Artisti sublimi, ma anche giocatori estremamente completi e versatili: numeri 10 classici, attaccanti di movimento, di regia e finalizzatori, bravi a segnare e far segnare. Sono Michael Laudrup e Francesco Totti ed è l’ultimo confronto proposto dal nostro esperto del settore, Francesco Buffoli, che potete tranquillamente ribattezzare “l’uomo degli uno contro uno”.
Francesco Buffoli
Totti ha forse pagato la sua necessità di indossare la corona, di essere il principe del villaggio, esigenza che lo accomuna secondo me a un altro grande campione come Roberto Mancini. Entrambi fumantini e poco inclini ai compromessi, sono stati immensi nel club, almeno in campionato, e hanno regalato solo a sprazzi magie in campo internazionale.
Laudrup sotto certi profili è stato più grande, almeno su certi palcoscenici. Però era un timido e forse uno di quei buoni la cui bontà diventa quasi un limite, ha saputo regalare perle anche nei momenti cruciali, però non era l’uomo che prende la squadra per mano, era davvero quasi un giocatore etereo, un Don Andres Iniesta cui manca la lucidità e la capacità di cambiare marcia quando la palla scotta.
Il lancio di Totti spalle alla porta e di prima non l’ho forse più rivisto, e in certe cose solo Zidane era alla sua altezza, per il mix di doti fisiche e tecniche.
Laudrup aveva il pallone incollato al piede e inventava giocate di genio, meraviglioso il suo dribbling noto come croqueta, che farà grande anche l’erede Don Andres.
Tommaso Ciuti
Confronto non facile tra due giocatori ben diversi – a partire dal ruolo e dalla sua interpretazione, il romano più attaccante, il danese più centrocampista offensivo – ma che tuttavia hanno in comune più di un elemento: la qualità assoluta nelle linee di passaggio e nella visione di gioco, la duttilità e l’adattamento in diversi ruoli nel corso dell’intera carriera, e persino un carattere particolare: se Totti a Roma è sempre stato il re intoccabile – con tanti pro, in primis la mostruosa continuità di rendimento in campionato nel corso degli anni, e qualche contro, ossia subire il salto su un palcoscenico internazionale -, Laudrup difficilmente era uomo da partite secche e momenti cruciali: aveva la classe e l’attitudine di un Iniesta ante litteram senza la capacità risolutiva dello spagnolo nei momenti in cui la palla scottava.
La longevità mi porta a premiare Totti, più bravo anche come uomo-gol, ma il danese si è fatto apprezzare anche a Torino, Barcellona (nel dream team di Cruijff è stato più volte votato straniero dell’anno) e in parte Real Madrid.
Tiziano Canale
Bel confronto. Siamo lì, secondo me, ma voto Totti di un’unghia. Il danese ha più estro e fantasia e nello stretto è più imprevedibile del Pupone. Gioca in punta di piedi, una sorta di Iniesta meno continuo e decisivo.
Totti più potente fisicamente e più bravo nel lungo, i suoi lanci a memoria se li ricordano tutti. Rispetto al danese è ancora più versatile ed eclettico: ala, trequartista, centravanti di manovra. E vede di più la porta. Entrambi hanno in comune una cosa: per limiti caratteriali non hanno reso quanto avrebbero potuto. Laudrup ha avuto il vantaggio di giocare per grandi club: Juve, Barcellona e Real Madrid ma, sebbene sia ancora ricordato come un fuoriclasse, non ha mai fatto il vero salto. Totti, d’altra parte, ha fatto un altro tipo di scelta legando il suo nome ad una sola squadra: da una parte lo ha reso una bandiera, un’icona, ma dall’altro ne ha limitato la carriera non avendo avuto molte occasioni di mettersi in mostra su un palcoscenico Europeo con una squadra forte alle spalle, cosa che invece ha fatto Laudrup.
Niccolò Mello
Confronto tra due giocatori poetici, due sommi artisti, due elementi di classe sopraffina capace di dare del tu al pallone.
Totti è stato penalizzato un po’ dal fatto di legarsi alla Roma per tutta la carriera, scelta che gli ha precluso la possibilità di vincere a livello internazionale. Ma in nazionale è stato sempre e comunque il punto fermo della manovra offensiva (e non può essere un caso) sia con Zoff sia Trapattoni sia con Lippi, che lo ha atteso a lungo dopo l’infortunio patito contro l’Empoli il 19 febbraio 2006 – preferendolo sempre al suo ex pupillo Del Piero – e gli ha costruito l’attacco su misura nel Mondiale vinto. Giocatore di grande continuità, senza apici zidaneschi ma anche senza cadute di rendimento, con elevati standard prestazionali spalmati su tutta la carriera, Totti è stato un giocatore estremamente completo. Fisico e tecnico, trequartista, attaccante di manovra, goleador e uomo assist. Aveva forse qualcosa di Valentino Mazzola, anche se il capitano del Grande Torino – da quello che si legge – è stato più universale, carismatico e iconico.
Laudrup era una sorta di Iniesta ante litteram, ma non ha raggiunto il livello dello spagnolo. Come Totti, era elemento di squisita completezza tecnica, a volte centravanti, a volte attaccante di regia, a volte numero 10 classico. Lo vedo un po’ come uno splendido incompiuto, un giocatore a cui è sempre mancata una lira nei momenti davvero topici per fare un milione.
Per questo la mia scelta ricade su Totti.