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Le 5 migliori squadre europee dal 2001 al 2005

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Il nuovo millennio sovverte le gerarchie: l’egemonia italiana sull’Europa, messa severamente in discussione già nel 2000, con il 2001 alza definitivamente bandiera bianca. Il nuovo calcio è appannaggio di inglesi e spagnoli, che ne hanno codificato i principi mettendo a nudo la fragilità delle nostre convinzioni.

A posteriori, il 2003 rappresenta più che altro il colpo di coda, l’ultimo rantolo del calcio italiano delle due decadi precedenti, un po’ come il trionfo berlinese è una sorta di rivincita giunta quasi fuori tempo massimo, di riscatto tardivo dalle numerose e sfortunate delusioni azzurre dei tornei precedenti.

2000-2001

Il tradimento del secolo – Figo che trasloca a Madrid a suon di cifre record, e che pagherà il trasferimento con il risentimento imperituro dei catalani – arricchisce il Real Madrid campione d’Europa con uno dei migliori giocatori del mondo, reduce peraltro da un europeo straordinario. Il Real del 2000/2001, benché abbia perso il cervello di Redondo, è probabilmente più forte di quello campione d’Europa dell’anno precedente, ma in Champions inciampa nel Bayern operaio e combattivo di Scholl, Effenberg e Kahn. Nella Liga, invece, non c’è storia: ispirato dal miglior Raúl della carriera, lo squadrone blanco esprime forse il miglior calcio del continente e la nutrita concorrenza ispanica nulla può davanti alla sua superiorità tecnica, individuale e di squadra.

Il Bayern Monaco non ha i valori dei madrileni ma si prende la rivincita sul destino che due anni prima l’ha tradito. Se la finale di Milano è mortificante – chi scrive ricorda un Platini allibito in tribuna – il cammino dei bavaresi non lo è, perché la squadra del demiurgo Hitzfield elimina con merito il Manchester United e il Real Madrid, e sfiora l’en plein, vincendo anche la Bundesliga e la Coppa di Lega. La squadra, molto quadrata e poco votata a vezzi e svolazzi, si affida ai guantoni di Kahn, alla regia illuminata del “cattivo” Effenberg, alla qualità di Mehmet Scholl, alla grinta e alla corsa di Jens Jeremies. La sua stagione è trionfale.

Il Manchester United è una garanzia: viene eliminato ai quarti di Champions dal Bayern, ma in Inghilterra si conferma invincibile. Beckham, Scholes e Giggs hanno raggiunto la piena maturità e questa volta l’Arsenal di Titì e Mr. Class nulla può per arginare lo strapotere dei ragazzi di Ferguson. tra i quali brilla un Teddy Sheringam toccato dalla musa del football ed eletto giocatore dell’anno del calcio inglese.

Il Valencia di Cuper vede sfumare per la seconda volta l’agognata Champions sul più bello, e la sconfitta di San Siro fa più male di quella di un anno prima, perché arriva ai rigori dopo una partitaccia in cui nessuna delle due squadre si è espressa al meglio. Mendieta si conferma il giocatore chiave di una squadra che non è pirotecnica come la formazione del 2000, ma che è più matura e lucida nella lettura dei momenti difficili della partita, e che si concentra sull’Europa, perdendo qualche partita di troppo nella Liga.

La Roma di Fabio Capello è l’ultima squadra a meritare una menzione celebrativa: il terzo scudetto della storia giallorossa non è forse il più bello (la squadra di Liedholm esprimeva un calcio sublime), ma è il più convincente. Batistuta è la punta di diamante di una squadra che si affida ai colpi di genio di un Totti stellare, all’abnegazione di Tommasi, ai piedi fatati di Cafu, e che in generale dimostra di essere solida, concreta e continua.

2001-2002

Il delirio di onnipotenza dei Blancos inizia a varcare i confini dell’indecenza, ma lo fa in maniera brillante, spudorata. Il Real Madrid, non pago del parterre di stelle che già può mettere in campo, decide di soffiare alla Juventus Zidane, forse in quel momento il giocatore più grande e decisivo in circolazione, e lo fa ancora una volta a suon di cifre record. L’acquisto si rivela azzeccato: Zizou gioca come il primus inter pares, Roberto Carlos disputa una stagione da pallone d’oro, Makélélé gioca come se al suo fianco ci fosse il suo Doppelgänger e così in Europa il Real si dimostra la squadra migliore con margine, mentre nella Liga non riesce a dare continuità ai colpi dei suoi fuoriclasse e chiude al terzo posto, anche se non lontano dalla vetta sulla quale si accomoda il Valencia.

La squadra mediterranea, sempre più matura e solida, trova nel Pajaso Aimar il mago che le mancava e si concentra sulla Liga, dove gioca come un vero e rodato collettivo, tanto che nessun giocatore chiude la stagione in doppia cifra, ma di fatto il campionato non è mai in discussione.

La squadra più bella d’Europa, nel 2001/2002, a mio parere è in ogni caso l’Arsenal: lo United nel finale boccheggia e non ritrova gli equilibri delle stagioni precedenti, e gli unici veri grattacapi all’Arsenal li dà il Liverpool, ma sono grattacapi che destano poche preoccupazioni: l’Arsenal esprime il calcio migliore, vola sulle ali di Ljungberg e Pires e trova in Henry uno dei primissimi giocatori del mondo. La sua Premier corona una stagione spettacolare cui manca l’acuto europeo, come purtroppo accadrà spesso anche nelle stagioni successive.

Il Bayer Leverkusen, anche se non vince nulla, deve rientrare in graduatoria: è forse l’unica squadra in grado di contendere all’Arsenal la palma di formazione più bella e in Europa vola, eliminando con merito lo United. In finale, il capolavoro di Zidane e un Casillas in formato saracinesca lo privano della gioia più grande, ma tolgono poco al valore delle aspirine – in Germania, invece, tocca al Bayern togliere il sorriso dal volto dei tifosi rossoneri.

La scelta della quinta squadra degna della rosa non è semplice, ma sommando tutto opto ancora per la Roma: i giallorossi non vincono nulla e la precoce eliminazione in Europa rimane una delusione a oltre vent’anni di distanza, e probabilmente pagano più del dovuto la scarsa vena di un Batistuta che implode di colpo, ma restano una delle rose (vedi anche l’arrivo di Cassano) e delle squadre migliori del mondo, e lo scudetto sfumato per un punto il 5 maggio è anche per i giallorossi – e non solo per i nerazzurri – un grosso rimpianto.

2002-2003

Prosegue la scalata del Real Madrid verso il paradiso: Florentino è inarrestabile e aggiunge Ronaldo, reduce dal trionfale mondiale orientale, alla sua collezione di fenomeni planetari. Il fuoriclasse brasiliano saluta Milano con il broncio, mentre accusa neanche troppo velatamente Mr. Cuper di essere il responsabile del suo doloroso addio all’Inter, e si accomoda tra i fenomeni che già indossano la maglia bianca, ufficializzando l’inizio dell’era galattica, un’era che sarà più foriera di delusioni e di amarezze che di gioie, per i tifosi madrileni, ma che inizia con il botto: il Real Madrid conquista Supercoppa UEFA, Coppa Intercontinentale e Liga, trascinata da uno Zidane ispiratissimo e dall’ultimo Ronaldo versione Fenomeno della carriera, e vanta comunque la miglior squadra d’Europa, a mio parere.

Nelle serate di gala della Champions, il Real fa ampiamente il suo dovere e regala spettacolo, ma scivola sulla prestazione irripetibile della Juventus di Lippi, l’unica squadra che possa davvero contendere al Real Madrid la corona stagionale: Pavel Nedvěd gioca da pallone d’oro ed è uno schiacciasassi sia un Serie A che in Europa, Del Piero torna ai suoi fasti migliori, Trezeguet è un cecchino infallibile e Buffon si consacra come numero uno dei numeri uno. La finale controversa di Manchester soffoca in gola, per l’ennesima volta, il grido di gioia dei tifosi bianconeri, che possono però consolarsi con uni scudetto meritatissimo e un cammino europeo da applausi.

Il Milan vince la Champions, si ritrova tra le mani, quasi inaspettatamente, un regista geniale e senza precedenti nel nostro calcio come Andreino Pirlo, e in Europa vive alcune notti magiche, esaltate da un Inzaghi immarcabile da un grande centrocampo. Il successo arriva però quasi inatteso e in maniera soffertissima, con una sola vittoria nelle ultime cinque partite. In campionato inoltre, complici un Rivaldo che si affossa dopo un paio di mesi e uno Shevchenko costretto a lungo ai box, il Milan non regge il passo della Juve e anche dell’Inter.

Merita quindi di essere posizionato ad altezza Milan anche il redivivo Manchester United: i Diavolo Rossi ritrovano la forma migliore e davanti, con van Nistelrooj, mettono in campo uno dei migliori centravanti in circolazione. Al resto pensano Giggs e soprattutto un Paul Scholes superlativo.

Gioca bene quanto lo United e perde la Premier sul filo di lana il solito grande Arsenal, che si aggrappa alle galoppate di un Henry spettacolare. In Europa, le due big inglesi pagano dazio anche per la lunga volata che costringe entrambe a non concedere nulla in Premier, ed escono così prematuramente, ma questo toglie poco alla qualità delle due squadre.

2003-2004

Anche nel 2004, la formazione più forte del Vecchio Continente non è quella che vince la Champions. Il Milan del 2004 è superiore a quello dell’anno precedente, vince uno degli scudetti esteticamente più appaganti della storia della serie A, ritrova uno Sheva immarcabile e scopre nel giovanissimo Kakà un bambino in grado di fare la differenza. La nottataccia folle di La Coruña chiude anzitempo la cavalcata europea dei rossoneri, ma non li priva della palma di squadra più bella in circolazione.

O meglio, la palma può esser contesa ai rossoneri solo dall’Arsenal degli invincibili, un altro collettivo che gira a meraviglia, in grado di chiudere la Premier da imbattuto e di dominare in lungo e in largo gli avversari, anche perché Vieira gioca come si conviene a un frangiflutti di classe superiore e Henry è con ogni probabilità il giocatore più decisivo in circolazione. I londinesi del Chelsea, improvvisamente ricoperti di milioni da un russo super-ricco e super-ambizioso, in Champions giocano uno scherzetto crudele ai concittadini, e così, proprio come il Milan, anche l’Arsenal non riesce ad approdare alle fasi finali della competizione più prestigiosa.

Cosa che invece riesce e benissimo allo straordinario Porto dell’ancor più straordinario José Mourinho: la squadra portoghese è in crescita da un paio d’anni e trova nel genietto Deco il deus ex machina capace di catalizzare il gioco e di trovare anche le soluzioni decisive. Per il resto, anche grazie a un cammino non impossibile, i portoghesi si dimostrano squadra ostica, concreta e tecnicamente eccellente, e vincono con pieno merito la Champions, una delle più inattese di sempre, titolo cui si sommano la Liga portoghese e altri trofei nazionali.

Il Real Madrid dei Galacticos comincia a mostrare la corda: le sue stelle volano per circa 2/3 di stagione, ma crollano sul più bello, perdendo sia la Liga che i quarti di Champions. In ogni caso, il gioco espresso per buona parte della stagione, in cui si esalta un Ronaldo ancora brillante, e il valore dei singoli impongono di citare per l’ennesima volta i madrileni tra le big.

In Spagna, il titolo finisce a sorpresa (ma si tratta di una sorpresa relativa) a Valencia: il club di Baraja, Vicente, Aimar e altri grandi giocatori è il più continuo e brillante di Spagna e porta sulle sponde del Mediterraneo un titolo bellissimo, l’ultimo che non sia finito a Madrid o a Barcellona.

2004-2005

Nel 2005, il Milan si conferma come la squadra più bella e forte in circolazione, ma non vince nulla, per uno di quei paradossi non così rari nella storia dello sport. I rossoneri, giunti alla piena maturità, in campionato sono protagonisti di un logorante testa a testa con la Juventus di Capello, che prevale anche perché si prende di forza lo scontro diretto di San Siro. In Europa, in rossoneri sono in grande spolvero fino alle semifinali, quando soffrono le pene dell’inferno contro gli arrembanti e spettacolari olandesi del PSV, orchestrati dal fuoriclasse della panchina Guus Hiddink. Se la qualificazione alla finale è un po’ fortunosa, non serve spendere in questa sede troppe parole per la beffa di Istanbul, in cui la buona sorte si riprende tutto quanto regalato sino a quel momento e lo fa con gli interessi.

Nel frattempo, il mago Mourinho, reduce dal capolavoro di Oporto, si fa ingolosire dai milioni di sterline messi sul piatto da Abramovič e fa le valigie per Londra. Il Chelsea del 2004/2005 è uno dei capolavori sommi della sua carriera: il Chelsea si affida a una delle difese più invalicabili di sempre e davanti attacca lo spazio in una sorta di premonizione del gegenpressing. La Premier viene conquistata in maniera trionfale e in Europa sono i dettagli e la sfortuna a punire i londinesi, dopo aver regalato loro, tuttavia, una delle serate più magiche della loro storia, ovvero l’ottavo di ritorno contro il Barcellona, là dove si assiste al “miglior quarto d’ora della storia del calcio”.

A proposito di Barcellona: dopo diversi alti e bassi, sulla panchina dei blaugrana si siede Frank Rijkaard, che si trova tra le mani il talento spropositato e incontenibile di Ronaldinho, il quale porta a compimento il suo processo di maturazione e diventa fenomeno planetario. Lo seguono a ruota Eto’o, Deco, uno Xavi in forma smagliante e un giovane ma illuminante Illusionista. Il Barça esprime per larghi tratti il calcio migliore del mondo (memorabile il 2-1 con cui regola il Milan nel girone, con un Dinho siderale), stravince la Liga e viene estromesso dalla Coppa da un grande Chelsea e da qualche episodio sfortunato.

Al cospetto dei tre squadroni sopracitati, le altre squadre d’Europa risultano delle sparring partner; in ogni caso, il Liverpool di Gerrard, Xabi Alonso e Benitez, che in Premier va a strappi, in Europa sente aria di casa e surclassa la Juve, supera il Chelsea e in finale porta a termine la rimonta del secolo. Il successo europeo gli vale una menzione, così come lo scudetto (poi revocato) vale una menzione per la Juventus, una delle ultime propaggini degli anni ’90 viste in campo negli anni duemila: Capello è fedelissimo al proprio canovaccio di dieci anni prima e in Italia la solidità della sua Juventus viene premiata, ma in Europa il calcio più arioso e veloce del Liverpool le fa vedere i sorci verdi.

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