Sono sicuro che se leggessimo di qualsiasi allenatore che in oltre vent’anni di carriera ha guidato solo tre squadre, non penseremmo certo a uno che ha vinto trofei nazionali ed europei in due nazioni diverse e che è stato giudicato più volte tra i migliori, se non il miglior tecnico del mondo. Jürgen Klopp è invece questo.
Allenatore per caso nel Mainz, che è anche l’unica squadra in cui ha giocato, ricoprendo in pratica tutti i ruoli tranne quello del portiere, questo gigante loquace e sorridente incarna da subito il ruolo di condottiero amico, l’esatto opposto dei celebrati sergenti di ferro molto in voga fino a qualche tempo fa. Chiamato nel 2001 a salvare una squadra fortemente in bilico, non solo è riuscito in quell’impresa non facile, ma si è scoperto da subito essere un felice motivatore con il piglio da fratello maggiore, una sorta di consigliere sufficientemente autorevole più che capo carismatico o tantomeno autoritario.
Con questo stesso atteggiamento, Klopp ha guidato poi sia i gialloneri del Borussia di Dortmund, dal 2008 al 2015, sia i rossi di Liverpool fino a oggi, ottenendo sempre risultati oltre le aspettative e riuscendo a diventare il leader sia dei giocatori che dei tifosi. La sua straordinaria capacità di trasmettere e ricevere empatia non è però chiaramente sufficiente a spiegare il suo successo e i suoi successi. Jürgen è infatti un allenatore che vede il talento in anticipo e, soprattutto, riesce ad ottenere il massimo, in senso tattico e tecnico, dai propri elementi.
Il calcio è come la vita: non si vince sempre, ma si impara sempre.
Jürgen Klopp
Assomiglia molto a Gasperini sotto questo aspetto e, proprio come Gasp, riesce con tali presupposti a produrre un gioco efficace e divertente. Il suo Borussia e il suo Liverpool, il Mainz sinceramente non me lo ricordo, danno a volte una vera impressione di invincibilità pur con una irrefrenabile propensione alla velocità di esecuzione e a una inarrestabile spinta offensiva. Ma Klopp, a differenza purtroppo del nostro Gasp, non si limita a questo: le sue squadre, oltre a divertire e a dominare, vincono. Vincono spesso, campionati e trofei. Riescono ad avere quella caratteristica imprescindibile per prevalere anche alla distanza, riescono ad essere concrete e ciniche. Anche se, e qui torna il parallelo stretto con il tecnico atalantino, a volte misteriosamente si bloccano. Sul più bello si perdono in un bicchier d’acqua, balbettando in modo infantile parti in cui di solito fanno la figura del leone.
Klopp, anche quest’anno esattamente come aveva fatto nelle sue due esperienze precedenti, ha annunciato con largo anticipo sui tempi consueti il proprio addio. Lo ha fatto nel momento in cui i suoi Reds stavano andando molto bene sia in Premier che in Europa Legue e addirittura quell’annuncio sorprendente, ancorché molto ben motivato, sembrava aver dato ancor più slancio alla squadra. Squadra che pareva rifiorita rispetto a quella che l’anno scorso, tentennando molto più del lecito e dell’atteso, aveva finito la stagione lontanissima dalle prime posizioni. L’innesto l’estate scorsa di due centrocampisti formidabili come l’ungherese Szoboszlai e il Campione del Mondo argentino Mac Allister, sembravano, appunto, rendere il Liverpool 2023/2024 una compagine quasi imbattibile al punto da essere considerata la più seria candidata al titolo rispetto al Mancity del Pep e all’Arsenal di Arteta, quasi relegate al ruolo di damigelle.
Il distacco annunciato del grande condottiero sembrava proprio poter essere festeggiato e onorato da una stagione memorabile sia sull’isola che in Europa e invece, proprio sul più bello, ecco di nuovo quel bicchier d’acqua in cui annaspano come pivellini Salah e Van Djik, Alexander Arnold e perfino Robertson. Alcuni scivoloni assolutamente imprevisti in Premier e soprattutto il rovescio clamoroso proprio con Gasp e la sua Atalanta in Europa League hanno tolto il sorriso a Klopp, ormai convinto che il suo commiato dalla Liverpool dei Reds e della Kop non sarà così festoso a trionfale come si supponeva fino a poco tempo fa. Non hanno però certo tolto a questo gigante teutonico dagli occhi vivi e intelligenti una signorilità e uno stile che hanno pochi eguali nel mondo dello sport.
Un modo di essere, civile ed empatico al punto di essere emblematico, che non gli impedisce però di dire sempre esattamente ciò che pensa senza sotterfugi o goffe perifrasi. Celebri, oggi si chiamano virali, i suoi moti di invettiva contro quei club inglesi allegri per finanza quanto protetti per interesse supremo (paese che vai…) o, più recentemente, contro quelle emittenti televisive colpevoli, secondo Klopp, di stravolgere orari e calendario della Premier al punto da compromettere il cammino delle squadre inglesi nelle Coppe Europee.
In ogni caso è raro vedere questo germanico dai tratti finnici e dall’aplomb britannico perdere staffe e tranquilla eleganza e rimane famosa, in questo senso, la sua espressione impenetrabile quando il 26 maggio 2018 due papere assurde di Karius, portiere dei Reds, consentirono al Real Madrid di Zidane, al timone, e di Cristiano Ronaldo di sottrargli una Champions che pareva alla portata. E molto più facile vederlo gioire come un ragazzino alla fine di una gara vinta e, quando ciò accade in casa, esibirsi come capo tifoso impazzito di felicità sotto la mitica Kop.
Ora, a maggio inoltrato, siamo alla vigilia ormai dell’addio di Jürgen Klopp alla panchina del Liverpool e, nonostante un finale di stagione appunto diverso da quello sperato, ci aspettiamo festeggiamenti e commozione reciproca quando l’avrà occupata per l’ultima volta il prossimo 19 maggio all’Anfield dopo la gara contro il Wolverhampton. Siamo in piena vigilia e la domanda che tutti ci si pone è: dove andrà Klopp il prossimo anno?
Forse colpevolmente, nessuno crede alla risposta che lui stesso ha dato proprio mentre annunciava il suo distacco, dopo nove anni, dal Liverpool. Sull’anno sabbatico, sulla nostalgia dell’affetto in famiglia non c’è nessuno che ci metta un euro, o un penny…, e, del resto, l’ancora recente divorzio strappalacrime tra Spalletti e il Napoli tricolore avrà pur insegnato qualcosa… E non è un caso che De Laurentiis, che è molte cose ma non un fesso, si era tutelato con una firmetta, poi molto controversa…
Dunque, ribadito che Jürgen appare persona più che corretta, ma ribadito pure che nell’ambiente il più sincero è nullatenente, rimane inevasa la questione. Chi aveva scommesso alla cieca sul ruolo di c.t. della Germania è rimasto fulminato dalla riconferma di Nagelsmann, chi optava per il Barça ha assistito stupito al dietrofront di Xavi, mentre chi era sicuro dello scambio di ruoli dal gusto quasi romantico con Xabi Alonso del Bayer Leverkusen si è annichilito con il rinnovo sulla panca dei tedeschi dello spagnolo dal cuore Red.
E allora? Allora rimane un mistero il futuro di Jürgen, ma io, che ho trovato nella tasca di una vecchia giacca una moneta da 50 centesimi, la punto su un suo clamoroso arrivo a Monaco di Baviera.