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Bologna 1940-41: uno scudetto in piena guerra

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La Seconda Guerra Mondiale era ormai purtroppo una triste realtà del Belpaese e così, dopo un anno dall’inizio delle tragedie belliche, anche Mussolini portò l’Italia nel conflitto. La stagione 1940-41 vedeva però ancora pochi problemi legati alle tristi vicende militari e i civili vennero risparmiati. Il grande senso di insicurezza per il futuro però si notò anche a livello sportivo e infatti i cambiamenti di mercato furono minimi. Ai nastri di partenza vi era l’Ambrosiana Inter che voleva provare a difendere il titolo conquistato l’anno prima e soprattutto il Bologna che puntava a rifarsi dopo l’inatteso crollo nel girone di ritorno. Iniziò così il primo di una triste serie di tre campionati che videro il calcio come mero passatempo all’interno di anni da dimenticare.

Il cammino dei campioni


Il Presidente Dall’Ara non era certamente uno sprovveduto e sapeva perfettamente che non era quegli gli anni per effettuare grossi investimenti sul mercato per rinforzare una squadra che indubbiamente aveva già grosse qualità. Lo Scudetto perso nella stagione precedente gridava ancora vendetta e sulla panchina rossoblu venne confermato ancora una volta il viennese Hermann Felsner che volle solamente due innesti. Dal Ferrara arrivò il giovane mediano Arturo Boniforti, mentre a sorpresa arrivò dall’Ambrosiana campione d’Italia l’eterno e intramontabile Giovanni Ferrari che avrebbe dovuto alternarsi nel ruolo di interno con Piero Andreoli.

Lo straordinario campione alessandrino dimostrò come l’età non stava minimamente intaccando il suo grandioso valore di giocatore totale e si presentò al nuovo pubblico nel migliore dei modi. Per la prima giornata di campionato al Littoriale arrivò la Roma che complicò e non poco la vita ai felsinei. Dopo il vantaggio di Puricelli fu Amadei a pareggiare i conti per i capitolini prima dell’immediato secondo vantaggio emiliano grazie al debuttante campione del mondo del 1934 e del 1938. Ferrari andò a segno anche nel turno successivo nella trasferta di Torino contro la Juventus, ma il grande protagonista di giornata fu Gabetto che in soli venti minuti segnò la tripletta che diede ai bianconeri una larga vittoria per 3-1.

Felsner aveva capito che quella era una squadra ormai vecchia e che senza l’intelligenza tattica di Fedullo doveva imparare a fare di necessità virtù, così l’austriaco cercò di blindare la difesa affidandosi al suo cannoniere uruguaiano. Puricelli fu con Maini e Andreolo protagonista del rotondo 3-0 casalingo contro il Torino e soprattutto trovò l’unica rete decisiva per il successo in trasferta contro il Genova. Un’altra vittoria di misura in casa contro l’Atalanta permise al Bologna di mantenere la propria porta inviolata per ben tre turni consecutivi prima della pazza partita al Partenopeo contro il Napoli.

Fu probabilmente la miglior partita di tutto la Serie A di quell’annata e vero e proprio incubo di Pierino Ferrari fu il cannoniere Luigi Rosellini che infilò la porta rossoblu in ben tre circostanze. L’attacco degli emiliani però funzionò alla perfezione e pur senza i gol di Puricelli, riuscì a mettere a segno quattro reti e a due minuti dalla fine fu Carlo Reguzzoni a battere Sentimenti per il definitivo 4-4 di una splendida partita. Un secondo deludente pareggio in casa contro il Venezia per 1-1 permise comunque ai ragazzi di Felsner di ritrovarsi al primo posto assieme a Fiorentina e Juventus, ma era ormai questione di attimi prima che il campionato scoprisse la propria dominatrice.

Il primo posto in solitaria arrivò già la settimana seguente grazie al decisivo calcio di rigore di Reguzzoni che valse il successo per 0-1 in casa del Novara, mentre i bianconeri vennero fermati dal pareggio a Trieste e i viola furono travolti da ben sei reti in casa del Torino. Il Bari venne travolto al Littoriale per 5-1, il che diede grande fiducia proprio in vista dell’attesissimo scontro diretto contro i campioni d’Italia dell’Inter. I nerazzurri erano distanziati solamente due punti e, grazie alla sconfitta della Juventus nel derby contro i granata, sognavano l’aggancio alla vetta.

All’Arena Civica una grande folla sfidò il freddo del dicembre meneghino per assistere a questa grande sfida al vertice e fu festa per il popolo nerazzurro. L’eroe di giornata fu Enrico Candiani che segnò una doppietta nei primi dodici minuti e a nulla servì nella ripresa la rete della bandiera realizzata da Reguzzoni. Ancora una volta i nerazzurri si erano rivelati superiori e con il primo posto ormai non più in solitaria in molti iniziarono a temere una riedizione della stagione appena conclusa. Ci voleva però una scossa forte e immediata e la risposta degna di nota arrivò proprio contro il Milano che arrivato a Bologna venne travolto da un’incredibile straripanza rossoblu.

Dopo venti minuti il risultato era già sul 3-0 e al fischio finale dell’arbitro il 4-2 non lasciò scampo a nessun tipo di dubbio su chi fosse stata la squadra migliore quel giorno. In quella stagione però non c’erano reali pretendenti al titolo e così i felsinei riuscirono a riportarsi in vetta solitaria grazie anche solo al pareggio esterno per 2-2 contro il Livorno e nel finale di girone venne confermato lo scettro di campione d’inverno.

La Fiorentina riuscì a perdere dignitosamente solamente perché nella ripresa gli emiliani abbassarono la tensione e così da 5-0 si passò a 5-3 e nelle ultime due gare fu Puricelli a regalare altri quattro punti. La doppietta dell’uruguaiano stese la Triestina e un’altra meravigliosa giostra del gol andò in scena allo Stadio del PNF di Roma dove la Lazio inizialmente rimontò dallo 0-2 al 2-2, ma Puricelli e Biavati misero le firme finali per il 2-4 che valse il primo posto alla fine del girone d’andata e due punti di vantaggio sull’Ambrosiana.


A questo punto iniziarono alcuni dei mesi più strani di sempre nella storia della Serie A dove praticamente tutte le candidate al titolo cercarono in ogni modo di perderlo dando vita a un andamento lento come mai si era visto e mai più si rivedrà. Dopo due giornate della seconda parte dell’anno la situazione in vetta rimase invariata perché Bologna e Inter vinsero e pareggiarono a fasi alterne. I rossoblu vennero fermati nella seconda trasferta consecutiva nella Capitale sull’1-1 dai giallorossi mentre riuscirono a rifarsi della Juventus nel ritorno al Littoriale grazie a una rete nel finale di Reguzzoni.

La sconfitta allontanò definitivamente i bianconeri dalla corsa allo Scudetto e un piccolo tentativo di rinascita spinse il Torino a pareggiare per 0-0 al Filadelfia contro i felsinei, ma il 2-2 nel derby della Madonnina impedì ai nerazzurri di accorciare, anzi era tempo di allungo bolognese. Quella che venne definita come la spallata decisiva al campionato arrivò il 16 febbraio quando il Genova venne travolto al Littoriale sotto una pioggia di ben quattro reti, mentre l’Ambrosiana cadde a Firenze portando il ritardo a ben quattro punti.

A questo punto il Bologna capì che alle sue spalle nessuna stava facendo sul serio e iniziò una serie di crolli clamorosi in trasferta, partendo proprio dalla domenica seguente dove l’Atalanta dominò vincendo 2-0. I milanesi recuperarono un solo punto e la settimana seguente il successo emiliano per 3-0 sul Napoli coincise con un’altra sconfitta dei campioni in carica in casa della Juventus ampliando così il ritardo a ben cinque punti.

A nove giornate dalla fine sembrava impossibile una rimonta, eppure bastava crederci solamente quel tanto che bastava in più per dare fastidio a un Bologna non certo irresistibile. Lontano dal Littoriale i ragazzi di Felsner subirono una serie incredibile di sconfitte, su tutte quelle di misure rimediate contro Venezia e Bari, ma riuscirono a riprendersi in casa e tenendo a distanza di sicurezza gli avversari. Dopo il bel 3-0 al Novara si arrivò allo scontro diretto con l’Inter con due punti a dividere le due squadre e il 30 marzo 1941 si vide probabilmente per l’ultima volta “Lo squadrone che tremare il mondo fa“.

Il tecnico austriaco rinforzò la difesa schierando Ricci, Pagotto e Fiorini e soprattutto capì che in queste partite serviva ancora l’esperienza di Giovanni Ferrari. Fu un trionfo strepitoso, forse una delle migliori partite del Bologna di quei favolosi sei anni con i rossoblu che dominarono dal primo all’ultimo minuto rifilando alla Beneamata un pesantissimo 5-0. A farla da padrone quel giorno furono i due laterali Biavati e Reguzzoni che segnarono una doppietta a testa e chiaramente non poté mancare la firma anche di Puricelli. Fu l’epilogo al campionato, perché nonostante mancassero ancora cinque giornate e il distacco era diventato di quattro punti, nessuno di fatto giocò più sui suoi ritmi. Solo sette giorni dopo il Milano travolse i felsinei per 5-1 a San Siro e a Firenze la Fiorentina dominò ancora per 3-0 decretando così la quinta sconfitta consecutiva lontano dalle mura amiche per la squadra di Felsner. Tra le due pesanti debacle ci fu però il rotondo 3-0 al Livorno che permise di mantenere a distanza i rivali e quella fu anche l’ultima vittoria in campionato.

La sconfitta contro i gigliati corrispose con un altro 3-0, quello della Roma ai danni dell’Ambrosiana e così a due giornate dal termine i quattro punti di margine concedevano enorme tranquillità. Il calcio però è fatto di infiniti corsi e ricorsi storici e il 27 aprile del 1941 ancora una volta la decisiva sfida per il titolo fu contro la Triestina, la stessa squadra con la quale erano arrivati i titoli del 1936 e del 1937. Allo Stadio Littorio non successe molto anche perché il pareggio era un risultato apprezzatissimo da entrambe le squadre, dato che i giuliani erano ancora in lotta per la salvezza e lo 0-0 non si schiodò per tutti i novanta minuti, con Felsner che in attacco schierò anche a sorpresa il friulano Mario Sdraulig al posto di Puricelli e quel punto fu quello che diede la matematica del sesto campionato nella storia bolognese, il quarto nei sei anni della meravigliosa squadra rossoblu.

Contro la Lazio arrivò un 2-2 che fu a tutti gli effetti l’addio al Littoriale di quella grandiosa formazione che emozionò tutti gli sportivi italiani e per tornare a vedere l’Emilia in vetta alla Penisola dovranno passare oltre vent’anni.

La formazione


Pochi soldi, tanta insicurezza e una sola grande certezza: Hermann Felsner. Dall’Ara si fidava ciecamente del proprio tecnico e soprattutto dell’undici che gli aveva permesso di vincere tanto in Italia e in Europa e così l’undici iniziale venne toccato il minimo indispensabile. In porta venne confermato l’erede di Ceresoli Pierino Ferrari, che però non visse una stagione di altissimo livello, anzi non venne rimpianto quando per cinque partite lasciò il posto al suo vice Glauco Vanz.

La difesa visse momenti molto complicati soprattutto nella fase iniziale perché l’infortunio di Dino Fiorini costrinse il tecnico austriaco ad abbassare Mario Pagotto in difesa dovendo utilizzare come mediana di destra il veterano Bruno Maini, prima di ritornare al classico schieramento nella seconda parte di stagione. Molto più costante invece fu la fascia di sinistra con Secondo Ricci nel ruolo di terzino e la promozione a titolare di Aurelio Marchese come mediano laterale, riuscendo così a vincere il secondo Scudetto questa volta da protagonista.

Al centro per impostare il gioco e a fare il solito strepitoso collante tra difesa e centrocampo ci pensò l’eterno e intramontabile Michele Andreolo che però dovette alzare bandiera bianca nel finale venendo sostituito da un Arturo Boniforti che si dimostrò assolutamente inadeguato al ruolo, tanto da essere ceduto già a fine anno dopo una sola annata. Raffaele Sansone rimase sempre un interno di primissimo livello, ma l’addio di Fedullo sembrava essere difficilmente rimpiazzabile e così, oltre all’eterno incompiuto Piero Andreoli venne acquistato l’immortale Giovanni Ferrari con i due che si alternarono per tutto l’anno.

L’attacco rimaneva comunque la punta di diamante della squadra e il trio magico non era cambiato rispetto al 1939 e ancora una volta sulla destra vi era il re del doppio passo Amedeo Biavati, a sinistra l’infaticabile ala goleador Carlo Reguzzoni e soprattutto al centro il bomber ancora una volta determinante per le sorti del campionato Ettore Puricelli.

Il capocannoniere


La stagione 1940-41 vide ancora una volta un unico grande e meraviglioso trionfatore della classifica cannonieri e dopo l’accoppiata titolo di campione d’Italia e miglior bomber dell’anno nel 1939, ecco servito il bis da parte di Ettore Puricelli.

Questa volta però il titolo fu unicamente suo senza dover dividere nulla con Aldo Boffi e il numero di gol fu ancora maggiore. Pronti via e già all’esordio contro la Roma fu suo il primo centro emiliano della stagione da calcio di rigore e al Littoriale si ripetè due settimane dopo contro il Torino. In trasferta si sboccò a Genova contro il Grifone nell’unico gol dell’incontro e dopo una breve pausa fu l’uomo decisivo per due importanti pareggi con Napoli e Venezia.

Tutti erano abituati a vederlo segnare una rete a partita, ma a un certo momento scoprì la bellezza della doppietta e sembrò non doversi più fermare. Il suo girone di ritorno fu assolutamente straordinario e in sei partite realizzò la bellezza di cinque doppiette a Bari, Milano, Livorno, Fiorentina e Triestina, gol preziosissimi che lo fecero volare in classifica marcatori e che diedero al Bologna il primo strappo per la vittoria del campionato.

Nell’ultima giornata contro la Lazio chiuse il suo girone d’andata con la sedicesima rete in campionato, permettendogli di mantenere un’incredibile media superiore al gol a partita. In molti iniziarono a pensare a quale tipo di straordinario record potesse compiere, ma anche lui visse un calo nel girone di ritorno. Dopo tre giornate a vuoto si ritrovò solamente davanti al proprio pubblico con altre due doppiette a Genova e Napoli prima di un altro mese senza reti. Firmò la seconda rete nel trionfale 5-0 all’Ambrosiana che di fatto consegnò lo Scudetto ai felsinei, prima di chiudere la partita sul 3-0 contro il Livorno realizzando così il ventiduesimo e ultimo punto della sua favolosa stagione.

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