Se le finali disputate tra squadre del medesimo paese, sia in Europa che in Sudamerica, si rivelano quasi sempre una delusione, i derby tra i giganti del Continente sono di norma molto più avvincenti, e la partita disputata ieri nel leggendario Maracanà di Rio de Janeiro non ha fatto eccezione.
Alla fine, ha prevalso con merito il Fluminense di Diniz, la squada che abbiamo celebrato negli scorsi mesi per la sua intelaiatura originale e un recupero a suo modo innovativo del canovaccio del calcio carioca più puro, quello che innalza la tecnica individuale e il suo uso collettivo a pilastri sui quali edificare tutto il gioco di squadra, e che si distanzia dal gioco di possesso in voga in Europa perché archivia l’ossessione per la gestione degli spazi, e la sostituisce con la ricerca continua di “relazioni” tra i giocatori in campo. Il Fluminense ha vinto per la prima volta la Copa a discapito di una delle grandi nobili del calcio mondiale, il Boca Juniors, che anche in quel di Rio ha potuto beneficiario del supporto impagabile della Doce e di decine di migliaia di tifosi.
La partita è stata bellissima, combattuta e si è incanalata sulla strada di quella follia che è appannaggio della seconda metà del cielo calcistico, una metà in cui le emozioni si vivono in forma amplificata.
Nel primo tempo, il Fluminense ha controllato a lungo il gioco, schiacciando il Boca nella sua area di rigore soprattutto nei primi venti minuti, e gestendo il pallone con la consueta, sublime qualità tecnica. Si sono visti sprazzi di dinizismo: Ganso, André, Arias e Martinelli sono giocatori tecnicamente eccelsi e anche se il vecchio dieci gioca praticamente da fermo, la sua capacità di gestire la palla in spazi stretti e di vedere i compagni sul rettagolo di gioco, abbinata alla completa libertà che gli concede Diniz, lo rende un tassello fondamentale dell’allegra anarchia del Fluminense; un paio di spunti individuali, peraltro, mi hanno fatto saltare sulla sedia, e il gol di Germán Cano, vero e proprio mattatore della competizione. è giunto a coronamento di un’azione palla a terra che è dinizismo puro.
Nella ripresa, il Boca Juniors ha alzato il clima della contesa, specie sul piano agonistico, e il Fluminense ha cominciato a sentire la pressione della partita e di un successo atteso da decenni: la storia insegna che per i brasiliani giocare partite decisive al Maracanà si trasforma spesso in un incubo e il secondo tempo, per larghi tratti, ha confermato la grande emotività delle squadre del grande paese sudamericano. Il Boca, non avendo nulla da perdere, ha alzato il baricentro, ha iniziato a far girare meglio il pallone e si è reso pericoloso in un paio di occasioni. Il gol del pareggio è giunto quindi solo parzialmente inatteso: il laterale destro peruviano Advíncula, veterano della sua nazionale, ha lasciato partire dal limite dell’area un sinistro letale e ha punito il quarantatreenne Fábio Deivson, complice un Marcelo tutt’altro che inapputabile nell’occasione. L’ex terzino del Real Madrid, protagonista di una prova incolore, ha di fatto consentito al dirimpettaio del Boca di accentrarsi e di prendere la mira senza quasi provare ad ostacolarlo.
Dopo il pareggio, giunto al minuto 73, sugli spalti del Maracanà si è consumata una tragedia anticipata: le telecamere hanno immortalato decine di tifosi in lacrime e per qualche momento il Fluminense è sembrato in preda degli stessi fantasmi che hanno rovesciato il pronostico e la storia nel 1950, o che hanno condannato i verdeoro a un’umiliazione senza precedenti nove anni fa. Per sua fortuna, il gruppo allenato da Diniz ha saputo riassestarsi e e ha ricominciato a macinare il suo gioco fatto di fraseggi stretti e spunti individuali, e proprio allo scadere il subentrato Barbosa, che ha sostituito Marcelo, si è divorato un gol fatto, dopo essere stato messo davanti alla porta da un passaggio illuminante. Il tessitore sembrava aver optato per l’ennesima lotteria dei calci di rigore, ma nel primo tempo supplementare John Kennedy, entrato al posto di un Cano stanchissimo, ha firmato il gol del 2-1 a conclusione di un’azione meravigliosa, quasi il paradigma del calcio baialdo, con un destro dal limite potente e preciso.
A questo punto, qualcosa ha fatto detonare la follia che spesso si impadronisce delle partite calde in Sudamerica: Kennedy ha pensato bene di esultare immergendosi tra i tifosi e creando scompiglio sulle tribune, ed è stato subito espulso, lasciando i suoi in dieci con un’azione avventata e assurda. Per fortuna dei brasiliani, ancora prima della fine del primo tempo supplementare gli argentini hanno pareggiato il conto delle follie e il difensore del Boca Fabra, nel corso di una mischia, ha pensato bene di colpire il capitano avversario Nino con una manata in faccia, sferrata con una rabbia inspiegabile e digrignando i denti, e il VAR ha decretato la sua esplusione. Nel secondo tempo supplementare, il Boca ha quasi assediato e con la forza della disperazione un Fluminense parso quasi bollito, senza però creare occasioni da gol pulite, mentre il Fluminense ha sfiorato il 3-1 dopo una ripartenza veloce che si è conclusa con il pallone sul palo.
Il primo successo del Flu è la conferma della superiorità del calcio brasiliano sugli altri movimenti continentali. Il mondiale per club che ci attende a fine dicembre vede chiaramente il Manchester City favorito, sia perché la sua rosa è chiaramente superiore a quella del collettivo di Diniz, sia in ragione del diverso momento della stagione in cui arriva il torneo: a dicembre, per i sudamericani è piena estate e spesso i brasiliani arrivano logorati da stagioni infinite, in cui giocano oltre sessanta partite. In ogni caso, il Fluminense, se in condizione, ha le carte in regola per provare quantomeno a infastidire lo squadrone di Guardiola, e l’auspicata finale sarebbe un magnifico confronto tra il gioco di possesso posizionale di noi europei e quello aposizionale e magico che è proprio solo dei sudamericani.
Il tabellino
FLUMINENSE-BOCA JUNIORS 2-1 dts
Marcatori: 36′ Cano (F), 73′ Advincula (B), 99′ Kennedy (F).
Fluminense (4-2-3-1): Fabio; Xavier (85′ Guga), Nino, Melo (52′ Marlon), Marcelo (80′ Barbosa); Martinelli (80′ Lima), Andre; Arias, Ganso (80′ Kennedy), Keno (103′ Braz); Cano. All. Diniz.
Boca Juniors (4-4-2): Romero; Advincula; Figal (113′ Valdez), Valentini, Fabra; Medina (106′ Taborda), Fernandez, I. Fernandez (106′ Saracchi), Barco (79′ Langoni), Merentiel (91′ Janson), Cavani (78′ Benedetto). All. Almiron.
Note: ammoniti Cavani (B), Keno (F), Figal (B), Langoni (B), Nino (F). Espulsi Kennedy (F), Fabra (B).
IL MIGLIORE Germán Cano
Nel Fluminense sono positivi André (per lui è facile pronosticare un futuro da protagonista anche in Europa) e Arias, ma la palma di migliore in campo la merita Cano, uno dei non rarissimi eroi per caso del calcio sudamericano, un attaccante argentino che dopo una carriera da comprimario si è scoperto giocatore decisivo a Rio e a trentacinque anni, segnando tutte le reti determinanti del torneo e sbloccando anche la finale.
IL PEGGIORE Edinson Cavani
Il leggendario Matador è stato invece, a mio avviso, il peggiore in campo: quasi sempre ai margini del gioco, ha sbagliato quasi tutti i palloni che ha toccato ed è parso irriconoscibile rispetto al campione ammirato a lungo a Napoli e a Parigi.