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La magia del Pibe de Oro. Le 10 partite che più mi hanno stregato di Diego Armando Maradona

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Amato. Divisivo. Venerato. Contraddittorio. Iconico. Idolatrato. Carismatico. Geniale. Sregolato. Indimenticabile. Indimenticato. Non basterebbero le pagine di un libro per descrivere chi sia e cosa abbia rappresentato per il gioco del calcio Diego Armando Maradona da Lanus. Uno dei più straordinari campioni di ogni tempo e Paese, in grado con le sue giocate di far innamorare milioni di appassionati in tutto il mondo. «Un Aladino capace di qualsiasi magia. Un capopopolo, uno stratega, un leader emotivo, il Napoleone dell’emisfero australe che rovescia gerarchie precostituite» l’ho definito nel mio ultimo libro “Dalla Polvere alla Gloria” dedicato ad Argentina e Brasile. A differenza di campioni più antichi, del quale ci è pervenuta una parte tutt’altro che consistente del loro miglior repertorio, di lui abbiamo oggi la possibilità di vederlo quasi integralmente e dunque di poter assaporare tutto il suo meglio. Ho avuto il privilegio di visionarlo in oltre cento partite intere, senza contare highlights, sintesi, tutti i suoi gol nelle esperienze al Boca Juniors, Barcellona, Napoli o vestendo la mitica camiseta numero 10 della nazionale argentina. Non è facile scegliere le partite che più mi hanno colpito di lui, perché Maradona ha disseminato di perle una carriera intera. Ma provo qui a elencarne 10 – in ordine cronologico – sicuramente meritevoli e degne di figurare tra le sue migliori prestazioni. Ho cercato di pesare diversi fattori: dalla qualità degli avversari alla qualità delle giocate. Tra queste, in realtà, una non l’ho vista intera poiché non disponibile in rete o attraverso i miei contatti sudamericani. Ma in quel match si raccontano tali meraviglie di Diego che era impossibile escluderla…

La prima pagina dell’Equipe il giorno della morte di Diego il 25 novembre 2020: le copertine del noto giornale francese sono spesso da collezione

Inghilterra-Argentina 3-1

13 maggio 1980 – amichevole internazionale

Epoca in cui le amichevoli internazionali avevano ancora una rilevanza importante. E una delle prime volte in cui il pubblico europeo poté godere delle meraviglie del giovane Pibe dal vivo, considerando che quelli non erano tempi di internet e televisioni satellitari, in grado di trasmettere e replicare ogni singolo gesto da venti angolazioni diverse anche ai più sperduti angoli del pianeta. Fascino di un calcio dove la fantasia spesso volava sulle ali della realtà. Ma quando Dieguito mise il primo piede in Europa si capì che la fantasia nel suo caso era strettamente abbinata alla realtà. L’Argentina è campione del mondo e si presenta a Wembley con una formazione in parte rinnovata. L’Inghilterra è al solito tronfia e ammorbata da un ego smisurato. Nonostante la vittoria inglese per 3-1, con un grande Keegan, a rubare la scena è il 20enne che veste la numero 10 dell’Albiceleste: accelerazioni, spunti, lanci con il goniometro, si procura il rigore dei suoi dopo uno slalom pazzesco, e dopo un altro slalom regale colpisce il palo… Wembley rimane a bocca aperta e l’Inghilterra trema: antipasto di ciò che capiterà sei anni più tardi…

Argentinos Juniors-Boca Juniors 5-3

9 novembre 1980 – Campionato Nacional argentino

«Maradona? È bravo, ma ha la tendenza a ingrassare…». Si esprime così Hugo Gatti, portiere del Boca Juniors, alla vigilia del match che vede gli xeneizes opposti all’Argentinos Juniors del 20enne Dieguito, astro nascente del calcio argentino e sudamericano (già vincitore nel 1979 di un prestigioso Pallone d’oro del Sudamerica). Maradona gliela giura: «Gli faccio quattro gol». Diego mantiene fede alle promesse, al termine di una delle prestazioni più incredibili mai vedute: un gol su rigore; uno con una punizione teleguidata e “impossibile” dal lato destro dell’attacco; uno con un tocco beffardo; e l’ultimo con un altro piazzato capolavoro. In più, un altro rigore procurato e una serie di giocate entusiasmanti. Se non la sua miglior partita in assoluto, da top 3 della carriera.

La sintesi dell’incontro contro il Boca

Boca Juniors-River Plate 3-0

10 aprile 1981 – Campionato Metropolitano argentino

Forse memore della lezione inferta l’anno prima… il Boca Juniors rompe gli indugi e il 20 febbraio 1981 acquista il Pibe per 4 miliardi di vecchie lire più cinque giocatori, con la formula del prestito con diritto di riscatto. Due giorni dopo ed è già doppietta nel 4-0 al Talleres. Ma la prestazione che qui vogliamo ricordare è quella contro gli arcirivali del River Plate. Una sfida che in quegli anni vedeva opporsi grandi giocatori e grandi squadre, tempo in cui i campionati sudamericani avevano ancora poco o nulla da invidiare ai migliori tornei europei, con una carrellata di assi che costituivano l’ossatura delle proprie nazionali. Quel 10 aprile il Boca schiera gente come Ruggeri, Maradona, Brindisi, Mouzo; nel River fanno bella mostra campioni del mondo come Fillol, Passarella, Tarantini, Kempes… Un incontro dall’altissimo contenuto tecnico, che vede in prima linea Maradona. Dopo un primo tempo in ombra, con tanto di gol di mano (antico vizietto…), nella ripresa il Pibe sale letteralmente in cattedra. Il primo gol, di Brindisi, è per 4/5 di Diego, con un’azione pazzesca palla al piede in cui resiste a interventi proditori, cade e si rialza, più forte di tutto e tutti, e favorisce la rete del “Neeskens d’Argentina”. Brindisi sigla anche il 2-0, poi Maradona realizza il tris dopo dribbling irridente a Fillol. Favorirebbe anche il poker, ingiustamente annullato. In generale, pennella calcio, da furetto imprendibile.

Argentina-Ungheria 4-1

18 giugno 1982 – Mondiale di calcio, 1° turno

Mio zio quel giorno era allo stadio. Mi ha sempre raccontato di una prestazione mastodontica del Pibe. Quando l’ho rivista, sono rimasto a bocca aperta. «Tutte le volte che parte in slalom gli avversari non riescono a fermarlo» scrivo nelle pagelle dell’incontro. Diego arriva a quel Mondiale con grandi aspettative. È partito male, contro il Belgio lui e la squadra non girano e perdono. La seconda partita contro l’Ungheria è già decisiva. E Maradona disputa un match irreale per contenuti tecnici, continuità, senso del gioco: accelerazioni, velocità, visione, un gol di testa e un altro sfiorato con una torsione da capogiro, la doppietta calata con sinistro chirurgico dopo triangolo sontuoso con Kempes. Sembra il preludio a qualcosa di magico, ma l’Argentina uscirà nel girone di ferro con Italia e Brasile.

Tutti i tocchi di Diego contro l’Ungheria

Napoli-Lazio 4-0

24 febbraio 1985 – Campionato italiano di calcio

Non l’ho (spero ancora) trovata intera. Ma gli highlights, spesso un po’ ingannevoli per valutare una prestazione intera, in questo caso non possono mentire. L’unica tripletta di Diego in Italia. In un San Paolo gremito, davanti a 78mila spettatori, Maradona incanta e delizia. Dopo il solito scherzhetto del gol di mano (annullato), Diego fa sul serio e apre le danze approfittando di uno sciagurato retropassaggio di Filisetti a Orsi. Ancora Filisetti devia nella propria porta un traversone di Diego per Penzo ed è 2-0. Nella ripresa il fuoriclasse argentino si mette ulteriormente in proprio: pallonetto in corsa e in caduta a un Orsi esterrefatto e fuori dai pali e pallone nell’angolo: prodezza balistica che fa parte del repertorio del Pibe più dei gol in slalom, puro talento ed estro donati da Madre Natura abbinati a una sensibilità di piede fuori da ogni logica. Non contento, ecco la tripletta orgasmica, con un gol “olimpico” direttamente da corner. Da un argentino a un argentino: il primo a segnare direttamente dalla bandierina del calcio d’angolo era stato il connazionale di Diego Cesareo Onzari, nell’amichevole del 2 ottobre 1924, contro l’Uruguay che era reduce dall’oro all’Olimpiade di Parigi. Il gol era stato ribattezzato olimpico, proprio perché segnato ai campioni olimpici in carica.

Gli highlights di Napoli-Lazio 4-0 del 1984/1985: forse la miglior partita di Diego in Italia?

Napoli-Juventus 1-0

3 novembre 1985 – Campionato italiano di calcio

Il 1985 porta in dote a Maradona un totale di 17 reti in campionato: 11 nel ritorno del 1984/85 e 6 nella prima parte del 1985/86. Gol meravigliosi, come quello del 5-0 al Verona del 20 ottobre 1985, un sinistro liftato e placido da lontano, palombella che accarezza il palo e si spegne in rete lasciando di sasso gli astanti. O come la prestazione – prima ancora del gol – contro la Juventus del 3 novembre 1985. La rete è famosa e bellissima: una punizione in area contro le leggi della fisica, che scavalca la barriera e si spegne sotto la traversa di un Tacconi vanamente proteso in tuffo (se non avete tempo di cercarla su YouTube, la trovate scorrendo nella home page del nostro sito nel banner superiore). Ma è tutta la partita di Diego che entusiasma. Secondo tempo soprattutto. Spesso un classico di Diego: 45 minuti di studio e poi il fuoriclasse che nel momento più importante inscena le sue qualità. Come ho scritto nelle pagelle, molto semplicemente: «I difensori della Juve possono fermarlo solo ricorrendo al fallo». Non serve aggiungere altro.

Argentina-Uruguay 1-0

16 giugno 1986 – Mondiale di calcio, ottavi di finale

La competizione per cui Diego è più ricordato e celebrato: il Mondiale 1986. Al di là di una competitività globale a mio avviso non così clamorosa, resta il Mondiale più dominante giocato da un singolo nella storia. E su questo non vi sono dubbi di sorta. Già immenso con la Corea del Sud (tre assist al bacio) e con l’Italia nel girone, eleva ulteriormente le proprie performances nella fase finale. A cominciare dagli ottavi di finale contro gli storici rivali dell’Uruguay, partita che Diego stesso definirà la migliore da lui disputata in Messico. Non va lontano dalla realtà. Il bello è che contro l’Uruguay Diego non segna e non fa segnare. Ma un po’ come Platini nella semifinale di ritorno della Coppa delle Coppe 1984 contro il Manchester United, il valore di una prestazione non di rado va oltre i gol realizzati o gli assist. Serpentine, dribbling, lanci, ricami, veroniche: la difesa uruguagia non riesce a contenerlo. A corredo, una traversa colpita e una rete ingiustamente annullata.

Argentina-Inghilterra 2-1

22 giugno 1986 – Mondiale di calcio, quarti di finale

Se dovessimo valutare la prestazione in sé, paradossalmente, forse questa – che è la partita più famosa nella carriera del Pibe – non figurerebbe tre le sue dieci migliori performances. Perché ciò che rende davvero iconica e celestiale la sua prova è la doppietta in 4 minuti tra il 6′ e il 10′ della ripresa. Fino a quel momento Diego si era acceso poco. E pochi palloni aveva toccato, ben contenuto dalla difesa inglese. Poi, in pochi minuti, il furto e la gemma. La sregolatezza e il genio al livello più alto. Il tocco di mano ad anticipare Shilton, in capo a un’azione che lui stesso aveva avviato: inutili le vibranti proteste dei bianchi, l’arbitro tunisino Bennacer convalida. A seguire, il capolavoro, falsariga dell’azione mitica con cui andrà in meta Jonah Lomu nella semifinale contro l’Inghilterra della Coppa del mondo 1995 di rugby. Cito da “Dalla Polvere alla Gloria”: «Cinquantadue metri. Quarantaquattro passi. Quattordici secondi. Dodici tocchi tutti di sinistro. Reid, Beardsley, Buthcer, Fenwich, Shilton e ancora Buthcer. Sono i nomi degli avversari dribblati da Diego, vittime inermi da immolare sull’altare della gloria massima, un gol degno dell’immortalità». Sipario.

Argentina-Belgio 2-0

25 giugno 1986 – Mondiale di calcio, semifinali

E tre. Dopo Uruguay e Inghilterra, Diego imprime il suo indelebile marchio anche nella semifinale di quel Mondiale. Il Belgio non è di certo una corazzata, ma è formazione solida, verace, impostata sul libero e una difesa arcigna. Un po’ come molte formazioni e scuole del decennio difensivo e tattico per eccellenza. Diego fa le prove generali nel primo tempo e poi passa a riscuotere: carezza soave e leggiadra su assist del compare Burruchaga e poi azione in slalom irridente, tre difensori saltati e palombella maligna sul palo lontano per irridere il grande Pfaff. Otto anni dopo l’Argentina torna in finale al Mondiale, sulle spalle del suo piccolo ed enorme numero 10.

Bayern Monaco-Napoli 2-2

19 aprile 1989 – Coppa UEFA, semifinali ritorno

Avrei potuto optare per altre sfide (penso a Napoli-Fiorentina 1987/88, a Napoli-Milan 1989/90, a Napoli-Ujpest Dozsa 1990/91 tra le altre…). Ma un po’ per il peso della partita, del momento e dell’avversario (rifacendomi alla massima cara a Gianluca Vialli che i gol si pesano e non si contano, e questo vale anche per le prestazioni), ho optato come ultima gemma di Diego in ordine cronologico sulla semifinale di ritorno contro il Bayern Monaco nella Coppa UEFA 1988/89 vinta dal Napoli. Non è per Diego una Coppa UEFA indimenticabile. Non al meglio fisicamente, si accende a sprazzi, tra pause e lampi (comunque 3 gol e 9 assist a referto). La sua prestazione migliore è sicuramente quella dell’Olympiastadion di Monaco. Il Napoli ci arriva forte del 2-0 dell’andata. Nel riscaldamento Diego inscena un balletto con il pallone che ancora oggi spopola su YouTube sulle note di Life is Life, un modo per stemperare la tensione e tranquillizzare l’ambiente, dimostrazione di un carisma eccezionale con cui l’argentino era in grado di spronare i compagni a dare il massimo. In partita il Bayern preme in cerca della rimonta, ma il Napoli in contropiede, sull’asse MaradonaCareca, fa paura. Diego chiama Aumann al grande intervento, segna un gol di testa parso regolare, nella ripresa confeziona due assist con il contagiri per il bomber brasiliano che realizza e consente al Napoli di assorbire in maniera indolore le due reti tedesche. È finale, preludio alla festa napoletana (finora unica gioia internazionale degli azzurri) nella finalissima con lo Stoccarda.

L’indimenticabile balletto di Diego prima del match contro il Bayern Monaco

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