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Un salto al VAR (quarta puntata): e Collina dove lo mettiamo?

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Prima di proseguire nel mio tragitto, a dirla tutta un poco a slalom gigante, all’interno e intorno la nascita e le problematiche legate al VAR, mi sia consentito di rimanere ancora un attimo nell’alveo dell’argomento precedente. Giusto il tempo per due considerazioni doverose. La prima riguarda il fatto che, qualunque possa essere il giudizio critico, professionale, umano e perfino etico, espresso nei confronti di Aldo Biscardi, è impossibile negare che moltissimi soggetti che hanno avuto fama e successo in diversi contesti gli sono debitori. Nell’ambito della comunicazione televisiva, il suo “Processo” è stato infatti bistrattato quanto imitato, denigrato come “caciaro’” e quindi inintellegibile, eppure replicato fino a diventare modello e inconfessabile punto di riferimento.

Nell’epoca dell’audience, foriera di successo ma soprattutto di soldi profusi da sponsor e agenti pubblicitari, la rissa immancabile tra giornalisti all’apparenza inappuntabili e super partes, ma in realtà rosi da un tifo smodato e difficile da reprimersi, quella rissa diventata rinfacciato marchio di fabbrica, sarebbe poi diventata, e lo è tuttora, garanzia di picco d’ascolto. Irrinunciabile anche in programmi e dibattiti televisivi che si dichiarano culturalmente lontanissimi, agli antipodi, da quell’arena popolare e popolana con tanto di valletta un po’ scollacciata, obbligata a storpiare il nome dei calciatori per confermare la supremazia, il monopolio maschile nel settore.

Aldo Biscardi è dimenticato, il suo stile messo all’indice, ma se ancora oggi alla TV la gente assiste a un dibattito politico, sociale o sportivo senza che nessuno alzi la voce o mandi qualcun altro a quel paese con improperi e volgarità, dopo poco si annoia e ricorre al telecomando. E gli sponsor come i pubblicitari corrono ai ripari… Ma anche in altri ambiti il rosso tinto del Molise ha fatto scuola. Del suo trasformismo disinvolto e privo di ripensamenti abbiamo già parlato, e che dire del suo eloquio prepopulista, se non addirittura presovranista? E del suo essere contemporaneamente Don Chisciotte, Robin Hood e castellano di Palazzo?

La seconda considerazione ci è utile anche per rientrare nell’ambito principale di questi spunti, quello del VAR, nipote acculturato della “moviola in campo”. Biscardi l’ha invocata per quarant’anni ed era convinto fosse la soluzione definiva contro gli errori e orrori arbitrali e che fosse quindi un antidoto alle polemiche e ai sospetti. Ebbene, oggi possiamo dire che egli ha avuto ragione e torto nello stesso tempo. Ragione, in quanto il numero alto dei ricorsi al mezzo tecnologico conferma e rende imbarazzante il numero di sviste e omissioni che cambierebbero la storia di gare e tornei così come, è del tutto evidente, le hanno cambiate in passato. Torto, perché la sua introduzione nel Regolamento non ha affatto tolto le discussioni e le polemiche. Anzi, le ha moltiplicate. Lo ha fatto perché, oltre all’obiettiva sussistenza di casi di difficile e a volte impossibile lettura certa perfino di fronte alla pletora di immagini anche al rallentatore e di angolazioni possibili o di fermo immagini fornite dalla tecnologia odierna, si è creato un nuovo caso, portatore di ulteriori polemiche a non finire: una eventualità regolamentare impossibile a verificarsi prima della comparsa del VAR. Sapere con certezza, insomma, quando l’arbitro davanti alle immagini elettroniche può interrompere il gioco e interloquire con il collega impegnato sul terreno di gioco. Quante volte in questi anni abbiamo assistito a un fallo in area che ci è parso evidente, ma senza che il direttore di gara interrompesse il gioco e, soprattutto, che fosse il collega in cabina di controllo a invitarlo in tal senso? Quale casistica regolamenta questa eventualità, che poi è la stessa ragion d’essere dal VAR? Quella presenza virtuale e necessariamente virtuosa, ma obbligatoriamente legata a una discrezione in modo intermittente e misterioso?

Misterioso come il dietrofront differito quanto improvviso che il sommo Collina, di gran lunga il miglior arbitro italiano di ogni epoca, compì dopo aver convalidato ingiustamente un gol di Ganz in un famoso Inter-Juve del ’97. Anche qui, come nove anni dopo a Berlino, ci sono attimi di imbarazzo smarrito: i bianconeri circondano e quasi strattonano infuriati l’arbitro viareggino, replicando la solita scena che è avvenuta e avverrà sempre quando una squadra è convinta di aver subito un’ingiustizia. Qui però capita una cosa assolutamente inedita, mai successa prima, mai più accaduta in futuro in assenza del VAR e, per certi versi, nemmeno mai chiarita del tutto: Collina cambia idea e annulla il gol. Muta il colore delle maglie di chi lo circonda e quasi strattona, ma adesso l’arbitro glabro è irremovibile. Si rimane sullo 0-0.

Il contestato gol di Ganz, prima convalidato e poi annullato da Collina, in un Inter-Juventus del 1997

Chi o che cosa ha suggerito a Collina di ravvedersi? Si tenga presente che l’episodio è avvenuto quando cellulari capaci di captare e riprodurre immagini fedeli e altri marchingegni elettronici di facile (adesso…) impiego e trasporto erano di là da essere solo concepiti e lo stesso dicasi per auricolari o simili diavolerie. E se anche fossero state già inventate e in uso corrente, il loro impiego era vietato sul rettangolo di gioco. Non mi ricordo, lo confesso, se allora, marzo ’97, fossero già presenti i maxischermo a San Siro e, soprattutto, se trasmettessero come avrebbero fatto in seguito i replay della gara in corso, come sicuramente avrebbero fatto a Berlino ‘06. In ogni caso, l’episodio di quel derby d’Italia suscitò un vespaio di polemiche, non tanto sulla correttezza della decisione, indiscutibile, quanto sulla liceità del modo in cui è stata presa. Giacinto Facchetti, dirigente interista, parlò espressamente di «prima moviola in campo», Massimo Moratti, suo presidente, di «episodio mai visto in 45 anni di calcio» mentre Collina difese il suo voltafaccia perché «preso dal dubbio che il collega di linea abbia attribuito a un colpo di testa indietro di uno juventino, in luogo di quello di Zamorano, il passaggio smarcante a Ganz e che per questo motivo non abbia segnalato l’offside». Un dubbio che però l’avrebbe colto diversi minuti dopo l’azione incriminata.

Ma allora, direte voi, è questa di San Siro la prima VAR ante litteram del calcio italico! No, a mio parere il progenitore rimane l’episodio ZidaneMaterazzi di nove anni dopo. Questo, qualunque cosa abbia innescato il dubbio riparatore di Collina, rimane un’anomalia e niente più. Clamorosa, scenica al limite dell’isteria con tanto di inchino di scuse alla panchina interista, ma tutto sommato non proprio una novità assoluta specialmente per gli arbitri di grosso carisma come era appunto Collina. Quante volte, infatti, si era già visto e si sarebbe continuato a vedere il direttore di gara confrontarsi vis a vis, allontanando i giocatori proprio come fanno oggi con quelli che vogliono carpire notizie dall’interfono, con il guardalinee? Quasi a chiedergli:’Ma sei proprio sicuro?’.
Pagato dunque anche questo debito alla Storia delle controversie anticipatrici, in qualche modo, del salvifico rimedio di biscardiana origine, è ora di tornare definitivamente ad affrontare l’attualità con le sue mille sfaccettature…

4 – Continua

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