La grande anomalia della storia del calcio italiano si chiama Parma Calcio: se escludiamo, con tutti i dovuti distinguo, l’Atalanta dell’epoca Gasperini, nessun’altra provinciale ha mai saputo consacrarsi tra le grandi d’Italia come invece è riuscito al Parma nel corso dei gloriosi anni ’90. Ecco, la parola chiave è provinciale, e tra Atalanta e Parma ci sono analogie significative ma anche differenze importanti: il Parma aveva a disposizione risorse economiche superiori, aveva un patron che si muoveva nella penombra e ai confini tra lecito e illecito, come molti altri presidenti del tempo, ed è riuscito a prendersi il proscenio quando il nostro calcio era il più ricco del mondo.
Altra differenza significativa: ci sono diverse stagioni in cui il Parma ha iniziato il campionato con l’ambizione di vincerlo, e il fatto di non esserci mai riuscito, sfiorando lo scudetto solo nella stagione 1996/1997 (chi c’era ricorderà il finale controverso di quella stagione, che non ha segnato l’immaginario collettivo come quello della stagione successiva solo perché il Parma non era l’Inter e non aveva la stessa grancassa mediatica a sostenerne le ragioni), è rimasto il grande cruccio di chi (come lo scrivente) al tempo simpatizzava per la banda gialloblù, una banda capace di incrinare le certezze e le consolidate gerarchie del calcio italiano. Altro fatto non di poco conto: ancora oggi, il Parma è la quarta miglior squadra italiana per numero e prestigio dei successi europei, e ha pure perso una finale che poteva/doveva vincere – contro l’Arsenal, in Coppa delle Coppe, nel 1994.
Se escludiamo gli anni ’90, la storia del Parma è fatta di retrocessioni e promozioni sofferte, di campi di provincia fangosi, di trasferte in luoghi remoti e in stadi minuscoli, di una gavetta eterna che assomiglia a quella del Brescia: naturale quindi che, nella formazione ideale all time dei gialloblù, i posti da titolare siano quasi tutti riservati ai grandi protagonisti del decennio di gloria.
Abbiamo provato per voi a costruire quindi la formazione ideale all time dei gialloblù.
Portiere: Gianluigi Buffon
Oggi associamo il nome di Gigi Buffon, per quanto mi riguarda il più grande giocatore italiano del dopoguerra, a quello della Juventus e della nazionale. Ma chi c’era difficilmente ha dimenticato il Buffon bambino e ragazzo che si prende il mondo negli anni in provincia: sul suo debutto contro i rossoneri, e parliamo dell’autunno del 1995, sono stati scritti veri e propri trattati, e del resto Gigi è sceso in campo con la faccia e la sicurezza del predestinato. Nel 1998, non era una bestemmia annoverarlo tra i primi cinque portieri del mondo, e le stagioni successive sono state un crescendo rossiniano culminato nei capolavori e nei gesti tecnici/atletici preternaturali della stagione 98/99 e del 99/00 (Buffon sfidava le leggi della fisica, laddove Neuer sfidava quelle della logica). Buffon, per tutti, è il titolare designato dell’Italia a Euro 2000, e solo la sfortuna lo priva di un posto che è la naturale conseguenze del suo riconoscimento quale miglior portiere del Belpaese (con il solo gigante Toldo legittimato a sollevare obiezioni). Per lui, considerando anche la passerella d’addio da quarantacinquenne o quasi, l’avventura in gialloblù si chiude con 265 presenze e con una Coppa UEFA vinta da grande protagonista.
Al cospetto del fenomeno Gigi sembrano tutti degli sparring partner, ma sarebbe ingeneroso definire il piccolo (per il ruolo) Luca Bucci come tale: la sua lunghissima avventura parmigiana è costellata di successi, interventi importanti, leadership. Il portiere dei glory years è lui, e la Coppa UEFA del 1995 lo vede giocare un ruolo significativo ai fini del successo.
Abbiamo anche un terzo nome: quello di Cláudio Taffarel, portiere brasiliano affidabile, poco incline a vezzi e svolazzi e decisamente concreto: il Parma che vince la Coppa Italia superando la Juventus e che si prende poi l’Europa viene costruito anche sulle sue solide manone.
Laterale destro: Lilian Thuram
Poco da precisare, quando si parla di Lilian Thuram, uno dei difensori più grandi della storia del nostro calcio. Atleta dall’intelaiatura atletica poderosa, capace di combinare come pochi altri forza pura e velocità, e giocatore tecnicamente sopra la media, Thuram è precipitato sul nostro calcio come una bomba atomica, tanto da trasformare la cifra tecnica del Parma sin dalla stagione 1996/1997 e da essere votato, da debuttante, come miglior giocatore del campionato più difficile del mondo. Le sue stagioni successive saranno della medesima caratura tecnica: Thuram è un marcatore “italiano” per capacità di concentrazione e affidabilità, e sa anche solcare la fascia di competenza quasi alla stregua di un brasiliano. La sua lunga parabola gialloblù conta 228 partite e una spettacolare coppa UEFA vinta nel 1999.
Sono 277 le presenze del suo autorevole predecessore, Roberto Mussi: il laterale di Massa non valeva chiaramente Lilian, ma era un signor giocatore, capace non a caso di vestire la maglia azzurra in undici occasioni, nonostante la concorrenza nel ruolo di giocatori come Tassotti. Il Parma dei miracoli vede in Roberto un tassello chiave, e il suo posto in rosa a mio parere è indiscutibile.
Ben potrebbe e anzi dovrebbe figurare nella posizione anche Antonio Benarrivo, che ha giocato su entrambe le fasce, e che schieriamo laterale sinistro per ragioni di spazio e perché una maglia da titolare gli spetta di diritto.
Difensore centrale: Néstor Sensini
Lo confesso: nella sostanza, tra il Grande Aristotele Néstor Sensini e il capitano di lungo corso Lorenzo Minotti dovrebbe essere un pareggio, e chiedo ai nostri lettori di considerarlo come tale. L’argentino è stato uno dei giocatori più olandesi e polivalenti della storia del nostro campionato, nonché un calciatore dotato di un intuito non comune, e anche per questo motivo letteralmente adorato da tutti i suoi tecnici: libero, stopper, centromediano, all’occorrenza persino terzino sinistro, Sensini ha vestito la maglia del Parma in ben 271 occasioni, giocando da protagonista chiave diversi campionati e vincendo due Coppe UEFA, nonché formando, con Thuram e Cannavaro, uno dei terzetti difensivi meglio assortiti della storia del calcio italiano. Campione con la C maiuscola, come confermeranno le avventure di Udine, Lazio (con tanto di scudetto) e la lunga militanza da titolare con la nazionale argentina.
Lorenzo Minotti è stato a sua volta un libero/centrale di grande intelligenza, la riserva naturale di Franco Baresi nella nazionale di Arrigo Sacchi per le non comuni doti di lettura delle situazioni difensive e di regia. Lorenzo non è mai sceso in campo a USA 1994 e questo rimane ancora oggi uno dei suoi grandi rimpianti, ma il suo posto nella storia del Parma è intoccabile: Minotti traghetta i gialloblù delle sabbie mobili della serie cadetta fino alle grandi finali europee, con 355 reti e il ragguardevole numero di 35 gol. Meno fortunata, come dicevo, l’avventura in azzurro, che termina con 8 presenze per via di una concorrenza proibitiva.
Giocatore dalla cifra tecnica inferiore a quella di Néstor e Lorenzo, Alessandro Lucarelli rimane un tassello fondamentale della storia del Parma nel nuovo millennio: capitano di lungo corso, centrale solido e carismatico, molto abile nel gioco aereo e sui calci piazzati, ha fatto la spola tra serie A e serie minori, ed è il recordman di presenze in maglia gialloblù (350).
Difensore centrale: Fabio Cannavaro
Chi scrive ricorda cosa provava nel corso della stagione 1995/1996: una sensazione di incredulità, perché Fabio Cannavaro sembrava ed era un freak della natura. Relativamente piccolo per il ruolo di stopper, Cannavaro era tuttavia un prodigio dell’atletica, uno stopper capace di torreggiare su centravanti che lo superavano di 15 centimetri, di giocare sull’anticipo come pochissimi altri difensori nella storia e di cancellare letteralmente dal campo gli avversari più temibili (chiedere per informazioni a un certo Alan Shearer). Il Cannavaro di Parma era esplosivo come un piccolo ordigno e ha toccato forse l’apogeo della carriera in termini di resa atletica e di capacità di avventurarsi anche nella metacampo avversaria, guadagnandosi i galloni di titolare inamovibile in azzurro. La sua carriera in Emilia si dipana in 291 presenze, 5 reti, e una straordinaria Coppa UEFA.
Vera e propria bandiera della squadra emiliana, Luigi Apolloni si accomoda in panchina solo perché il titolare è un alieno. Alto, impeccabile nel gioco aereo, dotato di fondamentali difensivi di prim’ordine, Luigi è stato un signor centrale, ha vestito la maglia del Parma per oltre dieci anni consacrandosi come uno degli stopper “classici” migliori del nostro Paese, come certificano anche le presenze a USA 1994 e Inghilterra 1996 e una finale mondiale da titolare e da grande protagonista.
Il terzo nome che non mi sento di escludere dalla rosa è quello di Georges Grun, mediano o stopper dalle notevoli doti atletiche che vive in Emilia alcuni dei momenti più gloriosi della sua carriera, nella prima metà degli anni ’90. Il belga è stato per una vita titolare anche della sua nazionale.
Giocatore decisamente più “normale” rispetto ai sopracitati, Daniele Bonera è comunque un tassello importante del Parma post anni di gloria. Il gnaro de Ome è stato il valido baluardo difensivo della squadra per quattro stagioni, stagioni in cui il Parma, pur avendo abdicato al ruolo di grande, era ancora una realtà solida del nostro campionato, e ha messo nel carniere 139 presenze e un gol durante l’avventura emiliana.
Laterale sinistro: Antonio Benarrivo
Se si parla di bandiere, il nome del brindisino è uno dei primi cui viene naturale pensare: laterale piccolo, veloce e tecnico, capace di giocare su entrambe le fasce e spesso impiegato infatti come terzino destro, Antonio Benarrivo è stato uno dei leader del Parma per oltre dieci anni e ha vissuto da coprotagonista gli anni della gloria Europa e il lento declino dei primi 2000. La sua abilità in entrambe le fasi di gioco l’ha reso un elemento importante anche per la nazionale, con cui ha disputato un signor mondiale in America, nel 1994.
La sua alternativa ha nei fatti giocato spesso con lui, quando Antonio traslocava a destra: si tratta di Alberto Di Chiara, eccellente terzino/ala che per cinque anni domina la fascia sinistra del Parma, vincendo da titolare due coppe europee e vestendo in alcune sporadiche occasioni la maglia azzurra.
Sul piano strettamente tecnico, il laterale sinistro più dotato della storia parmense è forse Jenílson Ângelo de Souza, per tutti Júnior, un piccolo Roberto Carlos (di cui era la riserva in verdeoro) o se vogliamo più simile al più grande quasi omonimo degli anni ’80: veloce, dotato di un dribbling da ala, il brasiliano ha vissuto in Emilia quattro splendide stagioni, prendendosi anche il lusso di di decidere, nel maggio del 2002, la finale di Coppa Italia, una Coppa strappata a una Juventus superiore.
Centrocampista destro: Marco Osio
239 presenze, 35 reti, un soprannome che è tutto un programma (il Sindaco): Marco Osio non è stato un giocatore di livello internazionale, ma resta uno dei nomi più amati in quel di Parma, per le doti di corsa e abnegazione, per le discrete qualità, perché ha consegnato al Parma la promozione in serie A e anche la prima, storica Coppa Italia della sua storia, una Coppa che è stata poi “solo” il grande proemio ai successi europei.
Sicuramente di caratura tecnica superiore, ma meno legato al Parma, è stato Alain Boghossian, imponente mediano e cursore e protagonista della quadra di Malesani a fine anni ’90. Per lui, si contano 102 presenze, diverse reti anche pesanti e alcuni titoli vinti da titolare inamovibile.
Schierato sia come ala che come interno e regista, Marco Marchionni è uno degli ultimi giocatori di una certa levatura ad avere vestito la maglia del Parma negli anni 2000: veloce, tecnico, difficile da contenere nell’uno contro uno, Marco è stato un parmigiano in 199 occasioni e ha vinto la Coppa Italia del 2002.
Centrocampista centrale: Dino Baggio
Il lungagnone dai gol pesanti è uno degli uomini chiave della storia gialloblù: alto, immarcabile nel gioco areo, grintoso ma pulito, versatile e capace di disimpegnarsi in ogni posizione nel reparto centrale, dotato di una castagna da fuori letale, Dino Baggio è stato uno dei centrocampisti italiani più completi degli anni ’90, e ha segnato alcuni dei gol più pesanti della storia del Parma, su tutti quelli che hanno deciso la finale di Coppa UEFA del 1995. Per lui, si contano diverse stagioni da titolare, impreziosite da 27 reti.
La sua prima e naturale alternativa si chiama Daniele Zoratto: ottimo recupera palloni e titolare del Parma dei primi anni ’90, Daniele ha vinto da titolare Coppa Italia e Coppa delle Coppe e rappresenta un pezzo importante del puzzle gialloblù.
Nella posizione di centrocampista centrale ben potrebbero figurare, e li citiamo proprio per questo, anche Sensini e Grun.
Centrocampista sinistro: Gabriele Pin
Ricordo distintamente Nevio Scala (che criminalmente non ancora citato) celebrare Gabriele Pin come l’uomo più importante del suo Parma, sul piano tattico e per le doti di regia. Schierato spesso davanti alla difesa, ma capace di ben figurare in tutte le posizioni del centrocampo, Gabriele era un giocatore tecnicamente sopra la media e dotato di un’intelligenza non comune, che gli consentiva di farsi valere in entrambe le fasi di gioco. A Parma, per il giocatore veneto si contano 228 presenze e 10 gol.
La sua posizione potrebbe essere coperta dal già nominato Alain Boghossian, e da Stefano Cuoghi, tra i tanti giocatori tutti cuore del Parma di Scala, la cui casacca ha indossato per tre stagioni di fuoco, vincendo la Coppa delle Coppe da titolare.
Trequartista: Tomas Brolin
Uno dei talenti più cristallini del mondo nella prima metà degli anni ’90, Cicciobello Tomas Brolin è una delle comete della storia del Parma: centrocampista avanzato e all’occorrenza seconda punta, lo svedese, leader della nazionale che raggiunge le semifinali di Euro 1992 e dei Mondiali del 1994, era un giocatore tecnicamente superbo, un uomo assist illuminato e un discreto uomo gol. Prima dell’avvento di Zola, l’uomo franchigia degli emiliani, sul piano tecnico, è proprio lui. che non a caso viene candidato per tre stagioni consecutive al pallone d’oro, guadagnandosi un prestigioso quarto posto nel 1994. Il gravissimo infortunio patito proprio a fine 1994 è il turning point che affossa la seconda parte della sua carriera.
Giocatore della medesima cifra tecnica, e anzi probabilmente ancora più grande, è stato la Brujita Juan Sebastián Verón: mezzala e trequartista dalla falcata superba, tra i migliori di sempre nel lancio lungo e per le pure doti di calcio, Seba ha vestito il gialloblù solo nel corso di una stagione fatta di luci e ombre in campionato, ma straordinaria sui palcoscenici europei, perché il grande campione argentino è stato il giocatore chiave del Parma che domina l’Europa nel 1999.
Benché sicuramente non paragonabile ai due campionissimi sopracitati, un posto in rosa se l’è guadagnato di purissima classe anche Domenico Morfeo, il maggior talento parmense nel nuovo millennio: trequartista tecnicamente eccelso, ha fatto strabuzzare gli occhi agli esigenti spettatori del Tardini per cinque lunghe stagioni, in cui la sua allergia alla porta è stata compensata da una capacità quasi ruicostiana di inventare assist.
Seconda punta: Gianfranco Zola
Il futuro Magic Box Gianfranco Zola disputa in quel di Parma la stagione più brillante della sua carriera, quella che lo vede figurare tra i candidati più autorevoli al pallone d’oro, e nel complesso la sua avventura in Emilia è un assolo paganiniano, in cui le sue eccellenti doti tecniche, la visione di gioco e un senso del gol da punta pura lo consacrano tra i migliori attaccanti in circolazione. La Coppa UEFA del 1995 porta la sua firma a caratteri cubitali.
Enrico Chiesa è stato poco da meno, in quel di Parma: attaccante in grado di destreggiarsi anche come ala sui generis, Enrico possedeva doti balistiche fuori dal comune e la capacità modernissima di muoversi senza sosta su tutto il fronte offensivo. Se Zola è il Deux Ex Machina della Coppa UEFA del 1995, Chiesa riveste un ruolo cruciale nel trionfo di quattro anni dopo, come certificano le sue otto reti in otto partite.
Faustino Asprilla è un altro campione che non posso dimenticare: matto per antonomasia, più che un grande uomo gol il colombiano è stato un giocatore dispari (per citare il nostro Giuseppe Raspanti), un attaccante senza un vero ruolo in grado di scompigliare le carte degli avversari grazie a una progressione non comune e alle magate di cui era capace con il pallone. Per lui, a Parma, si contano 150 presenze e 42 reti, una delle quali, bellissima, scrive la parola fine sul lungo periodo di imbattibilità del Milan nella stagione 1992/1993.
Prima punta: Hernán Crespo
Il miglior centravanti della storia crociata è Valdanito: tecnicamente eccelso, letale in area di rigore, dotato anche nel gioco aereo, Hernan Crespo ha vissuto a Parma i suoi glory days, giorni durante i quali ha fatto innamorare di sé tutta la città, anche per la UEFA vinta da protagonista e per la miracolosa stagione 1999/2000, durante la quale il campione argentino è stato una sorta di one man team, alla stregua del connazionale che vestiva la maglia Viola. Vederlo chiudere la carriera a Parma, a 37 anni, è stato bello, nonostante chiaramente il Crespo di fine carriera fosse un giocatore minore.
La riserva naturale di Crespo è un grande giocatore come Alessandro Melli, uno dei più amati e importanti della storia dei gialloblù: notevole uomo gol capace di anche di lavorare per la squadra e di favorire gli inserimenti dei compagni, Alessandro ha segnato uno dei gol più importanti della storia del club (quello che, di fatto, decide la finale di Wembley con l’Anversa, nel 1993) e ha collezionato 72 reti in 304 presenze, nel corso della sua lunga avventura emiliana.
Alberto Gilardino è un altro pezzo di storia del club emiliano: con 56 reti in 116 partite, doti tecniche sopra la media e un fiuto del gol inzaghiano, Alberto è stato l’uomo franchigia del Parma post-crisi Parmalat e ha scritto alcune delle pagine più belle della storia gialloblù nel nuovo Millennio.
Sul piano strettamente tecnico e soprattutto atletico, il giocatore che ha avvicinato e in alcune fasi forse anche sorpasso il Crespo toccato dalla mano di Dio del 99/00 è l’Imperatore Adriano, una forza della natura che in quel di Parma sboccia e sembra pronto a conquistarsi il mondo. Come sappiamo, la sua carriera è destinata a un prematuro e triste epilogo, ma questo toglie poco alla sua breve e intensa avventura emiliana.