La prima parte degli anni ’10 assomiglia da vicino a un triumvirato: Real Madrid, Barcellona e Bayern Monaco egemonizzano il palcoscenico europeo, dando spesso vita a sfide dal contenuto tecnico elevatissimo e passandosi di mano, stagione dopo stagione, la torcia platonica della formazione più forte, così come i meno platonici titoli nazionali e internazionali. Il campionato italiano deve “superare la nottata”, e lo fa nel migliore dei modi intorno a metà decennio, quando la Juventus, che da diverse stagioni ha trasformato la Serie A nel proprio giardino di casa e a suon di record, ritorna a bussare al portone delle big continentali.
2010-2011
The Sky is the limit: qualcuno pronuncia queste parole dopo la celebre manita con cui il Barcellona, nel novembre del 2010, impartisce una lezione da tramandare ai posteri al Real e alle sue ambizioni galattiche. Il Barça non domina di cattiveria, di fisicità o sfruttando gli episodi, ma emana fotoni di luce, di pura tecnica individuale che si armonizza in un complesso orchestrale, fotoni che disorientano gli avversari fino allo stordimento. Come abbiamo scritto in un pezzo dello scorso anno, nel corso della stagione 2010/2011 l’impressione è che “qualcosa si sia mosso nel cuore delle cose” e che il calcio abbia imboccato una direzione per certi versi irreversibile. La finale di Wembley è l’apoteosi del post Cruijffismo e vede Messi camminare tra le stelle: il primo posto della banda di Pep è quindi tra i meno confutabili in assoluto.
Il Real Madrid subisce una lezione di gioco a novembre, vero, ma il volpone Mourinho ha mille risorse e in pochi mesi aggiusta una squadra che per valori individuali ha ben poco da invidiare allo squadrone catalano, anche perché vanta un parterre di finalizzatori senza eguali, tra i quali spicca un Cristiano Ronaldo stellare. In Copa del Rey i Blancos si prendono la prima, gustosa rivincita sugli avversari di sempre, e sembrano pronti a spiccare il volo in vista della stagione successiva.
Il Manchester United, dopo un secondo posto doloroso, torna a dettare legge in Premier League: Cristiano ha salutato la banda da un pezzo, ma i Red Devils restano una delle prime due/tre squadre del continente, anche perché Sir Alex ha l’intuizione geniale di avallare la metamorfosi del trentottenne Giggs in una sorta di regista, e davanti Rooney e Houdini Berbatov ingranano la quinta. La finale di Wembley assomiglia a un saggio sull’impotenza davanti al maestoso calcio dei blaugrana, ma non me la sento di condannare lo United per quella prestazione: qualunque altra squadra, quella sera, sarebbe stata ridotta a uno sparring partner.
In Germania inizia a circolare con insistenza il nome di un tecnico di quarantatré anni che ha una visione del calcio tutta sua, imparentata con quella messa in atto dai renani negli anni 70 e ispirata anche da alcuni solidi principi del sacchismo, e così il Borussia Dortmund, reduce da un anonimo quinto posto nel 2010, si trasforma in una macchina da calcio che gira a meraviglia, e in cui tutti i singoli sembrano aver acquisito i super poteri: Leverkusen e Bayern Monaco nulla possono davanti al gioco elettrico, velocissimo e spettacolare dei renani, e Klopp confeziona il primo capolavoro della sua carriera.
L’Italia assiste a un derby milanese lungo un anno al termine del quale prevale il Milan di Allegri, che imbottisce il centrocampo di mediani e gente di sostanza perché il suo attacco possa sprigionare tutta la propria qualità: Zlatan Ibrahimović, tornato a Milano dopo la breve gita in Catalogna, è il pilastro di una squadra che ha una delle difese migliori del mondo e davanti si affida alle folate palla al piede di un Robinho ispiratissimo e al senso del gol fragile di un campione come Pato.
2011-2012
Il Real Madrid si prende la più inattesa e sontuosa delle rivincite sul Barcellona conquistando la Liga dei record: le squadre di Mourinho, al secondo anno, innescano sempre una marcia superiore e i Blancos in tal senso non fanno eccezione. Il Real è un all star team che trova in Cristiano il terminale offensivo e l’uomo ovunque capace di fare la differenza, mentre allestisce un reparto difensivo e di centrocampo eccezionale, in cui spiccano la geometria di Xabi Alonso e la corsa infinita del Fideo. Le semifinali di Champions sono il primo di una lunga serie di duelli ad altissima quota con il Bayern Monaco, e vedono prevalere ai rigori i tedeschi.
Tedeschi che sono la seconda squadra in lista, nonostante non vincano nulla: il Bayern Monaco vede la Bundesliga scivolargli dalle mani nello scontro diretto, ma per larghi tratti lasciano intravedere un’onnipotenza atletica fuori scala, e raggiungono la finale di Champions di Monaco che perdono contro un Chelsea eroico e trascinato da un Drogba leggendario.
Se la stagione si fosse chiusa con un mese di anticipo, avrei votato quale squadra della stagione, ancora una volta, il Barcellona, per per larghi tratti esprime un calcio di una purezza metafisica quasi irripetibile e incanta il mondo con le lezioni di gioco impartite a un Bernabeu ammutolito e al mondo intero, quando cancella dal campo il Santos dei giovanissimi talenti con un 4 0 indiscutibile. Messi segna come un centravanti puro e gioca a tutto campo quasi alla stregua di Johan Cruijff, e il Barça paga forse un po’ di carenza di “rotazioni” nella fase cruciale della carriera – l’infortunio di Villa priva Messi del suo partner decisivo in attacco.
Chi scrive reputa la Juventus di Conte, quella che rivince lo scudetto chiudendo la parentesi buia aperta da calciopoli, come una delle più spettacolari di sempre; se sul piano individuale abbiamo visto Juve decisamente superiori, la macchina orchestrata da Antonio Conte nella stagione 2011/2012 attorno al redivivo genio di Andrea Pirlo conquista gli applausi convinti del mondo intero, lasciando le briciole agli avversari in termini di gioco e spesso anche di punteggio.
Da ultimo, il derby di Manchester si chiude come sappiamo in modo rocambolesco e folle, ma più delle due squadre inglesi, comunque di altissimo profilo ovviamente, io credo di dover menzionare il Borussia Dortmund di Klopp, che vince per la seconda volta consecutiva la Bundesliga e anche in Europa lascia intravedere sprazzi di futurismo teutonico. Reus e Lewandowski sono i due talenti di punta di una squadra in cui spiccano anche la regia pulita di Kagawa e la difesa elegante di Hummels.
2012-2013
Triumvirato, dicevamo, e la terza squadra a iscriversi nella cerchia elitaria delle formazioni da leggenda è il Bayern Monaco, che nel 2012/2013 gioca un calcio siderale e pare per larghi tratti “ingiocabile”. I bavaresi sono una collezione di stelle in cui fanno la differenza soprattutto il dribbling elettrico di un Ribéry da pallone doro e un Robben che pare correre senza toccare il terreno e al tempo stesso costruire, al termine di memorabili assoli palla al piede, le giocate determinanti. Nel frattempo, Neuer riscrive la grammatica dell’estremo difensore e tutto il collettivo gira a meraviglia. Il 7 0 “aggregato” rifilato al Barcellona in semifinale è figlio anche di circostanze particolari e i un Barça incerottato, ma lascia comunque attoniti gli spettatori: la superiorità agonistica e di squadra dei tedeschi è quasi senza eguali nella storia del calcio moderno.
La stagione è a forte trazione teutonica: il Borussia Dortmund non può vantare la seconda rosa del continente, ma a mio parere è il secondo collettivo d’Europa. Il calcio di Klopp giunge alla piena maturazione e i renani danno vita a un lungo duello fratricida con i bavaresi, con i quali non corre buon sangue praticamente da sempre. Alcune altissime espressioni di gioco, tra le quali reclama un posto in primissima fila il 4-1 con cui viene regolato il Real Madrid in semifinale di Champions, assicurano alle api un posto sul podio, podio che viene completato dal Real Madrid, che non replica i successi della stagione precedente, e che anzi questa volta può recriminare ben poco in semifinale, ma che sta crescendo come collettivo e che, dopo i primi mesi imbronciati, trova nel piccolo grande Luka Modrić il tassello ideale per completare il suo centrocampo.
L’ultimo grande titolo dell’era Ferguson vale anche quella che, probabilmente, è destinata a rimanere per un bel pezzo l’ultima menzione per i Red Devils. Il Manchester United esprime per larghi tratti il calcio più bello del continente, viene eliminato in maniera sfortunata dal Real (Mourinho dice: “The best team lost”) ma in Inghilterra non concedere scampo a una concorrenza di alto profilo.
La prima stagione post-Guardiola per il Barcellona è controversa, è un’arma a doppio taglio: nei primi mesi Don Andrés gioca come meglio non potrebbe e Messi di fatto segna un gol a partita. La morte improvvisa di Tito Vilanova, una lunga serie di infortuni e il rendimento declinante di alcuni uomini chiave sono però anche il viatico per l’umiliazione subita dal Bayern in semifinale, riscattata in parte (questo sì) dall’incredibile record di punti nella Liga, un record dovuto quasi esclusivamente a Lionel Messi e che consente di catalani di accomodarsi, pur a stento, nella cinquina.
2013-2014
E triumvirato sia: il Real Madrid, dopo alcune stagioni di “aggiustamento”, spicca il volo sotto la guida sapiente di Carletto Ancelotti, e se nella Liga conclude al terzo posto (a tre punti dai campioni, in ogni caso), in Europa inizia a fare uno sport diverso dagli altri, superando con pieno merito le avversarie più temibili. La finale di Lisbona è un saggio delle migliori doti dei Blancos, in grado di non sganciarsi mai dal treno della partita e di trovare la zampata decisiva nel momento decisivo, in questo caso grazie a un Sergio Ramos più determinante di un centravanti. La squadra esprime una qualità individuale con pochi eguali e il trionfo in finale di Copa del Rey mi suggerisce di darle la prima posizione.
Il 2014 è l’anno in cui, con un pizzico di buona sorte, avrebbe potuto completarsi il double più incredibile di ogni tempo: l’Atlético Madrid, allestito e pensato da un tecnico che reclama un posto tra i grandi come il Cholo Simeone, vince a sorpresa ma con pieno merito la Liga, peraltro al termine di quella che è a tutti gli effetti una finale, al Camp Nou, contro il Barcellona che con una vittoria sarebbe campione di Spagna. Diego Costa gioca come il più navigato e decisivo dei centravanti e in difesa il carisma e la forza fisica di Diego Godín, determinante anche come uomo gol, sono la colonna portante del reparto.
Il Bayern Monaco ha annoverato tra le sue fila Guardiola per impostare in maniera radicalmente nuova la propria filosofia di squadra, e Pep, grazie a una rosa di prim’ordine, riesce nell’intento: per larghi tratti della stagione, i bavaresi soffocano tutti gli avversari e sembrano destinati a replicare il triplete dell’anno precedente, impresa mai riuscita a nessuno. In semifinale, invece, il Real trova la formula per punire ripetutamente i bavaresi e li elimina in maniera brutale. La brutta partita di Monaco toglie certamente qualcosa, ma non troppo, a una squadra che resta forse il collettivo più rodato e che vince in ogni caso la Bundesliga con diciannove punti di margine su Dortmund di Klopp.
A proposito di distacco siderale sulla seconda: la Juventus di Antonio Conte riscatta alcune figuracce europee con il campionato dei record. Il centrocampo bianconero, forte di un Vidal senza paragoni, è uno dei primissimi del mondo, e anche l’attacco trova la sua stella mondiale in Carlos Tévez, un campionissimo che nel nostro campionato sembra giocare tra i bambini alla stregua del miglior Zlatan.
Per l’Inghilterra sono anni complicati: il Manchester City vince il secondo titolo in tre anni, anche e soprattutto grazie a un Yaya Touré che gioca come si conviene al miglior trequartista del mondo e che però sulla carta sarebbe un mediano, ma l’esito netto e indiscutibile del confronto diretto in Europa secondo me rivela che il Barcellona è ancora una squadra superiore ai Citizens. I catalani perdono tutto sul filo di lana e in Europa si arrendono a un Atlético arrembante e salvato ripetutamente da un portiere belga di cui sentiremo parlare a lungo (Courtois), ma con l’acquisto della giovane stella brasiliana Neymar, pagato una cifra record, affiancano a Messi un giocatore del suo lignaggio e si preparano al salto di qualità programmato per l’anno successivo.
2014-2015
Il secondo treble della storia blaugrana è forse meno imperioso del primo, ma porta la firma del miglior tridente dell’epoca moderna, un tridente composto da tre giocatori sudamericani che incarnano alla perfezione la filosofia, l’essenza del football nei rispettivi paesi, e che in primavera diventano immarcabili, lasciando le briciole a tutte le concorrenti sia in Spagna che in Europa, dove il Barcellona torna a vincere in maniera trionfale. Neymar e Suárez disputano una stagione da pallone d’oro, ma al cospetto del Messi del 2015 tutti, anche i giganti, sembrano nani.
Allegri si siede sulla panchina della Juventus circondato dallo scetticismo, ma smentisce la critica (in realtà, si trova nella situazione a lui più congeniale, con una squadra matura che deve essere amministrata al meglio) smussando gli spigoli del calcio di Conte e dimostrandosi molto più abile di Antonio nel leggere le situazioni in Europa, là dove arrivano i capolavori di Dortmund e soprattutto di Torino e Madrid contro il Real, due tra gli apici della storia bianconera in Europa. Tevéz è il giocatore chiave di una squadra che schiera la difesa più forte del mondo e che trova nel trentottenne Buffon l’uomo dei miracoli. La finale di Berlino non fa troppo male ai tifosi bianconeri, anche perché viene persa contro un Barcellona in quel momento di un altro pianeta.
Il Real Madrid, che pure non vince nulla, ha a mio parere la miglior rosa d’Europa, in quanto le sue stelle, in ogni reparto, non si contano, e se non porta a casa alcun trofeo è più che altro questione di dettagli e di momenti. Cristiano Ronaldo segna come se non ci fosse un domani e solo la compresenza di Messi e dei suoi due alfieri fa apparire come “normale” una stagione che di normale non ha avuto proprio nulla.
Anche per il Bayern Monaco la stagione si chiude in maniera agrodolce: la Bundesliga è diventata ufficialmente il giardino di casa dei bavaresi, che lasciano le briciole delle briciole alla concorrenza, e in Europa si assiste ad alcune grandissime prestazioni del Bayern che tuttavia, in semifinale, deve arrendersi ai colpi di genio di Messi e dell’attacco blaugrana, complici anche le assenze di Robben e di Ribéry.
Da ultimo, trovo doveroso menzionare l’Atlético Madrid, che si consacra tra le grandi, dimostrando che il successo dell’anno precedente non è stato questione di fortuna e di “momenti buoni”: nella Liga questa volta è impossibile reggere il passo del Barcellona e del Real Madrid (il Real in autunno vince ogni partita per circa due mesi!), ma in Europa i Colchoneros se la giocano alla pari con i concittadini e ancora una volta perdono per una questione di dettagli, ai supplementari, al termine di 210 minuti complessivi all’insegna dell’equilibrio. Menzione d’onore per il Chelsea che in campionato inglese sempre equilibratissimo ma forse privo di squadroni domina e vince esprimendo un grande calcio.