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Stella del sud – La top 11 del dopoguerra del Bayern Monaco

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I bavaresi sono una delle poche vere certezze della storia del calcio europeo: è vero, la prima metà abbondante dello scorso secolo li vede navigare nelle retrovie, alla ricerca di un posto al sole che tarderà a dare i suoi frutti, ma quando hanno ingranato la marcia giusta i bavaresi hanno progressivamente fatto il vuoto in patria, dominato l’Europa, e soprattutto sono stati secondi solo al Real Madrid sul piano della continuità sui maggiori palcoscenici europei.

Per rendere l’idea, il Bayern Monaco, dal 1967 a oggi raggiunto una semifinale europea in ventiquattro occasioni mal contate e ha alzato al cielo il Deutsche Meisterschale per trentadue volte, ovvero ha vinto ben oltre il cinquanta per cento dei titoli assegnati – agevolato, in questo, da una concorrenza che storicamente non vale quella dei tre maggiori campionati europei, questo va riconosciuto.

Oggi abbiamo provato a costruire per voi la formazione ideale della squadra bavarese, e in questo caso è superfluo precisare che stiamo puntando i riflettori sull’epoca moderna, perché la storia del Bayern, prima degli anni ’50, è ai limiti dell’irrilevante.

Portiere: Manuel Neuer

L’unica scuola che rivaleggia con quella italica, se guardiamo ai guantoni, è quella tedesca, e non è quindi un caso se la storia del Bayern è un’avventura dentro la carriera di alcuni dei migliori portieri di sempre. Di Neuer conosciamo tutto: la sua vocazione al miracolo, le sue doti atletiche preternaturali, la sua capacità di fluttuare come un giocatore di movimento aggiunto etc.. sono una sorta di premonizione, sono la storia che sposta in avanti le sue lancette. Il contributo determinante a una lunghissima serie di trionfi nazionali e a due Champions – con due finali da numero uno in campo – suggellano e confermano la sua superiorità.

Il fenomenale Oliver Kahn e un altro grandissimo portiere come Sepp Maier sono comunque due degnissimi avversari di Manuel: se Maier è una sicurezza, viene premiato per tre volte quale giocatore tedesco occidentale dell’anno e trascorre una vita in maglia bavarese, Kahn aggiunga anche tre/quattro stagioni da portiere più decisivo del pianeta, con la Champions del 2001, forse la più bruttina della storia del Bayern, vinta da uomo chiave.

Laterale destro: Philip Lahm

Se Guardiola ti elegge giocatore più intelligente mai allenato, alla pari forse del solo Xavi, significa che il tuo muscolo tra le due orecchie funziona anche troppo bene: Lahm è un giocatore a mio parere finito troppo presto nel dimenticatoio, forse perché poco appariscente, forse perché si è ritirato molto giovane, e questo ha offuscato le sue doti superiori e una carriera straordinaria. Laterale destro ma anche sinistro, all’occorrenza mediano e regista aggiunto, Lahm è stato il leader silenzioso di una delle versioni più brillanti del Bayern Monaco, e uno dei tasselli imprescindibili del vorticoso crescendo dei bavaresi tra anni zero e anni dieci: le stagioni che Philip disputa, in particolare, tra 2010 e 2014, sono da annali del calcio. Tecnico, veloce, lucidissimo, capace di fare la differenza quando la palla scotta, quasi incapace invece di sbagliare partita, Lahm è secondo chi scrive un titolare inamovibile di questa squadra.

Per la panchina abbiamo l’imbarazzo della scelta: Jonny Hansen, giocatore danese dell’anno nel 1967, non vale Lahm, ma è stato un laterale destro affidabile, preziosissimo e inamovibile dalla formazione titolare per i sei lunghi anni di gloria vissuti dai bavaresi nel corso degli anni ’70.

Willy Sagnol è stato, per cifra tecnica e capacità di essere più affidabile di un orologio svizzero, l’erede di Hansen: fisicamente e mentalmente tostissimo, valido sia come marcatore che come cursore, Sagnol riveste un ruolo importante nel Bayern che, pur non esprimendo un calcio esaltante, si consacra stabilmente tra le grandi di Germania e d’Europa negli anni 2000.

Difensore centrale: Franz Beckenbauer

Non serve sprecare fiato a raccontare chi è stato il Kaiser Franz Beckenbauer e perché debba essere un titolare più inamovibile di un pilastro di cemento armato di questa formazione. Mi limito a precisare che, dal mio punto di vista, il genio bavarese è stato non tanto il miglior difensore di ogni epoca, ma uno dei primi tre liberi della storia e uno dei primi tre mediani di regia della storia, un sublime difensore dotato della classe pura di un Andrés Iniesta e della visione a trecentosessanta gradi di un Andrea Pirlo.

Parliamo di un pianeta diverso da quello di Franz, ma Samuel Kuffour il suo posticino in rosa secondo me se l’è guadagnato: fisicamente esplosivo, roccioso quanto basta per farsi valere sui ruvidi campi della Bundesliga, carismatico e vincitore del premio di giocatore africano dell’anno nel 2001, Samuel è stato un signor difensore e uno dei giocatori chiave della squadra che ha sfiorato la Champions nel 1999 e l’ha vinta nel 2001 – Kuffour ha anche deciso la finale di Intercontinentale del 2001.

Come lui, veste la maglia rossa per una vita Udo Horsmann, quasi l’archetipo del centrale tedesco, nonché colonna della squadra per nove stagioni: un posto in rosa, a mio parere, gli spetta di diritto.

Difensore centrale: Klaus Angenthaler

Klaus Augenthaler è forse l’unico regista difensivo/stopper che posso inserire nella stessa frase di Franz senza bestemmiare. Fisicamente impressionante, dotato da madre natura di due piedi da centrocampista, arcigno in marcatura, Klaus ha vestito la maglia della squadra più gloriosa di Germania per vent’anni.

Il partner del Kaiser, durante i lunghissimi anni in cui il libero disegnava calcio in Germania e nel mondo, era il ruvido e solidissimo Hans-Georg Schwarzenbeck, marcatore che ricorda per forza fisica, capacità di concentrazione e cattiveria agonistica i nostri Vierchowod e Chiellini, e che completa/supporta alla perfezione il genio del suo dirimpettaio. Hans ha anche il merito di segnare uno dei gol più importanti della storia bavarese, in finale contro i Colchoneros nel 1974, e chiude la carriera in Baviera con 547 presenze e ben 30 reti.

Jerome Boateng non ha la stessa caratura tecnica di Klaus, ma rimane un tassello importante della storia recente del Bayern: centrale possente e abilissimo nel gioco aereo, è stato il pilastro difensivo della squadra per un decennio, portando a casa una marea di titoli nazionali e due Champions.

Laterale sinistro: Paul Breitner

Mao è stato un giocatore straordinario, una delle espressioni più fedeli e al tempo stesso eccentriche del concetto di Germania applicato al calcio: con il suo afro, le sue doti di corsa superiori, la sua tecnica da mezzala e un carisma innato, Paul Breitner è una figura di primo piano del calcio mondiale degli anni ’70 e dei primi anni ’80, e a Monaco è stato prima un meraviglioso laterale e quindi un’eccezionale mezzala, capace di guadagnarsi il podio del pallone d’oro. Per ragioni di spazio lo inserisco in formazione quale laterale sinistro.

Se parliamo di cifra tecnica la sua riserva dovrebbe essere Andreas Brehme, che tuttavia gioca in Baviera solo per due stagioni, e che quindi escludo ob torto collo dalla formazione. La prima riserva di Paul credo quindi che possa già essere Alphonso Davies, atleta che sembra sbarcato sulla Terra dalla stagione 2046/2047: il suo cambio di passo e la sua agilità sono quasi innaturali per un fisico da corazziere come il suo, e Davis a Monaco ha già scritto la storia, con sei stagioni da giocatore chiave, pur penalizzato in alcune fasi dai problemi fisici.

Centrocampista centrale: Lothar Matthäus

Forse abbiamo visto il Lothar Matthaus migliore in assoluto in Italia, vero, ma la sua versione teutonica è stata decisamente più longeva e molto vincente: nel complesso, il fuoriclasse tedesco ha collezionato in Baviera 408 presenze, 100 reti, 6 Bundesliga e altri titoli nazionali di contorno, perdendo due finali di Champions a dodici anni di distanza. Le sue straordinarie doti agonistiche e temperamentali lo rendono probabilmente il miglior centrocampista della storia bavarese.

La prima alternativa a Lothar è Franz Roth, solidissimo centrocampista che veste solo la maglia rossa del Bayern nel corso di tutta la carriera, un centrocampista di rottura e un guerriero che ha il vizio del gol pesante, perché decide due finali di Coppa dei Campioni negli anni del Kaiser e di Gerd, e questo dopo aver già deciso una finale di Coppa delle Coppe nel 1967.

Non è un giocatore della cifra tecnica di Lothar e forse neppure di Roth, ma rimane un pezzo di storia del Bayern: sto parlando di Bernd Dürnberger, titolare della squadra bavarese per tredici anni, a cavallo tra ’70s e ’80s, tredici anni nel corso dei quali ha portato a casa una valanga di trofei nazionali e internazionali, esprimendosi al meglio quale recupera palloni e tuttofare della squadra.

Centrocampista centrale: Bastian Schweinsteiger

Una vita nel Bayern, una vita che vale innumerevoli titoli nazionali, il treble del 2013 e un premio di calciatore tedesco dell’anno, conseguito sempre nel 2013: Bastian Schweinsteiger è stato Il giocatore tedesco, quasi la sua quintessenza. Fisicamente fortissimo, combattivo, carismatico, capace di farsi falere sui “due lati del campo”, per dirla con il gergo della pallacanestro, credo che Schweinsteiger sia un titolare inamovibile di questa formazione.

Meno affidabile ma forse ancora più talentuoso è stato il cavallo pazzo Stefan Effenberg: centrale tecnicamente sofisticato ma anche spigoloso e fisicamente fortissimo, ha vestito la maglia dal Bayern per sei stagioni, vincendo diversi titoli nazionali e la Champions del 2001 da miglior giocatore.

Uno dei rari ma non rarissimi geni irregolari della storia del Bayern, credo che Stefan meriti un posto in squadra senza discussioni, esattamente come Thiago Alcantara, che è invece una sorta di fusione tra il calcio spagnolo e quello brasiliano: tecnicamente è difficile anche solo concepire centrocampisti tecnicamente più dotati, specie nella storia del calcio tedesco, e Thiago in Baviera è stato un lunatico e dotatissimo cucitore della manovra, un cucitore capace di illuminazioni “xaviane” e di trattare la palla come un prestigiatore fa con la seta più pregiata. Nel corso del mirabolante 19/20, Thiago ha messo da parte lune e ombre per disputare una stagione che ha lambito la perfezione, consacrandosi come uno dei centrocampisti più importanti della storia del Bayern – per lui, nel complesso, 31 reti in 235 partite.

Da ultimo, due parole vanno spese per Jens Jeremies, ottimo tuttofare che è il perno difensivo del centrocampo del Bayern per quasi un decennio, durante il quale vince una Champions, ne perde una sul filo di lana e porta a casa diversi titoli nazionali. Nel suo curriculum si trovano 248 partite e 17 reti con la maglia del Bayern.

Ala destra: Arjen Robben

Pur meno continuo e affidabile di altri, specie a causa dei ripetuti problemi fisici, Robben è stato forse il giocatore più dotato del grande Bayern ammirato a inizio anni ’10: tecnicamente eccelso, imprendibile con la sua corsa palla al piede preternaturale, immarcabile quando si accentrava per sfogare le doti balistiche del suo sinistro, Robben è stato un giocatore strepitoso, decisivo sia nel 2010 che nel 2013, e in grado di confermarsi, pur se a sprazzi, anche nelle ultime stagioni in Germania.

Trequartista o ala di spessore internazionale, Uli Hoeneß, con la sua chioma al vento è stato uno dei simboli anche estetici degli anni 70. Velocissimo palla al piede e difficilmente contenibile nell’uno contro uno, un po’ come Arjen ha sofferto di ripetuti problemi di salute nella seconda parte di carriera, ma ha chiuso l’avventura bavarese con 115 reti in 336 presenze, oltre che con una bacheca che può fare invidia a quasi tutti i club del mondo.

Trequartista/mezzapunta: Thomas Müller

Meno spettacolare e forse anche individualmente dotato delle due ali che correvano al suo fianco negli anni d’oro, Thomas è stato però il giocatore più continuo, eclettico e polivalente, oltre che il più decisivo per i gol pesanti che ha messo a referto: punta mobile e all’occorrenza trequartista o mezzala, specie negli ultimi anni, Muller è l’anello di congiunzione tra i due triplete, è stato uno straordinario uomo gol e un razionale, efficacissimo uomo assist dotato dei polmoni del mediano. A oggi, si contano per lui 729 presenze e 246 reti: numeri che lo rendono una bandiera non ammainabile nella storia del club tedesco.

Il suo predecessore, più latino ed estroso ma nel complesso meno grande e decisivo, è stato Mehmet Scholl, trequartista/mezzala di splendida fattura, uomo simbolo del Bayern degli anni ’90 e dei primi 2000, capace di vincere tutto da tassello importante della squadra, specie a cavallo tra i due millenni, quando ha confermato la propria statura di campione.

Ala sinistra: Karl-Heinz Rummenigge

Giocatore atleticamente ronaldiano (mi riferisco a Cristiano) e tecnicamente eccelso, Kalle Major al secolo Karl-Heinz Rummenigge, ha vissuto a Monaco gli anni migliori della carriera, durante i quali si è consacrato come uno dei primissimi giocatori del mondo e forse come il più decisivo d’Europa a cavallo tra ’70 e ’80. Immarcabile nelle giornate di vena e fisicamente straordinario, a Monaco ha segnato 217 reti in 422 partite, vincendo due palloni d’oro e diversi titoli nazionali, e perdendo la Coppa dei Campioni, al termine di una finale sfortunata, contro l’Aston Villa.

Superbo uomo dribbling e assistman, e secondo solo a Kalle nella storia del Bayern nel ruolo di ala sinistra, è il campionissimo francese Franck Ribéry. Scarface ha traslocato in Baviera da Marsiglia dopo i mondiali del 2006 e si è subito imposto come un elettrico uomo di fascia in grado di creare superiorità numerica con una facilità disarmante. Eccezionale sin dalla prima stagione, ha toccato l’apogeo nelle stagioni di Heynckes, e specie in quel 2013 in cui forse avrebbe meritato il pallone d’oro.

Solido esterno a tutta fascia, meno dotato dei suoi illustri colleghi di reparto, e profondamente teutonico per concezione e temperamento, credo che un posto in squadra lo meriti anche Alexander Zickler: non superi le 250 presenze con la maglia del Bayern, vincendo peraltro di tutto, se non sei un grande giocatore, e Zickler lo è stato.

Centravanti: Gerd Müller

Non credo servano troppe spiegazioni: Gerd Muller non è un pezzo di storia del Bayern ma è, con il Kaiser, IL Bayern Monaco. Bomber implacabile, collezionista di record e decisivo come nessun altro mai quando la palla scotta, ha messo a referto numeri da videogame (570 reti in 613 partite) e l’ha fatto peraltro in un’epoca dominate dalle difese. Contrariamente a quanto recita il luogo comune italico, peraltro, e come abbiamo documentato più volte, Gerd non era dotato solo di un intuito soprannaturale per il gol, ma sapeva all’occorrenza anche arretrare il raggio d’azione, fino a giocare da centrocampista vero e proprio. Fenomeno.

Finisce in panchina solo perché Gerd fa parte di una galassia a sé: sto parlando di Robert Lewandowski, a conti fatti il vero erede del fenomeno degli anni ’70, la cosa più simile a van Basten apparsa in campo dopo il ritiro di Marco. Anche per le sue stagioni bavaresi si devono scomodare i videogame per spiegare il numero di reti – certo, messe a segno in un’epoca dominata dal Bayern molto più di quanto non fosse avvenuto nel periodo di Gerd. Straordinario il suo apporto anche ai fini del treble del 2020. Per lui, in Baviera si contano 344 reti in 375 partite: come dicevamo, numeri da videogioco.

Roland Wohlfarth e Claudio Pizarro non possono che recitare da sparring partner, rispetto ai due fenomeni sopracitati, ma un posto in rosa se lo sono guadagnati di diritto: classico centravanti tedesco il primo, capace di bucare le reti avversarie in oltre 136 occasioni con la maglia rossa, e zingaro del gol il secondo, un peruviano di Germania dotato di un notevole senso del gol.

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