Anche in omaggio a Sven-Göran Eriksson, morto da poco, abbiamo preparato per voi la formazione ideale della storia della Lazio, la seconda squadra di Roma per numero di trofei e seguito, ma comunque una squadra in grado di portare a termine imprese eccezionali e di vincere due scudetti e due titoli continentali. La formazione pesca in prevalenza nelle due squadre in grado di vincere lo scudetto, ma non sono naturalmente mancati campioni anche in altre fasi della storia biancoceleste.
Portiere: Felice Pulici
Per il portiere brianzolo, si ricordano cinque stagioni nella Roma biancoazzurra, stagioni culminate con il titolo capolavoro di Maestrelli e che lo rendono ancora oggi il portiere più amato dai tifosi laziali. Chiuso in nazionale da un fenomeno come Zoff, cui lo avvicinano il carattere schivo e lo stile sobrio, Felice Pulici è rimasto un portiere “a uso interno” ma comunque di alto profilo, estremamente affidabile, concentrato, puntuale, e il suo contributo al titolo del 1974 è stato essenziale.
Luca Marchegiani è stato a sua volta, più che un portiere straordinario, un esemplare professionista e una garanzia tra i pali: non molto dotato sul piano atletico, Luca puntava su intelligenza e senso della posizione, e i suoi errori gravi, nel corso di dieci lunghe stagioni laziali, si contano sulle dita di una mano.
In termini di pura bravura, il miglior portiere che abbia vestito la maglia biancoazzurra è forse Angelo Peruzzi, il portentoso e compatto Tyson che in giornata era capace di sventare qualsiasi tentativo avversario. Per lui, sette stagioni a Roma colme di soddisfazioni e di interventi decisivi.
Laterale destro: Paolo Negro
Paolo Negro è stato un ottimo e duttile laterale, in grado di disimpegnarsi anche come centrale. Il vicentino è un altro dei gregari di lusso della Lazio ammirata tra anni ’90 e 2000, e ha dimostrato di poter valere anche la maglia azzurra, in occasione delle sue rare convocazioni.
La sua riserva, forzando la mano, potrebbe essere il laterale di Orzinuovi Giuseppe Favalli, una delle bandiere della miglior Lazio della storia e anche un giocatore estremamente affidabile, continuo e poco incline a vezzi e svolazzi. La fascia sinistra era il suo giardino di casa e Giuseppe Favalli, convocato in qualche occasione pure in nazionale, l’ha presidiata con efficacia per quasi un decennio, nella Roma biancoceleste. Per l’occasione lo schiero a destra, dove ha saltuariamente giocato, per l’abbondanza di laterali sinistri.
Difensore centrale: Alessandro Nesta
La presenza in formazione di Nesta non richiede troppe spiegazioni. Alessandro Nesta è stato un centrale di livello mondiale per quasi vent’anni e con la Lazio si è consacrato difensore moderno, fisicamente fortissimo, veloce nell’uno contro uno, abile in tutti i fondamentali difensivi ed elegante con la palla tra i piedi. Il suo contributo all’epopea della grande Lazio teme pochissimi paragoni, e la sua titolarità è fuori discussione.
Ștefan Radu, bandiera biancoceleste per circa quindici anni, è il recordman di presenze con la maglia della Lazio e, pur distante dai fasti di Nesta, si è dimostrato un difensore solido e affidabile.
Altro difensore di spessore che veste la maglia della Lazio per molti anni, e vince un titolo da titolare, è Giancarlo Oddi, solido e combattivo centrale che segue la Lazio nel corso delle stagioni tribolate dalla spola tra serie A e serie B, e si prende poi la rivincita contro il destino nel 1974, vincendo lo scudetto ottenendo la convocazione in nazionale in vista di Germania Ovest 1974.
Difensore centrale: Pino Wilson
Sgombero subito il terreno da ogni equivoco: sul piano strettamente tecnico, il posto da titolare sarebbe spettato probabilmente al grande Siniša Mihajlović, ma nella storia della Lazio Pino Wilson riveste un ruolo di primo piano che rende molto difficile destinarlo alla panchina. Il centrale di origini inglesi ha combinato nel migliore dei modi eleganza, grinta e il carisma necessario per recitare il ruolo del leader. Per lui, in biancoceleste si contano 394 partite, 8 reti e uno scudetto vinto da leader.
Al suo fianco, naturalmente, si siede Siniša Mihajlović, che a proposito di leadership deve invidiare poco-nulla a Wilson, e che in più era stato dotato da madre natura di uno dei piedi sinistri più letali di sempre, sui calci piazzati.
Laterale sinistro: Senad Lulić
Eletto dai tifosi miglior laterale della storia biancoceleste, il bosniaco Senad Lulić è a mio avviso il degno titolare di questa squadra: gran corridore in grado di adattarsi a una molteplicità di ruoli e funzioni, nel corso di un decennio ha percorso la fascia sinistra dell’Olimpico, dimostrandosi un ottimo giocatore.
La sua carriera biancoceleste è relativamente breve, ma Aleksandar Kolarov nel corso della sua felice parentesi romana ha dimostrato di essere un laterale di caratura internazionale, dotato di un mancino superbo, grande forza fisica e anche di una notevole duttilità.
Di una cifra tecnica inferiore ma comunque annoverato tra i gregari in grado di svolgere alla perfezione il proprio compito, il tuttofare Giuseppe Pancaro a mio avviso merita una menzione in rosa, anche perché è il terzino titolare della Lazio vinci-tutto scesa in campo a cavallo tra i due millenni.
Il tuttofare Luigi Martini, esplosivo atleta che Maestrelli reinventa laterale destro, vive a Roma le stagioni più belle della sua carriera: con la Lazio disputa oltre 200 partite ed è uno dei giocatori chiave, anche all’interno dello spogliatoio, della squadra “spaccata in due”, ma comunque capace di arrivare allo scudetto, del 1974.
Centrocampista destro: Luciano Re Cecconi
Per lo spot di laterale destro ci sono diversi candidati autorevoli, e sommando tutto io ho optato per il maledetto Luciano Re Cecconi, un “cavallo pazzo” che per diversi anni è il beniamino della tifoseria laziale e uno dei cardini del ciclo di Maestrelli, un cardine dal tragico destino.
Se parliamo di pura qualità, il posto da titolare può però benissimo essere consegnato a uno tra Diego Fuser e Sérgio Conceição. Diego è uno dei giocatori più sottovalutati della sua generazione: ala tecnica, completa e molto abile nell’uno contro uno e nel cross, ha vissuto tra Parma e Lazio (la cui maglia veste per sei anni) le stagioni migliori della vita e avrebbe forse meritato più fortuna in nazionale. Il portoghese, forse anche superiore a Diego sul piano del puro talento, ha giocato a Roma per due anni e ha lasciato un segno profondo, vincendo da protagonista lo storico scudetto del 2000.
Centrocampista centrale: Juan Sebastián Verón
Obiezione accolta: perché annoverare tra i titolari il centrocampista argentino, che ha vestito la maglia biancoceleste solo per due anni? Mi rendo conto di aver forzato la mano, ma forse sono ancora abbagliato da ciò che la Bruijta ha dimostrato di poter essere nel corso della stagione dello scudetto, nel 1999/2000, e in particolare nei primi mesi della stagione, quando gioca da numero uno al mondo conclamato. Il suo ruolo centrale ai fini del titolo, poi, suggella e giustifica un po’ la mia deroga ai criteri che siamo soliti seguire. Juan Sebastián Verón gioca un calcio superiore, il primo anno di Roma, un calcio fatto di sventagliate, aperture di quaranta metri, punizioni decisive, e anche tanta gamba.
La seconda stagione lo vede peccare un po’ sul piano della continuità, ma anche inventare alcune giocate clamorose. La sua alternativa più credibile è l’universale olandese Aron Winter, centrocampista di classe internazionale che per diverse stagioni illumina il cielo di Roma con le sue doti tecniche e di corsa, nonché con il suo notevole senso del gol (per lui, 26 reti in 156 partite con la Lazio).
Al terzo posto, premio la tecnica sofisticata di Luis Alberto Romero Alconchel, centrocampista spagnolo dai piedi fatati cui solo la discontinuità ha impedito di diventare un giocatore di prima fascia a livello internazionale.
Centrocampista centrale: Sergej Milinković-Savić
Ci sono giocatori che potrebbero coesistere meglio del Sergente con la Brujita, ma concedetemi di far convivere tra loro due talenti di questo calibro, visto che stiamo parlano della formazione dell’ucronia: Sergej Milinković-Savić, mezzala completa e di classe superiore, per otto anni è il perno della Lazio, squadra con cui, nel 2017/2018, gioca come si conviene al miglior calciatore della serie A e a una delle prime mezzeali del mondo. In biancoceleste, per lui si contano 69 reti in 341 partite.
Al suo fianco, altri nomi di qualità: il regista dello scudetto degli anni ’70. Mario Frustalupi è stato un giocatore intelligente, tecnico e anche robusto fisicamente (gioca ogni singola partita nell’anno del titolo) e nonostante giochi a Roma per pochi anni a mio parere deve sedersi in panchina.
“Lotta e corre come un leone/ Diego Pablo Simeone“: il Cholo aveva un coro personalizzato, nei suoi anni laziali, e per ottime ragioni. Diego Pablo Simeone è stato un mediano di statura mondiale e anche un superbo uomo gol, grazie alle sue doti aree e alle sue capacità di inserimento.
Decisivo ai fini dello scudetto del 2000 e poi protagonista di altre stagioni positive, merita un posto nella rosa; mi si conceda anche un quarto nome, quello di Cristian Daniel Ledesma, mediano e leader della Lazio per quasi una decade, per un totale di 318 partite.
Centrocampista sinistro: Pavel Nedvěd
A mio avviso, Pavel Nedvěd è stato il giocatore più importante della storia della Lazio, nel dopoguerra. Non servono molte parole per descriverlo: il ceco era una forza della natura, un’ala/trequartista in grado di disarmare con la sua continuità e di alzare l’asticella quando era importante farlo. Le sue medie-voto erano una sorta di manna dal cielo per tutti gli appassionati di statistiche e di fantacalcio, e a Roma Pavel non solo disputa almeno tre stagioni da fenomeno, ma decide anche una finale di Coppa delle Coppe ed è uno dei giocatori più importanti per la conquista dello scudetto del 2000.
La panchina a Pavel la tiene calda una delle bandiere biancocelesti, Vincenzo D’Amico: talento cristallino, uomo di maggior classe della Lazio scudettata, Vincenzo era un eccellente uomo dribbling e sapeva fare la differenza sia come ala che da trequartista. In maglia biancoceleste, vanta 338 presenze e 51 reti.
Attaccante: Giuseppe Signori
Il reparto offensivo mi ha creato molti grattacapi, perché, anche escludendo per ovvie ragioni Silvio Piola, bisogna districarsi in una jungla di grandi giocatori. Sommando tutto, credo che la maglia del titolare possa finire sulle spalle di Giuseppe Signori, che a Roma, nel corso dei complicati ed equilibrati anni ’90, vince per tre volte la classifica dei cannonieri, giocando come seconda punta mobile e dotata di un mancino letale, e mette a referto nel complesso 127 reti in 195 partite.
Meno prolifico ma non molto meno dotato, Tommaso Rocchi è una bandiera della squadra di Roma ed è stato uno dei suoi bomber più efficaci, come documentano le sue 105 reti in 293 partite – cifre che lo collocano di diritto tra i maggiori attaccanti biancocelesti.
Da ultimo, menzione d’onore per Roberto Mancini, il cui tramonto romano è una collezione di perle, giocate decisive e lo vede anche coprotagonista della squadra dello scudetto.
Attaccante: Giorgio Chinaglia
E chi altro, se non Long John? Bandiera biancoceleste, “bisonte” dotato di una forza fisica eccezionale e di un notevole senso del gol, Giorgione è il trascinatore della Lazio che vince lo scudetto nel 1974 e anche solo tale impresa lo colloca tra i grandi della storia del club, con cui in ogni caso segna 140 gol in 263 partite.
Ancora meglio di lui fa, sul piano numerico, Ciro Immobile, che a Roma è una macchina da gol e vince tre titoli di capocannoniere, mettendo in saccoccia oltre 200 gol.
Il suo posto in rosa a mio parere è indiscutibile, nonostante sia Hernán Crespo che Miroslav Klose siano stati nel complesso giocatori più bravi di Ciro.