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“La Polonia non morirà finché noi vivremo”: i dieci calciatori polacchi più grandi del dopoguerra

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Immagine di copertina: Boniek e Lewandowski

La Polonia ha quasi sempre galleggiato ai confini della gloria: la sua scuola non ha raggiunto saputo consacrarsi con continuità tra le più prolifiche del Vecchio Mondo, un po’ come è capitato a quella scozzese o a quella portoghese, ma ha saputo attraversare momenti, a volte veri e propri decenni di splendore che la collocano comunque in una posizione alta, nella storia del football europeo.

Un po’ come è accaduto agli olandesi, anche i polacchi sono giunti a maturazione relativamente tardi, dopo che per decenni la fitta bruma dell’anonimato (resa ancora più spessa dalla Cortina di Ferro) li aveva resi un oggetto misterioso agli occhi di noi europei occidentali. La sporadica apparizione ai mondiali di Francia del 1938, infatti, era stata il preludio a una lunga serie di assenze e di delusioni, finché a inizio anni ’70 la storia ha deviato il proprio corso: sorprendenti e imprevedibili come gli olandesi, e oscurati forse un pochino proprio dalla fulgida stella arancione, i polacchi hanno trovato la formula magica e visto esplodere diversi campioni a inizio anni ’70, e si sono confermati a lungo una delle formazioni di riferimento del calcio mondiale.

Dopo Messico 1986, la loro produzione di talenti ha subito un inatteso e rapido declino, ma ciò non toglie che, anche nelle ultime decadi, a Varsavia e dintorni siano nati alcuni giocatori di spessore e almeno un fuoriclasse.

Ecco a voi, quindi, quelli che noi riteniamo i primi dieci calciatori polacchi di sempre.

1) Robert Lewandowski

La scelta del giocatore in pole position è stata complicata e possiamo dire che, nei fatti, Robert e il secondo in graduatoria tagliano insieme il traguardo. Quando si paragonano giocatori che hanno dato il loro meglio in un calcio che funziona ed è organizzato in modo molto diverso, e quando i valori tecnici sono simili, scegliere è davvero solo questione di sensazioni, e quando si deve decidere chi premiare tra Lewandowski e Deyna, inevitabilmente, si deve lanciare una monetina. Del centravanti che ancora oggi sta collezionando reti in quel di Barcellona conosciamo tutto: giovane e rampante stella del Dortmund di Klopp, ha vissuto con il Bayern le stagioni migliori, che avrebbero dovuto e potuto fruttargli un pallone d’oro, e il suo crepuscolo catalano è inaspettatamente il terzo grande pezzo del puzzle della sua carriera. Letale sotto porta, mobile e capace di contribuire allo sviluppo della manovra, praticamente immarcabile in giornata, Lewandowski ha un rapporto più complicato con la Polonia.

Vero, ha collezionato in maglia bianca l’incredibile cifra di 84 reti, ma, complice una nazionale non sempre all’altezza, ha davvero convinto solo a Euro 2020 (nel 2021, quindi), quando ha fatto tutto ciò che era in suo potere per aiutare i suoi. Particolarmente indigeste mi sono risultate le scene mute di Euro 2012 e di Euro 2016, due tornei che hanno visto scendere in campo un Robert parso improvvisamente bolso e inefficace: per un centravanti il lavoro della squadra è fondamentale e il sistema costruito da Guardiola a Monaco e a Dortmund da Klopp ne esaltava le doti come la nazionale polacca non poteva fare. In ogni caso, il numero quasi irreale di gol e di giocate pesanti durante le qualificazioni rende più che positiva anche la sua esperienza in maglia biancorossa.

2) Kazimierz Deyna

Se parliamo di puro talento e di ciò che un giocatore può dare alla squadra, il generale solitario Deyna probabilmente merita la corona anche più di Robert. Li mettiamo alla pari per non scontentare nessuno. Il centrocampista polacco, che aveva il fiuto del gol di una punta, a dispetto dell’apparenza grigia, degna di un funzionario del governo che ha la faccia un po’ sempre malinconica, e che potrebbe ben figurare in uno degli episodi del Decalogo del suo connazionale Krzysztof Kieślowski, è stato il classico giocatore dotato da Madre Natura di una dose sovrabbondante di estro e anche di un po’ di follia – il suo amore per la bottiglia era noto a tutti, e anche la sua scomparsa in un incidente automobilistico, a soli 41 anni, alimenta il mito del genio irregolare dal tragico destino, un po’ George Best e un po’ James Dean (Deyna è morto a San Diego, in California).

Regista e fromboliere di statura mondiale, uomo gol con pochi eguali tra i centrocampisti, trascorre buona parte della carriera a deliziare i connazionali (la Cortina di Ferro questo imponeva) e lo fa soprattutto quando veste la maglia della Polonia; a onor del vero, Deyna vince a fine anni ’60 il primo campionato polacco e, anche se lo ricordano in pochi, diventa un’attrazione per tutta Europa nel corso della prima Coppa dei Campioni cui partecipa, quando raggiunge le semifinali con il piccolo Legia Varsavia.

In nazionale, Kaziemirz spicca però il volo: vincitore di un Oro Olimpico da capocannoniere, nel 1974 disputa un Mondiale impeccabile, che lo vede volteggiare alla medesima altitudine di Cruijff e soci, e in semifinale la sua Polonia, la seconda squadra più bella del torneo, viene punita dal mefistofelico genio di Muller, nel corso di una partita spigolosa ed equilibrata. A Montreal, due anni dopo, Deyna sarà ancora il faro della Polonia semifinalista del torneo olimpico, e quindi chiuderà di fatto la carriera al top con tre stagioni al Manchester City: l’avventura inglese aggrava la sua propensione per l’alcol ma non gli impedisce di regalare sprazzi di grandezza anche al pubblico di Manchester, che ancora oggi lo annovera tra i talenti più puri della sua storia (anche sul piano stilistico, Deyna sembra un po’ un’anticipazione di De Bruyne, quasi un De Bruyne che ha qualcosa di Platini). In nazionale, chiude con la cifra sbalorditiva di 41 reti in 97 partite, record clamoroso per un centrocampista che ha numeri inverosimili e che però sarebbe offensivo ridurre ai numeri.

3) Włodzimierz Lubański

Tre giocatori sul primo gradino del podio sarebbero stati troppi, ma Włodzimierz Lubański, gli occhi dei suoi connazionali, non è stato secondo a nessuno. Bambino prodigio del calcio polacco a inizio anni ’60, tanto da detenere ancora oggi il record di marcatore più giovane della storia della Coppa dei Campioni (segnò nel 1963, a sedici anni), l’attaccante ha incantato i tifosi del Górnik Zabrze per diversi anni, vincendo una pletora di trofei nazionali e dimostrandosi decisivo anche sui più complicati palcoscenici europei, come dimostrano i due titoli di capocannoniere e la finale raggiunta nel 1970 e persa contro il Manchester City.

Come Deyna, il talentuoso attaccante darà il meglio anche in nazionale, facendo collezione di reti e di giocate determinanti – nel suo carniere ci sono 48 gol e un Oro Olimpico che a Varsavia festeggiano ancora oggi. Nella seconda parte di carriera, il centravanti – abile nel gioco aereo e molto veloce palla al piede, chirurgico sotto porta – ha varcato la Cortina di Ferro e militato a lungo in Belgio e poi in Francia, confermandosi un fuoriclasse di caratura internazionale. Il podio, a nostro parere, gli spetta di diritto, e chissà come sarebbe finita in Germania nel 1974 se il centravanti fosse stato sano.

4) Zbigniew Boniek

Il bello di notte Zbigniew Boniek è uno dei nomi imprescindibili di questa lista. Una forza della natura in progressione, quasi alla maniera del Kakà milanista, si esaltava soprattutto durante le grandi nottate europee ed era un eccezionale quando poteva attaccare lo spazio. Meno prolifico di altri connazionali, forse anche meno dotato sul piano strettamente tecnico, è stato in ogni caso un giocatore di livello internazionale sia durante la prima parte della carriera, vissuta in Polonia e durante la quale viene premiato due volte come giocatore dell’anno, che in Italia. Il Belpaese lo scopre durante i gloriosi Mondiali di Spagna, quando con una tripletta da campione consente ai suoi di avere la meglio sull’appiccicoso Belgio e di incoronarsi come leader tecnico della nazionale che poi raggiungerà le semifinali.

Grazie alle prestazioni brillanti in terra iberica, Zibì chiude al terzo posto nella classifica del pallone d’oro del 1982 ed emigra a Torino, dove si dimostra il perfetto uomo-spalla di Platini; dopo tre stagioni trasloca a Roma si conferma un trascinatore e un discreto uomo gol. Positivo il suo score in nazionale, con 24 reti in 80 partite e l’inserimento nella formazione ideale di Spagna ’82.

5) Grzegorz Lato

A proposito di talenti irregolari: Lato, con la sua calvizie precoce, i lunghi capelli sulle tempie e le sue scorribande sulla fascia destra, è uno dei simboli anche estetici degli anni ’70. Due volte giocatore polacco dell’anno, due volte capocannoniere del campionato polacco, talento “folle” slavo e tempra prussiana (era nato nei territori che un tempo appartenevano alla Prussia), Lato è una delle stelle del calcio mondiale negli anni ’70 e fino a inizio anni ’80, uno dei giocatori chiave della grande Polonia (anche per lui, cifre da capogiro in nazionale: 45 reti in 100 partite). Letale e immarcabile ala in Germania nel 1974 e talento più compassato otto anni dopo in Spagna, Lato è rimasto nel cuore degli appassionati per la classe superiore e la grande tempra agonistica, e secondo noi è indiscutibilmente uno dei maggiori calciatori polacchi di ogni epoca.

6) Andrzej Szarmach

Un’altra delle perle della generazione d’oro polacca, Szmarach è stato un eroe dei due mondi: bomber implacabile e classico centravanti opportunista e mobile in patria, durante i gloriosi anni ’70, ha lustrato gli occhi dei tifosi dell’Auxerre nel decennio successivo, imponendosi come uno degli stranieri più prolifici della storia del campionato francese. Anche nel suo caso, la nazionale è un fattore decisivo per l’inserimento in graduatoria: Andrzej con la Polonia gioca tre mondiali, il primo da grande protagonista (punisce anche gli azzurri) e gli altri due in ogni caso più che discreti, e mette a referto 32 reti in 61 partite, partecipando anche alla brillante spedizione canadese del 1976.

7) Władysław Żmuda

Campione che abbiamo apprezzato anche in Italia, benché in una fase della carriera rovinata da una lunga serie di infortuni, il difensore Władysław Żmuda è stato uno dei migliori centrali degli anni ’70 e degli anni ’80. Alto, possente, capace di far male agli avversari con i frequenti inserimenti in area, ha vissuto nel suo paese le stagioni migliori: nominato miglior giovane di Germania Ovest 1974, quando torreggia in mezzo all’area puntellando la difesa e regalando serenità ai suoi talentuosi compagni offensivi, il centrale vince per tre volte in campionato polacco ed è una colonna della nazionale anche nei due mondiali successivi.

Dopo l’ottimo torneo iridato di Spagna, si trasferisce a Verona e al debutto cancella dal campo Giordano, facendo sognare i suoi tifosi, ma si tratta purtroppo di un’illusione: il campione polacco si spacca infatti subito dopo l’esordio e la sua stagione sarà un calvario, dal quale il giocatore potrà stanare solo sette presenze. Più felice ma comunque tormentata la sua parentesi alla Cremonese, quando si vede in campo l’ombra del campione che era stato, ma in ogni caso un giocatore ancora meritevole di essere convocato in nazionale per Messico 1986, torneo che però lo vedrà scendere in campo solo per sei minuti. Il grigio crepuscolo toglie poco al suo valore tecnico e alla tempra tecnica e atletica dimostrata in patria e in nazionale per un decennio.

8) Robert Gadocha

Altro protagonista degli anni d’oro del calcio polacco, Robert Gadocha era un po’ il Garrincha mancino della meravigliosa nazionale degli anni ’70, forse il più dotato in termini di puro estro e di capacità di saltare l’avversario, anche se il meno prolifico sotto porta. I successi e i tornei esaltati disputati dalla Polonia durante il decennio portano anche la sua firma, e dopo una lunga carriera in patria con la maglia del Legia Varsavia, con cui raggiunge anche una semifinale di Coppa dei Campioni, Gadocha ha giocato per due anni nel campionato francese, prima di emigrare a Chicago e di chiudere una carriera che lo colloca di diritto in questa top ten.

9) Jan Tomaszewski

Tra gli innumerevoli candidati credo che i più meritevoli per le ultime due posizioni possano essere due portieri. Il primo è lo spettacolare ed eccentrico Tomaszewski, un paladino della modernità quanto il collega Jangbloed, ma decisamente più efficace tra i pali, nonostante una certa propensione alle mattane. Spregiudicato, plateale, acrobatico, bravo con i piedi, il polacco è stato un tassello fondamentale della grande nazionale ammirata negli anni ’70, anche per la leggendaria prestazione di Wembley contro gli inglesi, a conti fatti uno spareggio deciso da quattro suoi interventi da applausi. Il suo stile del tutto anticonvenzionale gli valse anche molte critiche, ma Jan non era la persona che si lasciava irretire dai detrattori, e la sua bravura, in ogni caso, metteva tutti d’accordo.

10) Wojciech Szczęsny

Meno bizzarro e meno folle, ma altrettanto grande tra i pali è stato il “codice fiscale” Wojciech Szczęsny, che secondo noi si può accomodare tra i grandi calciatori polacchi. Forte dei suoi 196 centimetri, è stato (e può ancora essere, in maglia blaugrana) un estremo difensore di grande efficacia e completezza, la cui carriera parla da sola: tra Londra, Roma e soprattutto la felicissima esperienza torinese, il polacco si è consacrato stabilmente come uno dei migliori portieri del mondo, eccezionale nei fondamentali e per la capacità di rimanere sempre concentrato, e in grado di non far rimpiangere, sotto la Mole, un certo Buffon.

La sua lunga avventura in nazionale mi suggerisce di preferirlo a diverse riserve di lusso: Kamil Glik, ottimo centrale che spicca per doti aeree e che, oltre a essere una colonna della nazionale, si è dimostrato un giocatore di spessore sia in Polonia che in Francia; Ernst Pohl, che avrebbe meritato una presenza in top 10, ma che paga il fatto di aver giocato a cavallo tra l’età della radio e quella della televisione e di essere quindi oggi difficilmente giudicabile, nonostante sia il recordman di reti del campionato polacco e una leggenda anche della nazionale.

Menzioni d’onore

Jakub Błaszczykowski, due volte giocatore dell’anno del suo paese, solidissimo centrocampista che a Dortmund venerano come uno dei loro idoli maggiori, protagonista dello squadrone allestito da Klopp e bandiera della sua nazionale; il raffinato, cerebrale Piotr Sebastian Zieliński è un altro giocatore che deve quantomeno accomodarsi in panchina: sul piano tecnico, sono nati pochi giocatori più dotati di lui in Polonia, e il grande Napoli ammirato nel corso dell’ultimo decennio, in particolare quello del titolo, vede nella mezzala polacca un elemento chiave; da ultimo, una menzione per il fratello del mondo Włodzimierz Smolarek, attaccante della Polonia semifinalista del 1982 e zingaro del calcio in grado di affermarsi anche in Olanda e in Germania, nonché di incamerare, nel 1984 e nel 1986, il titolo di giocatore polacco dell’anno; Jerzy Gorgoń, il lungo che ha presidiato la difesa della nazionale e del Górnik Zabrze per molti anni, portando a casa diversi titoli polacchi e disputando, in Argentina, un grande mondiale, è un altro pezzo di storia del calcio del suo paese.

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