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Milan 1950-51: tricolore rossonero sulle ali del Gre-No-Li

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Il campionato italiano si stava aprendo come non mai all’estero e se in passato era il Sudamerica la terra dalla quale pescare nuovi esotici campioni, anche se nella maggior parte dei casi erano oriundi di ritorno nel Belpaese, ora era il nord Europa l’El Dorado calcistico. Danimarca e Svezia sfornarono una serie di campioni incredibili e ogni squadra di Serie A voleva fregiarsi di qualche campione scandinavo. La Juventus campione d’Italia partiva ancora con grandi ambizioni, ma la grande attesa era soprattutto a Milano con i rossoneri del magico trio di svedesi Gren, Nordahl e Liedholm e i nerazzurri che si erano rinforzati con un’ala ubriacante nel dribbling e nella vita privata, Lennart Skoglund. Le tre grandi fecero un campionato per conto proprio e la lotta fu a dir poco splendida.

Il cammino dei campioni


Da quando il campionato italiano era diventato a girone unico il Milan aveva quasi sempre avuto il ruolo di comparsa, spesso a metà classifica vivendo dei tristi anni ’30. Qualcosa però iniziò a cambiare dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, perché il Diavolo venne acquistato da un grande Presidente: Umberto Trabattoni. L’imprenditore brianzolo riuscì a dare un’anima ai rossoneri e con due secondi posti in pochi anni la squadra poté finalmente uscire dall’anonimato. Nel 1948 solo la miglior versione del Grande Torino riuscì a stare davanti ai meneghini e nel 1950 fu la Juventus a dare la paga al Diavolo che però aveva cambiato la propria storia nell’estate 1949.

In panchina quell’anno arrivò l’ungherese Lajos Czeizler che mise le basi per la costruzione di un undici incredibile votato all’attacco. Sul mercato il Milan aveva già dato molto l’anno precedente e dopo aver depredato la Svezia dei suoi migliori campioni, Trabattoni decise di investire in Italia prendendo dal Vicenza il giovane attaccante di riserva Albano Vicariotto, ma furono soprattutto due gli altri investimenti. Come terzino destro venne acquistato dal Modena l’esperto Arturo Silvestri che si adattò in una grande piazza con velocità inaudita, mentre come ala sinistra arrivò dal Venezia il ventunenne tuttofare Mario Renosto, non troppo incline al gol ma preziosissimo in fase di raccordo tra attacco e centrocampo. Czeizler aveva in mente solo una cosa, segnare un gol più degli avversari e di sicuro a San Siro non ci si annoiò fin dalla prima giornata.

In Lombardia arrivò il neopromosso Udinese che trovò una pessima accoglienza con la massima serie. Più che una partita di calcio si rivelò un autentico set di tennis, ma forse quello che fece più scalpore nel 6-2 finale per i padroni di casa fu che di tutte queste marcature ne arrivò solamente una da Gunnar Nordahl che mise in porta l’ultimo gol della partita. L’inizio inoltre fu estremamente positivo per l’ala destra Aurelio Santagostino, che mise a segno una doppietta due doppiette consecutive a San Siro prima con i bianconeri e poi con il Novara, e soprattutto il mediano Carlo Annovazzi che si riscopre l’inatteso bomber andando in rete in tutte le prime tre gare.

Il Milan non sembrava avere punti deboli e dopo la sofferta vittoria a Genova in rimonta per 1-2 sulla Sampdoria fu il Novara a essere travolto. Addirittura furono nove i centri dei milanesi, con il Pompiere svedese che ne mise a segno ben quattro e la straripanza della perfetta macchina da guerra di Czeizler non sembrava avere limiti. Le vittorie e il bel gioco arrivavano in continuazione e anche l’altra neopromossa Napoli cadde allo Stadio della Liberazione sotto i colpi di un Diavolo che dopo mezz’ora si era già portato sullo 0-4, prima di concedere nella ripresa un po’ di aria agli azzurri vincendo comunque 3-5.

Era una vera e propria società del gol quella rossonera dove ognuno aveva il suo momento di gloria e quelle giornate servirono per rendere grande anche Renzo Burini che dopo le reti a piemontesi e campani, mise la propria firm anche nei due successi per 2-0 su Palermo in Sicilia e Lucchese a San Siro. Dopo sei giornate erano arrivate solamente vittorie e la bellezza di ventisei reti segnate, il miglior modo possibile per arrivare all’attesissimo scontro diretto a Torino contro la Juventus.

Ottantacinquemila persone gremirono il Comunale, portando addirittura diecimila di esse a riversarsi sul campo di gioco e per l’arbitro Bellè di Venezia non vi erano le condizioni per iniziare. I due punti che dividevano le formazioni facevano sì che quella fosse la partita alla quale tutti volevano assistere e dopo un lunga attesa si poté iniziare. Nessuna delle due voleva perdere e inizialmente non ci si volle scoprire più di tanto, ma a passare in vantaggio fu il Diavolo con Nils Liedholm con un grande inserimento in area di rigore trovò lo spiraglio per battere Viola per lo 0-1. La Juventus non ci stava a perdere davanti al proprio pubblico e si riversò in massa in attacco, ma in contropiede i rossoneri erano letali. Renosto si involò verso la porta del numero bianconero e poco prima di andare alla conclusione venne fallosamente fermato da Parola e fu così calcio di rigore. Liedholm andò per la doppietta, ma Viola volò sulla sua sinistra intercettando la conclusione e poco dopo anche i bianconeri poterono beneficiare di un tiro dagli undici metri. Hansen però non fu clemente e mise la palla all’angolino dove Buffon non poteva arrivarci e l’1-1 probabilmente alla fine andò bene a tutte e due.

Il Milan aveva fermato così la sua straordinaria partenza, ma nonostante tutto poteva ampiamente ritenersi soddisfatto del punto strappato in casa dei campioni in carica e infatti la settimana seguente tornò a macinare gol strapazzando il Genoa per 4-0 a domicilio. A minare per la prima volta le certezze milanesi fu il deludente e sofferto pari per 2-2 in rimonta con il Como, con Annovazzi e Renosto chiamati due volte a recuperare il vantaggio dei lariani e il passo falso permise all’Inter di portarsi a un punto di ritardo proprio alla vigilia del derby.

Il 12 novembre nevica nella città della Madonnina, ma questo non impedì ai tifosi di riempire San Siro e soprattutto non impedì alle due squadre di regalare l’ennesima grande stracittadina. I nerazzurri avevano dalla propria parte un olandese capace di giocate favolose di nome Faas Wilkes, un fantasista eccezionale che quel giorno danzò sulla neve annichilendo la difesa rossonera. Pronti via e una sua splendida palla permise a István Nyers di involarsi in porta toccando quel tanto che bastava per battere Buffon in uscita e a metà tempo dribblò tutta la difesa avversaria e scagliò di potenza in rete. Il numero uno del Milan respinse, sui piedi di Lorenzi che trovò ancora pronto il giovane portiere, ma la sfera tornò ancora a Veleno che mise al centro per Skoglund che trovò il raddoppio.

L’Inter era in totale controllo del derby e nulla poteva mettersi in mezzo tra la Beneamata e il sorpasso ai danni dei cugini, ma nella ripresa si scatenò Gunnar Nordahl. Lo svedese replicò perfettamente il centro iniziale di Nyers con una grande cavalcata verso l’area di rigore e poco dopo riuscì a realizzare la doppietta sfruttando una clamorosa papera di Soldan che valse il 2-2. Tutto era dunque apertissimo, ma i nerazzurri non si lasciarono abbattere dal pareggio e dopo che Nyers colpì il palo si avventò sulla respinta Skoglund che così segnò i primi due gol della sua carriera italiana e che furono determinanti per il 2-3 finale dei ragazzi di Olivieri.

Pareggio con la Juventus, sconfitta con l’Inter e terzo posto un punto dietro alle due principali rivali per la corsa al titolo e forse quel Milan non era ancora pronto per vincere. La prima sconfitta in campionato fu molto dura da digerire e questa volta i danni sul morale si videro tutti. Una doppietta di Annovazzi permise di recuperare lo svantaggio a Padova per tornare al successo, ma incredibilmente il Bologna riuscì a sbancare San Siro grazie alle reti di Matteucci e Cappello, portando così il Diavolo a tre punti di ritardo dai cugini lanciatissimi in vetta. Serviva una scossa e fortunatamente arrivò dicembre, mese che portò con sé solo vittorie, seppur qualcuno ottenuta probabilmente con più fatica del dovuto.

La trasferta di Trieste diede più volte l’impressione di essere la mazzata finale per il Milan, ma dopo aver chiuso in svantaggio il primo tempo furono le due reti ravvicinate di De Grandi e Burini a regalare un soffertissimo successo per 3-4, mentre San Siro regalò fortunatamente più calma con due tranquilli successi per 3-0 sul Torino e 2-0 sulla Pro Patria, prima della folle trasferta di Bergamo. Dopo tredici minuti il risultato era già sul 2-3 per i rossoneri e il pubblico atalantino non aveva visto ancora nulla. Sørensen provò a suonare la carica nella ripresa con una doppietta, ma la fabbrica del gol milanista continuò a divertire e divertirsi facendo terminare la partita con un pirotecnico 4-7 finale, una vigilia di Natale decisamente movimentata. Il 1950 si concluse proprio il 31 dicembre con Gren che riuscì a scaldare il gelo di San Siro garantendo così la vittoria con il minimo sforzo ai danni della Fiorentina e il quinto trionfo consecutivo che permise così di accorciare a un solo punto dai nerazzurri.

Le due romane aprirono il nuovo anno e chiusero il girone d’andata, con la Lazio che fermò i meneghini a domicilio sull’1-1, mentre Silvestri e Nordahl stesero i giallorossi a San Siro. L’Inter rispose anch’essa con una vittoria e un pareggio garantendosi così il titolo di campione d’inverno con un punto di vantaggio proprio sui ragazzi di Czeizler che intanto avevano staccato la Juventus di un punto, mentre il Como quarto aveva già un distacco abissale.


Le tre realtà migliori del calcio italiano iniziarono il girone di ritorno praticamente a pari punti, esaltando ancora di più il pubblico del Belpaese che non vedeva l’ora di capire di chi sarebbe riuscito a prevalere. La Beneamata stava mostrando però del calo fisico nelle ultime giornate e infatti di lì a poco perse la vetta. Il Milan non riuscì ad approfittare immediatamente del pareggio nerazzurro contro la Lazio, con il Diavolo fermato sullo 0-0 in quel di Udine, ma non perdonò il secondo stop con la rivelazione Como che travolse a domicilio per 3-1 la squadra allenata da Olivieri, mentre a San Siro i due magici svedesi Gren e Nordahl piegavano la resistenza della Sampdoria.

Milano e l’Italia aveva cambiato padrone già alla seconda del girone di ritorno e il ritrovato primo posto fece crescere ancora di più l’entusiasmo attorno all’ambiente rossonero. Il Novara si rivelò avversario molto arduo da sconfiggere, ma negli ultimi minuti furono Liedholm e Gren a riportare i rossoneri alla vittoria grazie all’1-3 finale, mentre bastarono Annovazzi e Santagostino per avere la meglio sul Napoli. L’Inter intanto era entrata in crisi perdendo anche a Trieste e la nuova seconda era la Juventus, ma l’allungo sui cugini portò il Milan a brillare esattamente come a inizio campionato. San Siro poté godersi ancora una volta nove gol della propria squadra e questa volta fu addirittura 9-0 contro il povero Palermo, travolto dalla tripletta di Burini. Non fu una semplice casualità perché la settimana seguente anche la Lucchese venne annichilita in Toscana con un roboante 1-5 e l’entusiasmo prima dello scontro diretto con la Vecchia Signora era alle stelle.

La pesante sconfitta subita contro la Roma aveva fatto sprofondare i bianconeri a tre punti di ritardo e l’unico modo per poter rimanere in corsa per lo Scudetto era imporsi in quel di Milano. Czeizler scelse di schierare Santagostino al posto di Renosto come titolare sulla fascia sinistra e la Juve mostrò ancora una volta la scorsa forma fisica del suo grande attacco. Silvestri, Bonomi e Tognon non ebbero grosse difficoltà a fermare un linea offensiva rivale decisamente con le polveri bagnate, mentre dall’altra parte Parola e compagni erano chiamati agli straordinari.

Quel giorno fu la splendida giornata del Professore Gunnar Gren che diresse perfettamente tutta la squadra, organizzando la manovra nel migliore dei modi e nella ripresa diede una palla favolosa per Nordahl che si inserì in area e in spaccata batté Viola per l’1-0. Era la giusta e logica conseguenza e subito dopo ecco il raddoppio. Silvestri calciò violentemente una punizione dal limite dell’area che venne respinta dalla barriera e sul rimpallo la sfera arrivò sui piedi di Nils Liedholm che fece partire un gran sinistro all’angolino che valse il definitivo 2-0. La Vecchia Signora era ormai definitivamente uscita dalla lotta al titolo e soprattutto il Milan aveva legittimato il primato dopo le due brutte prestazioni negli scontri diretti del girone d’andata, ma mancava ancora una minaccia da neutralizzare.

Il successo contro i torinesi lanciò ancora di più i ragazzi di Czeizler verso nuovi trionfi, prima con lo 0-3 di Marassi ai danni del Genoa e poi con il dominante 7-2 casalingo contro il Como, nato anche e soprattutto dalla tripletta del Pompiere Nordahl. La Beneamata però seppe come rispondere non mollando il passo e i tre punti rimasero invariati fino al 25 marzo 1951, giorno di un attesissimo e decisivo derby.

Il Milan scese in campo con la formazione ideale e Czeizler intelligentemente capì che per una volta poteva badare prevalentemente alla fase difensiva, vedendo la strapotenza nerazzurra in attacco e così il Diavolo giocò di contropiede. Dopo aver immediatamente scampato il pericolo con un palo colpito da Lorenzi, fu Gunnar Nordahl a essere lanciato in ripartenza e una volta fatto uscire Franzosi lo sorprese con un tocco dolce da pochi passi. Quel giorno la partita venne ricordata per il grande vento che soffiò sullo stadio meneghino e per la grandissima fase difensiva del Diavolo, con Burini che da esterno d’attacco si rivelò preziosissimo terzino in fase di marcatura e raddoppio. Lorenzi sfiorò ancora la rete con un altro palo, ma la vera chiave tattica fu l’annullamento di Faas Wilkes che giocò sottotono e quello del Pompiere fu l’unico gol dell’incontro.

A nove giornate dal termine il Milan si era portato a cinque punti di vantaggio dall’Inter e aveva pienamente legittimato la vetta della classifica grazie al successo nel derby. Nulla ormai si poteva mettere in mezzo verso il quarto Scudetto rossonero, il primo nella storia del campionato a girone e unico e il primo dopo ben quarantaquattro anni di sofferenze. La pressione cresceva partita dopo partita, ma la squadra rimase concentrata per tutto aprile riuscendo a ottenere tre belle vittorie contro Padova, Triestina e Torino, quest’ultima con un netto 0-4 in trasferta, e facendosi fermare sul pareggio solo con lo 0-0 di Bologna e proprio quel punto perso venne recuperato da un’Inter che non voleva saperne di arrendersi.

Si entrò in maggio, il mese che risolve le questioni lunghe un anno intero, il periodo in cui le gambe iniziano a tremare e quelle del Diavolo divennero deboli e impaurite, perché si stava per scrivere la storia. A Busto Arsizio non si andò oltre lo 0-0 con la Pro Patria e soprattutto ci fu da tremare a San Siro contro l’Atalanta. I bergamaschi conclusero il primo tempo in vantaggio per 1-3 e solo le reti di Nordahl e Gren evitarono la sconfitta, ma le belle notizie arrivarono soprattutto da Lucca perché i padroni di casa avevano battuto l’Inter. Il margine era dunque ancora di quattro punti a sole tre giornate dal termine, ma la pareggite continuò anche a Firenze con Gren che nel finale trovò il gol che valse il punto in casa della viola.

Era il 10 giugno 1951 e a due giornate dal termine il Milan aveva contro la Lazio l’occasione di tornare a vincere uno Scudetto dopo il 1907 e grazie ai tre punti di margine sui cugino, i ragazzi di Czeizler potevano pensare unicamente alla propria partita. Il Diavolo però ormai non ne aveva veramente più e la squadra ariosa e splendida che si era vista per gran parte del campionato ormai era sparita. I biancocelesti infatti passarono ben presto in vantaggio con Flamini e a poco servì il pareggio di Nordahl, perché a fine primo tempo fu Primo Sentimenti a realizzare la rete dell’1-2. La paura di perdere un titolo che sembrava ormai conquistato era enorme, ma incredibili notizie stavano giungendo da Torino.

Enrico Motta aveva portato in vantaggio i granata contro l’Inter e a inizio ripresa ecco arrivare il raddoppio di Plöger. La Beneamata accorciò le distanze con Pierino Pozzi e ormai a Milano interessava unicamente il risultato in terra di Piemonte. I ragazzi di Olivieri non riuscirono a trovare quel pareggio che avrebbe tenuto ancora aperto il discorso titolato. Nonostante la sconfitta sul campo, il Milan poté finalmente festeggiare la vittoria del campionato, un successo giusto e meritato e che portò il trio svedese del Gre-No-Li nell’Olimpo della Serie A e della gloriosa storia del Diavolo. Nell’ultima e ininfluente giornata arrivò anche un’altra sconfitta con la Roma, rendendo paradossale il finale di stagione con i rossoneri che non vinsero nessuna delle ultime cinque partite.

La formazione

Il Presidente Umberto Trabattoni aveva già messo da tempo le basi per la costruzione di un grande Milan che potesse finemente tornare alla vittoria di un campionato che mancava addirittura prima della Prima Guerra Mondiale. Nell’estate del 1950 infatti gli bastò confermare il vecchio assetto e aggiungere poche ma essenziali pedine e lasciarle in mano per il secondo all’ungherese LajosCzeizler. In porta venne definitivamente lanciato il giovane portiere Lorenzo Buffon che già aveva impressionato la stagione precedente quando tolse il posto a Bardelli e Milanese. Il terzetto di difesa è formato da ruvidi marcatori che non lasciavano nulla al caso e realmente confermato rispetto all’anno precedente fu al centro Omero Tognon.

A sinistra si iniziò ancora con Mario Foglia, ma a lungo andare le gerarchie cambiarono e il titolare divenne Andrea Bonomi, inizialmente utilizzato come terzino destro prima dell’esplosione del neoacquisto dal Modena Arturo Silvestri, ottimo anche come battitore di calci di punizione. In mediana serve tanta sostanza per sostenere i due magici artisti svedesi Nils Liedholm e Gunnar Gren che formano un duo di interni meraviglioso. A fare da raccordo con la difesa ci furono dunque Carlo Annovazzi, ottimo anche negli inserimenti e splendido goleador su calcio di rigore, e Benigno De Grandi, promosso a titolare.

L’attacco verteva sulle prodigiose conclusioni del fenomenale Gunnar Nordahl, mentre c’era alternanza sugli esterni. A destra la faceva da padrone il nuovo arrivo MarioRenosto, mentre a sinistra si alternarono in maniera molto positiva Renzo Burini, che svolse il ruolo di titolare, e un AurelioSantagostino spesso fuori dall’undici titolare ma rincalzo dal grande rendimento e dal sicuro affidamento.

Il capocannoniere


Dopo anni che in Serie A le squadre trionfavano con interni di centrocampo come cannonieri, con il Milan si tornò alla normalità e il migliore di tutti fu il centravanti svedese Gunnar Nordahl. Il Pompiere fu un’autentica macchina da gol inarrestabile, capace di trasformare in oro qualsiasi pallone gli capitasse sotto porta e nella stagione 1950-51 si confermò ancora una volta re dei bomber dell’intera Serie A.

Il suo campionato iniziò con due reti contro Udinese e Sampdoria, ma il primo squillo degno di nota fu la quaterna rifilata al malcapitato Novara nel 9-2 di San Siro. Lo scandinavo andò in rete anche nella quarta giornata con una doppietta a Napoli, prima di avere un piccolo momento di calo. Gol contro Lucchese e Genoa in due vittorie rossonera, prima dell’inutile doppietta nel derby perso per 2-3 con l’Inter. Due giornate senza segnare poi la rete alla Triestina e ancora due domeniche a vuoto, prima della grande doppietta di Bergamo nel 4-7 sull’Atalanta.

Nell’ultima partita del girone d’andata segnò con la Roma nel successo per 2-0, ma anche nel ritorno sembrò essersi quasi umanizzato. Gol solo contro la Sampdoria e addirittura una nel 9-0 col Palermo nelle prime sei giornate prima di scatenarsi dopo il gol vittoria nella scontro diretto con la Juventus. Tra marzo e aprile fu incontenibile, prima con la doppietta al Genoa, poi una tripletta interna al Como, il gol vittoria con l’Inter e un’altra spettacolare tripletta nel 3-1 sul Padova. Nordahl era sempre di più l’uomo dello Scudetto e contro Triestina e Torino realizzò altre tre reti nelle ultime vittorie rossonere. Contro l’Atalanta evitò la sconfitta mettendo a segno il 3-3, mentre i suoi due ultimi gol dell’anno furono nelle due influenti sconfitte di fine anno con Lazio e Roma.

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