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Inter 1953-54: secondo squillo consecutivo dei nerazzurri

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Il Catenaccio di Foni aveva portato l’Inter a tornare in vetta al calcio italiano dopo oltre dieci anni, ma la critica e gli stessi tifosi nerazzurri non erano pienamente soddisfatti dell’andamento della Beneamata. L’Italia si apprestava a vivere la stagione che l’avrebbe portata ai Mondiali in Svizzera e che avrebbero dovuto rialzare l’immagine degli Azzurri dopo la figuraccia di quattro anni prima in Brasile. L’obiettivo era dunque restituire al Belpaese un calcio scintillante e che divertisse, soprattutto grazie al grande potenziale delle squadre di vertice che si rafforzarono grazie all’arrivo di Ghiggia alla Roma, di Gren alla Fiorentina e di Ricagni alla Juventus, ma c’era ancora la stessa squadra da battere.

Il cammino dei campioni


In Italia non vi era la sensazione che l’Inter potesse aprire un ciclo e che le sue fortune legate al Catenaccio fossero dettate da una situazione estemporanea, che non avrebbe avuto un seguito reale. Lo stesso Presidente Rinaldo Masseroni era convinto di ciò e in estate parlò molto con il tecnico Foni per provare a rivedere i suoi piani d’azione. La squadra era però considerata già molto forte e il numero uno della società milanese decise di investire il meno possibile sul mercato, limitandosi ad allungare la rosa con pochi elementi, prevalentemente di riserva.

Il francese Antoine Bonifaci avrebbe dovuto essere l’acquisto principe della campagna di rafforzamento, ma problemi legati al suo tesseramento lo costrinsero a un anno di inattività. In porta arrivò dalla Juventus Cavalli come riserva di Giorgio Ghezzi e dalla Serie C arrivarono due rinforzi per la fascia. Per l’attacco arrivò dal Vigevano Luigi Zambaiati, poco più che una comparsa, mentre in difesa ci fu l’unico vero aggiustamento rispetto all’annata precedente grazie all’inserimento di Guido Vincenzi dalla Reggiana.

I veri problemi erano però legati a István Nyers, infatti il grande centravanti dello Scudetto voleva un importante riconoscimento economico che però il Presidente gli negò e iniziò così un lunghissimo tira e molla che portò addirittura a un inizio di campionato senza il campione ungherese. In rampa di lancio vi era il giovane Sergio Birghenti che divenne importantissimo soprattutto nelle prime giornate. Con il Tricolore cucito sul petto, l’Inter iniziò l’annata contro l’Atalanta a San Siro, dando l’addio definitivo al libero che costò così il posto a Blason che divenne una semplice comparsa in quella stagione.

Contro i bergamaschi la difesa fu comunque impenetrabile e con una rete per tempo di Lorenzi e Skoglund venne messo in chiaro perché la Beneamata fosse campione in carica. Gino Armano poté limitare le sue puntate in difesa per concentrarsi maggiormente alla fase offensiva, soprattutto nelle prime partite per poter assistere nel migliore dei modi l’inesperto Brighenti, ma a Roma con la Lazio furono proprio questi due nella ripresa a decretare il successo per 0-2. L’Inter iniziava a divertire e piaceva questa nuova svolta e il pubblico di San Siro andò in visibilio quando vide le quattro rifilate solamente nel primo tempo all’inerme Spal, prima di incappare nel primo passo faslo stagionale. Il Legnano fermò i nerazzurri a domicilio e solo un gol nella ripresa di Buzzin permise di evitare la sconfitta, portando così al primo di una lunga serie di pareggi lontani da Milano.

Il primo grande scontro al vertice arrivò già alla quinta giornata, perché la Fiorentina stava diventando a tutti gli effetti una grande del campionato, grazie a una splendida difesa e a un Gren ancora decisivo. Fu proprio l’ex Milan ad andare in rete sentendo aria di derby, ma quel giorno fu un altro lo svedese determinante. Nacka Skoglund fece impazzire la retroguardia viola battendo in due circostanze Costagliola, dando così all’Inter il primo allungo in classifica portandosi a due punti di vantaggio sui toscani, Napoli, Juventus e Bologna. Siccome le prove più dure non arrivano mai da sole, soli sette giorni dopo la difficile sfida contro i gigliati arrivò quella contro i felsinei e fu un’altra partita da cuori forti. Gino Armano portò in vantaggio i ragazzi di Foni, ma Cappello e Pivatelli riuscirono a ribaltare la situazione prima dello sfortunato autogol di Pozzan che permise di chiudere in parità il primo tempo.

Serviva un episodio che arrivò proprio nella ripresa con ancora Armano pronto a calciare dagli undici metri e realizzando così il gol del definitivo 3-2. Un successo preziosissimo che confermava come anche in quella stagione fossero i nerazzurri la squadra da battere. Il pareggio di Roma con i giallorossi grazie a Benito Lorenzi fu visto di buon occhio, soprattutto perché in attacco erano nati diversi problemi. Brighenti aveva dovuto fermarsi per infortunio dopo la sfida con il Bologna e il giovane Zambaiti fu un fallimento su tutta la linea nella sua partita nella Capitale e alle porte c’era la sfida con il Milan. A tempo di record si riuscì a trovare finalmente un prezioso accordo economico con István Nyers e in occasione del derby della Madonnina poté tornare il magico trio d’attacco completato da Skoglund e Lorenzi.

San Siro fu riempito in ogni ordine di posto e Nacka si dimostrò in grande giornata, imprendibile per un Tognon che cercò in tutti i modi di fermarlo. Ghezzi però non fu inoperoso, anzi nel primo tempo si dimostrò fenomenale nel volo sul destro in corsa di Moro, mandando così le squadre al riposo sullo 0-0. Nella ripresa però tutti aspettavano un solo giocatore e pronti via ed ecco che Nyers raccolse una corta respinta di Buffon su tiro da fuori area e calciò prontamente in rete la palla dell’1-0. Il Milan fu completamente stordito e poco dopo un gran colpo di testa dell’ungherese fuori di poco da bel cross di Mazza ecco il raddoppio. Armano andò alla conclusione dal limite dell’area strozzando troppo il tiro, ma per sua fortuna arpionò la palla con un falco ancora Nyers che calciò di destro sotto le gambe di Buffon per il raddoppio. I rossoneri erano definitivamente alle corde e a perdere la pazienza fu Tognon che dopo l’ennesimo dribbling subito atterrò Skoglund in area di rigore permettendo al rientrante magiaro di realizzare la sua personale tripletta. Fu un trionfo della Beneamata che affossò i rossoneri già distanti ben cinque punti dai cugini dopo sole otto giornate.

La vera rivale era però la Juventus in quell’annata e i bianconeri approfittarono del pareggio dell’Inter a Genova per portarsi a un solo punto di ritardo proprio a una settimana dallo scontro diretto di Torino. Tutta Italia aspettava questa sfida e i bianconeri sentirono e non poco la pressione addosso, tanto che il primo tempo fu di marca nerazzurra. Nyers era rientrato come una furia e non appena l’arbitro fischiò l’inizio se ne andò sulla fascia destra e crossò al centro per Skoglund che deviò al volo di piatto in fondo alla porta il vantaggio per i campioni d’Italia. La Vecchia Signora era in bambola più totale e una fucilata dal limite dell’area di Nyers riuscì a trafiggere per la seconda volta Angelini garantendo il raddoppio ospite. Tutto sembrava far pensare a una comoda vittoria interista, ma sarebbe un grosso errore dare per morta la Juve prima del tempo. Boniperti deviò poco di destro un cross di Præst e a inizio ripresa John Hansen a riequilibrare le sorti dell’incontro.

La grande palla gol della terza rete capitò sui piedi del simbolo della Signora, ma Boniperti colpì male la sfera alzandola troppo e sparando in curva una facile occasione che avrebbe potuto valere la vittoria. Lo scampato pericolo diede una grande scossa all’Inter che si rigettò in attacco e trovò un grande Angelini sulla propria strada che sancì così il definitivo 2-2. La minaccia piemontese era stata così sventata, peccato però per quella rimonta subita che avrebbe permesso un allungo. Nel girone d’andata mancava ormai solo uno scontro diretto, ovvero quello di Milano con il Napoli e grazie a Mazza e Nyers nella ripresa arrivò un 2-0 che stroncò definitivamente le speranze titolate del Ciuccio.

La sicurezza di avere un finale 1953 agevole si rivelò una tremenda arma a doppio taglio e infatti a San Siro arrivò la clamorosa prima sconfitta stagionale contro un Udinese che ottenne due preziosissimi punti salvezza e che costò ai ragazzi di Foni il primo posto. La Juventus infatti trionfò sulla Roma e anche la Fiorentina riuscì ad agganciare al secondo posto i nerazzurri per un campionato sempre più equilibrato. L’inseguimento però durò solamente novanta minuti, perché il Milan aiutò i cugini battendo la nuova capolista per 1-0 a Milano, mentre l’Inter faticò e non poco a imporsi sul campo di Novara dell’eterno Silvio Piola, ma Brighenti, Lorenzi e Armano permisero di ottenere il successo per 2-3.

Il redivivo Fattori, tornato ad avere un ruolo importante in questa annata, piegò le redini del Genoa facendo così un bel regalo di Natale ai suoi tifosi e il 1954 iniziò sotto il segno di Brighenti che realizzò una tripletta nel 4-0 al Palermo. Tutto sembrava far presagire al titolo d’inverno, ma le ultime due giornate rappresentarono due trasferte molto insidiose con Torino prima e Triestina poi che fermarono la corsa nerazzurra con due pareggi permettendo così l’aggancio in classifica da parte di Juventus e Fiorentina.


Alla fine del girone d’andata tutto era ancora ampiamente aperto con ben tre squadre che potevano ripartire da zero per il rush finale. I primi a perdere un po’ di terreno furono i bianconeri, mentre Inter e viola continuarono la loro marcia. Alla terza trasferta consecutiva arrivò finalmente la vittoria grazie a Gino Armano che piegò la resistenza della Lazio, mente un gran 3-1 permise di avere la meglio a domicilio dell’ottima Atalanta. Lo scontro diretto della terza giornata tra Fiorentina e Juventus permetteva all’Inter di allungare su entrambe dato che si annullarono con un pareggio, ma incredibilmente venne sprecato tutto.

Una doppietta a inizio gara di Buzzin sembrò indirizzare sui binari migliori la trasferta di Ferrara, ma nella ripresa la Spal riuscì a riacciuffare il pareggio. Il momento di sbandamento nerazzurro proseguì anche la domenica successiva, con la squadra costretta a una doppia rimonta interna contro il modesto Legnano permettendo così ai viola di diventare la nuova capolista solitaria e alle porte vi era lo scontro diretto a Firenze. Nella città che fu dei Medici c’era una voglia incredibile di poter festeggiare il primo storico Tricolore e al Comunale accorse un folla biblica per spingere la squadra al successo. I padroni di casa passarono in vantaggio con il rigore di Cervato, ma a tempo quasi scaduto fu Buzzin a rimediare con il punto dell’1-1 che evitò di crollare a meno tre.

L’Inter però era entrata nel momento peggiore del suo campionato e solo due lampi di Benito Lorenzi permisero di vincere nel finale per 0-1 a Bologna e di evitare la sconfitta interna con la Roma, ma il crollo era nell’aria. Il derby con il Milan era l’occasione per il Diavolo di vendicare la pesante sconfitta dell’andata e questa volta furono gli stranieri rossoneri a risultare determinanti. Gunnar Nordahl girò di testa una palla da pochi passi anticipando Ghezzi e Sørensen trovò la via del raddoppio per il 2-0 che sembrava essere un macigno sulla riconferma al vertice per i nerazzurri. Juventus e Fiorentina erano ora appaiate al primo posto con due punti di vantaggio sulla formazione milanese che sembrava essere la più in crisi di tutte. Il calcio è meraviglioso però perché nulla è mai scontato e proorio come la Fenice, l’Inter si rialzò dalle sue ceneri recuperando un punto a entrambe le rivali grazie alla vittoria per 2-1 sulla Sampdoria, subito prima di dover giocare il 4 aprile 1954 una delle più grandi partite di sempre della storia interista.

La Fiorentina quel giorno perse in casa contro la Lazio e a San Siro arrivò la Juventus vogliosa di mantenere il vantaggio minimo sui campioni d’Italia, ma nessuno poteva immaginarsi nulla di simile. L’Inter scese in campo concentratissima e vogliosa di dimostrare come quel Tricolore sul petto fosse meritatissimo e già a inizio partita Brighenti venne lanciato in profondità, anche se probabilmente in posizione irregolare, e solo davanti a Viola servì l’accorrente Skoglund che appoggiò in rete la palla dell’1-0. Lo svedese era in una di quelle sue giornate dove tutto era possibile e dopo aver fatto tremare la traversa si esibì in un’altra prodezza. Con un delizioso colpo di tacco liberò Armano che da solo davanti al portiere calciò a botta sicura la palla del raddoppio che dava l’idea di chiudere il risultato, ma dopo la rimonta dell’andata erano vietati cali di tensione. La Juve rimase in dieci uomini causa l’infortunio di Muccinelli e si ritrovò a sorpresa con Ferrario nel ruolo di centravanti e così facendo offrì il fianco ai rivali.

I nerazzurri giocarono divinamente palla alta con Fattori che allargò per Brighenti che calciò al volo di sinistro per il 3-0 che condannò definitivamente i bianconeri che da quel momento uscirono dal campo. L’Inter non ebbe pietà e continuò ad attaccare creando azioni splendide con Brighenti e Skoglund che continuarono a scambiarsi favori reciproci consentendo a entrambi di segnare una doppietta e nel finale ci fu gloria anche per il mediano Nesti che concluse la gara con il clamoroso punteggio di 6-0. I nerazzurri si erano riportati così in testa al campionato e lo avevano fatto annientando i più diretti rivali al titolo e questo risultato poteva avere effetti devastanti sulla Vecchia Signora.

La Beneamata però aveva ancora da affrontare la difficilissima trasferta di Napoli e una doppietta di Ciccarelli rese vana la rete di Armano riportando così i bianconeri ancora in vantaggio in classifica. Il calendario era però favorevole ai milanesi che con Lorenzi e Fattori non si fecero più sorprendere dall’Udinese vincendo 0-2 in trasferta, mentre la Juventus venne fermata a Roma dai giallorossi ristabilendo un’assoluta parità a sole cinque giornate dal termine. Tutto rimase invariato ancora per due partite, con entrambe che vinsero sempre, nette e nitide per l’Inter le vittorie per 3-1 su Novara e Genoa e il giorno che decise il campionato fu il 16 maggio. I nerazzurri scesero in Sicilia per affrontare un Palermo alla disperata ricerca di punti salvezza, mentre la Juventus andò in trasferta nella più vicina Bergamo per affrontare una squadra che stava vivendo uno straordinario momento di forma e dall’ultimo posto era risalita ormai a metà classifica ed era a un passo dalla permanenza in Serie A.

Le radioline erano ben accese su entrambi i campi e già al terzo minuto la Beneamata passò in vantaggio grazie a Mazza e al quattordicesimo ecco anche il vantaggio orobico con Rasmussen. I rosanero pareggiarono con Cavazzuti, ma il trentottesimo fu il minuto della svolta con Skoglund che riportò in vantaggio i milanesi e Bassetto che raddoppiò per la Dea. A inizio ripresa i bergamaschi segnarono il terzo gol chiudendo di fatto la partita e l’Inter ebbe un calo permettendo a Cavazzuti di pareggiare la sfida della Favorita. La Juventus provò la rimonta in seguito all’espulsione di Angeleri e accorciò le distanze con Hansen e Boniperti, ma il 3-2 permise ai ragazzi di Foni di accontentarsi del pareggio per prendersi la vetta solitaria del campionato. Tutto era nelle mani dei campioni d’Italia che si sbarazzarono con Lorenzi e Armano a San Siro del Torino arrivando così da capolista per l’attesissima ultima partita contro la Triestina.

Era il 30 maggio 1954 e a Torino la Vecchia Signora ospitava il Napoli sperando in buone notizie da San Siro, ma ci volle poco per capire chi avrebbe vinto. Al quinto minuto fu Veleno Lorenzi a sbloccare il risultato e al decimo István Nyers freddò Nuciari per il raddoppio. Secchi riaprì la partita per i giuliani, ma l’ungherese la richiuse già prima della fine del tempo. Al Comunale la Juve era bloccata sul 2-2 e aveva ormai perso le speranze di vittoria. Poco dopo il vantaggio di Hansen ci pensò Skoglund a dare ancora più calma al popolo nerazzurro calando il poker e fu ininfluente a tempo quasi scaduto il punto del 4-2 di Rossetti. Per la settima volta nella propria storia l’Inter diventava campione d’Italia e per la prima volta riusciva nell’impresa di infilare due trionfi consecutivi. Fu un titolo molto diverso rispetto a quello dell’anno precedente, con una squadra più spettacolare e più votata all’attacco, ma con un successo molto più sudato e sofferto. Furono i due anni d’oro della presidenza Masseroni, stagioni iconiche e indimenticabili nella storia della Beneamata.

La formazione


Seppur fossero cambiati pochi interpreti rispetto alla stagione appena trascorsa, l’Inter di Alfredo Foni 1953-54 si presentò molto diversa rispetto a quella 1952-53. Prima di tutto venne modificata l’impostazione tattica, con l’addio definitivo di quel libero che poco piaceva a pubblico, critica e al Presidente Masseroni. Non per questo venne dimenticata la difesa che rimase comunque un punto fondamentale nel successo finale nerazzurro, partendo già dalla presenza in porta del confermatissimo Kamikaze Giorgio Ghezzi. La retroguardia a tre perse definitivamente Blason e variò costantemente quattro interpreti diversi.

Sulla sinistra il preferito fu quasi sempre Bruno Padulazzi, che da oggetto misterioso nella prima annata di Foni era tornato titolare come ai tempi di Olivieri, mentre al centro della difesa iniziò a stentare nel rendimento la bandiera nerazzurra Attilio Giovannini. Per questo motivo venne spesso portato al centro Giovanni Giacomazzi, soprattutto grazie all’esplosione dell’unico vero nuovo acquisto, il terzino destro Guido Vincenzi. Subito davanti alla retroguardia ci furono due mediani decisivi per l’equilibrio di quella squadra, con Maino Neri e Fulvio Nesti che giocarono probabilmente la miglior stagione della carriera. Bruno Mazza venne invece avanzato nel ruolo di interno per servire e orchestrare la manovra e al suo fianco di posizionò prevalentemente Osvaldo Fattori, altro riesumato con il nuovo modulo, o in alternativa il sempre affidabile Sebastiano Buzzin.

In certi casi ricoprì quel ruolo anche Nacka Lennart Skoglund e quella scelta ricadeva solamente quando si poteva contare su István Nyers che giocò solo quattordici partite, troppo forti i problemi con la società, ma che ebbe un impatto importante nello Scudetto. In attacco le alternative non mancavano, con Veleno Benito Lorenzo solito splendido attaccante di movimento, il giovane Sergio Brighenti nel ruolo di centravanti di sfondamento e soprattutto Gino Armano, che da tornante a tutto campo divenne una vera e propria ala d’attacco.

Il capocannoniere

Nonostante un’Inter più votata all’attacco rispetto al passato, non c’era ancora quella voglia da parte di Foni di dominare gli avversari schiacciandoli sotto valanghe di gol e così anche nel 1953-54 il capocannoniere fu ben lontano dai numeri del principe dei bomber Nordahl. Con la lunga assenza di István Nyers fu incredibilmente Gino Armano il miglior marcatore di quella stagione, un giocatore che vinse il primo Scudetto addirittura da terzino destro.

L’alessandrino venne spostato fin da subito nei tre dell’attacco e il primo gol in campionato arrivò già alla seconda giornata nella trasferta di Bergamo contro l’Atalanta. Con il Bologna a San Siro fu determinante per il successo finale, perché solo una sua doppietta permise di avere la meglio sugli emiliani. Rimase due mesi senza segnare, fino a quando non trovò lo spazio giusto per realizzare il terzo e decisivo gol nel 2-3 di Novara e iniziò il 1954 andando in rete nel poker al Palermo. Il ritorno iniziò in modo sfavillante, perché un suo centro valse il successo romano contro la Lazio e la settimana seguente trovò il raddoppio a San Siro contro l’Atalanta.

Un suo gol permise anche di evitare una clamorosa sconfitta interna con il Legnano e divenne fondamentale nel periodo della rinascita nerazzurra. Sbloccò il risultato nel successo sulla Sampdoria e raddoppiò nel trionfale 6-0 sulla Juventus, prima di rendere meno amara la sconfitta di Napoli. Un rigore contro il Novara ridiede il primo posto e nel 2-0 con il Torino contribuì a mantenere la vetta segnando il suo tredicesimo gol in quella Serie A.

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