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L’evoluzione del calcio inglese (1980-1990): la decade che cambierà per sempre il calcio di Sua Maestà

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Una brusca svolta a destra anche nel calcio

Gli Anni Ottanta sono stati un periodo storico decisivo per le sorti del Regno Unito, in ambito politico e non solo. Si può dire senza essere retorici che la società britannica di oggi sia frutto delle scelte a livello politico ed economico che furono prese in quel decennio grazie alla controversa politica del tatcherismo e nel calcio è successa un po’ la stessa cosa. E che sia esistita un’Inghilterra prima di Margareth Tatcher ed una dopo ed un calcio inglese prima della Tragedia dell’Heysel del 1985 ed uno dopo.

Così come in politica, lo spostamento a “destra” è stato evidente anche nell’evoluzione del movimento calcistico inglese. La fine del miracoloso Nottingham Forest di Brian Clough (per altro strenuo oppositore delle politiche antioperaie thatcheriane), l’attenuarsi del ciclo del Liverpool, che comunque a livello europeo vince un’altra Coppa dei Campioni nel 1981 dando il bis nel 1984 contro la Roma, fanno emergere tutta una serie di squadre che praticano un calcio agli antipodi del passing game sfoggiato negli Anni Settanta.

A contribuire a questo brusco cambio di paradigma è anche il cambio ai vertici della F.A. che si concretizza nel 1983 con l’abbandono del “progressista” Allen Wade, l’uomo che dopo il 1966 aveva cresciuto una generazione irripetibile di grandi allenatori inglesi, il quale fu sostituito da Charles Hughes, un fanatico della long ball ostile a qualsiasi “contaminazione” del football inglese con quello dei continentali.

Il risultato di questa “sterzata” è visibile anche sul campo e sul palmares del calcio di Sua Maestà in queste stagioni. L’ultima squadra “belgiochista” in un certo senso è il Tottenham che si aggiudica la F.A Cup nel 1980/81 e la Coppa UEFA nel 1983/84, soprattutto la prima edizione vede gli Spurs schierare un centrocampo da favola con i fue argentini Ardiles e Villa e l’inglese atipico Glenn Hoddle (uno dei giocatori più eleganti mai partoriti oltremanica) schierato esterno di fascia destra.

Gli argentini Osvaldo Ardiles e Ricky Villa in posa con l’F.A. Cup nel 1981

 Nel 1981/82 il filotto inglese in Coppa Campioni viene proseguito dall’Aston Villa che un po’ a sorpresa si aggiudica la coppa dalle grandi orecchie in quanto in campionato, dopo l’inaspettata vittoria dell’anno precedente, lambiva nell’anonimato del centroclassifica. I Villans, nel corso dell’annata, avevano addirittura sostituito il tecnico (fautore del miracolo Villa) Ron Saunders con il suo vice Tony Barton. Però, nella finalissima disputata al de Kuip di Rotterdam, l’Aston Villa imbriglia il favorito Bayern con il suo 4-4-2 scolastico e quadrato che fa affidamento alla regia del regista Gordon Cowans in mezzo e alla fisicità delle due punte Shaw e White, abilissime nel gioco aereo. Una squadra tipicamente “pane e salame” quindi che in quella storica finale riesce ad imporsi grazie alle grandi parate del portiere di riserva Nigel Spink, che nel corso della partita aveva sostituito il titolare Jimmy Rimmer.

L’Aston Villa in posa prima della finalissma di Coppa Campioni contro il Bayern Monaco nel 1982.

Nella stagione successiva (1982/83) l’“attrazione” della First Division è la squadra di un grigio sobborgo londinese, Watford, che ha come presidente il cantante Elton John e manager uno degli allenatori del periodo più originali ed innovativi del periodo, stiamo parlando di Graham Taylor. Taylor, che ha portato il Watford dalla Fourth Division ad essere la seconda squadra più forte dell’Inghilterra nel giro di sei stagioni, è un convinto fautore della “long ball” e di un gioco verticale e diretto come da tradizione inglese. Ex semisconosciuto calciatore di Third Division negli Anni Sessanta, Taylor dice di ispirarsi a due “santoni” della palla lunga come Charles Reep, il padre della match analysys e Stan Cullis, grande tecnico del Wolverhampton degli Anni Cinquanta. Ciò che salta all’occhio del Watford è però la sua organizzazione collettiva davvero sofisticata: i giallorossi infatti giocano con i tre reparti sempre cortissimi con le due ali Barnes e Callaghan che partono quasi allineate con le due punte Johnson e Reilly. La difesa a quattro è schierata per la prima volta a semicerchio in fase di costruzione con i difensori che hanno il compito di lanciare la palla il più rapidamente possibile verso l’attacco.

Graham Taylor ed Elton John, un duo che ha fatto la storia del Watford.

Nella stagione 1983/84 il Watford perde la finale di F.A. Cup contro l’Everton: la seconda squadra di Liverpool a metà degli Anni Ottanta vive un ottimo ciclo, ancora una volta parzialmente oscurato dai successi dei vicini Reds, grazie all’arrivo sulla panchina della leggenda Howard Kendall, che ha scelto come sue vice un altro membro della “Holy Thrinity” dei Toffee’s e cioè Colin Harvey, che sarà la vera mente tattica dietro ai successi della squadra in maglia blu (F.A. Cup nel 1983/84, campionato nel 1984/1985 e nel 1986/1987 e Coppa UEFA nel 1984/85). Harvey è uno dei primi ad introdurre oltremanica la video analisi delle partite nonché a perfezionare il concetto di pressing, concetto utilizzato dalle squadre inglesi spesso in modo disordinato. L’Everton invece è una squadra che, pur giocando un calcio diretto e senza fronzoli, sa attuare una grande fase di pressione a centrocampo con raddoppi costanti di marcature sui portatori avversari. Tutti concetti che staranno alla base del gegenpressing attualmente utilizzato dall’altra squadra di Liverpool, i Reds di Jürgen Klopp.

La finale di Coppa UEFA del 1985 vinta dall’Everton sul Rapid Vienna.

Se in campionato il duo del Mersey Everton e Liverpool spadroneggia dal 1981 al 1988, in F.A. Cup come da tradizione l’equilibrio è più accentuato e nelle stagioni 1986/87 e 1988/89 a spuntarla sono due squadre “bread and butter” come il Coventry City e soprattutto il Wimbledon, forse la squadra simbolo del calcio inglese di questo periodo, che riescono a sconfiggere due avversari più quotati come il Tottenham e il Liverpool grazie ad un calcio molto pragmatico ed utilitaristico. Il Coventry è una squadra che pratica un gioco con la palla lunga “moderato” e che si basa molto sugli spunti delle due ali Bennett e Pickering, i due giocatori più importanti della squadra biancazzurra.

La “crazy gang” di Bobby Gould invece gioca una “long ball” ad altissima intensità tanto che la squadra del famoso sobborgo “tennistico” londinese divide molto l’opinione pubblica britannica. La squadra gialloblù pratica una specie di catenaccio ad oltranza in salsa inglese: l’organizzazione collettiva lascia a desiderare perché la squadra gioca letteralmente arroccata al limite dell’area, richiamando in estenuanti ripiegamenti difensivi le due punte Fashanu e Gibson. L’unica cosa sulla quale il Wimbledon ha una certa organizzazione sono i calci piazzati, fondamentale in cui la squadra di Londra sa rendersi sempre pericolosa grazie alla fisicità di molti suoi giocatori (soprattutto il fallosissimo mediano Vinnie Jones).

Il Wimbledon festeggia l’F.A. Cup nel 1989.

La stagione 1988/89 è in un certo senso la fotografia più nitida delle condizioni del calcio inglese di fine Anni Ottanta: l’annata è contraddistinta dalla tragedia dell’Hillsbrough di Sheffield del 15 aprile che porterà il Governo Tatcher con il Rapporto Taylor a dare la prima grande riorganizzazione degli spazi all’interno degli stadi inglesi con posti a sedere obbligatori e carta d’identità obbligatoria per i tifosi. Inizia qui il processo che porterà il football d’oltremanica a trasformarsi da sport popolare ad una sorta di intrattenimento per borghesi benestanti.

Il campionato è di una mediocrità senza precedenti: il modesto Arsenal di George Graham e un Liverpool a fine ciclo battagliano testa a testa per il titolo fino all’ultima giornata del campionato quando all’Anfield Road va in programma lo scontro diretto. Al fatidico giorno il  Liverpool è in tal comando con 76 punti ed una differenza reti di +39 (65 reti fatte e 26 subite), mentre l’Arsenal segue a ruota con 73 punti ed una differenza reti di +35 (71 reti fatte e 36 subite): per vincere il titolo i Gunners devono quindi vincere con almeno due gol di scarto. Questo match non sarà tramandato ai prossimi solamente per aver ispirato il famoso romanzo/film Febbre a 90° di Nick Horby ma anche per l’inedita strategia tattica utilizzata dai londinesi che sono scesi in campo con un inedito 3-4-3 che in fase difensiva si trasforma in un abbottonatissimo 5-4-1. Grazie anche a questa novità, dopo oltre vent’anni di 4-4-2 tramandato quasi a memoria, l’Arsenal riesce a compiere l’impresa vincendo 2-0 grazie al famoso gol di Thomas al minuto novantuno della contesa.

La sintesi di Liverpool-Arsenal, ultima giornata della First Division 1988/89.

L’evoluzione della Nazionale: dieci anni sulle montagne russe

Capitolo nazionale: gli Anni Ottanta sono un periodo di parziale riscatto per la selezione dei Tre Leoni che però continua a dimostrare di soffrire una certa idiosincrasia per i grandi appuntamenti internazionali. Nel 1982 gli inglesi tornano a disputare una fase finale dei campionati del mondo in Spagna: la selezione di Ron Greenwood è molto quotata anche se probabilmente inferiore a molte altre big della rassegna (citiamo alla rinfusa Italia, Germania, Francia, Argentina e Brasile). Big Ron ha inoltre la sfortuna di giungere all’appuntamento con le sue due anziane stelle (Keegan e Brooking) non in forma dal punto di vista fisico. Nonostante gli inglesi riescano a superare il primo girone in modo abbastanza brillante (spicca il 3 a 1 in apertura sulla fortissima quanto odiata Francia) nella seconda fase la selezione in maglia bianca fa più fatica collezionando due 0-0 (contro Germania e Spagna) che non le permettono di raggiungere la semifinale.

La rosa della Nazionale inglese in posa per i mondiali del 1982.

Dopo il tutto sommato buon risultato ai mondiali spagnoli la Football Association decide di dare il benservito a Greenwood sostituendolo con quello che allora veniva reputato il miglior tecnico inglese in circolazione: Bobby Robson. Abbiamo già visto nella scorsa puntata come Robson rappresenti una sorta di “Giano Bifronte” del football britannico, cioè un tecnico pragmatico che con il suo Ipswich ha fatto vedere un calcio che ha saputo ben mixare elementi di novità ad altri più tradizionali. Un tecnico che nel corso della sua lunghissima carriera non è stato ancorato a nessun dogma e che, non a caso, sarà il padre putativo di un altro grande allenatore portoghese che fa della flessibilità il suo marchio di fabbrica: José Mourinho.

Curiosamente Robson, che non ha mai nascosto di amare un calcio palla a terra (che lui definisce “carpet football”), viene nominato C.T. da Hughes che come abbiamo visto, dal punto di vista calcistico era un vero e proprio fanatico del gioco tradizionale del “calcia e corri”. L’ex tecnico dell’Ipswich non inizia bene la sua avventura da CT mancando la qualificazione ad Euro 1984 a causa della Danimarca di Sepp Piontek, un risultato che a posteriori può scagionare il tecnico di Sacriston in quanto i danesi si riveleranno una delle squadre più forti e temute del decennio. Ai mondiali del 1986 l’Inghilterra ben figura, nonostante un clima tradizionalmente ostile ai suoi calciatori, e torna  a casa solamente perché l’Argentina dispone di uno dei più grandi fuoriclasse della storia del calcio che s’inventa letteralmente i due gol (uno di mano, l’altro scartando mezza Inghilterra) che mandano a casa i Tre Leoni.

Dal punto di vista tattico Robson in veste C.T. dell’Inghilterra conferma la sua capacità di mediare più istanze calcistiche diverse: conferma il tradizionale 4-4-2 come schema base di gioco anche se in attacco gioca con trame più palla a terra vista la presenza come terminali offensivi di due attaccanti brevilinei come Gary Lineker (la stella indiscussa della nazionale) e Peter Beardsley.

L’unico grosso neo nell’avventura da commissario tecnico di Sir Bobby è il rendimento agli europei del 1988: l’Inghilterra raggiunge sì la fase finale, ma colleziona tre sconfitte in tre partite, di cui una storica e sanguinosissima contro l’Eire di Jack Charlton, una nazionale che pratica un calcio molto essenziale di stile inglese basato su corsa e lanci lunghi. Dopo l’estate del 1988 Robson viene letteralmente preso di mira dai tabloid e dai media britannici che in due anni scatenano contro il CT una vera e propria persecuzione (“Nel nome di Allah vattene!” il titolo del Mirror dopo una storica sconfitta contro l’Arabia Saudita in un’amichevole). L’Inghilterra sembra quindi smarrirsi anche sul campo tanto da disputare una qualificazione ai mondiali del 1990 sotto tono con i Three Lions che riescono ad ottenere il pass per Italia ’90 solo grazie alle parate del portiere quarantenne Shilton, uno dei giocatori più fedeli al C.T.

La storica sconfitta contro l’Eire ad Euro 1988.

Le Notti Magiche del 1990 sono un’autentica corsa sulle montagne russe per la selezione inglese che esordisce con un deludente 1 a 1 a Cagliari contro la bestia nera Eire: ancora una volta il calcio diretto palla lunga e pedalare di Jack Charlton riesce a imbrigliare quello più compassato praticato dagli uomini di Robson. In una tempesta di polemiche Robson, che ha perso per infortunio il suo capitano nonché omonimo Brian, cioè l’architrave del centrocampo inglese, rivolta come un calzino la squadra optando per un inedito 3-4-3 con Mark Wright che agisce quasi da libero staccato nella retroguardia a tre. L’Inghilterra pareggia contro l’Olanda, batte con un soffertissimo 1-0 l’Egitto (gol di Wright) e si qualifica agli ottavi di finale tirando un grandissimo sospiro di sollievo.

Nei turni di qualificazione l’Inghilterra continua a camminare sul filo del rasoio ma riesce a spuntarla sia contro l’osticissimo Belgio (gol di Platt al 119’) che contro il Camerun in rimonta, ancora ai supplementari (rigore decisivo di Lineker). In semifinale l’Inghilterra affronta la Germania, gioca meglio dei tedeschi, riacciuffando con merito un gol su punizione di Brehme deviato in gol dalla barriera con una palombella che ha sfidato ogni legge della fisica. Ai rigori però prevalgono i teutonici, futuri campioni del mondo, e l’episodio farà dire a Lineker uno degli epitaffi più belli della storia del calcio: “22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince!”. Si chiude così con un quarto posto che tutt’ora rappresenta il miglior traguardo del post 1966 otto anni di gestione Robson a fasi alterne. Il successore del futuro Sir Bobby, Graham Taylor, voluto fortissimamente da Charles Hughes perché molto affine alle sue idee calcistiche, non si rivelerà però all’altezza di gestire una nazionale così prestigiosa ma decadente.

La Nazionale inglese in posa prima del quarto di finale contro il Camerun nel 1990.

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