In una plumbea giornata d’inverno, il prato di Anfield brillava come un palcoscenico di velluto verde sotto un cielo che minacciava di esplodere in un assolo di pioggia. Era una di quelle partite attese con il fiato sospeso, come una sinfonia che prometteva di scuotere le anime di chi aveva la fortuna di assistervi. Liverpool e Manchester United schieravano i loro uomini migliori, pronti a dare vita a una danza frenetica e inebriante, al ritmo di uno spartito sconosciuto.
Liverpool, Anfield Road, 4 gennaio 1994
La partita si aprì con un impeto improvviso, un crescendo travolgente degno delle migliori partiture di un compositore del post-moderno. Il Manchester United avanzò con la sicurezza di una prima donna, con quel suo carattere plasmato da Sir Alex Ferguson che sarà l’arma segreta del suo futuro “Double” a fine stagione (Premier+ FA Cup) . Fu Steve Bruce a rompere il ghiaccio, come un contrabbasso che determinato e sicuro, intona il tema principale. E non si dovette attendere molto prima che Ryan Giggs, con una falcata che sembrava composta di pura melodia, segnasse il secondo, rendendo la Kop silenziosa e pensierosa allo stesso tempo.
Lo United in vantaggio di due goal fuori casa ad Anfield! Quasi un accordo di jazz totalmente dissonante oserei dire. Un goal stupendo fra l’altro e di una bellezza accecante per tutti gli amanti del “Beautiful Game”. Un goal che mostrò al mondo tutta la tecnica e l’eleganza di una giovane ala sinistra gallese che definire “awesome” è un mero complimento di cortesia.
Se l’essere in vantaggio dopo nemmeno 25 minuti di 2-0 poteva sembrare ai più una dolce utopia figuriamoci come si sarà sentito Souness quando Denis Irwin, terzino sinistro dal piede più che educato e da sempre sottovalutato misteriosamente dai media, decise che lo spettacolo doveva assolutamente toccare vette vertiginose con un gol su punizione che sferzò l’aria come un acuto in una melodia teatralmente orchestrata. Sembrava tutto deciso, il risultato scolpito nell’immaginario collettivo: i Red Devils che espugnano il fortino di Anfield Road con un beffardo 0-3! It’s such a Dream!
Eppure, Il Gioco (The Game , come lo chiamano dalle mie parti), così come la musica, ama le dissonanze impreviste e nulla è compiuto fino all’ultimo movimento. Il Liverpool, mai avvezzo a cedere la bacchetta così facilmente (i tifosi del Milan lo impareranno a caro prezzo 13 anni dopo) , risorse nei suoi momenti più disperati guidati dalla litania ossessiva dei suoi supporters. Già, quella “You’ll never walk alone” che quando le cose vanno male sembra agire come d’incanto nelle teste dei suoi giocatori. Nigel Clough, con l’eleganza di un pianista al suo strumento, infilò la difesa avversaria, due volte, con colpi che sembravano sfere di mercurio destinate a segnare l’inevitabile: il 2-3 improvviso e letale che rianimava il respiro della Kop e riapriva difatti il match.
Ci penserà un po’ Souness con la sua accortezza tattica inserendo lo scandinavo Bjornebye sulla sinistra e un uomo dal carattere rude e tipicamente scouser come Neil Ruddock, ribattezzato dagli amici più intimi “The Tower”, che si elevò sulle punte come un tenore baritonale per incornare un cross perfetto del terzino norvegese dentro la porta difesa da Schmeichel, regalando così agli spettatori quel 3-3 che riportò equilibrio alla confusa armonia della partita.
Gli animi restarono accesi fino alla fine, come archi vibranti sul punto di spezzarsi. I cartellini gialli sventolarono nell’aria come note di avvertimento, ammonendo chi troppo si lasciava trascinare dall’estasi del gioco. Fu una partita che non si dimenticherà nessuno dalle parti del fiume Mersey , un’epifania di emozioni e passioni che sollevarono lo spirito dai torpori invernali con un risultato che fece da preludio alla spettacolarità che avrebbe contraddistinto la Premier League negli anni a venire, soprattutto il Derby del North-West.
In chiusura, mentre il sole ormai calante si specchiava negli occhi di chi si attardava per un ultimo saluto ai protagonisti in campo, riecheggiavano negli altoparlanti di Anfield le parole degli Echo & The Bunnymen: “Nothing ever lasts forever”, monito sublime che incarnava l’effimera bellezza di quei novanta minuti, destinati a vivere per sempre nei cuori di chi li visse.
Le pagelle – Liverpool
IL MIGLIORE: Clough 8
Il figlio del grande Brian sebbene a Liverpool sia rimasto per poco ha saputo lasciare il segno con una storica doppietta contro i rivali di sempre. Prestazione sontuosa dell’attaccante inglese che oltre ai due gol semina panico appena ha un minimo di spazio.
Raddock 7 Un faro al centro della difesa… e dell’attacco! Difensore roccioso, di quelli poco attenti all’impostazione ma più avvezzi allo scontro fisico. Colpisce di testa il cross al bacio di Bjornebye per il 3-3.
Redknapp 6,5 Il “Wonderkid” come lo chiamavano ai tempi delle giovanili con i Reds . Giocatore per il quale stravedevo ma che per colpa degli infortuni riuscirò a godermi ben poco. In questo derby gioca una partita d’ordine ma con un carisma da veterano
Rush 5 Siamo alla fine di un’epoca per il gallese. Gli ultimi canti del cigno. Ma non oggi, non in questa partita dove appare abbastanza fuori fase.
Le pagelle – Manchester United
IL MIGLIORE: Giggs 8
Giocatore straordinario sin dai primi pulpiti. Dribbling, corsa, fantasia , intensità con un goal a fare da ciliegina sulla torta degno della sua immensa classe.
Irwin 7,5 Uno degli “underdog” per eccellenza. Si scriverà sempre poco del terzino sinistro irlandese. Giocatore eccellente per piede e dinamicità affronta l’urlo di Anfield come fosse un campo della periferia di Barnet. Leader Maximo.
Bruce 6,5 Segna il goal del vantaggio su assist di Cantona e poi lotta e si dimena per tutta la partita come un vero Mastiff di Blackpool. Spirito indomito.
Cantona 6 Nonostante l’assist per Stevie B. ci si aspetta sempre di più da “Eric The King”. Non è la sua migliore partita ma nemmeno da buttare tutto il lavoro sporco che compie muovendosi là davanti.