tre polmoni e un tassello chiave del grande Boca di Carlos Bianchi, avendo vestito il gialloblu in quasi 300 occasioni.
Centrocampista sinistro: Guillermo Barros Schelotto
La folta legione di centrocampisti di spessore della storia del club mi ha indotto ad attribuire un peso chiave alla durata della miltanza nel club, e allora ho optato per Schelotto, centrocampista e all’occorrenza attaccante del Boca nel decennio magico che inizia nel 1997 e si chiude dieci anni dopo con la quarta Coppa Libertadores. Piccolo ma battagliero, ottimo sul piano tecnico e all’occorrenza efficace anche come uomo gol, Schelotto è una delle bandiere della storia del club, ma il posto da titolare potrebbe soffiarglielo Mario Zanabria, uno dei giocatori di maggior talento dello spigoloso e vincente Boca della seconda metà degli anni ’70, altro piccolo tuttofare in grado di dismpegnarsi con successo in entrambe le fasi di gioco e di mettere a referto gol importanti.
Trequartista: Juan Román Riquelme
Lo so, lo so: anche tale Diego Armando Maradona ha giocato con il Boca, e nella stagione 1981 l’ha fatto peraltro in maniera divina, ma se parliamo degli Xeneizes la maglia numero dieci non può che appoggiarsi sulle spalle del Mudo Riquelme, il giocatore più decisivo della storia gialloblu: non serve in questa sede spendere troppe parole per ricordare il suo genio cerebrale, la sua superba visione di gioco, la sua tecnica quasi indescrivibile. Riquelme ha fatto il suo dovere anche in Europa e in nazionale, specie nel corso della meravigliosa Coppa America del 2007, ma il suo nome è diventato sinonimo di Boca Juniors, anche per le 94 reti in 262 partite, un pallone d’oro, le tre coppe Libertadores e l’Intercontinentale strappata al Real delle stelle nel 2000, all’esito di quella che rimane probabilmente la prestazione migliore della sua carriera. Il Diego gialloblu vanta in ogni caso una stagione da dio del calcio culminata nel titolo, nel 1981, e poi un patafisico ritorno nel 1995, in cui Diego è un lontano parente del Fenomeno che fu ma regala comunque magie, almeno nel 1995, prima di sprofondare in un calvario che lo porterà a ritirarsi nel 1997.
Attaccante: Martín Palermo
L’esperienza spagnola in chiaroscuro nulla toglie all’impatto di Palermo a Buenos Aires: il poderoso centravanti ha incarnato per più di dieci anni l’anima del club, grazie alla sua grinta, alla forza fisica, alle doti aree e a un notevole senso del gol, che gli è valso 145 reti in maglia gialloblu, reti che hanno spesso pesato come macigni – basti pensare alla doppietta rifilata al Real nel 2000 – e che gl hanno fruttato anche un pallone d’oro sudamericano nel 1998. La prima riserva di Palermo è a mio avviso Rodrigo Palacio, prima o seconda punta di grande qualità, tecnica, veloce e in grado di imporsi anche nel calcio europeo, come dimostra il suo curriculum con Genoa, Inter. Bologna e Brescia. In gialloblu, Palacio ha segnato 82 reti in 185 partite e ha dimostrato di poter fare la differenza anche in Coppa Libertadores.
Attaccante: Carlos Tévez
L’incontenible Apache ammirato anche in Europa, che alla Juve ha fatto categoria a sé, è un altro nome essenziale di questa formazione: i suoi anni giovanili lo vedono imporsi come punta mobile fisicamente fortissima a dispetto della statura non eccezionale, nonché come un leader precoce e un devastante uomo gol, decisivo per la conquista della Coppa Libertadores a soli 19 anni. Dopo la lunga e vincente parentesi europea, Carlitos nel 2015 è tornato a casa sua e pur non essendo più il campione ammirato sino a poco tempo prima, è stato un tassello importante della squadra ancora per sei anni, chiudendo la carriera in gialloblu con 279 presenze e 94 reti che gli valgono a mio avviso il posto da titolare. Ernesto Mastrángelo è la riserva di lusso dell’Apache: attaccante mobile e molto tecnico, ha lasciato un segno profondo nel periodo d’oro del club a fine anni ’70, collezionando trofei e reti pesanti, incluse quelle decisive per superare il Borussia Mönchengladbach in Coppa Intercontinentale.