Immagine di copertina: il super Bayern Monaco 2019-2020, che vince tutto
Siamo in vista del traguardo: la nostra avventura nella storia del calcio europeo volge al termine, e oggi ci addentriamo nella seconda metà degli anni ’10, un periodo che vede il Real imporre sull’Europa un’egemonia in parte inattesa, e non sempre indiscutibile sul piano del gioco e del “modo”, del “come”, ma straordinaria sul piano dei numeri. Nessuno vinceva due Coppe regine consecutive dall’epoca di Sacchi e vincerne tre è un risultato destinato a rimanere ineguagliato per moltissimo tempo. La seconda metà del decennio assiste anche alla rinascita del calcio inglese, che dopo alcune stagioni balbettanti si riprende lo scettro di campionato più competitivo, anche perché in Inghilterra traslocano i due massimi progettisti e collettivisti degli ultimi anni (Guardiola e Klopp) e la Brexit consente al Regno Unito di defilarsi da alcune stringenti regole comunitarie. Il decennio che si chiude con la prepotente scossa del Covid-19, che rinchiude il mondo dentro una bolla per diversi mesi e condiziona anche gli avvenimenti sportivi per quasi due anni, assiste da ultimo al secondo sextuple della storia del calcio, un sextuple che porta la firma di Flick e del suo Bayern Monaco.
2015-2016
Il 21 novembre del 2015 il sottoscritto si trova a cercare la mandibola per terra: il Barcellona, privo peraltro di un Messi che farà il suo cameo solo nei minuti finali, riempie di meraviglia gli occhi di tutto il mondo dominando il Real a Madrid ed esprimendo un calcio di una bellezza soprannaturale. I due funamboli sudamericani che completano la MSN giocano sulla Luna, e in mezzo al campo un Don Andrés leggermente imbolsito ma ancora capace di sortilegi e invenzioni al bacio domina la partita. Pare che la stagione sia destinata a chiudersi con un altro triplete, anche perché appunto quel 21 novembre manca anche quello che sarebbe il più bravo di tutti: non sarà così, perché i quarti di Champions giocano un brutto scherzo ai catalani, eliminati al termine di due partite durissime ed equilibrate dall’Atletico e in ogni caso già declinanti da un mesetto buono, ma la Liga resta saldamente nelle loro mani grazie al vantaggio accumulato nel girone d’andata. In una stagione all’insegna dell’equilibrio, credo che il trono possa riservarsi ancora alla squadra blaugrana, per 3/4 della stagione la più bella ed efficace d’Europa.
L’avversario più accreditato dei catalani, a mio parere, è il Bayern Monaco: in Bundesliga gli avversari li vedono con il binocolo, e il pubblico di Monaco ha la fortuna di assistere ad alcune manifestazioni di onnipotenza che inducono Breitner a proclamare che il Bayern 15/16 ha espresso il miglior calcio della storia bavarese (si ricorda, in particolare, un 5-1 trionfale contro il Dortmund, che chiude secondo). Come spesso accade in quegli anni, tuttavia, il Bayern scivola sul più bello in Europa, ancora una volta in semifinale, ancora una volta eliminato da una squadra spagnola e in questo caso in maniera molto episodica. Per larghi tratti della stagione, in ogni caso, solo il Bayern gioca un calcio accostabile a quello del Barcellona.
La rosa migliore d’Europa, a mio parere, rimane quella del Real Madrid: i Blancos boccheggiano a inizio stagione e subiscono una memorabile lezione di calcio dal Barcellona, ma la storia insegna che il Real ha più vite di un gatto e infatti la squadra, nell’anno 2016, anche grazie al cambio del tecnico, decolla. Cristiano Ronaldo segna come se ne andasse dei destini del mondo, Gareth Bale disputa la miglior stagione della sua avventura spagnola e il centrocampo trova la quadratura grazie a Casemiro, che libera la geometria cerebrale di Kroos e consente al talento cristallino di Modrić di esplodere definitivamente, tanto che per chi scrive i due fenomeni del centrocampo disputano nel 15/16, forse, la stagione più continua e brillante della carriera. La Champions arriva al termine di un cammino tortuoso, sofferto e poco entusiasmante, tra le semifinali-sonnifero con il City, decise da un autogol, e la finale di Milano vinta ai rigori e dopo aver sofferto l’inferno, ma poco male per i tifosi del Real: la Champions del 2016 è il prologo a un triennio leggendario.
Il secondo derby perso in finale, per giunta ai rigori, per giunta, ancora una volta, dopo aver messo alle corde i più quotati concittadini, è roba da lettino del terapeuta, è roba da film di Woody Allen, ma toglie poco-nulla alla straordinaria stagione dei Colchoneros: l’Atlético Madrid chiude la Liga al terzo posto, ma a un punto dal Real e a tre dal Barça. e in Europa elimina catalani e bavaresi prima di inciampare, ma solo ai rigori e al termine di una partita sfortunatissima, sui concittadini. Griezmann, nel 2016, gioca come si conviene a uno dei primissimi giocatori dell’universo, e alle sue spalle Godín volteggia ad altezze siderali, dimostrandosi un centrale di caratura mondiale.
Da ultimo, la Juventus di Allegri: Max costruisce e porta a termine uno dei capolavori della sua avventura di tecnico, perché in estate i bianconeri perdono i pezzi e ciononostante il toscano, dopo alcuni mesi di disorientamento, li porta a rivincere lo scudetto, grazie anche ai colpi di genio di un Dybala ispiratissimo, e a dare del filo da torcere alle grandi europee: le lezioni di gioco impartite al City nel girone sono il preludio alle due partite eccezionali disputate dai bianconeri contro il Bayern Monaco, con Guardiola e i suoi che vengono surclassati per un tempo, prima di riacciuffare la partita.
2016-2017
Gli anni d’oro del Grande Real, parte seconda: nessuno si aspetta il bis in Europa, e invece i Blancos nel 2017 non solo rivincono ma in Europa ma lo fanno con tutt’altra verve, convinzione e autorità. Come se non bastasse, si prendono anche la Liga, al termine di un duello estenuante e durissimo contro gli avversari di sempre: Cristiano Ronaldo disputa, sul piano realizzativo e del peso dei gol, la miglior Champions di ogni epoca, e per il resto il Real Madrid è un’orchestra di solisti che spesso e volentieri lascia le briciole agli avversari.
Come ricordiamo tutti, prima della finale di Cardiff in molti davano la Juventus quasi per favorita, in parte per ragioni cabalistiche (nessuno aveva fatto il bis in Champions) e in parte perché la Juventus 2016/2017 è in effetti la seconda, o nella peggiore delle ipotesi la terza squadra d’Europa: Allegri inventa soluzioni offensive inedite, si affida al talento dei suoi grandi solisti e a una difesa di ferro, e così conquista il campionato senza battere ciglio e raggiunge la seconda finale in tre anni, dopo aver portato a scuola il Barcellona della MSN. Il brutto epilogo stagionale, che ancora tormenta i sogni dei bianconeri, toglie poco al loro valore tecnico.
Il Bayern Monaco, chiusa l’epoca Guardiola, si affida a un altro guru come Ancelotti per confermarsi in patria e riprovare l’assalto all’Europa: nella prima metà della stagione i bavaresi faticano a prendere ritmo, tanto che alla tredicesima giornata il Lipsia è in testa alla classifica, ma da dicembre in avanti volano e dominano il campionato. In Europa, la squadra esce ai quarti contro il Real, dopo due partite bellissime e dai contenuti tecnici quasi impareggiabili, oltre che molto discusse per il gran numero di episodi arbitrali dubbi. Chi scrive, in ogni caso, crede che il Real del 2017 si dimostri superiore al Bayern e che meriti il passaggio del turno.
Si tende a ripetersi, nelle stagioni in cui si scavalla la metà del decennio, e infatti a mio parere le ultime due squadre da citare sono ancora l’Atlético Madrid e il Barcellona. I ragazzi di Simeone questa volta non reggono il passo dei due Dream Team avversari nella Liga, che chiudono comunque al terzo posto, ma in Europa arrivano ancora una volta in semifinale e ancora una volta vengono eliminati dai concittadini, dopo aver peraltro assaporato il gusto di una rimonta che sembrava impossibile. Il Barcellona chiude l’epoca della MSN con il broncio, perché vince solo la Coppa del Re e perché inizia a mostrare la corda nelle trasferte europee, il suo tallone d’Achille nelle stagioni successive. Pur esprimendo a tratti un grande calcio, con Messi e Neymar ispirati dalle muse del football e Luisito uomo gol letale, e pur perdendo la Liga di tre soli punti, il Barça nel 2017 non è al livello di Real e Bayern.
2017-2018
La stagione 2017/18, a posteriori una stagione di transizione, è quella che mi ha creato più grattacapi, perché se nel 2016 ci sono tre/quattro squadre che potrebbero serenamente ambire alla corona, due anni dopo nessuna risulta pienamente convincente.
Esonerato Ancelotti, i bavaresi ripuntano sul loro mentore Heynckes e decollano, asfaltando more solito la concorrenza interna e raggiungendo per l’ennesima volta le semifinali, che perdono dopo aver dominato in lungo e in largo il Real, e anche a causa di molti episodi discussi e di alcune papere della riserva di Neuer. Nonostante un Robben a mezzo servizio, visto il gioco espresso scelgo quindi proprio il Bayern Monaco come squadra più forte d’Europa.
Il Real Madrid che vince la terza coppa consecutiva, nonostante le tribolazioni, deve comunque figurare nelle posizioni alte della cinquina: il gioco espresso entusiasma raramente e il successo arriva in modo rocambolesco (citofonare a mr. sciagura Karius), ma il Real sul piano individuale è una collezione di fenomeni, trova in Marcelo il giocatore chiave e in Bale e Cristiano gli autori dei gol decisivi.
A Manchester, sponda azzurra, l’epoca Guardiola comincia a dare i suoi frutti: la brutta eliminazione subita a opera del Liverpool di Klopp getta qualche ombra sulla stagione del Manchester City, che però in Premier fa letteralmente un altro sport, assiste alla maturazione definitiva di De Bruyne, affiancato da un David Silva immaginifico e da un Aguero prolifico, e stabilisce un record di 100 punti destinato a durare per chissà quanti anni.
A proposito di Liverpool: in Europa i Reds si trovano a loro agio come forse solo il Real Madrid e il lavoro di rifondazione di Klopp dà i suoi frutti, esaltando i singoli (Salah gioca da pallone d’oro) ed esprimendo un calcio metal esaltante. La finale viene persa contro un Real più esperto e anche a causa di molti episodi sfortunati, ma il cammino dei Reds nei turni precedenti è un inno al gegenpressing e allo spettacolo. In Premier la squadra non è sempre continua, ma poco male, arriveranno a breve soddisfazioni anche su quel fronte.
Il quinto posto è un discorso a tre tra Juventus, Barcellona e Paris Saint-Germain, e sommando tutto opto per i bianconeri, che in Italia prevalgono sul Napoli di Sarri e in Europa sfiorano l’impresa al Bernabeu, confermandosi una delle grandi d’Europa. A Parigi hanno puntato il mirino sulla storia con la s maiuscola, investendo il prodotto interno lordo di un piccolo stato per accaparrarsi Neymar e Mbappé, affiancandoli a un grandissimo come Cavani: nella prima parte di stagione il tridente delle meraviglie gira alla perfezione e agli ottavi sembra possa eliminare i Blancos, ma l’infortunio del brasiliano, il vero turning-point della sua carriera perché interrompe la sua stagione migliore, li obbliga alla resa, una resa addolcita solo in parte dalla trionfale Ligue 1.
Il Barcellona nella Liga fa il vuoto, trascinato da un Messi versione Maradona per il ruolo cardinale dentro una squadra non trascendentale, ma l’addio del suo partner brasiliano e un Iniesta declinante lo rendono un po’ solo, e la brutta sconfitta patita dalla Roma chiude male la stagione.
2018-2019
Football’s coming home: nel 2018 la lunga e dorata epoca della Liga, il duopolio di Messi e di Cristiano, volge al tramonto, anche perché il portoghese ha fatto le valigie per Torino e il Barcellona soffre una certa involuzione, documentata dalle difficoltà europee della stagione precedente.
La squadra migliore d’Europa, nel 18/19, a mio parere è probabilmente il Liverpool: nonostante un Salah meno alieno di quello visto nel 17/18, i Reds spiccano il volo, in Premier se la giocano punto su punto con il City e si prendono la Champions, al termine di un cammino complicato che li vede eliminare con merito il Bayern e rimontare poi il Barcellona ad Anfield. La finale scorbutica e noiosa toglie poco-nulla alla loro grande stagione.
Il Manchester City si è stabilmente iscritto al circolo delle grandi, e la Premier vinta al termine di una sfida al cardiopalma con i Reds è la ciliegia saporita su una torta bellissima: i Citiziens hanno assimilato alla perfezione le idee di Guardiola e così i due Silva e De Bruyne giocano un calcio stellare. In Europa arriva un’altra delusione, e questa volta la fortuna decide di vederci benissimo e di punire ai quarti i Citiziens, cui gira storto tutto ciò che può girare storto, al termine di due partite giocate in maniera spettacolare.
Il Barcellona 2018/19 si prende d’autorità la Spagna e getta alle ortiche una finale di Champions che sembrava già sua, e fa tutto questo soprattutto perché Messi ha deciso di fare un altro sport rispetto a tutti gli altri: abbiamo visto versioni di Leo più brillanti ma forse non più decisive nell’economia di una squadra che, senza di lui, non sarebbe competitiva ai vertici del calcio europeo.
A inizio stagione, e forse per la prima volta dal 2005, una squadra italiana parte con i galloni della favorita, ed è ovviamente la Juventus di Allegri, che ha inserito Cristiano Ronaldo nel Pantheon delle sue stelle e che si sente matura per centrare il bersaglio grosso in Europa, oltre che per confermarsi in Italia: se in patria le cose vanno come previsto, anche perché CR è una sorta di cheat code da videogioco che rende i bianconeri davvero “ingiocabili”, in Champions dei bianconeri parsi molto meno brillanti e più bolsi rispetto alle stagioni precedenti invocano sempre i miracoli del fenomeno portoghese, che però nulla può al cospetto della squadra più bella ammirata durante la stagione 18/19, l’Ajax.
Sfidando le barriere del tempo e le logiche della modernità, gli ajacidi, sorprendendo tutti, esprimono un calcio avveniristico e bellissimo, davanti al quale figurano come sparring partner il Real detronizzato e poi la Juventus e il Tottenham, che però riaggiusta miracolosamente le cose nei minuti finali. Il calcio espresso sia in Olanda che appunto, soprattutto, in Europa, mi obbligano ad annoverare gli olandesi tra le grandissime della stagione, e lo smantellamento immediato del team mi lascerà sempre un po’ di amaro in bocca.
2019-2020
Diciamo la verità: le premesse non erano delle migliori, perché nel 2019 salutano Monaco, dopo una vita, due giocatori straordinari come Robben e Ribéry, e il lungo periodo di successi targato Heyckes-Guardiola-Ancelotti-Heycnkes secondo estratto sembra irreversibilmente concluso, e anche la Bundesliga pare a rischio. E invece, in virtù di uno degli scherzi del destino che anche lo sport scodella con una certa frequenza, il Bayern Monaco della stagione 19/20 conquista il secondo sextuple della storia del calcio, e lo fa con dopo aver messo in panchina un carneade (Flick) che invece si rivela un mago. Il Bayern del 19/20 non solo rulla la concorrenza tedesca ma supera ogni avversario anche in Champions, per la prima volta in assoluto, e se il numero ridotto di partite da questo punto di vista può agevolarlo, la concentrazione degli incontri in pochi giorni a Lisbona e in pieno agosto è un’arma a doppio taglio, anche perché trasforma ogni partita in un incontro da dentro-fuori. Trascinato da un Lewandowski leggendario e da un Neuer tornato ai suoi fasti migliori, impeccabile come un orologio svizzero, capace di sintetizzare l’eredità di Guardiola con un’aggressività a geometrie variabili di stampo tedesco, il Bayern 19/20 seppellisce di reti molti avversari e vince letteralmente tutto, come era successo solo al Barcellona del 2009.
Il Paris Saint-Germain delle stelle, nell’anno maledetto del Covid19, riesce non solo a confermarsi in Francia (dove vince campionato e coppa) ma anche a raggiungere la finale di Champions per la prima volta, finale che gioca circa alla pari e perde 1-0. Trascinato dal Neymar più ispirato della carriera (benché incline a sbagliare troppo sotto porta), da Mbappé e da un Di Maria versione deluxe, il PSG esprime un grande calcio “individualista”, supera di slancio quasi ogni avversario in finale obbliga Neuer a ripetuti miracoli: il secondo posto, a mio parere, è suo di diritto.
Sbaglia la partita più importante contro i Colchoneros, ed è anche molto sfortunato nell’occasione, ma il Liverpool 2019/20 è l’unico collettivo degno di stare nella stessa frase del Bayern: i Reds sono una macchina da calcio sbalorditiva, il rovesciamento dell’individualismo dei parigini, e vincono 26 delle prime 27 partite della Premier League, costruendo un vantaggio siderale sul Manchester City e letteralmente dominando l’Inghilterra come forse mai era accaduto. In Champions i Reds escono anche perché davvero non hanno mai tirato il fiato per cinque/sei mesi; solo alcune inattese sconfitte giunte in primavera e dopo la sosta Covid gli impediscono di superare il record di 100 punti stabilito dal City due anni prima (i Reds ne incamerano comunque l’incredibile numero di 99). Alisson, van Dijk, Salah e soprattutto un Mané ispiratissimo sono le stelle di una squadra che scrive la storia.
Il Manchester City, trascinato dal miglior De Bruyne di sempre, questa volta nulla può davanti alla continuità da rullo compressore dei Reds, ma chiude comunque al secondo posto, si prende una gustosa rivincita nello scontro diretto vinto 4-0, ma ancora una volta inciampa sul più bello in Europa: giunto sulle gambe al torneo di Lisbona post Covid, il City gioca male e viene eliminato a sorpresa da un Lione molto più fresco e cinico, ma questo non mi impedisce di annoverare i Citiziens tra le grandi della stagione.
L’anomala stagione del covid rende complicato individuare la quinta squadra: forse, tirando le somme, si può menzionare ancora una volta la Juventus di Cristiano Ronaldo e Sarri, che porta a Torino il nono scudetto di fila (record destinato a rimanere ineguagliato, probabilmente, in Italia) e raggiunge la finale di Coppa Italia. Il sarrismo tuttavia a Torino non decolla mai e una stagione frastornata dal Covid vede la Juve (sconfitta in Francia in primavera, in ogni caso) presentarsi ad agosto in condizioni pessime e venire eliminata con merito dal Lione. Cristiano Ronaldo, anche più dell’anno precedente, nei momenti chiave predica nel deserto.