Cerca
Close this search box.

Rondinelle biancoazzurre: la top 11 all time del Brescia

Condividi articolo:

Brescia non ha bisogno di presentazioni: è stata e rimane uno dei centri industriali più importanti d’Italia, e la sua vasta provincia comprende rinomate località turistiche, vaste aree pianeggianti, la Terra del Vino (la Franciacorta), e poi tre valli che la accompagnano verso le Alpi e una città bellissima e spesso sottovalutata da chi non ha avuto la fortuna di visitarla. Brescia significa anche storia con la S maiuscola, una storia fatta a volte di sangue e misteri irrisolti (28 maggio 1974, Piazza della Loggia), e ha regalato alla storia al calcio di provincia alcune delle sue realtà più solide e vincenti, dalla Feralpi Salò al Lumezzane, paesone di montagna noto come la capitale mondiale delle posate e/o la Chicago d’Italia (forse il paese più industrializzato d’Europa).

Mi tolgo un sassolino dalla scarpa, da bresciano di lunga generazione: a mio parere, non può che stonare con potenzialità economiche così notevoli e con un bacino d’utenza potenzialmente molto vasto la storia, tutto sommato povera, della squadra della città, specie se la confontiamo (in tutti i suoi alti e bassi, in tutta la sua mediocritas raramemente aurea) con quella dei malsopportati cugini veronesi e soprattutto bergamaschi. Brescia possiede risorse economiche e industriali anche superiori a quelle delle province finitime, ma non ha mai vinto uno scudetto superando la Juventus di Platini, non vanta una lunghissima militanza in serie A, non ha raggiunto una semifinale di Coppa delle Coppe né messo in crisi il PSG di Neymar e Mbappé.

Per carità, il vivaio bresciano merita un encomio da qui all’eternità (basterebbero due nomi: Franco Baresi e Andrea Pirlo), ma anche sotto questo profilo i cugini bergamaschi hanno saputo fare meglio di noi e, in ogni caso, aver sfornato due tra i massimi giocatori italiani all time non compensa le sofferenze e le delusioni di una vita da comprimari.

Chi scrive ha avuto la fortuna di frequentare lo stadio Rigamonti – non esattamente un capolavoro di estetica né di architettura, ma davanti ai sentimenti nulla ha importanza – nel periodo posto a cavallo tra fine anni ’90 e il 2004, vivendo quindi in prima persona la stagione migliore delle Rondinelle, capaci di approdare in Europa e di superare in più occasioni le grandi del calcio italiano. Con immenso piacere, quindi, chi scrive allestisce la formazione ideale della storia del Brescia, sempre con la precisazione che si prendono in considerazioni solo giocatori che hanno visto il campo dagli anni ’60 in avanti.

Portiere: Luca Castellazzi

Il Gigante di Gorgonzola ha vestito la maglia biancoazzurra per cinque stagioni, tre delle quali sono state le migliori della storia del club. Lungo ma agile ed esplosivo, Luca è stato un ottimo portiere, come dimostreranno anche gli anni spesi tra Genova e Milano. Se dovessi guardare solo al valore individuale, probabilmente avrei dovuto preferire a Castellazzi il Peruzzi parmigiano Matteo Sereni, un portiere dotato di mezzi atletici pazzeschi a dispetto della mole e protagonista di due ottime stagioni sulle sponde del Mella.
Gilbert Bodart è un altro nome che merita qualcosa di più di una citazione: figlio della sempre florida scuola belga capace di giocare in nazionale nonostante una concorrenza proibitiva, ha giocato nella squadra della mia città per due stagioni, in serie B, ed è parso sempre fuori categoria, a dispetto dei quasi quarant’anni: eccellente sul piano dei fondamentali e bravissimo nel posizionamento, Bodart ha contribuito in maniera decisiva alla promozione delle Rondinelle in serie A. Menzione d’onore per una bandiera che ha vestito la maglia biancoazzurra per tutta la carriera agli albori del calcio professionistico, tra 1911 e 1930, ovvero Giusepe Trivellini, bresciano doc nato e morto nella sua città e cui è stata dedicata anche una via.

Terzino destro: Aimo Diana

Altro bresciano doc, il buon Aimo Diana è stato un laterale destro completo, dotatissimo sul piano della corsa, e un ottimo crossatore capace di conquistarsi la maglia della nazionale. Il sottoscritto l’ha ammirato per diverse stagioni, tra serie B e serie A, e ricorda un laterale “universale” capace di fornire un contributo decisivo allo sviluppo della manovra. La sua riserva deve essere a mio parere Marco Zambelli, bandiera della squadra per oltre dodici anni, solido terzino destro capace di disimpegnarsi anche come centrale o centrocampista. Peccato che abbia giocato quasi tutta la carriera in serie B, perché a mio parere Marco avrebbe meritato qualche chance in più nel massimo campionato.

Difensore centrale: Filippo Galli

Se volessi valorizzare il concetto di bandiera, in mezzo alla difesa dovrei schierare titolare un altro bresciano doc e un altro valido elemento: Luigi Cagni, che diverrà più celebre come allenatore e che dopo gli esordi come terzino sinistro trasloca al centro della difesa, anche a causa dei suoi limiti tecnici; Luigi per un decennio (giocato facendo la spola tra serie A e serie B, more solito) è il pilastro della difesa delle Rondinelle. Prima alternativa di Cagni dovrebbe invece essere è il Gnaro de Ome, al secolo Daniele Bonera, un centrale che con la maglia biancoazzurra sembra poter fare il vuoto e affermarsi come difensore di livello internazionale, e che invece resterà “solo” un buon centrale.
Tuttavia, lo spessore tecnico di Filippo Galli, incomparabile a quello dei pur validi Cagni e Bonera, mi impone di scegliere il campione del Milan come titolare: Galli è uno dei perni del Brescia che risale dalla serie B alla serie A e che conquista uno storico ottavo posto (che sarebbe un settimo alla pari con l’Atalanta) sotto la guida sagace e ruspante di Carletto Mazzone.

Difensore centrale: Fabio Petruzzi

Il centrale romano, capace di entrare anche nel giro della nazionale, ha vestito la maglia delle Rondinelle per quattro stagioni, le più gloriose della storia del club, e si è confermato un marcatore abile e discretamente dotato anche sotto il profilo tenico, oltre che un giocatore capace di conquistarsi l’ammirazione del Rigamonti anche per la sua affidabilità. Il Lele Adani oggi noto come analista e commentatore è stato anche un valido centrale e a Brescia ha speso forse le stagioni migliori della carriera sul piano della continuità, dimostrandosi un centrale versatile. Alessandro Calori è stato a sua volta un ottimo libero vecchia maniera e merita un posto in squadra, nonostante la breve militanza nel Brescia.

Terzino sinistro: Marek Koźmiński

Quarantacinque volte nazionale polacco capace anche di sfiorare l’Oro Olimpico a Barcellona nel 1992, Marek è uno dei giocatori della storia del club maggiormente dotati di spessore internazionale, ed è stato un validissimo stantuffo capace di coprire l’intera fascia sinistra, grazie alle notevoli doti di corsa e a piedi più che buoni. La mancanza di alternative valide mi impone di individuare la riserva di Marek in Marco Pisano, discreto terzino giramondo che nella città lombarda vive forse la fase saliente della sua carriera, ricevendo anche alcune convocazioni nella nazionale under 21.

Mezzala destra: Stefano Bonometti

Bonometti e Platini

Bresciano classe ’61, Bonometti ha giocato al Rigamonti per diciassette stagioni e detiene tuttora il record di presenze in maglia biancoazzurra. Mediano e all’occorrenza laterale combattivo, grintoso e comunque più che sufficiente sul piano tecnico (a Brescia si ricordano alcuni duelli memorabili con un certo Michel Platini), Bonometti merita i galloni del titolare anche perché è il capitano della squadra che nel 1994 vince la Coppa Anglo-Italiana, superando nella meravigliosa cornice del vecchio Wembely il Notts County. La sua alternativa più solida è Antonio Filippini, piccolo tuttofare e altro “nativo” che veste la maglia della squadra della sua città per dieci stagioni complessive, guadagnandosi la riconoscenza del Rigamonti per la sua grinta, la sua duttilità e le sue doti di corsa. Al suo fianco, naturalmente, il gemello Emanuele Filippini, vero e proprio clone di Antonio in tutto e per tutto, un altro corridore inesauribile e un validissimo recupera palloni.

Centrocampista centrale: Luigi Di Biagio

Se dovessimo ragionare in termini generali, neppure dovremmo interrogarci sul nome del titolare: Andrea Pirlo dal Villaggio Sereno farebbe categoria a sé, e Pep Guardiola sarebbe l’unico in grado di reggere (malamente) il confronto. Volendo, potremmo aggiungere alla lista anche il bagnolese Eugenio Corini, che gioca a Brescia da ragazzino, prima di vivere i momenti migliori della carriera nel Chievo di Del Neri.
Tuttavia, come di consueto, abbiamo deciso di valorizzare principalmente il contributo fornito dal giocatore con la maglia del club de quo, e allora ho optato per Luigi Di Biagio, solidissimo regista e incontrista del Brescia per tre anni, e in precedenza titolare della nazionale e uomo cardine di Inter e Roma. Non un campione, ma un giocatore comunque di spessore quantomeno nazionale. La sua prima riserva, sempre tenendo conto dei criteri che governano la nostra selezione, può essere Ottavio Bianchi, altro nativo del capoluogo lombardo che negli anni ’60 è il cervello della squadra e che sarà capace anche di meritarsi una convocazione in maglia azzurra (per un totale di due presenze).

Mezzala sinistra: Johnatan Bachini

L’impressione, durante i fulgidi primi anni 2000, era abbastanza condivisa: Bachini era un giocatore in grado di ambire a palcoscenici superiori a quello del Rigamonti. Ala sinistra vecchio stampo, tutta dribbling, veroniche e assist al bacio, il livornese ha regalato magie al pubblico della mia città per quattro stagioni, affermandosi forse come l’unico credibile deuteragonista del Divin Codino. Anche nel suo caso, le notevoli prestazioni in maglia biancazzurra varranno la convocazione in nazionale.

Trequartista: Roberto Baggio

Non servono spiegazioni, Roberto è con margine siderale il giocatore più talentuoso che abbia mai vestito la maglia delle Rondinelle e il suo straordinario contributo ha consentito al Brescia di vivere le uniche vere stagioni gloriose della sua storia (fatta eccezione per il 1994). Impossibile riassumere in poche righe ciò che il genio vicentino ha rappresentato per la mia città e i suoi tifosi, posso solo dire che ancora mi si illuminano gli occhi quando ripenso alle sue invenzioni, ai suoi dribbling, alla sua lucidità sottoporta e in fase di rifinitura. Per il posto in panchina, scelgo un altro fuoriclasse di livello mondiale che per due anni incanta il Rigamonti, ovvero il Maradona dei Carpazi Gheorghe Hagi, giocatore di classe purissima e dotato da madre natura di un estro cristallino. Terzo gradino del podio per Evaristo Beccalossi, l’uomo che poteva farti giocare in dodici ma anche in dieci, sinistro sublime e perno del Brescia degli anni ’70.

Attaccante: Dario Hübner

Punta mobile e all’occorrenza anche centravanti classico, il campione di Muggia è stato l’uomo più del Brescia per diverse stagioni. durante le quali ha messo a segno 85 reti. Come noto, Dario ha debuttato in serie A molto tardi, quando aveva già compiuto trent’anni, ma questo non gli ha impedito di diventare uno dei migliori attaccanti del nostro campionato, anche con la maglia del Piacenza, con cui vincerà il titolo di capocannoniere a trentacinque anni. Decisamente più votato all’assist e alla costruzione del gioco che al gol, Egidio Salvi resta uno degli attaccanti (e trequartisti) più importanti della storia del club lombardo, la cui maglia vestirà per molte stagioni, vicendo un campionato di serie B; accanto a Salvi, merita una citazione anche Davide Possanzini, bandiera e uomo più del Brescia nei difficili anni del post-Baggio, attaccante di movimento dotato di un discreto fiuto del gol.

Attaccante: Virginio De Paoli

De Paoli è stato uno dei massimi giocatori della storia delle Rondinelle, uno dei pochi veramente dotati di caratura nazionale e forse anche internazionale. Centravanti e punta di movimento alla stregua di Darione (la distinzione tra i ruoli qui ha valore puramente formale), De Paoli ha messo a referto 102 reti in 260 partite in biancoazzurro, vincendo due titoli di capocannoniere del campionato cadetto e guadagnandosi anche la stima della Juventus, con la quale giocherà due ottime stagioni da titolare, vincendo uno scudetto e raggiungendo un’inattesa semifinale di Coppa dei Campioni. Anche nel suo caso, le notevoli prestazioni con il Brescia gli varranno tre presenze in nazionale. La prima alternativa di De Paoli è naturalmente l’Airone Andrea Caracciolo, centravanti molto forte sul piano fisico, abilissimo in acrobazia e nel gioco aereo ma anche nel gioco di sponda, e ancora oggi massimo cannoniere della storia del Brescia.

Seguici

Altre storie di Goals

Euro 1976: semifinale Cecoslovacchia-Olanda

Né Olanda né Germania Ovest: le due favorite dell’Europeo 1976 devono arrendersi alla sorpresa Cecoslovacchia. La nazionale dell’Est mette in fila prima gli olandesi in

Questo sito utilizza cookies per migliorare la tua navigazione, se procedi nella navigazione ne accetti l'utilizzo.