Era iniziato da pochi minuti il secondo tempo supplementare di una sfida che al 19’ era già sul punteggio di 1-1, ma che vide poi gli attacchi sterili fino al 90’. Anche l’ennesimo attacco dei transalpini, adesso che si era intorno al 108’, aveva sbattuto infruttuosamente contro la difesa azzurra e le due squadre stavano risalendo un po’ noiosamente il campo verso la metà campo francese. I centrocampisti italiani giostravano senza grandi idee. Un boato improvviso della folla squarciò il cielo nel bel mezzo del nulla calcistico. Che diavolo era successo? Per un attimo, l’arbitro argentino Helizondo e i giocatori si guardarono sorpresi e ignari, ma nei televisori di tutto il mondo stavano scorrendo delle strane immagini che documentavano una scena appena accaduta in campo, ma lontano dall’azione in corso. Si vedeva Materazzi piegato per terra e Zidane trotterellargli non lontano con aria indifferente.
Ma perché allora quel boato? Una frazione di secondo dopo, ecco l’evidente replay di quello che era successo un attimo prima, replay andato in onda anche sui maxischermi allo stadio. Quello che tali immagini stavano documentando in modo inoppugnabile lo sanno adesso anche i bambini nati pure molto tempo dopo, ma sta di fatto in modo altrettanto inoppugnabile che l’arbitro e i guardalinee di quella finale non videro nulla e non si accorsero di nulla. Ma il mondo sì, ecco il problema. La testata del grande Zizou diritta al petto del rissoso ma inerte stopper interista era stata vista da tutti, ovunque nei cinque continenti, tranne che da chi doveva vederla. Si stava compiendo una ingiustizia clamorosa e per di più a fronte di un fatto avvenuto aldilà di ogni ragionevole dubbio e senza che il collegio giudicante in divisa e pantaloncini corti potesse minimamente intervenire. Come se ne esce? La trovata geniale, un po’ stiracchiata a dire il vero, fu la “chiamata” del quarto uomo a bordo campo, lo spagnolo Medina Cantalejo.
Nessuno potrà mai sostenere che costui abbia realmente visto la scena scabrosa e che per questo motivo abbia chiamato il collega che stava dirigendo, ma a dire il vero nessuno può nemmeno sostenere il contrario. Sta di fatto che dopo qualche minuto di vuoto imbarazzato e imbarazzante, la qual cosa dà fiato da vendere a chi ritiene che anche il giudice iberico non avesse visto un bel niente dal vivo e tutto sugli schermi, peraltro non autorizzati per fini disciplinari, Helizondo interrompe il gioco, si avvicina a Medina e, dopo un breve conciliabolo tra i due, si avvia verso Zidane e gli sventola il fatidico rosso diretto in faccia. L’espressione del capitano e grande campione francese è passata immediatamente alla storia della comicità involontaria o a quella delle gaffe storiche facendo impallidire Berlusca e Mike Bongiorno. Una sorta di stupore del tipo: «Chi? Io? E perché? Che cosa ho fatto, scusi?». Da un punto di vista oggettivo e mediatico, ripeto, l’effetto comico è strepitoso, da uno morale addirittura aumenta in modo vertiginoso l’aspetto riprovevole, ma da un punto di vista strettamente regolamentare, Zidane ha ragione e la sua espulsione è un sopruso abnorme.
Quell’episodio è ancora, a parer mio, emblematico e iconico in modo strepitoso di un rivolgimento in atto della storia, non solo calcistica, ma perfino della logica temporale e anche giudiziaria, sia pur, per il momento, solo sportiva. La tecnologia e la diffusione mediatica stavano bussando alla realtà portando con sé un cesto colmo di problemi etici, politici, giurisprudenziali e sociali ancora oggi tutt’altro che risolti. In quell’attimo, giustamente ma inconsapevolmente sottolineato dal boato dei presenti, si stavano aggrovigliando passato, presente e futuro, perfino quello immaginifico, in un area che era contemporaneamente Tribunale, Camera di Consiglio e Bar Sport. Era la presenza antica e beffarda di Carlo Sassi ed Heron Vitaletti con la loro macchina magica che reclama giustizia in diretta e in simultanea all’avvenimento; era il mantra ieratico di Aldo Biscardi che stavolta, invece di placare, eccita gli animi e materializza “la moviola in campo”; era infine, sia pur camuffato e illecito, un vero e proprio intervento di una VAR rudimentale ma efficace. Una VAR, però, inattuale e inattuabile in quelle forme proprio perché troppo democratica, troppo arbitraria e, dunque, troppo poco arbitrale.
Ma quell’episodio decretò anche la più clamorosa evidenza che l’oggettività e le regole, anche se pretendono di appellarvisi o governarla, cominciavano a viaggiare su binari diversi. Paralleli forse, ma separati certamente. Ecco perché ci sono voluti poi undici anni, e ancora non bastano, per stabilire modalità di impiego, di intervento e di mille altri aspetti di cui si sta ancora discutendo. Ma a Berlino, a essere obiettivi, nacque anche però una dicotomia nella possibilità del giudizio arbitrale che spacca, a mio parere in modo molto discutibile, ogni disciplina dello sport creando due livelli lontani tra di loro. Come è vero, infatti, che se quella partita Italia-Francia fosse stata giocata senza riprese televisive, o anche semplicemente se queste ultime non fossero state irradiate alla vista di tutti quelli presenti allo stadio, spettatori, atleti e soprattutto direttori di gara compresi, Zizou non sarebbe mai stato espulso, così è altrettanto vero che il calcio, e tante altre discipline, quando è al servizio dei campioni e delle stelle è “protetto” dalla tecnologia mentre i colleghi delle serie minori o dei settori giovanili vanno ‘alla vecchia’, con tutta la fallacia del mondo. Si può girare intorno finché si vuole, ma si tratta alla fine di due sport diversi o, come sempre, di figli e figliastri. In sostanza, essendo tutt’altro che un conservatore, ritengo che ogni innovazione del regolamento di uno sport come il calcio sia ben accetta, a patto che sia intelligente, funzionale e, soprattutto, che sia applicabile in modo trasversale a qualunque categoria.
Undici anni, si è detto, ci sono voluti da quel luglio 2006 per avere il supporto tecnologico a bordo campo, per documentare e punire subito, senza sotterfugi, ogni testata di Zidane e risarcire ogni costola di Materazzi. Ci si arriva, in Italia, nell’agosto del 2017 e appena un paio di mesi dopo il destino confeziona uno dei suoi famosi nodi inestricabili…
2 – Continua