Quella dei Celtic di Glasgow è una delle maglie – e una delle storie – più ricche di fascino in tutto il panorama sportivo, per molte ragioni: la maglia vestita dai Bhoys è un simbolo, possiede un alone mistico la cui valenza sociale e in senso lato politica e storica (l’acerrima rivalità con i protestanti Rangers, il forte legame con l’Irlanda operaia e con le ragioni dell’indipendentismo di Scozia e Irlanda, le mai nascoste simpatie politiche, che li collocano nella medesima arena dove combattono da decenni intellettuali come Ken Loach) supera forse anche i meriti sportivi. La maglia biancoverde è un marchio riconoscibile in tutto il mondo e ha esteso il proprio raggio d’azione anche al di fuori dei pur vasti confini del football, assurgendo a una dimensione quasi mistica. Nel 2003, quando i Celtic hanno raggiunto per l’ultima volta la finale di una competizione europea, perdendola poi onorevolmente ai supplementari contro il Porto di Mourinho, Siviglia – che ospitava la finale – fu invasa da 80.000 tifosi scozzesi, a conferma (semmai ce ne fosse bisogno) dello straordinario e vastissimo seguito di cui godono i cattolici di Glasgow.
Passando al campo, i Celtic si contendono con i Rangers la palma di squadra più titolata del calcio scozzese, ma a differenza dei concittadini possono vantare anche un lungo periodo di successi e piazzamenti di prestigio in Europa, a cavallo tra anni ’60 e ’70, successi sui quali svetta naturalmente la straordinaria Coppa dei Campioni tutta made in Glasgow vinta nel 1967, superando la Grande Inter di Herrera (leggi qui per cronaca e pagelle). Tra i piazzamenti, si annoverano la semifinale di Coppa delle Fiere del 1964 e quella di Coppa delle Coppe del 1966, la finale di Coppa Campioni persa contro il Feyenoord nel 1970 e le altre due semifinali disputate nel 1972 e nel 1974. E non dimentichiamo che proprio nel 1967 il Celtic fu la prima squadra d’Europa a conquistare il Triplete, ossia la vittoria nella stessa stagione di Coppa dei Campioni, campionato e coppa nazionale (per approfondire leggi qui).
Nei decenni successivi, la squadra di Glasgow ha continuato a ottenere risultati notevoli in patria, dando vita al diumvirato più celebre e inattaccabile della storia del calcio, ma in Europa è rimasta quasi sempre nelle retrovie, con qualche gustosa, significativa eccezione (vedasi appunto alla voce Siviglia, 2003). Visto il curriclum dei cattolici e vista anche la regola che ci impedisce di pescare nel carniere dell’anteguerra, è naturale che la formazione titolare sia dominata dai giocatori dell’epoca di Jock Stein e dai Lisbon Lions. In ogni caso, non mancano anche nelle decadi successive numerosi giocatori importanti e qualche campione di caratura internazionale, anche molto noto alle nostre latitudini.
Non si dimentichino comunque l’anteguerra e giocatori grandissimi però non visionabili: ci vengono in mente soprattutto il bomber Jimmy McGrory, miglior marcatore di tutti i tempi del club, e The Mighy Atom Patsy Gallacher, favolosa ala irlandese tra i più forti calciatori al mondo degli anni ’10 e ’20 (per approfondire quell’epoca leggere qui i pezzi sulla storia dei nostri Palloni d’oro dal 1900 in avanti).
Ecco quindi la formazione ideale della storia dei Celtic, una squadra di cui non ne avremo mai a sufficienza (“Just Can’t Get Enough“, l’inno intonato dai tifosi sulle tribune di Celtic Park, è un noto singolo dei Depeche Mode).
Portiere: Patrick Bonner
Leggenda dei biancoverdi (ha indossato la loro maglia per diciassette anni) così come della nazionale irlandese, con la quale vivrà da protagonista due grandi mondiali, Bonner è stato un portiere di caratura internazionale nel corso degli anni ’80 e nei primi ’90. Poderoso, coraggioso e atleticamente fortissimo, Bonner è stato un campione che preferisco per questione di longevità all’altrettanto valido Ronnie Simspn, eroe di Lisbona e uno degli estremi difensori più celebrati del calcio britannico nel corso degli anni ’60. Al terzo posto, il più moderno Boruc, imponente portiere polacco che abbiamo ammirato anche in Italia, idolatrato dai tifosi per il contributo decisivo in alcuni Old Firm.
Terzino destro: Danny McGrain
La Scottish Portrait Gallery di Edimburgo ha dedicato un quadro – in cui la sua figura è quasi di grandezza naturale – al laterale destro dei Celtic Danny McGrain, incoronanadolo così come una delle figure cardine della storia del paese britannico, e questo dice tutto sulle sue bravura e importanza nel contesto del calco scozzese. McGrain si impone come giovane titolare della squadra subito il trionfo di Lisbona e diventa rapidamente un giocatore di classe internazionale, il più dotato della Quality Street Bang che dalle giovanili si guadagna la prima squadra a fine anni ’60. Vista la sua levatura e viste anche le oltre settecento presenze, condite da una pletora di titoli nazionali e da notevoli risultati internazionali, il posto da titolare gli spetta di diritto. Con sei brillanti stagioni in maglia biancoverde, stagioni che gli valgono il posto da titolare ai mondiali del 1974, David Hay è il secondo nome che sono obbligato a riportare quanto si parla di righ-back celtici.
Difensore centrale: Billy McNeill
Nominato e anzi acclamato miglior capitano Celtic di sempre nel 2002, omaggiato da un monumento nei pressi del Celtic Park, il possente centrale di Mossend è uno dei nomi imprescindibili di questa formazione. Protagonista di quasi due decadi della storia del club, titolare inamovibile per oltre quindici anni, Billy ha vestito la maglia biancoverde per 789 volte e ha vinto tutto da leader, facendo valere la sua supremazia fisica, specie nel gioco aereo, e dominando l’area di rigore come è riuscito solo ai migliori centrali. Nove volte campione di Scozia e leader della squadra che riempie di meraviglia li occhi di tutta Europa nel 1967, McNeill è forse il massimo simbolo dei Celtic in tutta la loro gloriosa storia. La sua riserva è un centrale simile per determinazione, carisma e forza fisica, ovvero lo svedese Johan Mjällby, pilastro difensivo degli scozzesi tra anni ’90 e primi anni 2000, e perno difensivo della squadra che vince tutto in patria e che sfiora la Coppa UEFA del 2003.
Difensore centrale: John Clark
Il partner di McNeill non può che essere il suo storico gemello Clark, il secondo giocatore su cui poggiava la solida retroguardia dei Leoni di Lisbona, titolare della squadra per tredici lunghi anni. Il suo panchinaro è il suo erede Jim Andrew Brogan, altro centrale di scuola britannica che veste la maglia biancoverde per dodici stagioni, fino a metà anni ’70, vince tutto in patria e anche in Europa ottiene risultati importanti. Doveroso ricordare anche Jackie McNamara, duttile difensore in grado di coprire ogni posizione nel reparto arretrato, bandiera della squadra tra anni ’90 e anni 2000. Nel 2004, McNamara è stato incoronato giocatore dell’anno della Scottish Football Writers’ Association Footballer of the Year, davanti al compagno Henrik Larsson.
Terzino sinistro: Tommy Gemmell
Sesto nella graduatoria del pallone d’oro del 1967, l’eclettico e inesauribile Tommy è stato per diversi anni uno dei migliori terzini d’Europa, un atipico gigante del ruolo, alla stegua del suo dirimpettatio della finale di Lisbona (Facchetti), dotato da madre natura anche di due piedi notevoli. Il suo contributo nel 1967 è stato essenziale, basti pensare al gol del pareggio segnato in finale, ma non esaurisce la straordinaria carriera di Gemmell con i Celtic, che dura un decennio ed è ricca di soddisfazioni di squadra e individuali (inclusa un’altra candidatura al pallone d’oro nel 1968). Il posto di riserva sul versante sinistro della difesa lo assegno a Emilio Izaguirre, honduregno tutto pepe, corsa e colpi da sudamericano che nel 2011 viene premiato giocatore dell’anno del campionato scozzese e che per diversi anni è l’idolo incontrastato della sua curva, con le sue scorribande palla al piede e le sue progressioni.
Ala destra: Jimmy Johnstone
Votato dai suoi tifosi il miglior giocatore all time del Celtic, Johnstone è stato uno dei talenti più cristallini nati sopra il Vallo di Adriano, un piccolo Best che per tot anni si consacra come uno dei primi giocatori d’Europa. Dribbling elettrico, gran velocità palla al piede, cambi di direzione da sudamericano e un notevole fiuto del gol lo rendono uno dei grandi campioni della sua epoca. Determinante il suo apporto in tutte le grandi cavalcate europee dei biancoveri tra anni ’60 e ’70, e in particolare nel 1967.
Centrocampista centrale: Bobby Murdoch
La straordinaria mediana della Grande Inter, nel 1967, viene messa in crisi dalla fisicità e della classe della cerniera scozzese, che si stringe intorno al suo cardine Bobby Murdoch. Billy, a Glasgow, ha vinto numerosi titoli nazionali e la storica Coppa di Lisbona, giocando da titolare anche nella squadra che ha raggiunto la finale del 1970. Con oltre 100 reti in circa 500 presenze, si è dimostrato anche un notevole uomo-gol. Giocatore dal respiro meno internazionale, ma comunque validissimo, è stato Paul McStay, il talento del Celtic degli anni ’80 e 90, anche lui titolare della squadra per quasi vent’anni e vincitore nel 1988 del premio di giocatore dell’anno del campionato. La sua classe e la sua completezza l’hanno reso un idolo della colorita tifoseria biancoverde, tanto che nel 2002 proprio i suoi fan l’hanno inserito nella loro formazione all time della squadra.
Centrocampista centrale: Bertie Auld
Il fosforo dei Leoni di Lisbona, il minuto Bertie ha vestito la maglia biancoverde per circa un decennio – inframezzato da un trienno a Birmigham – ed è tuttora reputato uno dei giocatori di maggiore qualità della storia biancoverde. Titolare e regista/numero dieci di fatto del miglior Celtic della storia, personaggio estroso e talento sopraffino, non può che vestire la maglia da titolare. Il posto in panchina a Bertie lo scalda Paul Lambert, mediano dotato di sette polmoni e di discrete qualità, che dopo aver vinto da titolare la Champions a Dortmund nel 1997, dimostrandosi centrocampista di livello internazionale, trasloca nella sua Scozia e per una decade è il centromediano del miglior Celtic dell’era moderna, quello che alla consueta collezione di titoli nazionali aggiunge la finale UEFA del 2003 e che in alcune occasioni supera il primo girone di Champions, facendo anche sudare le proverbiali sette camicie al Milan di Kakà agli ottavi del 2007. Terzo nome in lista è quello di uno dei giocatori più amati dalla tifoseria scozzee nel nuovo millennio, il centrocampista bulgaro completo e dallo spiccato senso del gol Stilijan Petrov, detto Stan, bandiera e anzi colonna del Celtic degli anni zero, che vince tutto in patria e ottiene risultati notevoli in Europa.
Ala sinistra: Bobby Lennox
Diciannove stagioni a Glasgow, la stima convinta di tale Bobby Charlton (“Uno dei migliori tiratori che abbia mai visto“), Lennox è un nome chiave della storia del Celtic e uno dei suoi massimi talenti: ala velocissima palla al piede e dotata di due piedi potenti e precisi, è stato uno dei titolari inamovibili durante i Glory Years. Con 273 reti, Lennox è ancora oggi il secondo miglior marcatore della storia del club. La sua prima e più valida alternativa è l’artista giapponese Shunsuke Nakamura, ala o trequartista dotata di un sinistro magico e abilissima sui calci piazzati. Trequartista classico che nel 4 4 2 potrebbe coprire più ruoli, il talentuoso slovacco Ľubomír Moravčík, nei quattro anni trascorsi a Glasgow, si è conquistato l’ammirazione dei tifosi, dimostrandosi un talento di prima categoria e vincendo tutto ciò che poteva vincere in Scozia. Il trequartista è l’unico giocatore in grado di essere premiato sia come giocatore cecoslovacco dell’anno (nel 1991) che come giocatore slovacco dell’anno (2001), proprio dopo la seconda, splendida stagione trascorsa nelle isole britanniche.
Attaccante: Kenny Dalglish
Kenny non è “solo” uno dei migliori giocatori della storia del Liverpool, ma anche uno degli attaccanti più prolifici della storia del Celtic, la cui maglia ha vestito durante la seconda fase dei Glory Years. Kenny diventa titolare dopo Lisbona e in un decennio mette a referto 173 reti in 338 partite (con tanto di titolo di capocannoniere), diventando il riferimento offensivo della squadra che vince sei titoli nazionali e che si conferma in diverse occasioni tra le grandi del calcio europeo. Potrebbe serenamente soffiargli il posto anche Willam Wallace: se il suo nome profuma di storia della Scozia (chiedere a Braveheart), William è stato un grande attaccante mobile e veloce, che con la maglia dei cattolici di Glasgow segna ottantotto reti in 5 stagioni vissute da protagonista.
Attaccante: Henrik Larsson
Forse il giocatore più amato dai tifosi del Celtic nell’era moderna, Larsson è stato un formidabile attaccante, una prima punta capace di giocare anche come punta di movimento e un letale uomo gol. Henrik ha messo a referito 242 reti in 315 partite con la maglia biancoverde, e delle 242 reti ben 35 sono state segnate nelle Coppe Europee. Più volte capocannoniere del campionato, due volte giocatore dell’anno in Scozia, Henrik è stato il leader del Celtic anche sui più probanti palcoscenici europei e la UEFA sfiorata nel 2003 (dopo aver eliminato Stoccarda e Liverpool, e dopo aver segnato due reti anche in finale) è il capolavoro della sua carriera. Steve Chalmers meriterebbe il posto da titolare quanto Henrik e Dalglish: centravanti e all’occorrenza attaccante esterno di grande classe e dallo spiccato senso del gol, con 155 reti Steve è ancora oggi uno dei massimi cannonieri della storia dei Bhoys. Ancora, due parole vanno spese per Yogi John Hughes, punta mobile del Celtic degli anni ’60, autore di 114 reti in maglia biancoverde e amato dai tifosi per lo spirito combattivo e la mole imponente (da cui derivava il suo soprannome).