Ho un ricordo nitido: nella primavera del 1995, un telegiornale nazionale racconta le semifinali di Champions League e di Coppa UEFA, ed evidenzia come i giocatori chiave delle tre squadre italiane in grado di guadagnarsi la finale portino la firma di tre numeri dieci che in qualche modo evocano al giornalista e ai tifosi i fuoriclasse del decennio precedente. I tre numeri dieci si chiamano Roberto Baggio, Dejan Savićević e Gianfranco Zola, hanno tutti tra i 28 e 29 anni. La stampa, nei giorni successivi, ventila un’ipotesi suggestiva che in quel momento non è campata per aria: il più bravo dei tre, nel corso della stagione che volge al tramonto, è stato il tamburino sardo che veste la maglia del Parma, più continuo di un Baggio penalizzato dagli infortuni e meno assente del Genio, che disputa la miglior stagione italiana della sua carriera ma salta quasi un terzo delle gare a disposizione.
Come sappiamo tutti, la Coppa UEFA prenderà la strada dell’Emilia, dopo due finali in cui Roby Baggio e Zola non giocano al meglio delle loro possbilità e il mattatore è il secondo Baggio, al secolo Dino, centrocampista tuttofare dai gol pesanti. Ciò che mi preme evidenziare in questa sede, in ogni caso, è che Zola nel 1995, almeno sino all’estate, è il giocatore italiano più quotato e uno dei primissimi al mondo, tant’è che in molti ipotizzano una corsa a tre con George Weah e Jari Litmanen per il primo pallone d’oro globalizzato della storia. Zola conserverà lo status di giocatore di statura planetaria almeno fino al 1998, ovvero alla seconda stagione inglese, e sarà uno dei giocatori italiani più validi fino al 2005, quando – dopo la lunga e meravigliosa parentesi britannica – torna nella sua isola e disputa una stagione eccezionale, degna delle migliori del Baggio bresciano, vincendo il “Premio Gaetano Scirea”. Ho già nominato Roberto più volte, e non è un caso: la grande “sfortuna” di colui che in Gran Bretagna sarà soprannominato Magic Box (per via delle invenzioni da mago del pallone e della statura che resta a debita distanza dai 170 cm) è stata, probabilmente, essere nato pochi mesi prima di Roberto Baggio. La presenza ingombrante del fuoriclasse vicentino, abbinata alla predilizione tutta italica per le staffette, gli specialisti e le polemiche, ha spesso relegato il tamburino sardo in seconda fila, quando si trattava di giocarsi la maglia titolare tra gli azzurri, e forse l’ha penalizzato anche nell’immaginario collettivo, immaginario spesso opaco all’evidenza della straordinaria carriera del sardo in Inghilterra, carriera che lo annovera tuttora tra i massimi stranieri della storia del calcio inglese e che, a mio parere, supera quella di tutti i grandi dieci azzurri della sua generazione e anche di quella successiva, dopo i trent’anni. Alla stregua di un piccolo Luka Modrić, anche Zola è migliorato invecchiando, come il vino, e superata la soglia dei trent’anni è stato superiore a tutti i validissimi e agguerriti concorrenti italiani nel medesimo ruolo, arrivando a sfiorare il titolo di numero uno del calcio italiano a trentanove anni.
Arrivo al dunque: Zola è stato un giocatore eccezionale, che in Italia non viene celebrato quanto meriterebbe a mio avviso, e oggi, pochi giorni dopo il suo cinquantasettesimo compleanno, vogliamo ricordare dieci tra le sue prestazioni più grandi, per restituirgli la posizione che merita nella nutrita e nobile legione dei numeri dieci (o nove e mezzo) azzurri. Premesso che già a Napoli Gianfranco è un grande giocatore, soprattutto nelle ultime due stagioni, e regala momenti e gol da consegnare ai posteri (penso al gol con cui sbanca il Delle Alpi nel 1993), la sua carriera maggiore a mio parere inizia a Parma, e quindi mi sono focalizzato sulle stagioni arrivate dopo il 1993.
Parma-Sampdora 2-1, 13 febbraio 1994
Nel 1994, Gianfranco completa il suo processo di maturazione e si impone come uno dei migliori giocatori in circolazione. Su Youtube ho trovato un video che celebra una delle sue massime prestazioni, una partita cui ebbi la fortuna di assistere da ragazzino e che non ho mai dimenticato. Zola, in casa contro la Sampdoria di Gullit e Mancini, regala agli occhi esigenti degli spettatori del Tardini una delle sue versioni migliori in assoluto: ispirato come non mai, brillante sul piano fisico, delizia la platea con cinque e sei giocate da capogiro (un paio di assoli, un colpo di tacco, due aperture da visionario) e decide poi la gara, al novantesimo, con una punizione morbida che si infila nel sette.
Parma-Ajax 2-0, 16 marzo 1994
Quarti di finale di Coppa delle Coppe, il Parma – da campione in carica – sfida la giovanissima banda di talenti guidata da Van Gaal, una banda che l’anno successivo farà sua l’Europa dei grandi, impartendo lezioni di calcio più o meno a tutti. Ad Amsterdam una partita combattuta ma comunque spettacolare (il Parma del 1993/1994 viene reputato, pressoché all’unanimità, la squadra più bella del campionato italiano) si è chiusa sullo 0-0. Al Tardini, l’asso svedese Brolin e soprattutto uno Zola in stato di grazia sono gli uomini che trascinano i gialloblù verso la semifinale. Gianfranco, in particolare, dimostra di aver raggiunto la piena maturità: salta l’uomo ripetutamente, inventa un paio di giravolte che anticipano le giocate di Zidane, si guadagna la punizione da cui scaturisce il primo gol e poi, con uno splendido assolo palla al piede, dopo aver saltato tre avversari, propizia il raddoppio del giocatore svedese. Dopo Roberto Baggio, tra i grandi campioni azzurri, nel 1994 c’è il piccolo sardo.
Parma-Sampdoria 3-2, 12 marzo 1995
Quasi avesse un conto aperto con i blucerchiati, Magic Box nel marzo del 1995 replica e anzi supera la prestazione dell’anno precedente e disputa, ad avviso di chi scrive, la partita migliore della carriera. Il Parma sta cercando a fatica di reggere il passo della Juventus di Lippi, che dopo il confronto diretto del giorno dell’Epifania ha preso il volo, e per farlo si aggrappa alle invenzioni del suo numero dieci, in assoluto stato di grazia. Chi scrive ha assistito al pirotecnico 3-2 con cui il Parma ha superato la Sampdoria e, durante quei novanta minuti, ha pensato che Zola fosse il miglior giocatore del mondo. Due gol, un assist di tacco, ma soprattutto la sensazione di essere immarcabile e capace di qualsiasi prodezza.
Parma-Bayer Leverkusen 3-0, 18 aprile 1995
La stagione magica di un piccolo incantatore di serpenti: il Parma ha espugnato lo stadio delle aspirine, pregusta la fnale contro i rivali della Juventus e prima del doppio derby si regala una delle sue serate europee più belle. Zola, in condizioni di forma smaglianti, fa saltare sulla sedia cronista e tifosi del Tardini replicando la giravolta che sarà il marchio di fabbrica di Zidane, segna, avvia l’azione di un altro gol, regala a Tino Asprilla un pallone da spingere in rete e semina ripetutamente il panico tra le maglie della difesa avversaria. Quando Pizzul dice “In questo momento Gianfranco gioca in mezzo alle stelle“, non mente.
Inghilterra-Italia 0-1, 12 febbraio 1997
I fatti sono noti: il giovane Ancelotti, ancora in preda alle distonie nervose del post-sacchismo, smarrito tra le ombre e i misteri del giardino di Compton House (del resto, siamo in Inghilterra; i cinefili apprezzeranno la citazione), si accomoda sulla panchina gialloblù, spedisce Zola tra i sudditi di Sua Maestà e quindi rifiuta Baggio (non stupirà se chi scrive, per una settimana buona, ha trasformato il buon Carletto nel bersaglio dei suoi strali velenosi). La decisione dolorosa di salutare il Tardini, a posteriori, sarà per Gianfranco una delle più indovinate della sua carriera: Zola emigra in una Premier in crescita e in un Chelsea che ambisce alle posizioni di vertice, ma che non ha ancora la forza tecnica né economica per rivaleggiare con United, Arsenal, Newcastle. Gianfranco si adatta al calcio inglese in una manciata di secondi e diventa un idolo nazionale, ma nel mese di febbraio compromette temporaneamente l’adorazione tributatagli dai britannici con un gol capolavoro, che corona una delle sue prestazioni in azzurro più belle. Wembley è un tempo sacro, violato dall’Italia solo nel lontano 1973, e la squadra allenata da Cesare Maldini sta faticando a esprimere un calcio efficace, tanto che in molti temono di subire dall’arrembante Inghilterra una lezione di gioco. E invece, come sappiamo, Cannavaro si trasforma in Superman (gli capiterà spesso, in nazionale) e cancella dal campo il quotato Shearer, mentre Zola ammutolisce lo stadio dei sogni con un splendido gol e una prestazione vivacissima.
Manchester United-Chelsea 1-1, 22 febbraio 1997
Dieci giorni che valgono una carriera: Zola, dopo il gol di Wembley, si mette in proprio anche in casa dello United campione in carica, una squadra in cui militano diversi campioni e che punta il bersaglio grosso anche in Europa. Poco male: Zola fa impazzire la difesa inglese palla al piede in diverse occasioni, ha una velocità di gambe sullo stretto che manda in crisi i difensori inglesi e a un certo punto decide di slalomeggiare e di punire Schmeichel con un sinistro chirurgico che costringe al silenzio persino l’Old Trafford. Stato di grazia assoluto.
Chelsea-Derby County 4-0, 29 novembre 1997
“A stunning peformance from the little magician“, dice il telecronista inglese, e in effetti Zola, nel novembre del 1997, disputa una delle sue partite più belle, realizzando la prima e unica tripletta in Inghilterra (contrariamente a quanto si possa credere, in Premier ha sempre segnato meno che in serie A). Gianfranco, in condizioni di forma spettacolari, sblocca la partita, inventa un paio di azioni da capogiro, sigla il terzo gol e dopo uno scambio che include uno splendido colpo di tacco mette a referto anche il quarto gol della partita. This man is unstoppable.
Chelsea-Betis Siviglia 3-1, 19 marzo 1998
Nel 1998, prima che si risvegli il fantasma della staffetta (Del Piero-Baggio), Cesare Maldini deve placare un’altra polemica: non ha convocato Gianfranco Zola, per una mera questione di posti a disposizione e di equilibri, e Magic Box comprensibilmente non l’ha presa bene, anche perché è reduce da una grande stagione, soprattutto a livello europeo, e in Inghilterra ha alimentato un culto pagano che quasi rivaleggia con quello riservato dai tifosi Red Devils a sua Maestà Cantona. Con il Chelsea, Gianfranco raggiunge per la terza volta la finale di una competizione europea e lo fa ancora da assoluto protagonista e da “uomo franchigia” della squadra. Se negli occhi degli appassionati è rimasto il gol con cui ha deciso la finale, pochi secondi dopo il suo ingresso in campo e quando era reduce da un infortunio, io credo che la partita migliore il campione sardo l’abbia disputata ai quarti contro il Betis Siviglia. Gli spagnoli, sconfitti in casa, riaprono ogni discorso a Stamford Bridge, e ci pensa allora Magic Box a ribaltare la situazione: non so quantificare il numero di dribbling e di giocate illuminanti, ma ricordo chiaramente pali, traverse, un assist e una fucilata di sinistro che chiude la partita.
Feyenoord-Chelsea 1-3, 14 marzo 2000
Siamo in epoca pre miliardari russi, e il Chelsea non è ovviamente tra le candidate alla vittoria della Champions. Ciononostante, supera brillantemente il primo girone (in cui gioca il Milan campione d’Italia) e quindi anche il secondo, nonostante l’agguerrita concorrenza di Lazio e Feyenoord. In casa degli olandesi arriva la vittoria decisiva ed è un 3-1 spettacolare, in cui il mattotore è sempre il campione sardo, che non solo gioca come un ispirato dieci a tutto campo, ma inventa anche dal nulla un gol meraviglioso, tra i più belli della sua carriera, un destro che raggiunge il sette dalla distanza.
Chelsea-Barcellona 3-1, 18 aprile 2000
Quarti di finale di Champions, l’allora piccolo Chelsea sfida il Barcellona di Rivaldo e Figo (come noto, palloni d’oro 1999 e 2000; in campo c’è anche un giovanissimo Xavi) e sembra una vittima predestinata. A Stamford Bridge, invece, gli inglesi giocano una gara tutta cuore e coraggio, e trascinati da uno Zola che sembra quello dei giorni migliori vincono 3-1. Al ritorno, i catalani ribalteranno il risultato, ma questo toglie poco alla prestazione di Giafranco, una delle più belle della sua carriera europea, coronata anche da un gol magnifico su punizione e da un assist al gemello Flo.
Chiudo con una mezione d’onore per il gol di tacco del dicembre 2001 che rimane forse la giocata più impressionante della carriera del sardo, e per il il colpo di testa stampato tra Thuram e Zebina a 39 anni, volteggiando ad altezze siderali come ha fatto per tutta la carriera.