Gli anni ’60 sono il decennio in cui il mondo svolta, imbocca una nuova direzione e lo fa in maniera irreversibile, benché le sue aspirazioni rivoluzionarie, sul piano sociale ed estetico, siano state indebolite e poi in parte demolite dalle controriforme varate un po’ ovunque e partire da fine anni ’70, Il decennio del miracolo economico italiano (fotografato nelle sue ombre e luci in maniera magistrale, proprio ai suoi albori, da Fellini con “La dolce vita“), dei fiori nei capelli, della psichedelia che apre le porte di un mondo nuovo, del jazz “libero”, della contestazione studentesca e delle rivoluzioni contro il colonialismo si chiude tra presagi sinistri (la bomba di Piazza Fontana e il suo odore acre, che già sa di anni di piombo) e autunni caldi.
Il decennio, in ogni caso, è rivoluzionario anche sul piano puramente sportivo: siamo portati a credere che il mondiale spartiacque, nella storia, sia quello giocato in Germania nel 1974, ma approfondendo un po’ la questione mi sono convinto che sia il 1966 l’anno in cui il calcio cambia marcia, lasciandosi alle spalle i moduli imperanti negli anni ’50 e la loro propensione a esaltare il talento individuale, in favore di un calcio più collettivo, organizzato e in cui la difesa e la preparazione fisica la fanno da padroni. L’Europa si avvicina e prova poi a superare, come avanguardia dello sport, l’altra metà del cielo (l’America del Sud), e anche se il sorpasso diventerà realtà solo con la sentenza della Corte di Giustizia che decide il caso Bosman, quindi molti anni più tardi, le basi dell’affermazione definitiva del calcio europeo vengono poste nel corso degli anni ’60, come dimostra plasticamente il mondiale inglese, definito ex post il primo mondiale atleticamente moderno.
Per l’Italia, il decennio del miracolo economico vede Milano issarsi in cima al mondo e in diverse occasioni: il capolouogo lombardo diventa il centro del calcio europeo e in alcuni momenti anche mondiale, grazie alla importanti risorse economiche messe sul piatto da Moratti, Rizzoli e Riva: si spiega così il numero notevole di squadre italiane in lista.
10) Ajax 1969/1970
Non è stato facile individuare la versione degli ajacidi più meritevole di questa graduatoria, e confesso di essere andato un po’ a sensazioni: nel 1969, l’Ajax è reduce da tre titoli in quattro stagioni e raggiunge la finale di Coppa dei Campioni, che perde però malamente contro il più esperto Milan di Rocco, e anche in Eredivisie a vincere sono i rivali del Feyenoord. Nel 1969/70, invece, la formazione pressoché tutta olandese (l’unica eccezione rilevante è Vasovic) domina l’Eredivisie, superando con merito e con discreto margine la squadra campione d’Europa, porta a casa la Coppa d’Olanda e raggiunge la semifinale di Coppa delle Fiere, dove viene sconfitta dall’Arsenal. In ogni caso, lo spettacolo offerto già nelle due o tre stagioni precedenti sale di tono, perché la squadra matura e impara a gestire anche i momenti difficili: gli olandesi diventano una macchina da calcio e si preparano a vivere un trienno trionfale su ogni fronte. Crescono molti giovani, ma soprattutto diventa sempre più uomo squadra (nonostante continui a segnare a raffica) il Papero d’oro Johan Cruijff, che giunge settimo nella classifica del pallone d’oro nonostante l’Olanda non disputi i mondiali.
9) Milan 1968/1969
Il vero capolavoro di Nereo Rocco: se la squadra di inizio decennio è un Dream Team, quella che Nereo raccoglie a verso la fine del decennio fatta di cocci e sembra inadatta ai massimi palcoscenici europei. Il genio triestino invece valorizza Rivera, ottenendone la miglior versione della carriera, esalta con il suo catenaccio sui generis campioni come Hamrin e Prati e trova in Sormani un impeccabile regista offensivo. Nel 1968 i rossoneri vincono scudetto e Coppa delle Coppe, contro ogni pronostico, e l’anno dopo diventano i re d’Europa, superando con merito uno United in grandissimo spolvero (lì nasce la leggenda del Ragno Nero Cudicini) e demolendo in finale il giovane Ajax, superandolo sul piano del gioco, dell’esperienza e della concretezza.
8) Real Madrid 1961/1962
Gli anni d’oro del Grande Real: nel 1962, la lunga e irripetibile epopea blanca sembra finita, anche perché Di Stéfano e il Colonnello Ferenc Puskás hanno superato i 35 anni. Sorprendendo tutti, invece, i Blancos vincono di forza la Liga, superando con merito un Barcellona ancora di grandissimo spessore, e sono poi protagonisti di un cammino trionfale in Europa, in quanto in Coppa sommergono di gol ogni avversario (con l’eccezione di una Juve ispirata dal genio mefistofelico di Sivori). Solo un Benfica giovane, fresco e in condizioni smaglianti avrà la meglio sui madrileni, al termine di una partita pirotecnica.
7) Feyenoord 1969/1970
Come noto, la prima squadra olandese a vincere la Coppa dei Campioni non è l’Ajax ma il Feyenoord di Ernst Happel, che pratica una versione diversa, più cerebrale e metodica del calcio totale. La squadra di Rotterdam, che nel 1969 ha prevalso sull’Ajax – finalista di coppa – in Eredivisie, l’anno successivo sbanca l’Europa grazie al suo collettivo costruito attorno al sublime Wilem Van Hanegem, circondato da campioni come Franz Hasil, che aggiunge sostanza e qualità al centrocampo, e dall’attaccante svedese Kindvall. Il Feyenoord è superiore a tutte le avversarie che incontra sul cammino, Mlan campione d’Europa compreso, e in finale supera con merito i favoriti scozzesi del Celtic. In Eredivisie, prevalgono i biancorossi al termine di un lungo e bellissimo duello, ma questo toglie poco alla formazione guidata dal tecnico austriaco.
6) Celtic Glasgow 1966/1967
Jock Stein consente alla squadra dei cattolici di Glasgow di portare a termine la prima stagione perfetta della storia del calcio europeo, ovvero di realizzare quel treble che nei decenni successivi riuscirà solo a poche altre formazioni. Il Celtic, nel 1966, vince di un soffio il duello fratricida con gli eterni rivali dei Rangers, e l’anno dopo inizia la Coppa dei Campioni come una squadra di valore, lontana però dalle favoritissime Real Madrid e Inter; gli scozzesi sono reduci da una semifinale UEFA persa per un gol di scarto contro il Liverpool e hanno quindi già dimostrato di poter dire la loro in Europa, ma la Coppa dei Campioni è un’altra cosa. Nel 1966/1967 i Celtics riescono invece nell’impresa non solo di bissare il successo in campionato, superando di tre punti gli acerrimi rivali, ma anche di vincere (a sorpresa) la prima e sinora ultima Coppa dei Campioni mai portata nelle Highlands. Il Celtic è fedele alle regole del pass and move, gioca un calcio di splendida fattura sul piano tecnico, in cui coesistono un fraseggio di prima apprezzabile e la capacità di giocare in forcing tipica delle formazioni britanniche, e regala spettacolo. Superando la Grande Inter a Lisbona, gli scozzesi non usurpano alcun trono ma portano al successo “il bel calcio” (parole di Helenio Herrera). Le stelle di una squadra composta principalmente da gregari di lusso, nati tutti a Glasgow o nelle sue vicinanze, sono il laterale sinistro Tommy Gemmel, che non sfigura al cospetto di Sua Maestà Cippe Facchetti, il gigantesco leader Billy McNeill e soprattutto il funambolico Jimmy Johnstone, tra le migliori ali in circolazione in Europa in quel periodo, un campione che raggiunge lo zenit della carriera e conclude l’anno solare con uno splendido e inatteso terzo posto nella classifica del pallone d’oro.
5) Manchester United 1967/1968
Dieci anni dopo la strage di Monaco, lo United conquista l’Europa dall’alto di un calcio splendido, orchestrato da Matt Busby (che è mezza storia dello United, l’altra metà compete ad Alex Ferguson), guidato da un Charlton che è un serio candidato al titolo di miglior giocatore in circolazione, da un Law artista matto del pallone e dal quinto Beatle George Best, che disputa una stagione fantascientifica, segna come una punta pura e fa innamorare gli esteti con il suo dribbling elettrico e sudamericano, cui aggiunge le giocate determinanti. La First Division persa sul filo di lana contro il City toglie poco a uno United che in quel momento è una squadra spettacolare e probabilmente la migliore d’Europa.
4) Milan 1962/1963
Il miglior Milan del decennio e uno dei migliori di sempre lo si vede in campo nella stagione 62/63: i rossoneri cedono il passo all’Inter di Herrera in campionato, ma vincono la prima, storica Coppa dei Campioni del calcio italiano, rimettendo l’Italia sulla mappa del mondo dopo anni difficili. Il genio di Rivera, un Sani ispirato (era sbarcato a Milano tra sguardi perplessi, perché aveva 29 anni ma ne dimostrava almeno dieci in più, tra calvizie precoce e pancia in bella vista) e un Altafini letale come mai consentono ai rossoneri di superare di slancio e in goleada Ispwich, Dundee e Galatasaray, e poi di rimontare contro il temibile Benfica a Wembley, vincendo con merito un titolo epocale.
3) Inter 1963/1964
A un passo dalla stagione perfetta: così si potrebbe titolare la stagione nerazzurra che si conclude con il trionfo di Vienna sui vecchi leoni del Real e con lo spareggio scudetto perso contro il Bologna che gioca in Paradiso. L’inter nel 1964 è senza ombra di dubbio la miglior formazione d’Europa, grazie alla sua difesa coriacea, alla corsa infinita di Facchetti, all’estro di Corso, al sapiente magistero di Suarez, e al senso del gol di un Mazzola immarcabile e velocissimo. Solo il Bologna di Bernardini e Haller la priva di un trionfo completo, ma si tratta di dettagli che tolgono poco allo squadrone nerazzurro.
2) Benfica 1961/1962
Il Benfica è la squadra più continua del decennio, e la sua versione migliore la si vede in campo nel 1962, quando alla formazione già capace di superare a sorpresa il Barcellona nel 1961 si aggiunge un giocatore totale come Eusébio, il Kylian Mbappé della sua epoca: dotato da madre natura di mezzi fisici spropositati, Eusébio cambia passo come nessuno ed è uno straordinario uomo gol. Al suo fianco, il grande universale Coluna e tanti giocatori di spessore contribuiscono a costruire una delle più grandi macchine da calcio del decennio, che in finale chiuda la leggendaria epopea blanca con un 5-3 in rimonta e spettacolare.
1) Inter 1964/1965
Riteniamo giusto incoronare la Grande Inter del 64/65 come la miglior squadra europa degli anni ’60. Se nel 1964 la banda di Herrera si avvicina alla stagione perfetta, nel 1965 la porta a termine, e solo una sconfitta inattesa ma quasi indolore contro la Juventus in finale di Coppa Italia priva i nerazzurri del loro primo triplete. La rimonta in campionato sul Milan è da cuore in gola e i nerazzurri, trascinati soprattutto da Facchetti, Suarez e un Mazzola in assoluto stato di grazia, portano a casa un titolo meritato, vinto subendo solo due sconfitte. Sandro Mazzola è inoltre il capocannoniere del campionato. In Europa, l’Inter concede il bis e tocca l’apogeo della sua storia, con i 7 gol rifilati ai campioni di Romania e la straordinaria rimonta contro il Liverpool, impreziosita dalla corsa infinita di Facchetti (che si sublima in un gol bellissimo) e dalla punizione a foglia morta di Mr. genio e sregoltezza Mario Corso. La finale, giocata nel pantano di San Siro, non è indimenticabile, ma regala comunque ai nerazzurri il meritato, secondo trionfo europeo.