“Né rosso, né nero” Robin Edizioni di Angelo Amato de Serpis è il racconto, liberamente tratto, della straordinaria vicenda umana e sportiva del secondo bomber più prolifico di tutti i tempi, il calciatore cèco Josef “Pepi” Bican (fonte: The Rec. Sport. Soccer Statistics Foundation).
Bican ha attraversato, con la sua parabola umana, le vicende storiche europee del secolo scorso, dalla fine della Prima guerra mondiale, alla Seconda guerra mondiale sino all’avvento del comunismo in buona parte d’Europa e, in particolare, in Cecoslovacchia, eventi che hanno limitato molto la sua attività, proprio nel periodo migliore.
“Né rosso, né nero” permette di scoprire le vicende storiche dell’Europa di quegli anni, in particolare quelle che hanno coinvolto due importanti Paesi mitteleuropei quali l’Austria e la Cecoslovacchia, ma anche la quotidianità, narrata attraverso la lente particolare dello sport e del calcio.
Dopo lo straordinario romanzo di Nello Governato “La partita dell’addio” dedicato a Matthias Sindelar, in “Né rosso, né nero” Angelo Amato de Serpis (qui la diretta che fece con noi qualche tempo fa) accompagna alla scoperta di un campione, Josef Bican, che trovò sempre la forza e la giusta testardaggine a non voler chinare il capo alle pressioni dei nazisti o dei comunisti, rimanendo sempre fedele al suo desiderio di libertà e alla sua voglia di … giocare solamente a calcio.
Abbiamo intervistato Angelo Amato de Serpis, qui a seguire alcune sue riflessioni riguardo la figura di Bican e sul “testamento spirituale” lasciatoci dal campione cèco.
Come nasce l'idea di un romanzo che unisce sport e storia?
Lo sport è da sempre un fenomeno sociale importante che abbraccia in senso trasversale la società, ad esempio le olimpiadi nell’antica Grecia, oppure le corse di bighe nell’Egitto dei faraoni o nell’impero romano, e proprio per questo è anche un punto di vista alternativo, privilegiato e forse più stimolante per affrontare tematiche storiche. Già nel mio precedente lavoro, “Arpad ed Egri”, ispirato alla vicenda di due grandi allenatori ebrei-ungheresi Árpad Weisz ed Ernö Egri Erbstein, vittime delle leggi razziali italiane, ho provato a raccontare quegli anni e la Shoah attraverso l’ottica del calcio e delle vicende di due suoi grandi protagonisti. Lo stesso approccio ho cercato di realizzare in “Né rosso né nero”, provando a raccontare le vicende europee del XX secolo attraverso le difficoltà, le tribolazioni, le ansie quotidiane e le dure prove che ha dovuto affrontare Josef Bican, nel voler rimanere fedele alla propria libertà e dignità contro l’oppressione dei totalitarismi nazista e comunista, ovvero la macrostoria vista attraverso la microstoria di una grande calciatore e un grande uomo come Bican.
Bican è stato, prima di Cristiano Ronaldo, un grandissimo bomber. Umanamente e calcisticamente cosa li differenzia?
Fare dei paragoni tra due calciatori con così tanti anni di differenza penso sia molto difficile e anche le varie classifiche che ci sono lasciano un po’ il tempo che trovano. Magari si può dire che entrambi sono stati sicuramente bomber eccezionali (Ronaldo lo è ancora ovviamente) e che sono entrambi emersi da una realtà familiare e sociale non facile, anche se quella di Bican è stata sicuramente più complicata, visto che è cresciuto in una situazione economica familiare non florida, senza il padre che ha perso da giovanissimo, alla fine di una guerra mondiale terribile, in una nazione piccola e sconfitta come l’Austria, figlia di un grande impero dissolto come quello asburgico. Si comprende bene in questo modo perché era costretto a giocare spesso scalzo, non potendo permettersi scarpe da calcio, né rischiare di rovinare quelle di uso quotidiano, oppure andare in fabbrica la mattina a lavorare e il pomeriggio ad allenarsi, nel periodo comunista. La sua grande voglia di emergere e il suo grande desiderio di libertà e indipendenza, che lo hanno portato, con coraggio, a dire no al nazismo prima e al comunismo dopo, a rischio della propria incolumità, ci raccontano il coraggio e la sua voglia di “giocare a calcio” e basta, senza compromessi di sorta con chiunque. Calcisticamente li differenzia innanzitutto l’epoca, due modi di giocare a calcio profondamente diversi, sicuramente entrambi però sono caratterizzati da uno spiccato fiuto per il gol in qualunque ruolo d’attacco. Due atleti fenomenali entrambi capaci di tirare indifferentemente con il destro, con il sinistro e, per la stazza fisica, anche di testa in modo impeccabile.
La storia di Bican può in qualche modo essere associata a quella di un altro grande, Sindelar (i 2 campioni nacquero nello stesso quartiere, ndr.), che non obbedì al nazismo?
In parte sì, nacquero entrambi nello stesso quartiere di Vienna (Favoriten), a poche centinaia di metri di distanza, con dieci anni di differenza, hanno giocato entrambi nel Wunderteam ed entrambi hanno rifiutato l’invito a vestire la maglia della Germania. Poi le motivazioni sono state magari diverse, Bican infatti si sentiva cèco e fece di tutto per andare a Praga dove darà il meglio di sé, oggettivamente non accettando l’invito tedesco rifiutò soldi e onori, senza sapere realmente quali sarebbero state le conseguenze di quel rifiuto, vestendo con coraggio la maglia del Protettorato di Boemia e Moravia, nazionale di un Paese occupato dai nazisti, proprio per rimarcare tale sua ferma decisione.
Quali esempi e quali valori trasmettono questi campioni?
L’insegnamento più importante che traspare dalla vicenda di Bican e dal libro è senz’altro il carattere di un calciatore che si è opposto ai peggiori totalitarismi del XX secolo non tradendo mai la propria coscienza e la propria voglia di libertà, rimanendo sempre e in ogni occasione fedele a sé stesso e alle proprie idee, a rischio della propria incolumità e perdendo molto sotto il profilo economico e quello della notorietà. Forse proprio per questo pochi lo conoscono, proprio perché non si è mai allineato alle tendenze politiche dei suoi tempi.
Quale aneddoto meglio racconta il carattere di Bican?
La vita di Josef Bican è ricca di aneddoti, alcuni forse ammantati di leggenda, ma sempre validi e interessanti. Sotto il profilo calcistico, probabilmente, è proprio l’esordio nel massimo campionato austriaco, con la maglia del Rapid Vienna, nel sentito derby contro l’Austria di Matthias Sindelar (forse il Maradona di quegli anni), che rimase sbalordito da questo ragazzone sconosciuto, capace di segnare quattro reti, tanto da farlo arrabbiare e meravigliare moltissimo: un bel biglietto da visita. Oppure il suo impegno per salvare Josef Laufer, il “Carosio” cèco di quegli anni, giornalista di origini ebraiche, che stava per essere arrestato dai nazisti riuscendo a far depennare il suo nome dalla lista degli ebrei da fermare e inviare ai campi di sterminio, corrompendo i funzionari nazisti e i collaborazionisti, facendosi promotore di una colletta, effettuata tra i compagni di squadra e la dirigenza dello Slavia Praga. Come si può vedere, non si è fatto mancare nulla.