Immagine di copertina: il Chelsea ha già annunciato dal prossimo anno l’acquisto del talento brasiliano Estêvão Willian
Nel vasto pantheon del calcio mondiale, vi sono momenti in cui il firmamento si arricchisce di nuove stelle, luminosissime, capaci di risvegliare negli animi dei tifosi quella speranza di meraviglia che il gioco sa regalare. In un’epoca in cui tattica e pragmatismo sembrano talvolta soffocare il respiro poetico del pallone, emergono giovani come Claudio Echeverri, Gianluca Prestianni, Gianmarco Mastantuono ed Estevão Willian, ognuno con il suo stile, ognuno con la sua scintilla, ma tutti accomunati da un talento che non è di questo mondo.
Ma il calcio è anche danza, anima e poesia. Se il calcio è danza, Carboni, Guilherme e Moscardo sono coreografi d’eccezione, capaci di intrecciare passi di tango e samba in una narrazione epica che si nutre di sudore e sogni. Jorge Luis Borges una volta scrisse: «La gloria è un’ombra fugace che danza sui campi del possibile». E in questa danza, questi tre giovani non sono altro che gli autori di un poema infinito, dove ogni tocco, ogni movimento, ogni gol è un verso immortale.
Claudio Echeverri
Il direttore d’orchestra del futuro
Echeverri, classe 2006, è il frutto più maturo di una scuola argentina che da sempre sforna fantasisti con la grazia di un tango. Non è solo un trequartista: è un artista che dipinge traiettorie impossibili con il pennello dei suoi piedi. Guardarlo giocare è come assistere a una sinfonia di Ravel, dove ogni nota si incastra perfettamente nella melodia complessiva.
Sul piano tecnico, Echeverri brilla per la sua visione di gioco: vede corridoi dove gli altri vedono muri, anticipa il movimento dei compagni con passaggi millimetrici. Ma è nella capacità di accelerare l’azione, di spezzare il ritmo con una giocata inattesa, che si manifesta la sua vera grandezza. Se Messi era l’uomo che ballava con la palla, Echeverri sembra danzare con il tempo stesso, rallentandolo o velocizzandolo a piacimento.
Gianluca Prestianni
Il fulmine argentino
Più deflagrante di un temporale estivo, Prestianni rappresenta il lato selvaggio del talento. Veloce, letale nell’uno contro uno, con un dribbling che sa di imprendibilità, questo giovane argentino è l’incarnazione dell’estetica del caos. Dove Echeverri costruisce, Prestianni distrugge, scardinando difese con movimenti imprevedibili, quasi istintivi.
Prestianni ha dalla sua un’accelerazione che ricorda quella di un giovane Neymar: palla al piede, sembra fluttuare sull’erba, lasciando dietro di sé solo polvere e difensori stremati. Eppure, sotto questa verve anarchica si nasconde una sorprendente intelligenza calcistica: sa quando rallentare, quando servire il compagno, quando calciare in porta. La sua crescita sarà una questione di maturità, ma il talento è già cristallino.
Gianmarco Mastantuono
Il dominatore italico
Mastantuono è il manifesto del calcio moderno, una sintesi perfetta tra potenza e grazia. Italiano di origini, porta in campo il rigore della tradizione e l’audacia di chi vuole osare. Gioca a centrocampo come un condottiero rinascimentale: organizza, detta i tempi, si impone fisicamente ma con una leggerezza che disarma.
Dotato di una tecnica sopraffina, Mastantuono è l’incarnazione del “box-to-box” ideale: recupera palla, riparte, e non si tira indietro quando c’è da concludere. La sua intelligenza tattica, rara in un giocatore così giovane, lo rende già fondamentale per qualsiasi squadra. Se il calcio italiano è in cerca di un erede per i suoi maestri del passato, lo ha trovato in Mastantuono.
Estevão Willian
La rinascita della Ginga
Poi c’è lui, Estevão Willian, conosciuto dai più come Messinho. Già il soprannome è un manifesto di speranza, ma chiamarlo così è quasi riduttivo. Guardandolo giocare, il calcio brasiliano sembra essersi finalmente riappropriato della sua Ginga, quell’alchimia di tecnica, creatività e gioia che lo ha reso il mito che è.
Estevão non si limita a giocare a calcio: lui incanta. Ogni suo tocco è un tributo a Pelé, ogni dribbling una poesia, ogni assist un canto d’amore per il gioco. Con una naturalezza che rasenta il divino, unisce la velocità di un giaguaro alla precisione di un orologiaio svizzero.
Ma è nella sua capacità di sorprendere che risiede la sua grandezza. È come se il pallone, tra i suoi piedi, fosse animato da una volontà propria, deciso a danzare solo per lui. Estevão ha già dimostrato una maturità fuori dal comune: a soli 17 anni, prende decisioni in campo che calciatori di dieci anni più grandi esitano a prendere.
Se il talento è una promessa, Estevão è la certezza. Il calcio mondiale ha trovato in lui il suo nuovo profeta, e noi siamo i fortunati spettatori di questa rinascita. Sognare con Estevão significa immaginare un futuro dove il calcio non è solo competizione, ma arte pura. E in un mondo sempre più arido, lui è l’oasi che tutti stavamo aspettando.
Valentin Carboni
L’architetto delle illusioni
Il giovane Carboni, nato con il sole dell’Argentina sulla pelle e la malinconia del Río de la Plata nel cuore, incarna il perfetto amalgama tra poesia e geometria. La sua tecnica sembra un componimento di Borges: intricata, labirintica, ma mai priva di una logica superiore. Trequartista di natura, Carboni danza sulla trequarti come un equilibrista su un filo invisibile, con il pallone incollato al piede come un segreto da custodire.
La sua capacità di leggere il gioco è quasi medianica: vede corridoi dove altri vedono muri, disegna traiettorie che somigliano a pennellate di un impressionista. Il suo posizionamento tra le linee avversarie è un sussurro che destabilizza, un omaggio a chi sa che la vera forza risiede nell’inatteso.
Luis Guilherme
Il virtuoso ribelle
Luis Guilherme è un prodigio brasiliano che gioca con la sfrontatezza di chi sa che la bellezza non ammette compromessi. Ala o trequartista, il suo stile richiama il samba: un’esplosione di ritmo e creatività, un caleidoscopio di colori in movimento. I suoi dribbling sono versi di Vinícius de Moraes: seducenti, profondi, a tratti spietati.
Guilherme attacca la profondità con la voracità di chi sente il peso della storia verdeoro sulle spalle, ma non ne è schiacciato. Tatticamente, è un rompicapo: arretra per cucire il gioco, si accentra per diventare minaccia, ma vive nelle corsie laterali, dove il suo controllo palla e la sua accelerazione si trasformano in un’arma letale.
Gabriel Moscardo
Il direttore d’orchestra
E poi c’è Moscardo, che non corre: fluttua. Non impone il ritmo: lo sussurra. Mediano con il cuore da regista, è l’antitesi del caos. Il suo gioco è la poesia di Pablo Neruda: lento, cadenzato, ma capace di un’improvvisa accelerazione che sconvolge i sensi. Con un solo tocco sa spezzare le linee avversarie, con un passaggio può tessere trame che sembrano uscite da un telaio rinascimentale.
Moscardo non gioca per stupire, ma per comandare. La sua intelligenza tattica è il cuore di una squadra, un metronomo che dà vita al respiro collettivo. Difensivamente, la sua capacità di leggere le intenzioni altrui e posizionarsi con saggezza è pura alchimia.