Fondato a inizio ‘900 da un inglese naturalizzato brasiliano che aveva imparato l’arte del football in Svizzera (Oscar Cox), il Fluminense non è solo una delle squadre più gloriose della città di Rio, ma è anche quella che più di ogni altra ne incarna la vocazione artistica, il gusto per l’estetica, per il vezzo a uso e consumo di una platea che fa della giocata una ragione di vita, e non la derubrica a mezzo più veloce per cercare il risultato. Per i tifosi carioca, e in particolare per quelli del Tricolor, la giocata è bella e significativa in sé: la nostra cultura, eretta sulle solide basi del brerismo e di tutti i suoi figliocci (non ultimo, il sacchismo), fatica e venire a patti con un approccio così radicale e apparentemente irrazionale, ma chi scrive non riesce a negare il fascino di questo estetismo un po’ selvaggio. Non è un caso, probabilmente, che nel Fluminense sia maturato il massimo teorico moderno del calcio bailado, Telê Santana (che della filosofia del Flu è stato anche superbo interprete sul rettangolo di gioco), e che proprio nel Flu, Diniz abbia potuto lavorare su quella versione originale e moderna della tradizione carioca che abbiamo chiamato dinizismo, e che un mese fa ha conquistato la Libertadores, il trofeo più importante in palio nel continente sudamericano. Come avviene per quasi ogni club, anche nel caso del Flu l’anteguerra è un periodo intrigante, i cui campioni e le cui gesta hanno gli stessi contorni sfumati dei grandi avvenimenti storici: in ogni caso, per coerenza e per parlare solo di ciò che in qualche modo, fosse anche solo in piccola parte, è possibile toccare con mano, ci siamo concentrati anche per il club di Rio sulla storia moderna e contemporanea, prendendo le mosse da turbolenti anni ’60, l’epoca d’oro del calcio brasiliano.
Portiere: Félix Miéli Venerando
Portiere piccolo (gli almanacchi gli accreditano 176 cm) e anomalo, Félix non è stato probabilmente dotato quanto Carlos José Castilho, ma le gesta di quest’ultimo appartengono a un passato non sempre decifrabile, e allora assegnamo il posto da titolare all’estremo difensore del Brasile di Messico 1970, titolare del Flu per una decade e in grado di fornire un contributo sostanzioso ai numerosi successsi del suo club nel corso degli anni ’60 e ’70 – successi che consistono in 5 campionati carioca e in un campionato nazionale. La sua lunga titolarità in maglia verdeoro ne certifica lo status di portiere di caratura internazionale, solido e affidabile.
Laterale destro: Carlos Alberto Torres
La scuola brasiliana ha regalato al mondo molti tra i suoi laterali difensivi più dotati: basti pensare al solidissimo Djalma Santos, all’inesauribile Pendolino Cafù, al pirotenico Leandro, al regista defilato e immortale Daniel Alves, al cyborg con piedi da carioca Maicon. Ecco, in un contesto che è tutto un’eccellenza, forse la corona di eccellenza assoluta spetta a Carlos Alberto Torres, un fuoriclasse senza punti deboli: fisicamente fortissimo, tanto da rivaleggiare senza problemi contro i più dotati atleti europei, Carlos Alberto era difensore superbo che si sapeva disimpegnare anche come centrale e marcatore classico, ed era poi un giocatore in anticipo di qualche decennio sulla storia: ala, regista defilato, attaccante aggiunto, mediano e non ultimo leader della banda di solisti assemblata dal genio visionario di Saldanha prima dei mondiali messicani, il laterale di Rio rappresenta un pezzo di storia sia del Santos che del Fluminese, club con il quale ha due vinto Taça Guanabara e tre campionati carioca, guadagnandosi da ragazzino la convocazione in nazionale. La sua unica vera alternativa sarebbe Pindaro, una colonna del Fluminense degli anni ’40 e ’50, ma data la sua forzosa esclusione optiamo per il piccolo ed esplisivo Samuel Xavier, da tre stagioni il perno destro della difesa del Flu e di Diniz, titolare della squadra campione d’America il mese scorso.
Difensore centrale: Thiago Silva
Elegante e roccioso, intelligente ed energico, “É o melhor zagueiro do Brasil”. Così dicevano di lui al Maracanã, già ai tempi in cui – dal 2005 al 2008 – con il numero 3 bene in vista sulla maglia biancoverde-granata Thiago Silva brillava in mezzo alla difesa. Dopo anni di delusioni personali tra Sudamerica, Oporto e Mosca, ai quali si era aggiunta anche la drammatica lotta contro la tubercolosi, con la seria possibilità che gli venisse asportato un pezzo di polmone, Thiago Silva sboccia nella sponda Tricolor di Rio, nel 2005. Dopo un primo anno non facile, con ben cinque allenatori che si erano alternati alla guida della panchina, Thiago Silva matura definitivamente con prestazioni e risultati di spessore: terzo posto in campionato, vittoria della Copa do Brasil ed inserimento nella Bola de Plata – che racchiudeva i migliori 11 del campionato ruolo per ruolo per media voto. L’anno seguente fu tra i grandi protagonisti della cavalcata del Fluminense verso la finale di Libertadores contro la LDU Quito, ma la vittoria sfumò solamente ai calci di rigore. Le prestazioni del difensore brasiliano fecero gola ai migliori club europei e, come sappiamo, la spuntò il Milan.
Difensore centrale: Pinheiro
605 presenze e 51 reti, un numero incalcolabile di trofei locali e nazionali, la maglia della nazionale vestita sporadicamente e un titolo mondiale vinto da riserva di lusso: così recita il curriculum di Pinheiro, gigante di 187 cm che lascia un segno profondo sul calcio brasiliano degli anni ’50 e ’60 e che è tuttora il difensore centrale più importante della storia del Tricolor. La sua riserva è Edinho, libero classico e ottimo marcatore che a Rio vive gli anni migliori della carriera, guadagnandosi il posto in nazionale, vincendo per tre volte il campionato carioca e conseguendo la prestigiosa inclusione nella Bola de Prata, la formazione ideale del calcio brasiliano, nel 1982. Per lui, a Rio si contano 354 partite e 34 reti prima della lunga e felice parentesi italiana, con la maglia dell’Udinese. La città friulana, prima di innamorarsi perdutamente di un altro e più noto carioca, scopre le qualità tecniche e anche le doti difensive di Edinho: esattamente come il più celebre connazionale, anche il difensore si adatta al nostro calcio in una frazione di secondo e in maglia bianconera metterà a referto anche l’insolita cifra di 22 gol.
Laterale sinistro: Altair
Altair è un altro veterano del Tricolor: ha vestito la sua maglia in 551 occasioni, affermandosi come il miglior terzino sinistro del suo paese dopo l’inarrivabile Nilton Santos, del quale sarà a lungo la riserva in maglia verdeoro. Meno incline ad avventurarsi nella metacampo avversaria, rispetto al leggendario connazionale, Altair ha saputo in ogni caso ritagliarsi un ruolo di primo piano nel calcio brasiliano dell’epoca, anche da centrale adattato, e ha vinto da titolare tre campionati carioca e altri trofei “minori”, chiudendo la carriera in nazionale con 18 presenze, due delle quali da titolare ai mondiali d’Inghilterra nel 1966. Una sorta di precursose in chiave minor di Roberto Carlos, Cláudio Ibrahim Vaz Leal, noto come Branco, è stato sul piano del puro valore individuale il miglior laterale sinistro della storia del Fluminense: dotato da madre natura di due polmoni da giocatore moderno e soprattutto di un cannone al posto del piede sinistro, Branco, prima di diventare un nomade e di vestire le maglie di Brescia, Genoa, Middlesbourgh e diversi club brasiliani, ha lasciato un segno profondo nella storia del Tricolor: ha giocato a Rio, da titolare, per cinque stagioni, imponendosi come titolare anche in nazionale. Impossibile dimenticare alcune delle sue prodezze su calcio da fermo, su tutte il gol con cui il Genoa elimina il Liverpool in Coppa UEFA, nel 1992, e la punizione con cui i verdeoro vanificano la rimonta dell’Olanda a USA 1994.
Centrocampista destro: Didi
Il calcio cerebrale del “Principe Etiope“, secondo cui l’intelligenza, la visione di gioco e la capacità di fare la cosa giusta nel momento giusto erano qualità ben più raffinate ed importanti della mera forza fisica e dell’aggressività nei tackles, ha fatto le fortune del Fluminense per ben sette stagioni, nelle quali – seppure abbia raccolto poco in quanto a palmares – Didi si affermò come uno dei migliori giocatori in circolazione, entrando nel giro della nazionale brasiliana fino a diventarne il perno. La sua idiosincrasia per il calcio aggressivo – rimarcato anche nella sua deludente esperienza al Real Madrid, dove con suo rammarico il pubblico voleva vedere aggressività e garra mentre lui preferiva un calcio quasi etereo e senza contatto – maturò anche per un grave infortunio al menisco in gioventù, che lo portò a sviluppare il tiro “a foglia morta” (fohla seca), colpendo la palla con sole tre dita del piede conferendole un effetto fluttuante. La storia d’amore con il Flu è finita a suon di carte bollate e O’ Monstro ha continuato ad incantare con il Botafogo e con la maglia verdeoro.
Centrocampista centrale: Deley
Regista, recupera palloni, fonte inesauribile di gioco, Wanderley Alves de Oliveira, noto come Deley, è uno dei nomi imprescindibili della storia Tricolor. Con 17 reti un 280 partite, una pletora di titoli locali e uno storico trionfo nazionale, il centrocampista è ancora oggi uno dei giocatori più amati dai tifosi del Flu, anche perché è l’autore dell’assist per il gol di Assis che regalò al Tricolor il successo sul Flamengo nel campionato carioca del 1983. Denílson Custódio Machado è un altro pezzo di storia della squadra di Rio: il re degli step-over ha speso tutta la carriera con il Tricolor, vincendo diversi titoli dello stato di Rio e disputando anche nove partite in nazionale, due delle quali da titolare al campionato del mondo del 1966.
Ala destra: Telê Santana
Prima di diventare una celebrità come profeta del calcio-arte, Santana è stato una grande ala destra, una sorta di precursore in tono minore dei fuoriclasse Julinho e Manè Garrincha, un artista del dribbling e della giocata spettacolare che sapeva anche inquadrare la porta con una certa regolarità, come dimostrano le sue 165 reti messe a segno in 557 partite con la maglia del Fluminense. Soprannominato prima, malignamente, Tarzan das Laranjeiras – a causa del suo fisico esile – e poi, in chiave elogiativa, Fio de Esperança (filo di speranza), Santana è la bandiera del Flu per un decennio e proprio durante la brillante carriera da calciatore matura e sviluppa la passione per l’estetica e l’avversione per il gioco duro che saranno il suo marchio di fabbrica anche da allenatore.
Trequartista: Romerito
Spirito guerriero, temperamento ma anche grande classe, il paraguaiano Romerito è tuttora uno dei giocatori più amati dai suoi tifosi per il rendimento in maglia Tricolor. Ha giocato dal 1984 al 1988 per la sponda biancoverde-granata di Rio, consacrandosi come Pallone d’Oro Sudamericano nel 1985. Autentico protagonista di due campionati carioca, nonché di un campionato brasiliano nel 1984, formando un trio magico con Assis e Washington, il suo nome è marchiato con il fuoco nella storia del Fluminense per il gol decisivo contro il Vasco de Gama di Roberto Dinamite, che valse il secondo dei quattro storici campionati brasiliani del club.
Ala sinistra: Roberto Rivelino
Finita nel peggiore dei modi possibili la sua storia d’amore con il Corinthians, Rivelino rinasce a Rio, nella sponda verde-granata. Numero dieci duttile e a tutto campo – come spesso accade per i dieci brasiliani, capaci di essere ibridi e non specialisti – il suo calcio appartemente lento e vezzoso, fatto di elastici, tiri mortiferi e “malandrade” lo portano a conquistare due campionati statali nel 1975 e nel 1976. Il suo sinistro dai venti metri che buca la barriera avversaria dell’America RJ e si infila sotto l’incrocio all’ultimo secondo e che consegna al Flu la Taça Guanabara è un momento calcistico che i tifosi della Tricolor non hanno mai dimenticato. La sua avventura in nazionale, soprattutto ai mondiali del 1970 dove fu uno dei cinque “dieci” di quella squadra straordinaria, non ha bisogno di troppe presentazioni, mentre in Germania quattro anni dopo è il principale condottiero di una squadra fortemente rimaneggiata che si piazza ad un onorevole quarto posto.
Attaccante: Waldo
Per il ruolo di centravanti non possiamo che scegliere Waldo Machado, che è tuttora il miglior marcatore in maglia Tricolor con 314 reti in 403 partite, in otto anni di militanza. Centravanti completo, vince un campionato carioca nel 1959 e due tornei Rio-San Paolo nel 1957 e nel 1960, prima di andare in Europa a fare le fortune del Valencia. Il suo senso del gol lo ha incoronato capocannoniere del campionato carioca nel 1956, nonché Pichichi in Spagna nel 1967. Venendo ad anni più recenti, riteniamo che Fred possa essere un’ottima alternativa. Noto al pubblico medio europeo per l’avventura in Francia con il Lione e per le prestazioni non proprio esaltanti al mondiale casalingo del 2014, Fred rimane un attaccante di primissimo piano per il calcio brasiliano, idolo della tifoseria Tricolor che nel 2022 in occasione dell’addio dell’attaccante lo ha omaggiato con una commossa coreografia con scritto “Eterno”. Brasiliano atipico, centravanti di sostanza, salvatosi a suon di gol dall’alcol e dalla depressione, segna 199 con la maglia del Fluminense e vince due titoli. In nazionale è grande protagonista della Confederation Cup 2013, che vince da capocannoniere ex aequo con Fernando Torres con 5 reti.
Articolo a cura di FRANCESCO BUFFOLI e TOMMASO CIUTI