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Tutto molto bello: addio a Bruno Pizzul, maestro di calcio

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Si è spento a tre giorni dal suo 87° compleanno Bruno Pizzul, indimenticato maestro di calcio e di giornalismo, voce della nazionale italiana in tante edizioni di Mondiali ed Europei. Giuseppe Raspanti e Alessandro Sartore tratteggiano due ritratti del grande telecronista.

Una voce rassicurante, capace di conquistare tutti

di Giuseppe Raspanti

Lo spegnersi delle voci, magari una a una e nel modo che ci siamo abituati a considerare naturale, non è un bel segnale. E quando queste voci sono state proprio tali nella nostra vita, parenti dal volto sconosciuto eppur quasi quotidiani per abitudine perfino affettuosa, il loro spegnersi avvicina in modo preoccupante il silenzio, il vuoto.

Bruno Pizzul, andatosene a 86 anni, è stato per anni il nostro delegato in presenza delle partite della Nazionale di Calcio e delle squadre italiane impegnate in qualche competizione internazionale. Di lui sappiamo che era orgogliosamente friulano, che ha giocato nel Catania, che ha lasciato una cattedra di Lettere per fare il telecronista e che non ha mai guidato un’auto in vita sua.

Non sappiamo se fosse tifoso di qualche squadra, ma non possiamo neppure dire, come invece per tanti altri suoi colleghi, se la sua professionalità fosse tale da camuffare qualunque tendenza. Non lo sappiamo per il semplice fatto che la sua carriera, nel senso del prestigio d’evento, è stata fulminea e che lo messo direttamente alle spalle immediate di un monumento del settore come Nando Martellini, a occuparsi appunto di azzurri o di italiane contro estere.
Con la sua voce incredibile, come vedremo, e inconfondibile, è stato quindi un telecronista con la licenza di parteggiare, di tifare perfino, e quindi di gioire o soffrire insieme ai tanti divanisti che attendevano fiduciosi.

A tal proposito, è opportuno sottolineare che Pizzul è stato il primo della stirpe gloriosa delle voci ufficiali della Nazionale a nascere direttamente con la tv, mentre i due suoi grandi predecessori, Niccolò Carosio e, appunto, Nando Martellini provenivano da esperienze radiofoniche. Un mondo, quello della radio, dove l’attesa era veramente fiduciosa oltre che spasmodica e in cui il modo di raccontare in diretta doveva costruire e popolare l’immaginario. Sia Carosio che il suo successore hanno quindi dovuto reinventarsi poi commentatori di immagini e quindi hanno anche dovuto aggiustare stile e attenzione ai dettagli per un pubblico sempre più esigente e meno tollerante alle licenze sulla realtà.

Tranne che sulle questioni arbitrali… Pizzul, si diceva, ha avuto il vantaggio di impattare subito con le immagini televisive, ma ha avuto il grande merito di non limitarsi a farne da sottofondo parlato, ma le ha condite con considerazioni tecniche molto competenti e acute, proprio da ex giocatore promettente che aveva sbattuto contro la malasorte di un ginocchio in frantumi. Non raggiungendo certo la verve puntuale ma trasgressiva, di un Rino Tommasi, altra voce spenta in questo 2025, Pizzul basava la sua professionalità molto alta sulla pacatezza, ereditata da Martellini ma insaporita da una punta di brio che lasciava profumare l’aria, e dalla modularità spettacolare dei suoi toni.

Non si capiva, finché molti anni dopo è vista la sua figura imponente colloquiare in qualche salotto televisivo, se il suo fosse un vezzo, un espediente voluto o se la sua voce costituisse un fenomeno più unico che raro, spiazzante ma gradevole. Un suono profondo, da baritono al limite del basso, ma striato da note acute, quasi di falsetto e uscite a caso e inaspettate, con un ritorno poi alla tonalità iniziale che colorava ogni sua frase come fosse un paesaggio colto di passaggio, dal finestrino di un treno in corsa. Sembra tutto ciò un elemento superfluo, una caratteristica curiosa e poco più, ma crediamo che nel periodo così attento agli urti, così giocoforza piatto e rassicurante, lontano per patto d’assunzione a ogni vaga idea di disallineamento, avere nell’intonazione quell’impennata ironica, quella deviazione nell’altrove, fosse una dote non trascurabile, un’acuta spia di personalità.

Con Pizzul, nella tv di Stato e per le partite delle squadre di Stato, nasce uno stile. E quello stile, oggi vogliamo riecheggiare, da quel passaggio a Dino Baggio alle Domeniche Sportive estive, dal tiro uscito di un niente alle confessioni di un friulano in Sicilia. E poi, uscendo dal calcio, dalla lunga telecronaca dell’arrivo del nuovo millennio, dalle Samoa a Roma, alla chiacchierata con Augias in cui ha confessato, con un’ironia finalmente libera, di aver sempre preferito un buon​ bicchiere in più di Ribolla Gialla alla guida di un’automobile: ‘Guida meno, ricordati che devi bere’ dicono in Friuli.
Grazie, Bruno. Il silenzio ti sia di conforto.

Garbato e misurato, è stato un’icona del nostro giornalismo

di Alessandro Sartore

“Signori all’ascolto, buonasera. Siete collegati in diretta con lo stadio” le parole con cui Bruno Pizzul salutava i telespettatori in avvio di telecronaca ci dicono molto dell’uomo e del professionista che è stato.

Garbato e competente, dotato di misura tanto nei momenti felici quanto in quelli drammatici, di lui ricorderemo sempre le tante telecronache degli azzurri – ha raccontato tutte le partite della Nazionale tra il 1986 ed il 2002, dalle ‘Notti magiche’ di Italia ’90 all’amara eliminazione contro la Corea del Sud nei Mondiali nippo-coreani – e delle nostre squadre italiane nelle coppe internazionali.

Nel 1985 fu il commentatore della finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool nella tragica notte dell’Heysel. Di quella telecronaca restano nella memoria il perfetto tono del racconto giornalistico “Lo sportivo esulti per questo successo della Juve e del calcio italiano” furono le sue parole al fischio finale, a cui però aggiunse “L’uomo conservi l’amarezza e il dolore di una serata resa luttuosa da quanto accaduto prima”.

Icona del giornalismo italiano, raccolse il testimone di prima voce della Nazionale da un altro grande professionista quale Nando Martellini. Nonostante abbia accompagnato il cammino degli Azzurri in cinque Mondiali e quattro Europei, a Pizzul è mancata la gioia di raccontare una vittoria ‘importante’, ma è ugualmente entrato nel cuore degli sportivi italiani, che in queste ore lo stanno salutando con grande affetto.

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