Immagine di copertina: Antonio Conte con Eden Hazard
Con lo sbarco all’ombra del Vesuvio di Antonio Conte, la Serie A ritrova uno dei protagonisti più efferati degli ultimi 15 anni di calcio italiano, alle prese con un matrimonio un po’ turbolento con il Napoli di De Laurentiis, in perfetto stile contiano. In tutto questo tempo trascorso tra Italia e Inghilterra, del resto, abbiamo imparato a conoscere a fondo la psiche del tecnico salentino, il cui mancato aziendalismo ed i continui scontri con le varie dirigenze dei suoi club, evaporano quasi all’istante nel momento in cui si va a guardarne il curriculum da “serial winner”.
Ecco dunque una selezione con i migliori 11 calciatori allenati da Conte, a partire dalla stagione 2011/12, il primo alla guida della Juventus. Per rendere il tutto più intrigante, abbiamo deciso di inserire un limite: si potranno inserire soltanto massimo tre calciatori per ciascuna squadra.
Portiere: Thibaut Courtois
Quando Conte approda al Chelsea nel 2016, il ventiquattrenne Courtois non è più soltanto uno dei portieri più promettenti in circolazione, essendo diventato a tutti gli effetti uno dei migliori interpreti mondiali del proprio ruolo. Dopo essere stato tormentato dai problemi fisici nella stagione precedente, il belga torna ad esprimersi a livelli stellari sotto la guida dell’allenatore leccese, in particolar modo nell’anno domini 2016/17, senza alcun dubbio il migliore dei 4 trascorsi con la maglia dei Blues. Coadiuvato da un reparto arretrato solidificatosi col passare dei mesi, Courtois accumula la bellezza di clean sheet, guadagnandosi il premio di miglior portiere della Premier League, stravinta da un Chelsea in versione rullo compressore. Per quanto dunque sia doloroso escludere Gigi Buffon, sacrificato per far spazio ad altri giocatori della Juventus in ruoli più scoperti, lo spilungone fiammingo non lo fa certo rimpiangere, anzi.
Difensore destro: Milan Skriniar
Adattarsi ai codici calcistici e alle esigenze di Antonio Conte non è facile per nessuno, neanche per chi, come Skriniar, si era consacrato come uno dei difensori centrali più forti della Serie A tra il 2017 e il 2019. La linea a 3 del nuovo allenatore dell’Inter infatti, crea non poche difficoltà iniziali al mastino slovacco, ben più abituato ad agire nella difesa a 4 di Spalletti. Dopo una stagione con più luci che ombre, quello del 2020/21 è forse il miglior Skriniar mai visto, per leadership, condizione fisica, insuperabilità (termine da interpretare letteralmente, specie nel girone di ritorno) e presenza nei momenti decisivi, con il gol contro l’Atalanta a fare da pietra miliare del 19° scudetto nerazzurro. Non trovano posto nella top 11 giocatori del calibro di Azpilicueta e, soprattutto, di Barzagli, la cui resurrezione calcistica con Conte in panchina non viene mai celebrata come realmente dovrebbe.
Difensore centrale: Leonardo Bonucci
Molteplici fattori, tra spigoli caratteriali, scelte di carriera talvolta discutibili, e un declino tecnico post-2021 alquanto fragoroso, hanno in parte ridimensionato la figura di Bonucci negli ultimi anni della sua parabola calcistica. Eppure, nonostante per molti costituisca una figura sgradevole, sarebbe anche ora di rendere giustizia a un difensore di livello internazionale, reso tale dal lavoro certosino e artigianale di Conte, capace di tirare fuori il meglio da un ragazzo a cui, fin lì, era sempre sembrato mancare il proverbiale centesimo per fare una lira. Pur non avendo lo strapotere atletico di Barzagli e le doti da implacabile francobollatore di Chiellini, suoi storici fratelli maggiori, Bonucci ha assorbito alcune delle migliori qualità dei propri maestri, che a loro volta hanno beneficiato della straordinaria pulizia dei suoi piedi, figli di un passato da mediano. L’indimenticabile BBC rimane dunque il miglior regalo lasciato in eredità da Conte alla Juventus dittatrice degli anni ’10, di cui Bonny, piaccia o meno, rimarrà per sempre uno dei principali volti.
Difensore sinistro: Giorgio Chiellini
Non poteva mancare in questa formazione il miglior calciatore italiano nato negli anni ’80 (in compagnia forse del solo De Rossi), arrivato a guadagnarsi questo status grazie a un enorme lavoro di automiglioramento, come del resto impongono i sacri dettami del Contismo. Su Chiellini, ideale capitano della nostra top XI non c’è molto da dire che non si sappia già; quando la sua strada si incrocia con quella di Conte nel 2011, il centrale pisano ha 27 anni, ed è uno dei pochi punti fermi di una Juventus in piena ricostruzione. La prepotenza e la cattiveria agonistica di Chiello si sposano dunque alla perfezione con l’idea di calcio del neoallenatore bianconero, che trova in lui il líder máximo della propria difesa a 3, destinata a riscrivere la storia della Serie A per quasi un intero decennio. Pur essendo ancora lontanissimo dai livelli del miglior Chiellini, occorre ugualmente citare un difensore dalle caratteristiche ben diverse, ossia Alessandro Bastoni, la cui continua evoluzione, iniziata con Conte e proseguita a livelli ancora più alti con Simone Inzaghi, rimane più che degna di nota.
Esterno destro: Achraf Hakimi
Per chi scrive, l‘Inter scudettata di Conte, ancor più del miglior Lukaku mai ammirato su un campo di calcio, ha il volto e le sembianze di Achraf Hakimi, essenzialmente per due motivi. Il primo è molto semplice, e sta nella breve permanenza del laterale marocchino a Milano, durata soltanto un anno, il che lo rende ancora più legato a quella singola e trionfale annata nella memoria collettiva. Il secondo è invece di natura puramente tecnica, ed è leggermente più articolato; negli ultimi anni infatti, le difficoltà economiche dei nerazzurri hanno causato le cessioni di alcuni dei pezzi più pregiati della rosa, puntualmente rimpiazzati alla perfezione dai dirigenti dell’Inter. Ecco, Hakimi è l’unica eccezione: i 7 gol e gli 8 assist totalizzati al primo impatto con la Serie A sono cifre spaventose, irraggiungibili per l’encomiabile Darmian come per il fumoso Dumfries, e non danno neanche l’esatta misura del livello dell’ex Borussia Dortmund nelle giornate di grazia. Con buona pace del trenino svizzero Lichtsteiner, la fascia destra di questa squadra è di competenza di Hakimi.
Centrocampista centrale: Andrea Pirlo
I muscoli e la gamba di cui dispone già abbondantemente questo Dream Team non possono prescindere dalla luce portata in dote dalla pietra angolare della Juventus di Conte: stiamo ovviamente parlando di Andrea Pirlo, che completa dunque il tris di bianconeri a disposizione del nostro focoso allenatore. Quello tra il Maestro e la Juve, a distanza di oltre 10 anni, rimane uno dei matrimoni più felici che il calcio italiano abbia mai celebrato; ad una squadra iper-intensa come quella, costruita a immagine e somiglianza del proprio condottiero, Pirlo non avrà aggiunto il foie gras di Platini (Gianni Agnelli docet), preferendo inondare le zolle del neonato Juventus Stadium di pinot nero, vino preferito del fuoriclasse bresciano. Il monumentale apporto dato da Pirlo alla Vecchia Signora negli anni di Conte (3 scudetti consecutivi corredati da altrettanti premi di MVP del campionato) lo rendono senza troppe esitazioni il miglior giocatore mai allenato dal protagonista di questo articolo.
Centrocampista centrale: N’Golo Kanté
Prima di parlare di uno dei mediani più impattanti e decisivi dell’ultimo decennio di calcio internazionale, è necessario fare una breve premessa: nessuna esclusione è stata così dolorosa quanto quella di Arturo Vidal, forse il centrocampista più contiano che si sia mai visto, ma inarruolabile come juventino per il sopracitato limite di 3 giocatori bianconeri, e ancor di più come interista, essendo giunto a Milano in stato avanzato di bollitura. Spazio dunque per Kanté, il quale, tanto per riprendere il paragone iniziato sopra, sarebbe ben felice di essere per Pirlo ciò che Bonini fu per Platini. In pochi, del resto, hanno dimostrato di saper reggere sulle proprie spalle il peso di un’intera mediana quanto il francese, capace di elevare a livelli siderali il concetto di “portatore d’acqua”. Del resto, il Chelsea tritatutto del 2017 non sarebbe minimamente potuto esistere senza le prestazioni di Kanté, eletto giocatore dell’anno della PFA al termine del campionato. Sull’onda lunga di questo grande successo (il secondo della sua carriera, dopo l’assurda Premier League conquistata col Leicester), nel giro di 12 mesi il tascabile mediano parigino si sarebbe poi laureato campione del mondo con la Francia, facendo da guardia del corpo a un altro grande escluso di questa top XI: Paul Pogba.
Esterno sinistro: Ivan Perisic
Ad occupare la fascia sinistra, in un ruolo con meno possibilità di scelta rispetto ad altre zone del campo, trova posto l’ultimo interista del gruppo, ossia Ivan Perisic, ritrovato da Conte anche al Tottenham. Il rapporto tra queste due personalità tutt’altro che accomodanti non nasce esattamente nel migliore dei modi; la discontinuità del croato, e la sua iniziale incompatibilità con il 3-5-2 mal si coniugano con l’arrivo dell’allenatore pugliese all’Inter, che lo gira in prestito al Bayern Monaco. Visti gli scarsi risultati ottenuti in sua assenza con Biraghi ed Ashley Young tuttavia, Conte prova a fare un passo indietro, e sfruttando il mancato riscatto dei bavaresi, mette a segno una delle opere di valorizzazione migliori della propria esperienza nerazzurra, se non addirittura della sua intera carriera. Dopo un periodo di adattamento al nuovo ruolo, Ivan il Cedibile torna ad essere definitivamente Ivan il Terribile, venendo tramutato da puledro bizzoso e incontrollabile in un purosangue puntuale e disciplinatissimo. Non è un caso che il filotto di 11 vittorie di fila con cui l’Inter mette le mani sul titolo abbia inizio proprio quando Perisic ottiene nuovamente il posto da titolare…
Ala destra: Son Heung-min
Nonostante l’esperienza da allenatore del Tottenham non gli abbia riservato tantissime soddisfazioni, nel nord di Londra Conte ha avuto modo di incrociare la propria parabola con alcuni giocatori di straordinario valore, a partire dal miglior prodotto calcistico della storia dal continente asiatico, ossia Son Heung-Min. La presenza di un altro nume tutelare della Premier League in questa formazione lo obbliga a traslocare sulla fascia destra, il che non guasta più di tanto per uno dei pochi calciatori perfettamente ambidestri in circolazione. Il magistrale uso dell’altro piede da parte dell’attaccante coreano è perfettamente testimoniato da un’anomalia statistica, verificatasi nella stagione 2021/22: dei 23 gol messi a segno in quell’edizione della Premier League (che gli valgono il titolo di capocannoniere, unico giocatore ad esserci mai riuscito sotto la guida tecnica di Conte), ben 12 sono stati realizzati col piede sinistro, incluse alcune perle assolute dal punto di vista puramente balistico. La verticalità improntata dall’allenatore italiano, subentrato a novembre al posto del portoghese Nuno Espírito Santo, esalta al meglio le caratteristiche di Son, che vive l’annata più prolifica della propria eccezionale e sottovalutata carriera.
Centravanti: Harry Kane
Non potevamo certo sfuggire alla tentazione di riunire una delle coppie d’attacco più affiatate e puntuali sotto rete che il campionato inglese abbia mai visto. Ogni Son ha il suo Kane, e viceversa, e in fondo fa niente se alla fine della fiera nessuno dei due non ha praticamente mai vinto nulla (oddio, forse qui Conte avrebbe qualcosa da ridire). Capace di ridefinire i canoni estetici del centravanti inglese, indossando gradualmente anche le vesti del rifinitore, Kane ha fatto dell’incessante continuità il suo principale punto di forza, a tal punto da rendere quasi “scontate” le sue prodezze agli occhi del grande pubblico. Eppure, nella carriera del miglior marcatore della storia del Tottenham, di scontato non c’è assolutamente nulla. Lo dimostra ad esempio la stagione 2022/23, la seconda di Conte al comando degli Spurs, oltre che l’ultima di Kane in maglia bianca prima di trasferirsi a peso d’oro al Bayern Monaco; in una delle annate più sciagurate del recente passato del Tottenham, chiusa fuori dalle coppe europee all’8° posto, e culminata con l’esonero di Conte a fine marzo, “Hurricane” riesce ugualmente a mettere a segno 30 gol in campionato. Più di Mbappé e Lewandowski, più di Lautaro e Osimhen, più di chiunque altro in Europa, a eccezione di un UFO proveniente dalla Norvegia e sbarcato a Manchester per mettere a ferro e fuoco la Premier League con 36 reti. Altro non è che l’eterno paradosso di Harry Kane, la cui grandezza sembra non bastare mai fino in fondo per issarsi sul gradino più alto del podio di una qualunque competizione.
Ala sinistra: Eden Hazard
Solo un giocatore, tra quelli allenati da Antonio Conte, potrebbe riuscire a sfrattare un campione del calibro di Son dal proprio attico sull’out di sinistra con una tale naturalezza. L’unico capace di far vacillare i dogmi del sommo sacerdote del sudore e della fatica in nome del proprio genio pigro e senza tempo, che lo ha reso prima idolo di Stamford Bridge e poi oggetto di scherno del Santiago Bernabeu, avviluppato in una parabola discendente da horror. Il precoce imbolsimento di Eden Hazard non deve però far dimenticare di cosa fosse capace nei propri anni migliori, di cui Conte è stato artefice oltre che spettatore privilegiato. Reduce dalla peggior stagione della propria carriera fino a quel momento, il fenomeno belga digerisce a fatica i metodi militareschi del nuovo allenatore dei Blues, ma sono una pillola necessaria da ingerire per tornare a volare in campo e a ridurre nuovamente il gap con i primissimi giocatori al mondo. Nelle due stagioni insieme a Conte, in cui è la primaria fonte creativa del sopracitato Chelsea da 93 punti del 2016/17, Hazard contribuisce a quasi 50 gol tra reti e assist, senza contare un inquantificabile numero di giocate senza alcun senso logico.