Immagine di copertina: Eusébio, Guttmann Coluna con la Coppa dei Campioni
La maledizione lanciata contro il Benfica nel lontano 1962, dal “perfido” e geniale tecnico ungherese Béla Guttmann (raccontiamo qui la sua incredibile vicenda umana e sportiva… e per la cronaca: ci fosse un allenatore all time della squadra non potrebbe che essere lui), è uno dei più grandi enigmi della storia dello sport, perché per qualche ragione enigmatica e indecifrabile ha funzionato e ha condannato le Aquile di Lisbona a scivolare sempre un passo prima del traguardo, in Europa: il Benfica può ammirare nella propria ricchissima bacheca due Coppe dei Campioni, un privilegio riservato a poche società nel vasto panorama europeo, ma ha vinto la seconda e ultima nel lontano 1962, al termine di una pirotecnica tempesta di calcio che l’ha visto prevalere sui vecchi leoni del Real Madrid. Da allora in avanti, infatti, il Benfica, maledetto da colui che era stato il suo demiurgo, non è più riuscito a salire l’ultimo gradino e a portare a Lisbona un trofeo europeo, munito o meno di grandi orecchie importa poco: a partire dalla rimonta subita dal Milan di Rocco, Altafini e Rivera, sulla gloriosa strada del club portoghese si sono accumulate solo occasioni perdute e titoli sfumati per questione di dettagli (penso alla finale di Europa League del 2014).
Ciò non toglie che le Aquile, prossime a sfidare l’Inter in Champions e forti quest’anno di un impianto di gioco oliatissimo e che gira a meraviglia, restino uno dei club più importanti della storia del calcio europeo e la squadra di riferimento del calcio portoghese, con il dovuto rispetto per il sempre temibile e appiccicoso Porto, e nonostante i biancoazzurri abbiano incamerato a loro volta due inattese Coppe con le grandi orecchie.
Anche in previsione del confronto europeo con la Milano nerazzurra, abbiamo provato a selezionare per voi la formazione ideale della storia “moderna ” del Benfica.
Portiere: Manuel Bento
Titolare inamovibile dei lusitani per un ventennio, il Guardiano del Tempio Manuel Bento (classe 1948 scomparso prematuramente nel 2007) è stato un portiere affidabile, carismatico e rinomato per le sue abilità nelle uscite basse, favorite da una statura anomala per il ruolo (solo 174 cm). Se Manuel merita i galloni del titolare perché è stato una bandiera della squadra di Lisbona, il lungo Costa Pereira deve accomodarsi al suo fianco in quanto ha difeso la porta lusitana per molti anni e per il periodo più glorioso della storia del club, coinciso con innumerevoli titoli nazionali, due Coppe Campioni e tre finali perse. Protagonista chiave del torneo conclusosi con il primo successo, vede il curriculum macchiato dalla papera che ha regalato all’Inter di Moratti la seconda Coppa nel 1965, ma questo toglie poco al suo valore sportivo e a una carriera da applausi. Terzo per ragioni di durata della militanza, ma forse il primo per puri valori tecnici, è il grande campione belga Michel Preud’Homme, che veste la maglia rossa nella parte finale della carriera, tra i 35 e i 40 anni, regalando nonostante l’età numerose prodezze (consentite dal suo formidabile colpo di reni) e vincendo una Coppa del Portogallo.
Terzino destro: Antonio Veloso
Altra bandiera dei lusitani, il laterale destro Antonio Veloso, padre di Miguel, è stato un giocatore rinomato per i piedi latini e soprattutto la grande duttilità, che gli ha consentito di primeggiare anche come laterale sinistro e all’occorenza come mediano. Colonna portante della squadra che raggiunge due finali di Coppa dei Campioni negli anni ’80, a lungo titolare della nazionale, Veloso è un nome imprescindibile di questa formazione.
Difensore centrale: Germano De Figueiredo
Statuario centrale classe 1932, Germano è con ogni probabilità il difensore portoghese più importante della storia: fortissimo sul piano fisico, intelligente, dotato della qualità in fase di lettura e di impostazione che ci si attende da un “libero”, Germano guida la retroguardia del Benfica per sei stagioni e sono le più vittoriose della storia del club. Al suo fianco, scegliamo Humberto Coelho, altro pilastro della storia lusitana: protagonista di due lunghe epopee in maglia rossa, il baffone Coelho è un centrale alto, bravissimo nel gioco aereo e molto longevo, tanto che debutta subito dopo la sconfitta di Wembley, contro il Manchester United di Best e Charlton, e si ritira sedici anni più tardi, alla vigilia di Euro 1984, dopo aver ricevuto anche la corona di giocatore portoghese dell’anno nel 1974.
Difensore centrale: Luisão
Dopo Nené è il giocatore con più presenze nella storia del club: 538. Brasiliano, arrivato al Benfica dal Cruzeiro nell’estate 2003, dopo un periodo di ambientamento divenne subito uno dei punti fermi della squadra lusitana e ancora oggi dalle parti del Da Luz Luisão è considerato un’autentica istituzione. Al Benfica ha vinto 6 campionati, altrettante Coppe di Lega e 2 coppe nazionali, perdendo due finali di Europa League nel 2013 e nel 2014. Buono il suo rendimento con il Brasile, con 44 presenze totali, una Coppa América e due Confederations Cup vinte. Al suo fianco, citiamo un altro giocatore staturario e solidissimo, ovvero il brasiliano Carlos Mozer, regista difensivo ruvido ma anche elegante che in carriera ha vestito le maglie di Flamengo, Marsiglia e Benfica, vincendo da protagonista numerosi titoli e guadagnandosi anche trentasei presenze con la maglia verdeoro.
Terzino sinistro: Ângelo Martins
Terzino sinitro tecnicamente molto dotato e pluridecorato, Martins è un titolare inamovibile del Benfica e della nazionale portoghese per tredici anni e vince tutto il possible da perno inamovibile della difesa. La sua unica alternativa è Álvaro Magalhães, terzino di spinta del Benfica degli anni ’80, anche lui giocatore che vanta una bacheca ricchissima e un’importante militanza in nazionale: Álvaro Magalhães è titolare della nazionale che fa sudare i fenomeni francesi a Francia 1984 e gioca da titolare anche i mondiali messicani di due anni dopo.
Centrocampista difensivo: Domiciano Cavem
Autentico jolly, Cavem ha saputo eccellere sia come ala sinistra che come terzino destro, lo schieriamo centrocampista difensivo perché in questo ruolo ha forse dato il meglio. Considerato ancora oggi uno dei giocatori cardine della storia del club, Cavem ha collezionato 279 presenze e 77 reti con la maglia delle Aquile, vincendo da protagonista tutto sia a livello nazionale che internazionale. Memorabile per lui e per i suoi tifosi il secondo gol messo a segno contro il Real Madrid nella leggendaria finale del 1962. Al suo fianco, ecco un altro tuttofare come Jaime Graça, pedina importante del Benfica di fine anni ’60 e della prima metà dei ’70, nonché titolare inamovibile in nazionale per sette anni, grazie alle doti di corridore inesauribile e alla discreta visione di gioco.
Centrocampista centrale: Mário Coluna
O Monstro Sagrado, il mostro sacro. Lui era la mente ed Eusébio il braccio del più forte Benfica di sempre, uno dei punti di riferimento a livello europeo e non solo degli anni ’60, con 5 finali di Coppa Campioni e un calcio essenziale e redditizio, un 4-2-4 armonico plasmato dal genio ebreo-unghese Béla Guttmann e portato ad esempio sul proscenio internazionale. Coluna era geometria e ispirazione al tempo stesso, un centrocampista che sapeva fare letteralmente tutto: recuperare, impostare e concludere. Lo attestano i 150 gol realizzati in maglia Benfica, nonché gli innumerevoli assist, nonché i 10 campionati nazionali, le 5 coppe di Portogallo e le 2 Coppe dei Campioni vinte, nel 1961 (quando fu il migliore in campo nella finale con il Barcellona) e nel 1962. Oltre che nel Benfica diede un contributo fondamentale alla prima epopea importante della nazionale portoghese, con il terzo posto del Mondiale inglese come ciliegina. Nessuno può lontanamente avvicinare il peso di Coluna nella storia delle Aquile, ma riteniamo sia giusto menzionare comunque, tra le riserve, le due pannocchie svedesi Jonas Thern e Stefan Schwarz, che regaleranno diverse gioie anche ai tifosi italiani: i due scandinavi giocano a Lisbona solo tre o quattro stagioni, ma diventano idoli dei tifosi e nel caso di Thern sono una delle colonne della squadra che fa sudare il Milan di Sacchi in finale di Coppa dei Campioni a Vienna.
Ala destra: José Augusto
Ala destra raffinata, dribblomane e con un buon feeling con il gol nella prima fase della carriera; poi mezzala di regia capace di dare manforte con esperienza e sagacia tattica alla costruzione del gioco. José Augusto, 10 anni a Lisbona tra il 1959 e il 1969 con 247 presenze e 113 reti, è stato uno dei punti fermi della generazione d’oro del Benfica. Il suo palmares recita 8 campionati, 3 coppe nazionali e 2 Coppe dei Campioni. Ha vestito anche 45 volte la maglia della nazionale, prendendo parte alla fortunata spedizione di Inghilterra ’66 conclusa con il bronzo. La sua riserva deve a nostro avviso essere ll piccolo e amatissimo funambolo della fascia destra Fernando Chalana, spettacolare dribblomane che vince per due volte il premio di calciatore lusitano dell’anno e nel 1984 trascina la sua nazionale sino alla semifinale del campionato europeo, conquistandosi un prestigioso quinto posto nella graduatoria di France Football.
Attaccante: Eusébio
Impossibile una scelta diversa. Eusébio, che abbiamo raccontato qui, non è stato solo «il Portogallo», parafrasando un’espressione di José Mourinho, ma è stato anche il Benfica. Senza alcun dubbio, il più grande giocatore ad aver indossato la maglia delle Aquile di Lisbona nonché il giocatore nettamente più prolifico nella storia del club. Il suo straordinario impatto è testimoniato sia da titoli e cifre (473 gol in 440 partite, 11 campionati, 5 coppe nazionali e soprattutto la Coppa dei Campioni 1962, senza contare altre 3 finali di Coppa Campioni e 2 di Intercontinentale perse, la miriade di titoli di capocannoniere in patria e le 3 in Europa) sia dal valore straordinario del giocatore. La Pantera Nera, questo il suo soprannome, secondo solo all’inarrivabile Pelé negli anni ’60, era un autentico felino che bruciava l’aria: scatto fulmineo, progressione, potenza, fiuto del gol, piedi comunque di ottima fattura. Forzando un po’ un parallelo, una sorta di Mbappé del ‘900. Indimenticabile anche il suo Mondiale ’66, quando con 9 reti e prestazioni mostruose trascinò il Portogallo al terzo posto, il punto più alto della sua storia calcistica.
Centravanti: Nené
Con 577 partite è il recordman di presenze in maglia Benfica, nonché il terzo marcatore di sempre del club dopo Eusébio e José Aguas. Nome completo: Tamagnini Manuel Gomes Baptista. Ma per tutti è stato Nené, O Assassino Silencioso. Vent’anni di carriera, dal 1966 al 1986, ha militato solo nel club delle Aquile di Lisbona. Un amore totale, incondizionato, e un affetto immortale che ancora oggi lo lega alla sua gente. Attaccante completo e moderno, piedi da numero 10 e istinto predatorio del 9, ha vinto 10 campionati, 7 Coppe del Portogallo, è stato due volte capocannoniere del campionato e una volta della Champions League, sfiorando la vittoria nel 1968, quando il Benfica venne superato al termine di una finale bellissima dal Manchester United. Calciatore portoghese dell’anno nel 1971, 66 volte nazionale portoghese, partecipò al Campionato Europeo del 1984. Giocatore forse anche più dotato, il suo sostituto è il grande campione José Aguas, Era O Cabecinha D’Oiro, testa d’oro, perché formidabile nel gioco aereo. Nativo di Luanda, in Angola, colonia portoghese, José Aguas arrivò al Benfica nel 1950 e divenne subito una colonna insostituibile del club: vinse 5 campionati e fu 5 volte capocannoniere della serie A portoghese. Nonostante avesse superato i 30 anni fu uno dei grandi protagonisti del Benfica che conquistò le Coppe dei Campioni 1961 e 1962, segnando in entrambe le finali contro Barcellona e Real Madrid. Con 376 reti è il secondo miglior marcatore nella storia del Benfica alle spalle di sua maestà Eusébio. Per lui anche 25 partite e 11 gol con la nazionale portoghese. Terzo incomodo che merita un posticino in panchina è infine a nostro parere un altro svedese, Mats Magnusson, poderoso centravanti che in cinque stagioni a Lisbona mette a referto 84 reti, vince diversi campionati ed è titolare della squadra che gioca (e perde) due finali di Coppa dei Campioni.
Ala sinistra: António Simões
Funambolo della fascia sinistra e forse l’unico giocatore di quel Benfica, esclusi ovviamente Eusébio e Coluna, che meriti forse di essere chiamato fuoriclasse, Simões è stato il giocatore più estroso della squadra che ha incantato il mondo negli anni ’60, e con la maglia delle Aquile ha vinto tutto sia a livello nazionale che internazionale. Amatissimo dai tifosi per le sue veroniche palla al piede, l’ala sinistra è stata anche un giocatore concreto e decisivo, capace di mettere la firma nei momenti importanti, nonché un perno della nazionale lusitana per oltre dieci anni.
Articolo a firma di FRANCESCO BUFFOLI e NICCOLÒ MELLO