In Austria l’antisemitismo aveva oramai superato i livelli di guardia. La situazione peggiorò ulteriormente con l’invasione dell’Austria da parte della Germania. Anche se a dire il vero, più che di un’invasione si trattò di una marcia trionfale. Nessuno pose resistenza, anzi: 200mila viennesi si accalcarono ai piedi dell’Hofburg per ascoltare il discorso di Adolf Hitler. Quattro anni prima, dalla mano di Otto Panetta, membro dell’illegale partito nazionalsocialista austriaco, era partito il colpo che aveva freddato il cancelliere Engelbert Dollfuss. Soprannominato Millimetternich per via della bassa statura e la spiccata astuzia politica propria dell’ex diplomatico, Dollfuss era salito al potere nel maggio del 1932. Pochi mesi prima della sua morte, in seguito alla guerra civile scatenatasi a Vienna tra le milizie governative e quelle socialdemocratiche della Schutzbund, aveva dato vita al cosiddetto austrofascismo. Si trattava di un movimento di ispirazione mussoliniana che aveva bandito il partito socialdemocratico e quello nazionalsocialista.
Dollfuss era cattolico, di posizioni conservatrici e rappresentava un punto di continuità con la vecchia politica. Decise di mettere fuori legge diverse testate antisemite poiché avevano sostenuto la causa del pangermanesimo. Oltretutto, dal 1936, il supporto italiano a un’Austria indipendente e repubblicana era venuto meno: il Duce aveva iniziato a strizzare l’occhio alla Germania e desiderava dar vita a una trionfale campagna coloniale in Nordafrica. Le pressioni tedesche sull’Austria erano diventate asfissianti. L’aumentata instabilità politica e la precarietà che si respirava a Vienna negli anni tra le due guerre avevano portato ad un vertiginoso aumento di consensi tra i sostenitori dell’Anschluss. Kurt Schuschnigg, succeduto a Dollfuss, non riuscì a reggere le pressioni di Hitler e il titolo di cancelliere passò provvisoriamente nelle mani del nazionalsocialista Seyss–Inquart. Il 10 aprile del 1938 si tenne un referendum sull’annessione dell’Austria alla Germania e il risultato fu un vero e proprio plebiscito: il 99.73% dei votanti si espresse a favore dell’Anschluss.
Tra i membri della comunità ebraica la preoccupazione crebbe immediatamente. Qualcuno meditava la fuga, altri sembravano non comprendere la gravità della situazione. Trascorsero pochi mesi e i nazisti attuarono una politica di arianizzazione delle attività commerciali possedute da ebrei, un fenomeno che era avvenuto anche in Germania. E nel novembre di quello stesso anno ebbe luogo la Kristallnacht, la Notte dei Cristalli. A scatenarla fu l’uccisione del diplomatico tedesco Ernst vom Rath da parte di un cittadino ebreo polacco a Parigi. Morirono centinaia di ebrei tra Austria e Germania e vennero distrutte circa 40 sinagoghe. Diversi tra coloro che videro la scena lasciarono il Paese.
Fu il caso di Fritzi Lowy, che osservò la distruzione e l’incendio della sinagoga in Tempelgasse mentre passeggiava per Leopoldstadt, il quartiere ebraico di Vienna. Per quanto riguarda il calcio, il campionato austriaco fu cancellato e sostituito da un torneo regionale. Il nuovo ministro dello sport Tschammer und Hosten organizzò un incontro amichevole per suggellare l’unione delle due federazioni che si sarebbe tenuto il 3 aprile. L’obiettivo della partita era politico: promuovere il referendum per l’Anschluss. Tutti i riferimenti all’Austria quale nazione indipendente, come la tradizionale divisa bianca e lo stemma con l’aquila, erano stati cancellati. Oltretutto quello stesso anno si sarebbe tenuto il mondiale di Francia, e Sepp Herberger, l’allenatore della nazionale tedesca, avrebbe presentato una formazione che metteva insieme giocatori austriaci e tedeschi.
Un’altra modifica operata dai nazionalsocialisti fu il ritorno al modello amatoriale, che costringeva i calciatori a cercarsi un’occupazione. Non furono pochi i casi di stelle del pallone che beneficiarono dell’arianizzazione delle proprietà ebraiche: Matthias Sindelar, ad esempio, rilevò il Café Annahof a un prezzo di molto inferiore al valore del locale (ne parliamo anche qui). Il Café Annahof era appartenuto a Leopold Drill, un cittadino ebreo che sarebbe stato presto inviato nel campo di concentramento di Theresienstadt. Qualcosa di simile accadde a Karl Sesta, un altro dei pilastri della nazionale austriaca, che acquistò una panetteria facente parte del franchising Hammerbröt Werke. Nulla che non fosse già successo in Germania: cinque anni prima, non appena Hitler era salito al potere, Kalman Konrad aveva dovuto vendere a un prezzo stracciato il cinema acquistato a Berlino ed era fuggito a Praga.
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