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23 marzo 1975: Thoeni batte Stenmark e Prati decide il derby di Roma

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Mezzo secolo fa, e a pensarci non sembra neanche possibile. Come se il conto non tornasse. È il 23 marzo 1975, Domenica delle Palme. Quel giorno Ingemar Stenmark e Gustavo Thoeni si giocano la Coppa del Mondo in un inedito (e mai ripetuto) slalom parallelo. In contemporanea la Juventus vuole riprendersi lo scudetto, mentre la Roma e la Lazio campione d’Italia si stanno per affrontare in un derby – una volta tanto – da vertice della classifica per entrambe. Domenica di sport piuttosto impegnativa.

Il podio dopo una gara di slalom gigante di Coppa del mondo. Da sinistra Ingemar Stenmark (secondo classificato), Gustavo Thoeni (primo) e Piero Gros (terzo)
da www.gazzetta.it

Domenica di fuoco (e di neve)

A mezzogiorno è in programma lo sci. La Coppa del Mondo è arrivata all’ultimo atto e a Ortisei, Val Gardena, si decide tutto grazie a uno Slalom Parallelo. A contendersi la Coppa nell’ultima gara sono tre fra i talenti più cristallini allora in circolazione: l’austriaco Franz Klammer, lo svedese Ingemar Stenmark e il nostro Gustavo Thoeni.

«Praticamente – ricorda proprio Thoeni – era la prima volta che si decideva la Coppa del Mondo in un Parallelo. Era l’ultima gara, ed eravamo in tre a pari punti. Stenmark, Klammer e io: 240 punti tutti e tre. Chi arrivava davanti, vinceva la coppa».

Grazie al meccanismo degli scarti, a Klammer per vincere basterebbe passare due turni, ma lui non è uno slalomista e viene eliminato dall’azzurro Helmuth Schmalzl (nativo proprio di Ortisei). La trama si dipana poi in lunghe ore di tensione, fino al duello decisivo.

Proprio in quei momenti si sono aperti i cancelli dello Stadio Olimpico di Roma e lentamente il pubblico della Capitale comincia ad affluire. La Lazio non vuole perdere contatto con la Juventus capolista, ma anche per la Roma vincere il derby non è solo questione di prestigio. Grazie alla sapienza tattica di Nils Liedholm la formazione giallorossa sembra essere uscita dalle sabbie paludate della medio-bassa classifica. Dopo un inizio stentato, il gioco a zona sta infatti dando frutti.

Pochi capiscono che cosa sia, poi tutti ne vedono gli effetti. La stessa squadra, buona ma macchinosa delle annate precedenti, è diventata una realtà con la quale fare i conti. La difesa prende pochi gol, l’attacco garantisce risultati e punti in classifica grazie alla stagione eccellente di Pierino Prati e di chi lo affianca in avanti. Comunque andrà il derby, c’è aria d’Europa e durante gli anni ’70 nella Capitale questo non è un fatto consueto. Ma Ortisei dista 700 chilometri da Roma e chi quella domenica si trova in Val Gardena non è granché interessato al calcio.

Tutti in pista, all’Olimpico solo posti in piedi

Al primo turno Gustavo Thoeni elimina l’austriaco Manfred Grabler, agli ottavi ha la meglio sullo svizzero Roux, ai quarti Tino Pietrogiovanna esce volutamente di pista per non ostacolare il cammino del nostro numero 1 (il gioco di squadra è forse poco edificante ma comunque consentito).

L’astro nascente del circo bianco Stenmark quasi inforca contro il polacco Bachleda e chiude la prima manche indietro di due secondi e mezzo, distacco che recupera grazie all’uscita di pista dell’avversario nella seconda. Il pubblico di Ortisei, che tifa in massa per Thoeni, grida invano alla combine. Se anche fosse vero, sarebbero tutte accuse da dimostrare vere. In semifinale Thoeni ha la meglio sullo svizzero Tresch, mentre Stenmark batte il nostro Fausto Radici. Dunque, per la finale sono rimasti in gara Stenmark e Thoeni. Klammer è soltanto un ricordo.

Intanto all’Olimpico l’afflusso è stato massiccio, spalti gremiti malgrado una pioggia fitta e continua che consiglierebbe una domenica sedentaria. Gli striscioni e le coreografie del 1975 non sono paragonabili a quelli di oggi, ma i cori sì. Si sono registrati scontri fuori dallo stadio ma già alla metà di un decennio inquieto per definizione, il fatto non fa notizia.

Verso mezzogiorno vengono rese note le formazioni. Salvo imprevisti dell’ultimo momento la Lazio scenderà in campo con Pulici, Ghedin, Martini, Wilson, Oddi, Badiani, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D’Amico. Il tecnico Tommaso Maestrelli è costretto a fare a meno di Nanni a centrocampo. La Roma opporrà Paolo Conti, Negrisolo, Rocca, Cordova, Santarini, Peccenini, Di Bartolomei, Morini, Prati, De Sisti, Penzo. In panchina siede un giovane, fresco ventenne. Si chiama Bruno Conti, non avrà un fisico gladiatorio ma dicono che possegga piedi fatati. Vedremo. In quegli stessi momenti Stenmark e Thoeni si stanno sfidando per sapere chi alzerà la Coppa del Mondo 1975.

A Ortisei nevica, a Roma piove

50mila spettatori sulla pista gardenese, mai vista tanta gente fino a quel momento. Solo Alberto Tomba farà di meglio, un decennio dopo. La montagna è un crocevia di suoni, di cori, di tifo assordante con tanto di sirene e campanacci. La diretta TV va in onda sul Secondo Canale (oggi Rai Due), i telecronisti sono Alberto Nicolello e Guido Oddo.

Nel ricordo di tanti appassionati, i due appaiono molto emozionati, sanno di avere il privilegio di raccontare in diretta un evento irripetibile. Intanto, i contendenti in pista si studiano a vicenda. Sembrano due tipi simili, Stenmark e Thoeni, e in effetti qualcosa in comune ce l’hanno. Da bravi montanari parlano poco ma quando c’è da fare i fatti, eccoli sfrecciare. Ingemar è nato nella Lapponia svedese e da piccolo guarda il Circolo Polare Artico anche senza l’uso del binocolo.

È un talento naturale che si è affinato grazie a un talent scout italiano, Ermanno Nogler. Anche Thoeni è stato scoperto e valorizzato da Nogler, ma quello con Stenmark è un vero sodalizio. Un giorno del 1969 l’allenatore azzurro conosce uno sciatore svedese di 13 anni e vi intravede qualità superiori.

A 17 anni il ragazzino è già un campione e a 19 è a Ortisei, pronto a giocarsi “il Parallelo della vita”. Dall’altro lato della pista c’è un altro campione, più grande di cinque anni (Gustavo Thoeni è classe 1951) e più affermato dell’avversario. Thoeni è nato a Trafoi, minuscola frazione sullo Stelvio (provincia di Bolzano), località che conta poco più di cento anime. Scia da quando è un bimbetto di tre anni. Il padre è un maestro di sci e non è che a Trafoi si possa fare molto altro.

Gustavo è un tipo riservato, il suo italiano un po’ “montanaro” è oggetto di qualche caricatura televisiva, ma – dice chi lo conosce – possiede uno spirito acuto e anche la battuta pronta, se serve. Fa parte delle Fiamme Gialle, ha già vinto la Coppa del Mondo per tre volte (1971, 1972 e 1973) e ha conquistato l’oro nello slalom gigante alle Olimpiadi invernali di Sapporo (Giappone) nel 1972.

Con il fiato sospeso

A mezzogiorno, con puntualità altoatesina, tutto è pronto per la gara decisiva: il pareggio cui prima accennava Thoeni, 240 a 240 punti, non può rimanere tale. Anche in finale i contendenti devono affrontare due manche, al termine delle quali il vincitore sarà quello che avrà assommato il tempo complessivo migliore. Al suono della sirena i due volano in pista. All’intermedio Thoeni è in leggerissimo vantaggio, ma ogni porta è un rischio, ogni curva un’opportunità.

Il livello è tale che a fare la differenza può essere meno di una frazione di secondo. L’italiano sembra il più tranquillo. Discesa pulita, grande prova di forza mentale e agonistica. Intende far valere la maggiore esperienza e sembra gestire bene gli attacchi di Stenmark, a volte costretto a forzare. Thoeni la chiude in leggero vantaggio.

È comunque la prima manche e perdere con un distacco minimo non è irreparabile, tutto si può risolvere nella seconda. Ma nessuno vuole perdere, perché gestire un vantaggio anche minimo può avere un valore importante soprattutto a livello psicologico. A tre porte dal traguardo della seconda avviene la svolta.

Nel tentativo di produrre l’allungo finale, Stenmark inforca e cade. Per Gustavo Thoeni si aprono le porte della quarta (e ultima) Coppa del Mondo di sci alpino. Alberto Nicolello e Guido Oddo infrangono per una volta i canoni di compostezza imposti dalla RAI. Per Stenmark è una delusione, il dazio da pagare a quel filo di esperienza che ancora manca.

Ma per lo svedese sarà uno dei pochi dispiaceri patiti in una carriera fantastica. Tre vittorie nella Coppa del Mondo (1976, 1977, 1978), due medaglie d’oro olimpiche (Lake Placid, USA 1980), e soprattutto 86 vittorie complessive (46 in gigante e 40 in slalom) fanno di lui un vincente per antonomasia. E questo aggiunge ulteriore valore all’impresa che Gustavo Thoeni realizza mezzo secolo fa. Proprio oggi.

Sì, ok, ma il derby di Roma?

Vince chi gioca peggio

Le squadre sono in campo, l’arbitro è Agnolin di Bassano del Grappa. Dopo quattro derby di fila persi e cinque anni senza vittorie, il 1° dicembre 1974 la Roma è riuscita a far suo quello d’andata. E anche meritatamente: 1-0, gol di De Sisti. Se la Lazio vuole rimanere incollata alla Juventus, c’è un solo risultato auspicabile, infatti prende subito il comando del gioco, schiacciando la Roma nella sua metà campo.

Meriterebbe il gol, ma le prodezze di Paolo Conti lasciano intendere che il portiere giallorosso non sia d’accordo. La ripresa inizia con un miracoloso salvataggio di Peccenini, che sulla linea, in rovesciata, respinge un pallonetto di Chinaglia che aveva scavalcato Conti. Poi ci prova anche Oddi, non proprio un goleador, ma ancora una volta Conti respinge.

L’unico acuto della Roma costa caro. Minuto 76′: lancio di Di Bartolomei per Peccenini, che crossa in mezzo dalla destra. Un’indecisione di Ghedin inganna Pulici, Pierino Prati solo al centro area deve solo appoggiare in rete. Maestrelli toglie un centrocampista (Badiani) per una punta (Franzoni), ma il bunker romanista regge fino alla fine.

Mentre Thoeni è in festa per l’ennesima coppa del mondo, per la Lazio sembra l’addio definitivo ai sogni di un secondo scudetto. Sorride la Roma, figuriamoci la Juventus, che nel frattempo ha battuto per 1-0 l’Inter. Stenmark sta solo pensando a rifarsi.

Il gol decisivo di Pierino Prati

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