Due autentici mostri in termini di atletismo, personalità, capacità di saper incidere in più posizioni e di essere dei leader assoluti delle proprie squadre.
Da una parte il Tulipano Nero Ruud Gullit, che dopo aver fatto grande il PSV Eindhoven ebbe un impatto devastante sulla nostra serie A, tanto che più di un addetto ai lavori nella sua prima stagione in rossonero – 1987/1988 – lo mise in competizione addirittura con il divino Maradona.
Dall’altra la Furia ceca Pavel Nedved, esploso a Euro ’96 e poi capace di diventare il trascinatore principe prima nella Lazio e poi ancora di più nella seconda Juventus di Marcello Lippi.
Francesco Buffoli
Sono molto indeciso; di Gullit dobbiamo ricordare l’impatto sul calcio prima olandese e poi italiano, ovvero l’impatto di un giocatore che sembra imporre un nuovo paradigma, un 10 a tutto campo con la gamba della mezzala e la mole del 9. Nel 1983 vince un titolo che passa alla storia perché corona la carriera di Cruijff e lancia Ruud stesso, il quale decollerà definitivamente nel 1987 e per un paio di stagioni si imporrà come uno dei giocatori più decisivi e completi in circolazione. I problemi fisici ne mineranno la continuità dal 1989 in poi, tanto che dopo Italia 90 Ruud sarà solo a sprazzi il fuoriclasse visto nei momenti di splendore; notevole in ogni caso la folgorante stagione doriana che precede i mondiali americani.
Nedved forse non ha mai avuto la stessa nomea e nemmeno un impatto così folgorante e a 360 gradi – la celebre Gullit mania del 1988 – ma compensa con una continuità che vanta pochi eguali. Dopo l’ottimo Euro 96, Nedved si trasforma nel più credibile epigono di Lothar Matthäus, al netto delle caratteristiche in parte diverse: un normolineo dotato di una forza fisica straordinaria, di doti di corsa degne di in mediano e di un cannone al posto del piede destro. Pavel è un leader e riesce a combinare duttilità, continuità e presenza nelle partite cruciali, portando a casa un meritato pallone d’oro nel 2003. Encomiabile anche la sua professionalità, che gli consentirà di rimanere un elemento valido sino a 37 anni.
Nella sostanza sarebbe un pareggio, per iconicità e apogeo prendo Gullit, per carriera Nedved.
Tommaso Ciuti
Centrocampista offensivo di gamba e carattere, letale nella progressione e negli inserimenti, micidiale al tiro con entrambi i piedi, Pavel Nedved rende nel calcio che conta per una decina d’anni tra Lazio e Juventus, quasi sempre tra i giocatori più costanti nell’arco di un campionato. Nel 2002-03 c’entra l’annata della vita, trascinando la Juventus in finale di Champions League e al 27° scudetto, decidendo match di cartello contro Inter, Barcellona e Real Madrid. In nazionale non manca di dare il suo contributo, a partire da un sorprendente europeo nel ’96.
Gullit invece, pur condividendo con il ceco l’impetuosità fisica, la potenza e la carica da trascinatore, era più attaccante di Pavel e probabilmente nel suo apice, che identifico nella parentesi temporale tra il suo ultimo anno in Olanda e la sua prima stagione rossonera, era ancora più decisivo. Rispetto alla Furia ceca ha inciso ancora di più in Europa e con la nazionale si porta a casa un grandioso titolo continentale. Insieme agli olandesi van Basten e Rijkaard è protagonista di uno dei cicli più importanti di una squadra europea, ha segnato un’epoca che difficilmente rivedremo.
Alessandro Sartore
Gullit è come cervo che esce di foresta. Questa frase pronunciata dal mitico Boskov ben rappresenta l’immagine che trasmette il primo Gullit giunto in Italia.
Un colosso di muscoli e treccioline, dotato, come nella migliore tradizione olandese, di una elevata capacità di interpretare più ruoli. Lo strapotere fisico e le progressioni a testa alta restano le principali caratteristiche di questo straordinario campione capace di disimpegnarsi tanto da difensore centrale quanto da centrocampista avanzato, ala e seconda punta con licenza del goal.
A lui, Rijkaard e Van Basten sono legate alcune delle più belle pagine della storia del Milan.
Il trio ha portato al successo anche la nazionale Oranje, fino a quel momento una bella incompiuta, agli Europei ’88.
La carriera di Gullit è stata condizionata da seri infortuni. Questi non hanno però impedito al gigante venuto dal Suriname di collezionare successi di squadra e personali. Pallone d’oro 1987, Gullit ha dimostrato di avere anche grandi qualità umane sposando la causa della lotta all’apartheid del leader sudafricano Mandela.
Strapotere fisico e qualità da trascinatore che hanno caratterizzato anche Pavel Nedved.
Furia ceca, come ribattezzato dai tifosi juventini, che ha in comune con il Tulipano nero la vittoria del Pallone d’oro, è stato un centrocampista offensivo dotato di grandissima resistenza e di una notevole potenza nel tiro dalla distanza scoccato principalmente col mancino.
Come Gullit capace di interpretare più ruoli, centrocampista, laterale e trequartista, è lo straniero che vanta più presenze con la maglia bianconera, ben 327 e con 65 reti segnate è al 7° posto tra i goleador stranieri della storia della Juventus.
Ha vinto tanto, è considerato uno dei più forti giocatori cechi della storia, ma è ricordato anche per la sfortunata ammonizione rimediata nella semifinale di Champions 2003 contro il Real che priva la Juve, nella successiva finale di Manchester contro il Milan, dell’arma in più che avrebbe potuto cambiare le sorti di quel match.
Nedved è insieme a Del Piero, Trezeguet, Buffon e Camoranesi, uno dei ‘5 samurai’ che riportano la Juve in A dopo la sentenza di Calciopoli.
A lui, oggi vicepresidente del club, la società bianconera ha dedicato una delle 50 stelle dei campionissimi juventini di sempre presenti all’Allianz Stadium di Torino.
Niccolò Mello
Scelta estremamente difficile tra due giocatori che erano capaci di abbinare quantità, qualità e capacità di leadership assolute.
Gullit è durato di meno ai vertici, ma ha avuto un apice superiore: nella prima stagione in rossonero, quella della sensazionale rimonta del Milan di Sacchi sul Napoli campione in carica, in molti addetti ai lavori sorse addirittura il dubbio se fosse superiore lui o Maradona. Gullit non è più riuscito a ripetere le straordinarie performances della prima annata milanista (anche a causa di ricorrenti infortuni e problemi fisici), ma in tutta l’epoca di Sacchi è stato comunque uno dei giocatori chiave. Con Capello ha perso via via colpi, ha ritrovato smalto nella stagione 1993-94 alla Sampdoria, poi è cominciato il suo declino. Giocatore poliedrico, potente, inarrestabile palla al piede, ha fatto grande anche l’Olanda contribuendo alla storica vittoria a Euro ’88.
Nedved ha attraversato oltre un decennio di calcio a ottimi livelli, quasi sempre inserito nei primissimi giocatori al mondo della sua epoca, a tratti persino il numero uno. Vinse con merito il Pallone d’Oro 2003 e senza di lui in campo nella finale di Champions a Manchester di certo la Juve perse moltissimo. Inizialmente esterno mancino, poi trequartista totale quasi a tutto campo, dotato di un tiro devastante dalla media e lunga distanza, falcata poderosa, zazzera bionda al vento e anche doti tecniche tutt’altro che disprezzabili. Considero Pavel uno dei 4 giocatori offensivi più forti (con Zidane, Ronaldo e Ronaldinho) nel periodo che va dall’Europeo ’96 all’esplosione dei due marziani attuali.
E per il duello tra lui e Ruud mi accodo a grandi linee all’idea di Francesco Buffoli: meglio Gullit come impatto, iconicità e apogeo, meglio Nedved come longevità e continuità ai vertici. Globalmente, per me, è un pareggio.