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Il Tricolor Paulista – la top 11 dell’epoca televisiva del San Paolo

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A inizio anni ’90 il San Paolo del calcio-arte, la Ferrari che ha investito Cruijff, è entrato nel nostro immaginario collettivo, imponendosi come una delle formazioni di club più forti della storia del suo continente, un enigma indecifrabile anche per formazioni sulla carta superiori (almeno un po’) come Barcellona e Milan di quel periodo. Il triennio di gloria è però solo uno dei vertici della storia del club, che già nel corso degli anni ’40 aveva messo in riga tutte le più accreditate avversarie statali e nazionali, guadagnandosi il soprannome di rullo compressore, che si era confermato ai vertici anche negli anni ’70 e ’80 e che avrebbe vinto anche il mondiale per club nel 2005, superando dopo una partita rocambolesca il Liverpool.
Anche per i paulisti dovremmo metterci di buzzo buono e stilare due formazioni, perché escludere i campioni degli anni ’40 è un gesto criminale: penso a Leônidas, serio candidato al trono di calciatore paulista del secolo, all’universale argentino Antonio Sastre, al centromediano José Carlos Bauer. More solito, tuttavia, dobbiamo limitarci a nominare questi campioni per focalizzarci sui giocatori scesi in campo dagli anni ’60 in avanti, da quando esiste una documentazione video della loro gesta. Ecco quindi per voi la formazione ideale “moderna” del San Paolo, l’unica squadra brasiliana in grado di vincere tre Libertadores e tre Coppe Intercontinentali/ mondiali per club.

Portiere: Rogério Ceni

La sua lunghissima militanza con il Tricolor vale la titolarità a una delle più bizzarre anomalie della storia del football, Rogério Ceni, il portiere goleador: l’incredibile cifra di 1209 presenze con il San Paolo è impreziosita dall’ancor più inverosimile numero di reti messe a segno con il club, ufficialmente 129, più di quante ne possano contare centrocampisti di valore mondiale. Titolare sia nel 1993 che nel 2005, Ceni è stato un portiere spettacolare e tendente alla parata plateale tra i pali, ma soprattutto un’arma aggiunta letale sui calci piazzati, che con lui diventavano quasi dei calci di rigore, alla stregua di quanto era accaduto con Zico o di ciò che sarebbe avvenuto con il Pirlo più ispirato della carriera. Rogério Ceni poteva nascere e diventare titolare di una nazionale solo in Brasile, è una figura impensabile fuori dai confini del paese sudamericano.
Per noi italiani, Valdir Peres significa soprattutto Paolo Rossi, un pomeriggio di luglio del 1982 (chi scrive c’era ma era ancora nel grembo materno) a Barcellona, forse il momento più alto e commovente della storia azzurra, quello che ha messo d’accordo tutti, anche quelli poco inclini a entusiasmarsi per la nazionale. Per i brasiliani, Peres è stato uno dei responsabili della Tragedia del Sarriá, la partita che ha relegato nella cerchia delle perdenti di lusso una delle squadre più belle e spettacolari della storia del calcio verdeoro. Associare Peres solo a quella sconfitta, di cui peraltro è responsabile in minima parte, sarebbe però un gesto di crudeltà gratuita: il portiere ha vestito la maglia del San Paolo in oltre 600 partite, nel 1975 ha portato a casa, traguardo incredibile per un portiere, la prestigiosa Bola de Ouro, venendo preferito a tutti i campioni che giocavano in Brasile al tempo, ed è stato l’affidabile e ottimo portiere di molti successi sia statali che nazionali, nonché, appunto, a lungo uno degli estremi difensori nel giro della nazionale. Il posto in panchina gli spetta di diritto.

Laterale destro: Cafu

Marcos Evangelista de Moraes, meglio noto come Cafu, non ha bisogno di presentazioni per i nostri lettori: le sue doti di corsa, che gli valgono il soprannome di Pendolino, sono rimaste quasi senza eguali, e sono solo una parte della storia, perché Marcos è stato anche un crossatore superbo e un discreto difensore, almeno negli anni migliori. Il pubblico italiano ha fatto la sua conoscenza durante Milan-San Paolo del 1993, quando il suo duello con un Paolo Maldini al meglio delle sue possibilità ha fatto luccicare gli occhi di tutti gli appassionati; l’anno successivo, Paolino ha dovuto fare i conti con l’inesauribile vena propulsiva del fuoriclasse paulista anche a Pasadena, e noi italiani ci siamo imbattuti per la seconda volta in questo laterale dal soprannome incomprensibile, che suscita l’ilarità dei tifosi bresciani assiepati nelle loro abitazioni per assistere alla partita (la parola cafu, in dialetto bresciano, identifica il “cafone”), ma solo per una manciata di secondi, il tempo necessario ad accorgersi che con Marcos non si scherza.
Cafu al tempo, in effetti, era per noi ancora quasi un emerito sconosciuto, nonostante avesse conquistato il terzo posto nella graduatoria di fine anno pubblicata da El País e fosse destinato a prendersi il primo posto proprio nel 1994, ma nei fatti aveva già scritto le pagine più belle della sua leggendaria carriera: nel corso delle sue sette stagioni pauliste, si era infatti affermato come il miglior laterale brasiliano (sia come ala che come terzino) e come uno dei migliori del mondo, e aveva vinto da protagonista tutto ciò che poteva vincere, ivi comprese due Coppe Intercontinentali e il primo di due titoli mondiali. Cafu è ancora oggi il primatista di presenze in maglia verdeoro ed è l’unico giocatore in grado di giocare tre finali mondiali consecutive, di cui due da capitano. Difficile individuare una valida alternativa al Pendolino: l’unico nome proponibile è quello di De Sordi, stantuffo destro del San Paolo tra anni ’50 e ’60, 22 volte titolare in una nazionale con la quale vinse il mondiale nel 1958, da titolare in quasi ogni partita.

Difensore centrale: Oscar

José Oscar Bernardi è stato uno dei centrali paulisti a maggior vocazione italiana: alto, possente, abile in marcatura, dopo diverse stagioni di apprendistato con il Ponte Preta si trasferisce al San Paolo e diventa uno dei migliori difensori puri della storia verdeoro: negli anni ’80 vince quattro volte il campionato paulista e una quello nazionale, e nel frattempo è il pilastro della difesa della nazionale, con cui gioca due mondiali da titolare e uno da riserva, per un totale di 59 partite. In Italia, lo ricordiamo soprattutto perché il suo colpo di testa nel finale della partita del 1982 ci ha fatto tremare i polsi, e ha consentito a san Dino Zoff di arricchire il suo curriculum con un intervento pulitissimo ed esemplare, che ci ha regalato la semifinale. Riconosciuto da Pelé come uno dei centrali più dotati e abili mai affrontati, Roberto Dias ha vestito la maglia tricolor in 576 occasioni e ha messo a segno ben 76 reti, tra anni ’60 e ’70, disimpegnandosi come libero a tutto campo e all’occorrenza anche come marcatore classico. Per lui, si contano anche 23 partite in nazionale.

Difensore centrale: Darío Pereyra

Definito dalla stampa brasiliana come uno dei migliori centrali che abbiano mai militato nel campionato verdeoro, corteggiato invano anche dal Real Madrid, l’uruguaiano Darío Pereyra è uno dei nomi imprescindibili di questa formazione: nel corso degli anni ’70 e soprattutto ’80, le sue doti difensive e le notevoli abilità tecniche lo rendono una colonna del San Paolo che fa incetta di titoli statali e nazionali, e in ben tre occasioni gli consentono di essere riconosciuto come il miglior difensore del campionato (premio che Pereyra riceve al termine delle stagioni 1981, 1983 e 1986). Lunga e vincente anche la sua carriera con la Celeste. Di fatto non è possibile ammirare le sue gesta con il San Paolo, perché le registrazioni disponibili riguardano solo le sue stagioni al Santos, ma prima di accreditarsi come sodale di Pelé il libero Mauro Ramos ha militato per oltre un decennio nel San Paolo, entrando nel giro della nazionale e incamerando 4 titoli statali.

Laterale sinistro: Nelsinho

Una vita spesa nella capitale paulista, una vita fatta di trionfi e di giocate di gran classe, regala a Nelsinho il posto da titolare in questa formazione, anche perché sul piano tecnico Nelsinho è stato uno dei laterali paulisti più dotati e le sue punizioni erano temute da tutti gli estremi difensori del Sudamerica.
La prima e più solida alternativa a Nelsinho è un altro ottimo giocatore che abbiamo apprezzato anche in Italia, con la maglia del Parma, ovvero Jenílson Ângelo de Souza, noto come Júnior, la riserva di Roberto Carlos, in nazionale, nei primi anni 2000. Il paragone con il fenomeno che ha giocato a Madrid sarebbe stato insostenibile per chiunque, ma non ha impedito a Júnior di vestire la maglia verdeoro in 19 occasioni e, dopo la felice parentesi italiana (a Parma ha vinto una Coppa Italia, segnando il gol decisivo in finale contro la Juventus), di vestire la maglia del San Paolo per diversi anni, confermandosi un laterale di spessore internazionale e vincendo sia la Libertadores che il mondiale per club nel 2005.

Centrocampista centrale: Toninho Cerezo

La militanza dell’eterno Cerezo con la maglia Tricolor è stata piuttosto breve ma incredibilmente gloriosa e vincente: il lungo ed eclettico universale di Belo Horizonte, dopo una vita di successi in Italia, trascorsa tra la Città Eterna e la Sampdoria dei miracoli, Cerezo torna in patria alla soglia dei quarant’anni e disputa la stagione della vita. Memorabile il suo contributo al trionfo sul Milan del dicembre del 1993. Al suo cospetto, fa la figura del nano anche l’ottimo e combattivo Pintado, l’uomo di sostanza del grande San Paolo, un mastino fisicamente molto forte e un notevole recupera palloni.

Centrocampista centrale: Gérson

Canhotinha de ouro, l’uomo che ha cambiato il destino della finale mondiale del 1970, non è stato solo la mente, il giocatore di trama e ordito della grande nazionale brasiliana ammirata in Messico, ma anche uno dei migliori centrocampisti verdeoro di sempre, l’anello di congiunzione tra Didì e Falcao, in alcune cose forse anche più bravo di loro: dotato di un sinistro affilato e di un lancio lungo degno di quello dei grandissimi, Gérson ha probabilmente disputato con la maglia del San Paolo le stagioni più belle della sua vita, conquistando da leader tecnico della squadra due campionati paulisti, nel 1970 e nel 1971, e guadagnandosi un prestigioso quinto posto nella classifica dei migliori giocatori sudamericani dell’anno proprio nel 1971. Al suo fianco, credo si possa collocare Carlos Luciano da Silva, per noi europei un carneade, anche per le brevi e inconsistenti esperienze in Germania e Inghilterra, ma per i connazionali l’infaticabile recupera palloni dell’ultimo grande San Paolo, quello ammirato a metà anni 2000: piccolo ma robusto, alla stregua (si perdoni l’esagerazione) di un Kanté, Carlos Luciano da Silva è stato il perno del centrocampo paulista capace di superare il Liverpool nel 2005, nonché il mediano tuttofare del Brasile campione d’America nel 2007.

Trequartista: Pedro Rocha

Niccolò Mello ha giustamente celebrato Pedro Rocha nell’articolo dedicato ai grandi campioni uruguaiani del dopoguerra, e io ritengo giusto ricordare qui, nello specifico, anche le sue gesta in maglia paulista, nel corso degli anni ’70: dopo una lunga e vincente carriera in Uruguay, il centrocampista/trequartista/attaccante di Salto emigra in Brasile, in quello che è forse il campionato tecnicamente più ricco del mondo, e veste la maglia del San Paolo per sette anni, durante i quali conquista due titoli di capocannoniere (uno nel campionato nazionale, uno in Libertadores), continuando a giocare in nazionale da titolare e confermandosi un fuoriclasse di caratura internazionale. Abbiamo apprezzato le doti e il discreto fiuto del gol di Luiz Antônio da Costa, meglio conosciuto come Müller, anche in Italia, in maglia granata, ma è probabile che l’attaccante/centrocampista brasiliano si sia espresso al meglio con il San Paolo, prima negli anni ’80 e poi a inizio anni ’90, quando si dimostra un ottimo e duttile tuttofare in grado di segnare gol determinanti, come quello che decide la sfida con il Milan nel 1993. Di notevole spessore anche la sua esperienza in nazionale, che si chiude con 12 reti in 56 partite.

Trequartista: Raì

Raì, il noto fratello di Sócrates, esattamente come Riquelme o Valderrama ha sfidato la storia e ha saputo sconfiggerla: anche a inizio anni ’90 infatti, giocatori come lui, alti ma dal passo solenne, poco propensi a contribuire alla fase difensiva, incommensurabilmente lenti, erano considerati un lusso anacronistico incompatibile con le esigenze del calcio moderno, i cui dogmi erano stati da poco ricodificati dal sacchismo e dalla sua enfasi per ritmo, pressing e preparazione fisica. Ecco, nonostante fosse un’evidente e antistorica anomalia, il numero dieci di Ribeirão Preto ha saputo trasformarsi nel giocatore cardine del miglior San Paolo di sempre e poi, smentendo gli scettici, anche un eccellente e inconsueto rifinitore nel più veloce calcio europeo: a Parigi, Raì ha riempito di meraviglia gli occhi dei tifosi e ha conquistato una storica Coppa delle Coppe, che rimane tuttora l’unico successo europeo della formazione francese. Al San Paolo, il campione ha vinto cinque titoli statali, un campionato nazionale, una Libertadores e poi ha deciso la finale di Coppa Intercontinentale giocata a Tokyo contro il Dream Team. Al suo fianco, un altro grande dieci che si colloca ai suoi antipodi nella vasta costellazione dei trequartisti del suo paese, ovvero Kakà, il più europeo dei grandi rifinitori verdeoro: in Italia ci siamo innamorati della sua straordinaria progressione palla al piede, rimasta praticamente senza eguali, e delle sue qualità in penetrazione; in Brasile, da ragazzino, Ricky si era in ogni caso già guadagnato una Bola de Ouro, nel 2002, e la convocazione in nazionale, dopo tre stagioni in crescendo con la maglia del San Paolo, con la quale, a 21 anni, aveva già messo a referto 139 partite e 47 gol.

Ala sinistra/seconda punta: Canhoteiro

Soprannominato il Garrincha della fascia sinistra, Canhoteiro, al secolo José da Ribamar de Oliveira, è uno dei giocatori più spettacolari e divertenti della storia del San Paolo, un piccolo e bizzarro artista del dribbling, un malandro che esaspera tutto ciò che ha reso il più celebre connazionale Manè il simbolo del “malandrismo” nel mondo, con il suo gusto civettuolo per il la giocata d’istinto, il dribbling insistito, il sortilegio di finte e controfinte che abbiamo imparato a conoscere anche in Europa grazie a fuoriclasse come Ronaldinho. I pochi video disponibili su di lui spiegano perché il pubblico verdeoro perse la testa per le sue giocate: come se fosse un Charlie Chaplin prestato al football, Canhoteiro caracollava sulla fascia sinistra alla ricerca del momento buono per tentare quella giocata impossibile, nell’uno contro uno, che spesso gli riusciva. Con 85 reti in quasi 400 presenze, rimane uno dei nomi chiave della storia del club paulista. A Parigi è stato soprattutto un valido centrocampista, da noi trequartista capace di fornire un contributo significativo allo scudetto milanista del 1999, ma Leonardo Nascimento de Araújo ha iniziato la carriera in patria come laterale sinistro e poi come ala vera e propria. Dotato di un piede sinistro da mezzala, veloce e versatile, Leonardo è stato l’esterno del grande San Paolo dei primi anni ’90 ed è diventato campione del mondo in America nel 1994, pur giocando solo fino agli ottavi in ragione della sua nota espulsione guadagnata contro gli Stati Uniti.

Attaccante: Careca

Il posto spetterebbe a Leônidas, siamo d’accordo, ma vista la sua forzosa esclusione ripieghiamo su un altro grandissimo giocatore, noto e amato anche sui nostri lidi, il fuoriclasse Antonio Careca: prima di riscrivere la storia con la maglia del Napoli, Careca ha messo a referto 108 reti in 179 partite con la maglia del San Paolo, portandosi a casa la Bola de Ouro del 1986 e la maglia da titolare in nazionale, che onora in Messico, nel 1986, con cinque reti e prestazioni da grandissimo giocatore. La sua riserva è Luís Fabiano, simbolo, cannoniere e giocatore chiave del San Paolo dell’epoca moderna, e poi grande protagonista anche in Spagna, con la maglia del Siviglia: alto ma molto veloce, dotato da madre natura dei piedi che ti aspetti da un attaccante brasiliano, Fabiano con il Tricolor ha messo a segno 210 reti e ha conquistato diversi titoli nazionali. Anche la sua carriera in nazionale è da applausi: per lui, ci sono una Coppa America vinta da titolare, tre reti messe a segno nel corso del complicato mondiale sudafricano (quando è con Robinho l’unico positivo dei suoi) e in totale 28 reti in 45 presenze.

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