C’è un grande buco e vuoto all’interno del calcio italiano in seguito alla tragica morte del Grande Torino. I granata devono rifondarsi dal nulla e ridare vita a una squadra così leggendaria è praticamente impossibile, soprattutto nel breve periodo e così tutti sanno già che dopo cinque annate consecutive lo Scudetto prenderà altri lidi. Stavano per iniziare i favolosi anni ’50, un periodo corrispondente al boom economico in Italia e alla ripartenza dopo la Guerra e soprattutto, dal punto di vista calcistico, dove si è iniziato a distinguere la Serie A tra le tre grandi e tutto il resto. Torino infatti si riscoprì bianconera e della Juventus per poter ambire a grandi traguardi, mentre Milano si fece sempre più importante a livello calcistico con Inter e Milan che iniziarono a scrivere pagine memorabili del calcio del Belpaese, ma ci sarà tempo perché per un altro anno lo Scudetto rimarrà in Piemonte.
Il cammino dei campioni
La stagione 1948-49 non fu per nulla esaltante per la Juventus e a inizio anno il giovane Presidente Gianni Agnelli si trovò in difficoltà nel formare la nuova annata bianconera e i nuovi acquisti non furono di certo pochi. Primo di tutto venne cambiata la guida tecnica, rimanendo però all’interno dei confini britannici, ma si passò dallo scozzese William Chalmers all’inglese Jesse Carver, giovane tecnico che si era fatto le ossa sulla panchina della nazionale olandese. La rosa venne migliorata fin dalle fondamenta, innanzitutto con il ritorno in porta di Giovanni Viola dove vari anni in prestito in giro per l’Italia, mentre la difesa venne rafforzata con Alberto Bertuccelli dalla Lucchese, giocatore estremamente deciso e al contempo elegante. La mediana cambió completamente volto, grazie agli acquisti di Alberto Piccinini dal Palermo e soprattutto quello di Giacomo Mari dall’Atalanta, unico giocatore che a fine anno potrà vantare di aver giocato tutte e trentotto le partite.
I veri capolavori però arrivarono con gli acquisti dall’estero, prima di tutto l’oriundo Rinaldo Martino che dal San Lorenzo formò con il già consolidato Hansen una coppia di interni favolosa, ma soprattutto fu la Danimarca ancora terra di conquiste per la Signora. Karl Aage Præst era una delle ali sinistre migliori al mondo e il suo rendimento permise ai bianconeri di avere in lui un’arma sicura in caso di difficoltà, bastava un lancio lungo e con la palla tra i piedi sapeva inventare giocate di alta scuola. La logica avrebbe voluto che con così tanti cambiamenti, seppur di indubbio valore, ci volesse del tempo alla squadra per poter carburare al meglio, invece quella Juventus partì fin da subito nel migliore dei modi, giocando bene, divertendo e segnando tantissimo.
I primi a crollare sotto i colpi dei ragazzi di Carver fu la Fiorentina che al Comunale venne spazzata via da un perentorio 5-2 con John Hansen assoluto protagonista e autore di una tripletta, anche se il primo gol dell’anno non poteva non essere realizzato da Giampiero Boniperti. Anche la prima trasferta fu ampiamente positiva con la Lazio che venne travolta nella ripresa dal mitico duo danese, anche se la partita venne sbloccata dall’argentino Martino. Il 4-0 con il Bari permise così di ottenere la terza vittoria in altrettante partite e permetteva di arrivare con grande tranquillità e serenità all’attesissimo scontro diretto di San Siro contro il Milan degli svedesi.
Una vera e propria battaglia tra scandinavi con la Juventus che poté schierare la formazione migliore e con il terzetto difensivo formato da Bertuccelli, Parola e Manente che aveva il suo bel da fare. Nordhal e Gren però avevano le polveri bagnate e in diverse occasioni non riuscirono a trovare la via della rete e i bianconeri erano letali in ripartenza. Hansen si procurò nel primo tempo un calcio di rigore e alla battuta si incaricò Boniperti, ma la sua conclusione venne perfettamente intercettata da Milanese. A risolvere la partita ci pensò la splendida girata al volo di Rinaldo Martino, sempre più idolo del popolo juventino, con il quale riuscì a battere l’ottimo portiere rossonero per lo 0-1 che spezzò un incantesimo che durava da ben dieci anni. Tanto infatti era passato da quando Madama era stata in grado di battere per l’ultima volta il Diavolo nella propria tana e la quarta perla consecutiva faceva ben sperare.
Un Martino in forma strepitosa realizzò una doppietta anche contro la Triestina nella vittoria per 3-0, ma alla fine qualcuno doveva pur fermare la Juve. L’Atalanta era una delle migliori realtà provinciali e giocare a Bergamo non era mai facile per nessuno, nemmeno per quella che era considerata la migliore d’Italia. Mari e Boniperti portarono per due volte in vantaggio i bianconeri, ma gli orobici si rifecero sotto in altrettante situazioni e il 2-2 finale bloccò così la striscia di vittorie, ma non di risultati utili. Il rallentamento fu subito assorbito dalla Vecchia Signora, anche se iniziò a mostrare qualche piccolo segno di cedimento. Il Venezia ultimo a zero punti venne piegato con difficoltà in casa solamente per 1-0 e grazie a una rete addirittura di Carlo Parola, mentre la trasferta con il Genoa venne decisa da Martino dopo l’1-1 del primo tempo. I tanti impegni di ottobre stavano però logorando una squadra non certo abituata a tanti cambi di formazione, anche perché il tecnico inglese sapeva che quell’undici aveva bisogno di collaudarsi il più possibile per poter trovare la perfetta sintonia.
Quando al Comunale arrivò il Como, ecco che ci fu il secondo stop in campionato e questa volta furono i lariani a far rincorrere in continuazione Madama. Fu ancora Parola in aiuto a Muccinelli a permettere di limitare i danni con un altro 2-2, prima di dare vita a una doppia sfida di primissimo livello. Il primo derby con il Torino dopo la tragedia di Superga aveva un sapore molto strano, ma nonostante tutto i granata stavano disputando un’ottima stagione trovandosi a soli cinque punti di distanza dai cugini. A chiudere l’incontro però furono dopo soli quindici minuti prima Hansen e poi Boniperti che in due in brevissima distanza realizzarono le reti che spianarono la strada verso il successo, prima che nel finale fosse Martino a ristabilire il doppio vantaggio.
Alla decima giornata i bianconeri avevano già creato un importante voragine di ben quattro punti sull’Inter seconda e al Comunale sarebbe stata propria la Beneamata la prossima a far visita ai torinesi. Gli attacchi erano il fiore all’occhiello di entrambe le squadre e chi si aspettava tanti gol non rimase certo deluso. I nerazzurri dovevano recuperare e per questo partirono a mille all’ora mettendo in crisi i padroni di casa. Faas Wilkes da terra fece partire uno splendido sinistro che si infilò sull’angolino e subito dopo fu Viola a sbagliare l’uscita, confondendo Parola che involontariamente permise a Lorenzi di appoggiare in porta per il clamoroso 0-2.
La Juventus sembrava in bambola più completa, incredibile pensare che i bianconeri potessero subire così tanto, ma la scossa la diede come sempre il fenomenale John Hansen. Dagli undici metri spaccò la porta di Franzosi e poco dopo fu Guaita a salvare sulla linea l’occasione del pareggio. Il danese era però in giornata di grazia e inserendosi in area di rigore trovò il punto del pareggio a inizio ripresa prima della svolta polemica nel finale. Da un cross dalla destra fu Alberto Piccinini a inserirsi al centro dell’area e con un gran sinistro al volo deviò in porta il gol del 3-2, ma il guardalinee alzò la bandierina per segnalare il fuorigioco. Tutti d’accordo tranne l’arbitro Riccardo Pieri che convalidò tra le proteste furibonde degli interisti che accerchiarono l’arbitro portando come unica conseguenza all’espulsione di Attilio Giovannini. Non sarebbe Juventus-Inter senza accuse e contro accuse di vario genere.
Il risultato permise così alla Signora di allungare in classifica, mentre i milanesi persero la piazza d’onore in favore del sorprendente Padova che si portò così a cinque punti dal primo posto. Tutto però andava per il verso giusto e il successo nello scontro diretto galvanizzò ancora di più la Juventus che infilò altre sei vittorie consecutive. In zona gol si svegliò anche Præst, autore di una tripletta nello 0-3 alla Pro Patria e di una doppietta nel 6-2 al Palermo, prima che Martino e Mari schiantassero i sorprendenti veneti per 0-2 a domicilio. Gli unici che riuscirono a mantenere il ritmo dei bianconeri fu il Milan che rimase sempre a sei punti di distanza, ma il 26 dicembre arrivò il regalo di Natale tanto atteso.
Dopo la vittoria nel finale contro la Roma e la tripletta di Boniperti nel derby piemontese contro il Novara, ecco arrivare nell’ultima gara del 1949 un trionfale 0-4 in casa del Bologna, con Martino grande protagonista e autore di una doppietta dopo soli dodici minuti. Con due giornate d’anticipo la Juventus era campione d’inverno e i soli due punti persi in diciassette giornate non sembravano dare grandi speranze alla concorrenza. Si sa però che anno nuovo, vita nuova e l’inizio del 1950 fu un vero e proprio calvario per la Signora che rischiò seriamente di dilapidare un vantaggio enorme.
Il 1° gennaio arrivò la prima sconfitta della Serie A, giunta ormai a tempo scaduto con la Lucchese che riuscì con Kincses a segnare l’1-2 decisivo, minando le certezze soprattutto nelle gare interne. Il Milan ne approfittò solo parzialmente pareggiando a Trieste, ma il distacco divenne ancora più grande dopo la conclusione del girone d’andata. Pur non brillando la Juve si impose per 1-0 in casa con la Sampdoria grazie al gol di Mari, mentre il Diavolo cadde contro la Roma portando così lo svantaggio a ben sette punti. Tutto ormai era fatto, il girone di ritorno avrebbe dovuto essere semplicemente una mera formalità, ma qualcosa andò storto.
La seconda parte del campionato si aprì con i bianconeri estremamente lontani dalla loro condizione migliore, incapaci di essere pericolosi in attacco e tremendamente fragili in difesa. Dopo lo 0-0 di Firenze ecco arrivare il secondo ko interno, questa volta per mano della Lazio che si impose al Comunale per 1-2 grazie alla doppietta di Flamini e anche a Bari la situazione non migliorò a causa del secondo anonimo 0-0. Questa volta i rossoneri fecero pienamente il proprio dovere vincendo sempre e proprio alla vigilia dello scontro diretto a Torino si erano portati solamente a tre punti di distanza.
L’Italia intera sperava nella riapertura del campionato per poter assistere a una seconda parte entusiasmante, ma probabilmente nessuno poteva credere a ciò che avrebbe visto quel giorno. La Juventus iniziò nel migliore dei modi con Buffon che sventò immediatamente una conclusione di Hansen e il palo che salvò il Diavolo da una gran conclusione dal limite dell’area di Parola, ma alla fine ecco il gol. Sempre Hansen venne lanciato verso l’area di rigore e di destro aspettò l’uscita del portiere avversario per trafiggerlo per l’1-0. Tutto faceva prevedere un dominio bianconero, ma da quel momento la partita cambiò completamente. La difesa juventina iniziò a commettere errori su errori e dopo il pareggio di Nordahl, ecco arrivare i tre minuti forse più disastrosi della storia bianconera.
Muccinelli perse palla sulla linea di fondo campo e il cross al centro venne perfettamente recuperato da Gren che di sinistro batté Viola per l’1-2, ma non era finita. Pallone a centrocampo, il Milan lo recupera e fa partire il contropiede con Liedholm che in corsa segnò ancora e due minuti dopo fu il connazionale Nordahl a chiudere in diagonale di destro un’altra rete. Dal ventitreesimo al ventiseiesimo la sfida passò così da 1-1 a 1-4 per i lombardi, incredibile. La Juve perse completamente la testa e il simbolo fu Parola che poco dopo commise un fallo orrendo su Nordahl venendo così espulso permettendo la definitiva goleada nella ripresa. Il cannoniere scandinavo realizzò la tripletta, prima che Buriani e Candiani completassero l’opera per un pazzesco e impronosticabile 1-7.
Il Milan aveva riaperto il campionato portandosi così a un solo punto di ritardo dalla capolista, ma soprattutto era stato in grado di umiliare la Signora in un modo che nessuno avrebbe mai potuto pronosticare. In molti pronosticarono un crollo dei bianconeri, ma è proprio nei momenti più difficili che si vede la compattezza e la forza delle grandi squadre. A Trieste ci furono sa sudare le proverbiali sette camicie, ma una doppietta di Hansen e un gol di Boniperti ribaltarono il vantaggio di Blason e Torino tornò finalmente a festeggiare un successo dei beniamini di casa con un bel 2-0 ai danni dell’Atalanta. Il Milan rispose sempre presente, ma proprio sul più bello anche i rossoneri alzarono bandiera bianca.
La svolta del ritorno juventino avvenne a Venezia, quando incredibilmente i lagunari chiusero il primo tempo in vantaggio per 1-0, ma nella ripresa esplose Martino che realizzò una tripletta, completata dalla rete di Muccinelli, mentre il Diavolo veniva sconfitto a Roma dalla Lazio. Tre punti di vantaggio e una nuova sicurezza acquisita, tanto da riportare quella gioia nel giocare e nel segnare valanghe di gol e infatti sia Genoa che Como vennero travolti da sei reti ciascuna, mentre i rossoneri caddero per 5-2 a Bergamo.
A dieci giornate dalla fine i cinque punti di margine rappresentavano una grande tranquillità, ma attenzione alla doppia sfida con Torino e Inter. Quelli erano i due ultimi veri ostacoli tra la Signora e un titolo che mancava da ben quindici anni e le partite furono a dir poco magnifiche. I granata spinsero fortissimo nel primo tempo portandosi per due volte in vantaggio, ma venendo raggiunti prima da Muccinelli e Hansen e poi superati da Boniperti e il grande numero dieci bianconero calò il poker nella ripresa. San Siro dunque sarebbe stato il decisivo spartiacque della stagione e questa volta non ci fu nessuna partenza razzo dei nerazzurri.
John Hansen, e chi se non lui, sbloccò il risultato dopo pochi minuti con un gran destro da fuori area per lo 0-1, ma entro la fine del tempo ecco il pareggio con una sfortunata deviazione di Bertuccelli, uno dei migliori di giornata. Nella ripresa fu un monologo bianconero con Præst che si divertì mandando in confusione più totale la difesa meneghina, realizzando in prima persona la rete del secondo vantaggio e mettendo sui piedi di Hansen e Muccinelli i palloni dell’1-4. A nulla servì il secondo autogol di Parola, perché il 2-4 lombardo voleva praticamente dire Scudetto, nonostante il Milan non perse punti.
Bisognava solo amministrare nelle ultime otte giornate e fu il Comunale la terra delle vittorie, grazie ai netti successi su Pro Patria e Padova, mentre lontano dal Piemonte arrivarono alcuni passi falsi come lo 0-0 di Palermo e soprattutto la sconfitta di Roma firmata da Zecca. I rossoneri erano però anche loro a corto di energia e dei tre punti persi dai bianconeri ne recuperarono solamente uno e peggio ancora andò il turno seguente. Novara e Bari erano in piena lotta per non retrocedere, ma se Muccinelli evitò la sconfitta interna contro gli azzurri permettendo di ottenere un 1-1, il Milan cadde per 2-0 in Puglia e cinque punti di ritardo a tre gare dalla fine erano una sentenza.
Era il 14 maggio 1950 e una vittoria avrebbe garantito alla Juventus il successo definitivo e matematico. Il pubblico festante corse al Comunale per poter tornare a gioire dopo tanto tempo e il volto di quel titolo aveva un nome: John Hansen. Non poteva che essere il danese l’uomo decisivo in quel pomeriggio primaverile, prima ribadendo in rete un salvataggio sulla linea di Giovannini e poi con uno splendido stacco di testa realizzò la doppietta. Jensen riaprì la partita a fine primo tempo, ma ecco che appena iniziata la ripresa arrivò il punto dell’altro campione danese, quel Præst che sigillò la vittoria prima del definitivo 3-2 di Cervellati.
I due punti davano così alla Signora la certezza dell’ottavo campionato della propria storia al termine di una stagione dominata e un piccolo neo, quel gennaio disastroso che portò con sé una delle peggiori sconfitte di sempre. La Juventus concluse con altre due belle vittorie su Lucchese e Sampdoria una Serie A memorabile e trionfale, chiusa definitivamente con cinque punti di vantaggio su un grande Milan.
La formazione
La Juventus nel corso degli anni era sempre rimasta al vertice del calcio italiano, eppure dopo il magico quinquennio d’oro di inizio anno ’30 non era più stata in grado di vincere nessun titolo. Gianni Agnelli era giovane e pieno di voglia di riportare la Vecchia Signora in vetta e la tragedia capitata al Grande Torino tolse la principale candidata al titolo. I cambiamenti bianconeri furono tantissimi nell’estate del 1949, partendo innanzitutto tutto dalla guida tecnica che passò nelle mani dell’inglese Jesse Craver che portò avanti l’idea del Sistema. In porta venne richiamato dalla Lucchese Giovanni Viola, mentre la difesa vide l’aggiunta nel ruolo di terzino destro di Alberto Bertuccelli. A completare la linea difensiva c’erano il leggendario Carlo Parola e sulla sinistra Sergio Manente. La vera forza bianconera era però nel centrocampo permettendo una sorta di interscambiabilità dei ruoli davvero rara per l’epoca.
La mediana era completamente stata rinnovata con il gioco di rottura Giacomo Mari e la visione del geometra Alberto Piccinini, ma erano gli interni a fare la differenza. Incredibilmente gli interni si rivelarono due dei principali realizzatori della stagione juventina con l’oriundo Rinaldo Martino che seppe rimediare alla sua lentezza con un’immensa classe, ma soprattutto la perla della squadra era il danese John Hansen, vero e proprio attaccante aggiunto. Il terzetto offensivo aveva visto un solo cambiamento, con l’aggiunta sull’ala sinistra di un altro danese, Karl Aage Præst che impattò alla grande con il calcio italiano, mentre sulla destra vi era il guizzante Ermes Muccinelli e al centro il simbolo juventino per eccellenza: Giampiero Boniperti.
Il capocannoniere
Dopo essere stati abituati da Valentino Mazzola che per tre anni consecutivi fu il migliore marcatore del Torino campione d’Italia, non fu poi così strano vedere continuare la tradizione degli interni goleador. John Hansen aveva già incantato nella sua prima stagione italiana, ma sicuramente nella seconda migliorò ancora di più le sue prestazioni, come uomo squadra e come realizzatore. Già alla prima giornata contro la Fiorentina mise a segno una tripletta, prima di mettere lo zampino anche nelle vittorie su Lazio e Bari.
A ottobre si limitò a sole due marcature, su rigore con la Triestina e nel successo esterno col Genoa, ma novembre partì col botto. Una rete per sbloccare il derby col Torino e una doppietta per rimediare all’iniziale doppio vantaggio dell’Inter a Torino, raggiungendo così molto rapidamente la doppia cifra. Il 1949 si concluse però con fasi altalenanti dove trovò la rete solo con Roma e Bologna, prima di diventare autentico trascinatore nel ritorno. Fu l’unico a brillare nel disastroso gennaio juventino segnando le reti nelle sconfitte con Lazio e Milan e permise di suonare la carica con la doppietta alla Triestina e la rete all‘Atalanta.
Nel momento caldo del campionato divenne inarrestabile, prima con una doppietta al Genoa, poi reti a Como e Torino e infine le due doppiette che valsero un pezzo di Scudetto contro Inter e Pro Patria. Ancora in gol in casa contro il Padova, prima di diventare l’eroe nel giorno della festa dello Scudetto con altre due marcature con il Bologna, portandolo così a quota ventotto reti al termine del campionato.