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Ambrosiana Inter 1939-40: nerazzurri più forti dell’assenza di Meazza

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Gli anni ’30 erano ormai giunti al termine e un primo decennio di Serie A si concluse dunque con il Bologna in vetta al campionato italiano anche con un certo margine sulla antagoniste. I felsinei erano dunque ancora una volta la squadra da battere ai nastri di partenza della stagione 1939-40 che prevedeva l’introduzione per la prima volta dei numeri di maglia. Una rivoluzione importante che avrebbe portato, soprattutto negli anni a venire, alla creazione di miti e leggende. Gli emiliani dunque sembravano pronti al bis titolato data la sostanziale incapacità delle rivali di rafforzarsi sul mercato, ma da quando era stata fondata il nuovo decennio era sempre stato aperto con la vittoria dell’Inter e le tradizioni devono essere rispettate.

Il cammino dei campioni


La stagione dell’Ambrosiana Inter non sembrava certamente poter portare a trionfi o risultati positivi, anche perché il Presidente Pozzani rimase costretto per un lungo periodo in ospedale a causa di un gravissimo incidente in auto. Senza il Generale Po al comando dunque risultava difficile e complicato organizzare la nuova stagione e il tecnico Toni Cargnelli, nato a Vienna ma di chiare origini italiane, doveva compiere una vera e propria impresa.

L’unico rinforzo rispetto al passato fu il terzino del Brescia Poli, ma il vero problema fu legato all’assenza di Giuseppe Meazza con il leggendario Pepín che venne bloccato dal “piede ghiacciato” non riuscendo così a scendere in campo nemmeno per un minuto. Venne così lanciato definitivamente tra i titolari la sua giovane riserva, il ventenne Umberto Guarnieri che già aveva fatto intravedere buone qualità prima nel biennio in prestito al Como e successivamente proprio in nerazzurro, ma l’eredità da raccogliere era pesantissima. L’umore attorno all’ambiente della Beneamata non era certamente dei più allegri, ma il campionato si sarebbe aperto già con una partita ad altissimo carico emotivo: all’Arena Civica contro la Juventus.

Oltre a Meazza l’Ambrosiana doveva momentaneamente fare a meno anche del portiere Peruchetti infortunato che venne così sostituito da un altro nuovo arrivato dal Novara, Angelo Caimo. La formazione schierata da Caglieri era indubbiamente votata all’attacco, mentre i bianconeri di Calligaris schierarono solamente Guglielmo Gabetto come centravanti sperando di strappare un pareggio che non si schiodò fino al sessantesimo prima di dar luogo a dieci minuti strepitosi della Beneamata. Furono ben quattro le marcature in questo arco temporale e gli uomini della vittoria furono Annibale Frossi e Umberto Guarnieri che con una doppietta a testa regalarono alla folla milanese un 4-0 senza possibilità di replica alla Vecchia Signora. L’Inter però è sempre stata quella squadra capace di grandi trionfi e di cali inattesi, tanto è che già alla seconda giornata arrivò la prima e inattesa sconfitta contro il neopromosso Venezia per 2-1.

Furono proprio le partite in trasferte che divennero un problema quasi insormontabile, mentre a Milano la squadra piaceva e divertiva. Guarnieri fu straordinario protagonista con altre due doppiette rifilate nel 4-0 al Napoli e nel 3-0 alla Roma, ma lontano dalla Lombardia il rendimento continuava a essere disastroso. Bene soltanto a Genova contro il Liguria grazie a uno 0-2 firmato Candiani e Guarnieri, prima della batosta ricevuta allo Stadio della Vittoria di Bari con un pesantissimo 3-0 che sembrò addirittura far vacillare la panchina di Caglieri. Non andò meglio nemmeno a Trieste con i giuliani che vinsero contro i nerazzurri per 2-1 sancendo così la terza sconfitta in sole sette partite. Fortunatamente nessuna stava mantenendo un ritmo vertiginoso e l’Ambrosiana poté così rimanere a soli due punti di ritardo dal primo posto formato dalla strana coppia Lazio-Venezia, ma serviva una scossa importante.

Il pessimo andamento esterno condizionò e non poco anche quello interno, tanto che con il Modena il successo arrivò solo nei minuti finali con un rigore trasformato da Demaría e fu proprio l’oriundo argentino l’uomo determinante per poter infilare un filotto di tre vittorie consecutive. Dopo il 4-0 contro la Juventus, anche l’altra compagine torinese dovette pagare pegno contro l’Inter e questa volta ebbe un sapore ben più succulento perché lo 0-1 venne realizzato al Filadelfia. Il successivo 3-0 contro la Fiorentina valse il primo posto in condivisione con il Bologna, ma la corsa a due durò ben poco perché dicembre e gennaio furono mesi orribili per i nerazzurri. Ancora una volta un rigore di Demaría, in rete per la quarta partita consecutiva, permise di rimontare sul 2-2 il Genova a Marassi, prima di affrontare il Milano in un derby assolutamente da dimenticare.

I rossoneri divennero per un giorno padroni dell’Arena Civica con un prepotente 0-3 che costò così la prima sconfitta interna all’Ambrosiana e un sensibile crollo dal punto di vista emotivo in vista del rush finale verso il titolo d’inverno. Il 31 dicembre 1939 fu solo pareggio a Roma contro la Lazio, mentre il 1940 iniziò con una soffertissima vittoria casalinga contro il Novara, con Guarnieri che trovò la via del gol solo a cinque minuti dal termine. All’ultima giornata il Bologna era avanti di un punto sui nerazzurri e al Littoriale sarebbe andato in scena l’attesissimo scontro diretto che però si concluse con un nulla di fatto che regalò così ai rossoblu il primato al giro di boa, mentre per i nerazzurri fu secondo posto con tanto di aggancio del Genova.


Gli emiliani di Felsner erano battibili ma bisognava mantenere un ritmo costante nel ritorno e all’inizio della seconda fase del campionato ci fu una brutta sorpresa. La Juventus aveva intenzione di rifarsi dopo il poker subito a inizio campionato e così fu Gabetto a decidere la sfida del Mussolini, mentre i rossoblu batterono la Roma portandosi a tre lunghezze di vantaggio. In sedici giornate erano già arrivate ben cinque sconfitte, decisamente troppe per una squadra che doveva andare oltre le proprie possibilità per poter realizzare l’impresa del quinto titolo nazionale. A questo punto la formazione interista riuscì a compattarsi al meglio e quasi come se fosse consapevole che stesse provando un’impresa impossibile di colpo cambiò ritmo diventando una corazzata che diede una scossa clamorosa e inattesa al campionato.

Caglieri capì che se voleva vincere doveva dare maggior risalto alla fase difensiva, anche perché l’assoluta qualità della mediana meneghina permetteva un tipo di gioco più attendista. Il cambio di impostazione fece benissimo all’Ambrosiana che prima vinse a domicilio contro il Venezia per 2-1 e poi riuscì a mantenere la porta inviolata per ben tre partite consecutive, ottenendo successi di misura contro Napoli e Liguria e incappando in un deludente 0-0 interno contro un Bari vera bestia nera di quell’anno. Il pareggio contro i pugliesi però non deconcentrò i nerazzurri e anzi da quel momento riuscirono ad abbinare la solidità della retroguardia a una straordinaria capacità di effettuare ripartenze che regalavano così gol a grappoli.

Dopo la straordinaria rimonta firmata da Frossi e Ferraris in quel di Roma contro i giallorossi, fu la Triestina ad alzare bandiera bianca sommersa da cinque reti all’Arena Civica e la stessa sorte capitò due settimane seguenti al Torino, nel mezzo arrivò anche il successo in Emilia contro il Modena, e contro i granata fu davvero trionfale. Cinque gol per cinque marcatori differenti che diedero ancora di più l’idea di compattezza totale della squadra che era ormai riuscita a mettersi alle spalle l’assenza e la centralità di Meazza per poter diventare un undici stellare. Il Bologna però non aveva intenzione di abbassare il proprio ritmo mantenendo ancora il primato grazie a una serie importante di vittorie, ma l’aggancio era dietro l’angolo.

Il Bari divenne l’ago della bilancia del campionato e con un 1-1 fermò a domicilio anche i rossoblu, mentre l’Ambrosiana dominava a Firenze ottenendo la quinta vittoria consecutiva con un roboante 0-3 dove trovò gloria per un giorno anche il giovane Pietro Rebuzzi autore della rete che aprì le danze. Era l’aggancio in classifica e con cinque partite ancora da disputare tutto era ancora aperto a qualsiasi finale possibile. L’Ambrosiana era però ormai lanciatissima verso il successo e nulla poteva fermarla, mentre gli emiliani iniziarono a barcollare, tanto che nel turno seguente vennero sconfitti a Torino dalla Juventus grazie alla rete di Mario Varglien, mentre Ferraris e Demaría ribaltarono all‘Arena Civica l’iniziale vantaggio del Genova firmato da Genta escludendo così definitivamente il Grifone dalla lotta al titolo.

I ragazzi di Caglieri ce l’avevano fatta e a sole quattro giornate dal termine erano stati in grado di prendere un primo posto ormai impossibile dopo la prima giornata del ritorno inanellando una serie impressionanti di successi che stavano rendendo vano anche il grande cammino dei felsinei. Mancava ormai solo l’ultimo passo e sulle ali dell’entusiasmo la Beneamata continuò a divertire e a vincere. Si rifece ampiamente a San Siro contro il Milano affossando i cugini con un netto e insindacabile 1-3 firmato da Candiani, Demaría e Ferraris, ma il possibile colpo del ko arrivò alla terz’ultima giornata.

L’Ambrosiana dominò e si divertì sulla Lazio vincendo con un devastante 4-0, ottenuto grazie a tre reti messe a segno in cinque minuti da Barsanti, Demaría e Frossi, mentre il Bologna venne fermato sull’1-1 dal Napoli. A sole due giornate dal termine i tre punti di vantaggio sembravano essere una certezza sul Tricolore e la trasferta di Novara avrebbe dovuto regalare allo Stivale i nuovi campioni. Dopo otto vittorie consecutive però la perfetta macchina interista si inceppò proprio sul più bello grazie alla rete di Calzolai che diede la matematica salvezza ai piemontesi e il successo rossoblu in casa contro il Liguria avrebbe regalato al campionato il più sensazionale finale di stagione di sempre. Ambrosiana Inter contro Bologna sarebbe stata un’autentica finale con i nerazzurri che potevano partire da un piccolo vantaggio, mentre i felsinei avevano la grande occasione della rimonta.

Il 2 giugno 1940 allo stadio San Siro, più grande rispetto all’Arena Civica, accorsero oltre quarantamila spettatori per assistere all’attesissima sfida che valeva il titolo e all’Inter mancava il talento di Umberto Guarnieri. Caglieri non pensò neanche per un istante alla possibilità del pareggio e il giovane campionicino venne sostituito dal toscano Giorgio Barsanti e spinta da una straordinaria folla, la Beneamata passò subito in vantaggio. A sbloccare il risultato dopo soli nove minuti fu Pietro Ferraris, che mise la sua importante firma anche su questo Scudetto dopo quello del 1938. Il Bologna spinse con tutte le proprie forze ma le occasioni migliori capitarono ai lombardi con Barsanti che sfiorò la straordinaria rete in rovesciata nella ripresa ma venne fermato dalla traversa e nel finale fu assedio.

L’Ambrosiana era tranquilla perché sapeva di aver due gol da gestire con Setti e Poli che furono un muro insuperabile davanti a Peruchetti e quando Dattilo fischiò la fine poté partire la festa. Nonostante l’assenza del suo simbolo per oltre un decennio, la squadra era riuscita a disputare un girone di ritorno pazzesco, compattandosi e riuscendo così a ottenere un quinto Scudetto assolutamente impronosticabile alla vigilia ma indubbiamente meritato e ottenuto realizzando ben venticinque punti su trenta disponibili in tutto il girone di ritorno.

La formazione

L’Ambrosiana Inter 1939-40 doveva fare a meno fin dall’inizio a Giuseppe Meazza causa un grave infortunio al piede che non gli permetterà di giocare nemmeno un minuto. Toni Caglieri inoltre dovette fare a meno anche dell’altra leggenda, quel Giovanni Ferrari che scese in campo solamente in otto occasioni che però gli permisero così di vincere l’ennesimo Scudetto.

La squadra aveva subito modifiche minime rispetto alla stagione dello Scudetto del 1937-38 e in porta, nonostante anche lui avesse iniziato con qualche problema fisico, ci fu ancora Giuseppe Peruchetti, mentre cambiò leggermente la difesa. Duilio Setti rimase un intoccabile, mentre Carmelo Buonocore perse il posto da titolare in favore del nuovo arrivato da Brescia Bernardo Poli, che insieme formarono una coppia affiatatissima.

La mediana era assolutamente la più completa e scintillante di tutta la Serie A con UgoLocatelli e Aldo Campatelli a rendere impenetrabili le fasce, mentre al centro a creare raccordo tra i due reparti vi era Renato Olmi. Attilio Demaría era tornato subito dopo lo Scudetto del 1938 e dopo tanti anni di onorato servizio con l’Ambrosiana meritava indubbiamente il successo del Tricolore e probabilmente visse la sua migliore stagione contribuendo anche a far rendere ad altissimo livello Enrico Candiani, interno che dovette raccogliere la pesantissima eredità di Giovanni Ferrari.

L’attacco vedeva ancora sugli esterni il rapidissimo e guizzante Annibale Frossi, mentre sulla sinistra Pietro Ferraris confermava la sua grande intelligenza tattica abbinata a una grande abilità sotto porta. L’assenza di Giuseppe Meazza portò dunque alla grande novità al centro dell’attacco che fu rappresentata da Umberto Guarnieri, un piccolo e astuto cannoniere che si rivelerà determinante nel saper sfruttare le occasioni più sporche che gli capitavano.

Il capocannoniere


Se i titoli degli anni ’30 avevano visto Giuseppe Meazza come incontrastato re dei bomber per i nerazzurri, con la sua assenza si doveva obbligatoriamente cambiare modo di giocare. Per la prima volta l’Ambrosiana vinse senza avere il capocannoniere del torneo, premio che andò al milanista Aldo Boffi, ma tra le sue fila il sostituto del grande Peppino non deluse.

Il miglior cannoniere interista infatti fu Umberto Guarnieri, giovane ventenne che non ebbe problemi a raccogliere l’eredità del proprio Capitano e già all’esordio si fece apprezzare con una straordinaria doppietta nel 4-0 alla Juventus. L’inizio fu davvero scintillante ed era soprattutto l’Arena Civica a esaltarlo, intatti contro il Napoli ecco arrivare un’altra doppietta prima di segnare contro il Liguria la quinta rete del suo campionato. Dopo la sconfitta di Bari mise a segno ancora una volta due reti nella stessa partita contro la Roma, mentre a nulla servì il suo punto contro la Triestina che non evitò la sconfitta, ma la media era straordinaria.

Otto gol in altrettante partite, ma il suo calo di rendimento coincise con il crollo nerazzurro di dicembre e gennaio e solo quando trovò la rete contro il Novara a Milano la squadra ritrovò la vittoria. L’inizio del girone di ritorno fu più che positivo con altri due gol messi a segno contro il Venezia e la decisiva marcatura allo Stadio Partenopeo contro il Napoli che diedero all’Ambrosiana quattro punti in classifica. I problemi fisici ne limitarono purtroppo il finale di stagione, tanto che saltò le ultime e decisive partite, ma riuscì comunque a chiudere a quota quindici reti mettendo a segno l’ennesima doppietta stagionale contro la Triestina e infine entrò nella festa contro il Torino il 24 marzo contribuendo alle cinque reti contro i granata.

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